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Una perfezione manicomiale
by tro Monday, Aug. 12, 2002 at 9:01 PM mail:

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Gli spazi

Murato dentro lo Spazio Città lo Spazio-Manicomio, e dentro di esso nuovi Spazi: viali, cameroni, soggiorni, gabinetti, gabinetti medici, cucine, uffici, corridoi. Concentriche partizioni che ove troppo vaste annientino e ove troppo anguste incarcerino. Lo Spazio del Manicomio sancisce una frammentazione, nega ogni possibile ricomposizione. Il degente diviene "corpo espropriato", l'istituzione psichiatrica razionalizza l'esclusione operata dalla Psichiatrìa e trasforma il soggetto della sua "cura" in puro ingombro volumetrico, il corpo del degente in suppellettile, assimilabile agli arredi del manicomio; innaturalmente, la malattia ed il suo corso divengono naturali. Il Manicomio è spazio per l'esclusione e quindi esclude da sè ogni luogo perchè nello spazio è consentito il controllo, mentre nel luogo fluisce la vita. Il potere partisce tutto il territorio in spazi: Spazi-Città, Spazi-Fabbrica, Spazi-Famiglia. Spazi-Malattia, Spazi-Follìa, ne indica le regole, ne contrasta le trasgressoni. In una metropoli uno Spazio-Centro degli Affari attraversato da un corteo di bambini che se ne appropri perde, per un attimo, le sue caratteristiche di spazio pre-definito, diventa, per un attimo, luogo definito hic et nunc. Il Manicomio è uno spazio predefinito per racchiudere la follìa e la miseria; è costituito da sottospazi predefiniti per normare la vita al suo interno. Spazio per dormire, spazio per essere curati, spazio per mangiare, spazio per fuggire gli spazi, inventando, ignari oppositori, luoghi miseri e dolorosi di privatezza, di amore, di trasgressione. Si è condotta e si conduce una lotta perchè ogni spazio dentro il Manicomio diventi Luogo e quindi il Manicomio complessivamente divenuto Luogo, sia contraddizione dentro la Città che resta Spazio. Dunque un procedere creando Luoghi, rubando Spazi, sostituendo al controllo la vita, rifiutando di viverla e farla vivere in spazi controllati. Ciò che dobbiamo leggere attraverso le immagini di questi spazi manicomiali, non è solo la sofferenza di chi li abita, ma soprattutto la violenza di chi li ha concepiti; dobbiamo leggere l'asservimento della Psichiatrìa all'ideologìa del controllo sociale, ma anche tutti gli asservimenti di ogni Sapere che più o meno consapevolmente aderisca al progetto evidente o miniaturizzato del controllo.

"L'uomo atomizzato, quindi, quando si guasta viene riparato in uno spazio deputato, definito, e rigorosamente separato dalle altre istituzioni -rinchiuse anch'esse in angusti "spazi",- di cui non capisce i più riposti significati..." Sergio Santiano "B come architettura Z come salute" Bertani 1980

Ciò che leggiamo negli anfratti più squallidi o nelle estensioni più anonime non è solo l'architettura dell'esclusione, ma l'architettura di ogni istituzione e forse, più generalmente di ogni Architettura che, parafrasando Franco Basaglia, non sente e non vede, ma semplicemente offre cattedrali al committente.

