[Fi] Contro carcere, differenziazione, isolamento e 41 bis
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L’Aquila è deserta quando arriviamo alla spicciolata davanti alla fontana luminosa. È domenica mattina, ma la sensazione che aleggia è che la campagna di terrore scatenata da stampa e televisioni intorno a questa manifestazione nei giorni immediatamente precedenti abbia prodotto i suoi effetti: quanto meno inizialmente, infatti, solo pochi autoctoni curiosi ci scrutano a distanza, mentre salta all’occhio la presenza massiccia della sbirraglia, sia in divisa che in borghesi vesti, accompagnata, come di routine, da un nutrito gruppo di giornalisti armati di telecamera, i cui tentativi di infiltrazione tra i/le compagni/e vengono respinti con decisione. Che stiano al loro posto questi servi di professione, cioè dietro a quelli con cui da sempre collaborano: poliziotti e carabinieri!
Così, dopo uno scambio di saluti tra le varie realtà presenti (circa 300 tra compagni e compagne) ci si organizza per partire in corteo.
Si entra nel cuore della città percorrendo il corso principale: distribuzione di volantini, affissione di manifesti, striscioni tenuti alti, slogan urlati, interventi al megafono ribadiscono i contenuti della giornata: spezzare l’isolamento, liberare tutti e tutte. Portare una critica radicale all’istituzione carceraria tutta e nello specifico al 41bis.
Il morale è alto, i partecipanti alla manifestazione dimostrano con dignità e determinazione una presenza di piazza compatta. Positivo è aver sollevato il velo di ipocrisia e di silenzio che grava sul carcere e il 41bis. Aver portato alla luce che nelle carceri italiane si tortura, anche se in una forma più subdola, fatta di limitazioni, coercizioni e vessazioni quotidiane. Aver sollevato la questione e aver diffuso, anche se minimamente, l’odio verso la galera e la società-galera stessa, resta per noi importante. Crediamo sia emblematico che proprio il giorno prima della mobilitazione si sia verificato un suicidio nella sezione a regime di 41bis del carcere dell’Aquila. Questo a dimostrazione di come il carcere sia veicolo di riabilitazione e reinserimento!
Terminato il corteo una carovana di mezzi si muove rumorosamente verso il carcere, distante circa 15 km dal centro, scortata dalla solita sbirraglia e dalle “truppe” armate di carta, penna e teleobiettivi.
A scaglioni ci riversiamo nell’enorme prato antistante il lager di Preturo, dove restiamo per circa 4 ore. Viene montata l’amplificazione con il microfono aperto e gli striscioni disposti in maniera visibile dalle celle. Musica, botti, lettura di comunicati, saluti solidali ai/alle prigionieri/e che a loro volta rispondono sventolando pezzi di stoffa attraverso le sbarre. Si rende necessaria la presenza di alcuni compagni ancora per impedire ai giornalisti di avvicinarsi.
Dopo alcune ore un forte temporale anticipa la fine del presidio e ci costringe ad un frettoloso saluto, senza spegnere tuttavia la convinzione che presto ci sarà di nuovo occasione di rincontrarsi, per fare il punto della situazione, per continuare a portare contributi alla lotta contro questi luoghi di morte.
Intendevamo con questo scritto stendere un resoconto e un bilancio sui limiti e soprattutto le prospettive relative al percorso fin qui intrapreso.
Tale percorso si è posto come obiettivo quello di creare una maggiore sensibilizzazione attraverso la promozione e il sostegno ad iniziative di controinformazione e di lotta circa le strategie di differenziazione e di desolidarizzazione poste in essere dallo stato.
Servirsi del 41bis significa per lo stato stabilire un rapporto di forza sia dentro che fuori. Il cosiddetto carcere duro come condizione di limitazione pressoché totale della comunicazione con l’esterno è un preciso strumento di annientamento dell’identità del prigioniero.
La minaccia della sua applicazione ha inoltre lo scopo di agire come deterrente su qualsiasi potenziale comportamento di non sottomissione: non sottomissione al rituale quotidiano di coercizione, per chi è costretto a vivere all’interno di una prigione, non sottomissione all’ordine basato sullo sfruttamento e sul controllo di massa per chi sceglie di opporvisi attivamente all’interno della società cosiddetta libera.
Il 24 giugno circa 40 compagni/e hanno partecipato ad un incontro svoltosi a Bologna, durante il quale è emersa la volontà condivisa di continuare a solidarizzare con tutti gli/le sfruttati/e che resistono all’interno di ogni luogo di segregazione (galere, cpt, etc..).
Per le prossime scadenze di lotta è stata proposta Viterbo, città che “ospita” la casa circondariale “Mammagialla”, in cui è presente una sezione a regime di 41 bis.
I detenuti nella sezione “comuni” vivono in condizioni pessime: sovraffollamento(presenti 600 detenuti contro una capienza massima di 285 posti), autolesionismo (109 solo nel 2005).
Maggiori informazioni verranno diffuse non appena possibile.
Il percorso contro l'isolamento, l'annientamento e la differenziazione, contro la tortura del 41bis, si è sviluppato e si sviluppa orizzontalmente tra collettivi e individualità anarchiche e comuniste; esso ha reso possibile, fra l'altro, la giornata di lotta a L'Aquila condividendo la profonda inconciliabilità con le istituzioni e la stampa borghesi. Inoltre, come compagne e compagni di questo percorso ribadiamo il nostro modo unico di essere nei confronti di tutti i prigionieri, non facendo il gioco della differenziazione che la stessa società carceraria produce.
La data del prossimo incontro è stata fissata per il
9 settembre alle ore 11 al CPA di Firenze, via Villamagna 27/a
La data del pomeriggio e della serata benefit è stabilita per sabato 6 ottobre sempre al CPA di Firenze. Della sua impostazione e organizzazione dettagliata dovrà occuparsi la riunione del 9 settembre.
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