La lotta delle migranti è la lotta di tutte/i
Chi parla di sicurezza ormai troppo spesso parla anche di clandestini e immigrazione. Una delle immagini più usate è quello dello stupratore quasi sempre straniero e della donna bianca, la donna degli italiani, da difendere. Si mescolano così stereotipi sessisti e razzisti. Una delle conseguenze istituzionalizzate della xenofobia sono i Cie, lager per stranieri. Ovviamente in questi inferni non sono rinchiusi solo uomini dipinti come mostri ma ci sono anche tantissime donne. Queste donne però non sono da proteggere o difendere. Non sono le donne bianche, le italiane, le donne da sorvegliare. Le donne rinchiuse nei Cie sono trattate come delle criminali che subiscono, anch’esse, i deliri xenofobi usati per “questioni di sicurezza”. Ingabbiate. Di fronte agli occhi maschili delle guardie sono animali da rinchiudere o oggetti sessuali nella peggior ottica colonialista. Stupri, molestie, ricatti sessuali, pestaggi, offese e umiliazioni. Cibo scarso e con sedativi, condizioni igieniche inesistenti. Ma l’altra sera a Bologna le donne del Cie hanno detto no e le urla disperate per una volta sono giunte anche a noi. Il 24 agosto volano sedie e si incendiano materassi: si protesta perché quei lager sono invivibili. “Non siamo drogate né assassine, siamo qui solo per una questione di documenti. Qui dentro siamo troppe, fa molto caldo, ma noi non siamo animali. Per favore venite a vedere com’è la situazione qui, aiutateci” dice un delle donne rinchiuse. La risposta della polizia non si fa attendere riempiendo di lividi chi aveva alzato la testa e arrestando una di loro. I Cie ai margini delle città sono elemento chiave di politiche sessiste, razziste e repressive che vediamo quotidianamente. La lotta contro i lager non può essere separata dalle altre. Le violenze che subiscono le donne nei Cie riguardano tutte le donne ancor di più se si pensa che anche le donne italiane vengono usate in un’ottica paternalistica e razzista per legittimare i Cie. Sessismo e razzismo: ecco i veri mostri da cancellare.
Deborah Sannia
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