La folla

Fra l'universo dei tecnici e l'universo dei poteri dello Stato, fra Stato e Scienza da sempre intercorre una relazione stretta di scambio, un flusso ininterrotto nei due sensi, di idee, ideologìe, ideali, denaro. Da sempre lo Stato è committente alla Scienza, al fine che essa ne interpreti, codifichi e autorevolmente legittimi le complesse necessità di gestione e controllo del reale, degli uomini: in altre parole dell'universo sociale. Da sempre la Scienza e i suoi preti connivono con questa committenza, la rifiutano drammaticamente, la raccolgono supinamente. Galilei o Openheimer esprimono clamorosamente tali conflitti che hanno l'età del mondo e che si esprimono e si sono espressi quotidianamente ad ogni livello, dal più modesto al più qualificato, di questo rapporto. Il corpo sociale è da sempre il soggetto escluso da questo scambio, ma al tempo stesso l'oggetto vittima di esso. Vittima dell'asservimento della Scienza allo Stato, vittima del controllo dello Stato attraverso la Scienza. Uno Stato "scientifico" o una Scienza "statuale" costringono comunque la "folla" ad essere esclusa dall'individuazione dei propri bisogni e desideri, ma totalmente inclusa nel processo e nelle conseguenze della messa in opera da parte dello Stato e della Scienza dei meccanismi di risposta ai bisogni e ai desideri. Negli ultimi vent'anni la storia della Psichiatria e in parte quella della Medicina hanno conosciuto un tentativo di ribaltamento di tale stato di cose. Il corpo sociale ha incominciato ad avere "voce" all'interno dello scambio fra Stato e Scienza. La pressione delle lotte operaie degli anni '70 a proposito della salute in fabbrica, la fioritura relativa della medicina sociale, la pressione del movimento delle donne a proposito del problema della gravidanza e dell'aborto, la pressione del movimento dei tecnici democratici della Psichiatria hanno costituito imprescindibili spinte politiche, ma anche ideali e tecniche che hanno aperto fratture tanto vive quanto salutari nel monolito della scienza e dei suoi addetti, hanno rotto antiche connivenze. Dopo due anni dall'entrata in vigore della nuova legge sulla Psichiatria riappare palese il disegno di riappropriazione da parte dell'apparato statuale e della Psichiatrìa di tutto il patrimonio critico accumulato in questi anni. Di nuovo si tende ad escludere dallo scambio fra Stato e Scienza il corpo sociale, di nuovo le Istituzioni si costituiscono come incontrollabili stati separati. Tutta l'eversiva esperienza di laicizzazione del sapere psichiatrico tende a trasformarsi in psichiatrizzazione delle esperienze laiche. Si perfeziona il disegno di una promozione di tutto il corpo sociale a controllore sociale. Se cerchiamo fra i volti di questa folla uno qualunque e lo espropriamo di ogni storicità, di ogni umanità possiamo tranquillamente inserirlo nella serie delle immagini dei pazzi, etichettarlo come depresso o idiota, fissarlo come altro dagli altri, catturarlo nel congegno brutale o sottile del controllo psichiatrico. E il "noi", autore di questa operazione di esproprio può essere chiunque accetti in cambio di una piccola parte di potere frammentato, di staccarsi dal corpo sociale per appartenere all'universo dei controllori. E' tempo di fare l'inverso: rivisitare le immagini iniziali, restituire storia, umanità, soggettività ad ogni volto, per poterlo, non solo metaforicamente, "ricollocare" di diritto fra i volti di tutti, uno fra gli altri, a cominciare dal nostro, ognuno soggettivamente portatore di sofferenze e contraddizioni, tutti collettivamente attenti a non lasciarsene espropriare.

La scienza lambrosiana

Volti e corpi: immagini tratte dall'archivio delle certezze psichiatriche. Pazzi, delinquenti, idioti, prostitute, esistenze coattivamente devolute a costituire l'Inconfutabile Prova della esistenza scientifica di due universi: quello dei galantuomini e quello dei miserabili.

"Attraverso l'immediatezza del linguaggio di Lombroso emergono i tratti tipologici, i pregiudizi o i giudizi di valori, le categorie morali e gli stereotipi della cultura dominante. Le sue descrizioni ci danno l'immagine vissuta, accettata e non filtrata criticamente del delinquente, del pazzo e della prostituta come personaggi sociali o riproducono fedelmente gli attributi tradizionali dei ruoli sociali (della donna e del bambino ad esempio) dell'Italia fine '800". Ferruccio Giacanelli, introduzione a G. Colombo, "La scienza infelice: il museo di antropologìa criminale di C. Lombroso" Boringhieri 1975

E'l'universo dei galantuomini (le sue forme istituzionali, le sue norme e le sue paure) che si costituisce come committente alla scienza perchè essa spieghi i fenomeni, legittimi le norme, dia dignità alle necessità della classe dominante. La Psichiatria "nei secoli fedele" muta le sue intuizioni e le sue pratiche ogniqualvolta muti il complesso assetto dello Stato e del relativo controllo sociale da parte di esso: questo gli psichiatri non lo sanno, o fanno finta di non saperlo o non lo credono, ma l'intreccio fra i poteri della Scienza e i poteri dello Stato è leggibile rileggendo tutta la storia della Psichiatria. La "convivenza civile" fra salute e malattia, fra norma e devianza, fra criminalità e giustizia impone allo Stato di trovarsi un referente tecnico e così le istituzioni, ove si suppone la scienza eserciti la propria pratica, allargano o restringono l'area del loro intervento curativo, a seconda della richiesta del committente statuale, ora "curando" i lebbrosi, ora i poveri, ora le prostitute, ora i folli, ora i delinquenti. Una faccia, una notazione redatta con lo stile della polizia e con il gergo della scienza: tutto è predisposto per dimostrare la malattia con una "prova" vuota e pertanto inconfutabile; anni di miseria, di solitudine, di esclusione, di emigrazione vengono contenuti nella astrattezza senza storia della fotografia (iconografia della diagnosi e corrispettivo progredito della craniometria) cosicchè sia negata ogni individuale connessione con le vicende e i lughi, cosicchè al tempo stesso e all'opposto sia affermata una tranquillizzante privatezza di ogni sofferenza, inclusa dentro il cervello ammalato, reclusa dentro l'istituzione antica o moderna. Ogni pazzo, ogni sua fotografia sono tanto illuminanti per giustificarne l'internamento e la cura, tanto oscuri da non potere illustrare una singola storia di uomo. Tutto ciò che è intrico doloroso di private vicende è riassunto in poche chiare parole vuote, tutto ciò che è sviluppo drammatico di collettive sorti, socialmente e politicamente determinato, è frammento nella unicità del "caso clinico": in Psichiatria ciò che è collettivo diviene privato e cio che è intimo e individuale diviene pubblica e anonima generalizzazione.

La vita quotidiana

Dormire, mangiare, amare, camminare, parlare con gli amici, lavorare; tutto ciò è la nostra vita quotidiana, la grandiosa banalità del vivere. Una quotidianità che non ha legittimità in Manicomio ove il dormire è regolato dagli orari dell'Istituzione e il non dormire una intollerabile iniziativa; l'amare è proibito o cupamente tollerato; il mangiare è soprattutto venire nutriti attraverso un rito carcerario; il parlare con gli amici un lusso ignoto ai più e lavorare un diritto dismesso o un dovere tradito. Per ognuna di queste "banalità" c'è uno spazio e un tempo, c'è una regola, cosicchè della vita quotidiana resta la quotidianità atemporale dei riti, ma della vita non c'è più l'ombra. E l'uomo, anzi il degente, anzi il paziente ha perduto la banalità del quotidiano di tutti, per essere schiacciato fra l'anonimato dei porci e la falsa soggettivazione del "caso clinico". E a superare questo interdetto alla banalità del vivere non basta la riproduzione in cartapesta della vita: ergoterapìa, cioè lo sfruttamento di manodopera a basso costo; terapìa occupazionale, cioè l'inganno di impiegare il tempo in una attività che non ha riferimenti nè con i desideri, nè con i bisogni del degente; ludoterapìa, cioè la codificazione della festa, l'istituzionalizzazione della spontaneità, la definizione degli spazi e dei tempi della gioia cosicchè la gioia non abbia più posto. Disorientato nel tempo e nello spazio; afinalisticamente affacendato; affettivamente impoverito; reattivo e eteroaggressivo; così annotano zelanti psichiatri, quotidianamente sulle cartelle cliniche: ma che tempo e spazio cui riferirsi per chi non può decidere del proprio tempo e del proprio spazio? Che faccende reali cui affacendarsi per chi deve tirar sera per anni? quale ricchezza affettiva per chi non ha rapporti? come non essere legittimamente "aggressivi"?

"L'uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità o senza alcuno schema razionale di carattere globale. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito che le porta dall'una all'altra dato che il complesso di attività è imposto dall'alto da un sistema di regole formali esplicite e da un corpo di addetti alla loro esecuzione. Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale dell'istituzione" Ervin Goffman "Asylums" Einaudi 1968

Questa lunga e magistrale descrizione dell'istituzione totale di Ervin Goffman basti non solo a illuminare della giusta luce la realtà della vita quotidiana dei degenti di un ospedale psichiatrico, ma soprattutto possa ridurre al silenzio chi pensi che il problema dei manicomi è quello di renderli più belli o più puliti, o più confortevoli. La logica della istituzione totale non si copre con una moquette, ma si cancella, cancellando l'istituzione stessa.

La contenzione

I mezzi di contenzione fisica accompagnano con lugubre evoluzione tutta la storia della Psichiatrìa. Ne sono indispensabile strumento. Probabilmente è vero il contrario: la Psichiatrìa è strumento della contenzione. Vale la pena di guardare le immagini che li mostrano non tanto sdegnandosi, perchè una disciplina medica si avvalesse e si avvalga di corde, lacci, manette, gabbie, collari, camiciotti, ma più che altro comprendendo che tutto questo strumentario volto a coercire, piegare, spegnere abbia trovato una disciplina medica che lo legittimasse. Una disciplina, la Psichiatrìa, che dai suoi albori medievali fino alle sue evoluzioni arricchite da nuove scoperte (la psicanalisi ad esempio) ha sempre ambìto a non essere messa in scacco dalla "psiche", ma al contrario di poterla mettere in scacco, è purtuttavìa sempre stata messa in scacco dal corpo: lo ha custodito, recluso, violentato, piegato, ignorato, ma i bisogni e desideri di esso interrogano e restano senza risposta. La legge sulla assistenza psichiatrica del 1904 (che è stata in vigore fino al 1978 faceva menzione della pratica della contenzione fisica in qualche modo, più teorico che pratico, normandola. Nella legge n. 180 del 1978 non se ne fà più menzione, non la si autorizza nè proibisce. La contenzione fisica resta invece una pratica a tutt'oggi assai diffusa: nei manicomi, negli ospedali generali, nelle cliniche private. La lotta contro tale pratica resta quindi attuale. Così pure la consapevolezza che tale pratica e di converso il rifiuto e la messa al bando di essa non comportano solo una umanizzazione del fare psichiatrìa, ma soprattutto l'apertura di contraddizioni, che pur partendo da una specifica vicenda individuale sconvolgono il significato complessivo del fare psichiatrìa nelle sue connessioni con la libertà e la liberazione di ciascuno: di chi è contenuto e di chi contiene. L'abolizione di ogni forma di contenzione fisica è ancora un obiettivo importante e attuale in ogni struttura psichiatrica anche se, scrive lo psichiatra inglese Conolly,

"gli infermieri e sorveglianti abituati al vecchio sistema erano riluttanti ad abbandonarlo e non sapevano valersi di quelle risorse che evitano gli inconvenienti dell'abolizione.... il 21 settembre scorso il sistema di non contenzione ha compiuto sette anni; durante questo periodo non si è fatto ricorso a camicie di forza, manicotti, bracciali, cavigliere, sedie di contenzione o altri strumenti di coercizione fisica, nè di giorno nè di notte. In questi sette anni sono stati ammessi ad Hanwell millecento pazienti curati complessivamente con il sistema non repressivo; durante quel periodo il numero dei presenti è stato quasi sempre di circa mille" John Conolly "Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi (1856)" Einaudi 1976

Queste considerazioni sulla propria pratica, moltissimi psichiatri non potrebbero scriverle oggi in Italia; John Conolly le scriveva nel 1856. Non contenere il corpo del degente dentro l'Ospedale Psichiatrico, accettarne la dolorosa sfida, confrontarsi con la sua domanda, significa anche imparare a non usare il potere del proprio ruolo e del proprio sapere per "contenere" qualunque sfida e ogni domanda. In tal senso le immagini di questi marchingegni sono solo apparentemente repechage di un improbabile antiquariato della coercizione, in realtà mostrano la Psichiatrìa di sempre.

La terapìa

Conoscere la "cura" ignorando la malattia. Conoscere la "malattia" ignorando il malato. Conoscere il "malato" ignorandone la sofferenza. Ma cura di che? Malattia di chi? La storia delle terapie psichiatriche è storia di raddrizzamenti delle storture della mente: si raddrizza l'anima infetta rotando il corpo su di un sedile girevole, innaffiandolo di acqua gelida e bollente, scuotendolo con scariche elettriche, piegandolo al coma insulinico. Ma è anche la storia delle grandi aspettative verso la psicochirurgia e la psicofarmacologia, verso una chimica e una ingegneria che "risolvano" la malattia. Gli ingegneri smontano il cervello, lo rimontano (magari un po' depauperato) ma la logica resta quella di sempre, "tagliare via" la parte che disturba, che erompe, che nega il reale, che lo aggredisce. Parallelamente al progressivo (ma non definitivo) abbandono della psicochirurgia si espande in misura impressionante il mercato degli psicofarmaci. Sui pochi attendibili dati dei ricercatori si costruisce il commercio delle illusioni, delle mistificazioni, delle menzogne e degli abusi; come di consueto ne è complice la Psichiatrìa e l'alleanza fra mercanti e scienziati: si consolida etichettando

"un sempre più ampio numero di problemi umani e personali come problemi medici. - prescrizione e somministrazione di uno o più psicofarmaci in situazioni che non richiedono affatto un intervento farmacologico. - prescrizione e somministrazione a dosi eccessive e/o per troppo lunghi periodi di tempo di uno psicofarmaco che sarebbe utile a dosi più basse e/o per periodi più brevi. - scelta irrazionale del tipo di psicofarmaco (ansiolitico o neurolettico o antidepressivo) - prescrizione e somministrazione di associazioni preconfezionate oppure di più di 2 psicofarmaci contemporaneamente. - prescrizione a dose troppo bassa, sospensione precoce del trattamento" Michele Tansella "Le Benzodiazepine nella pratica psichiatrica. Revisione critica " Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Abuso di psicofarmaci dunque non è soltanto l'uso punitivo, repressivo, annullante di essi ma pure l'ignoranza sistematica dei loro effetti collaterali sovente drammatici, delle loro reali indicazioni enormemente più limitate e incerte. Basta scorrere la pubblicitàdegli psicofarmaci per ritrovare l'antico sodalizio fra Psichiatria e interessi estranei ai bisogni degli utenti della psichiatria: farmaci che sedano, controllano, socializzano; al corteo di "rimedi" anche se sia i primi sia i secondi hanno poco o nulla a che fare con la sofferenza di chi viene diagnosticato e curato, anche se i disturbi, sovente terribili, imputabili all'abuso di psicofarmaci generano nuova sofferenza, anche se la domanda di salute non trova risposta nè udienza. I 214 milioni di ricette di psicofarmaci prescritte nell'anno 1970 negli Stati uniti indicano con impressionante evidenza sia un malessere profondo e diffuso sia e soprattutto la mancata rispsta ad esso:

"Qual è la dose giusta di Largactil per sedare un uomo che vuole uscire e che trova la porta sempre chiusa? E la dose di Anafranil per fare alzare dal letto una donna che è stufa di passare le giornate sulla stessa sedia?" Leo Nahon "Osservazioni sul rapporto tra farmacologia reale e uso clinico-istituzionale degli psicotropi" Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Benedetto Saraceno

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indicazioni biblbiografiche
by a.a. Thursday, May. 22, 2003 at 2:53 PM mail:

Sto cercando indicazioni di libri , articoli,siti sull'antipsichiatria.

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se hai pazienza
by tro Thursday, May. 22, 2003 at 3:06 PM mail:

aggiorneremo la feature sulla Legge 180 con riferimenti, ma personalmente non riesco prima di stasera, sono in pausa job ora, se qualcuno lo fa prima, bene
intanto se vai sul sito di violetta van gogh linkato in feature sotto "antipsichiatria" trovi riferimenti a testi etc etc
ciao

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sì, va be', ma Lancillotto?
by huambo Monday, May. 26, 2003 at 7:35 PM mail: huambo53@hotmail.com

Mi sono letto pazientemente buona parte del materiale linkato in questa feature. E devo dire che ho letto molto me stesso, nel senso di molti miei pensieri, e molte mie opinioni di prima. Prima che mi capitasse di viverlo il problema! Come si sarà capito dal messaggio sulla lotta viterbese: A volte la lotta paga! sono uno dei familiari, che si trovano a vivere questo problema.
E allora tutti quei pensieri, quelle opinioni, prima condivise, si ammantano di freddezza, di scientificità (presunta), ma sterile. Perchè si è vero, quei farmaci non guariscono i malati, non sono l'aspirina, che ti fa passare il mal di testa; ed è anche vero che nessuno, e neppure gli psichiatri, conosce il reale funzionamento del cervello umano, ma è anche vero che loro poi, si sporcano le mani: a volte meglio, a volte peggio. E, badate bene, spesso sono loro per primi a dirti che il farmaco è solo un palliativo, spesso magari inutile, e a volte dannoso, ma sicuramente spesso utile in una vita quotidiana e del malato e di chi gli vive vicino.
Che lo stato utilizzi questi meccanismi "manicomiali" per il controllo sociale, può essere, e in alcuni casi lo è certamente, ma poi scopri che a volte non è così automatico, e magari ti ritrovi a combattere con gli psichiatri, perchè, magari il malato in un momento di acutizzazione della sua malattia, chiede di essere ricoverato, e lo psichiatra non lo fa, perchè la legge, le leggi non prevedono un numero di posti letto sufficiente per garantire il soddisfacimento di questa esigenza!
Oppure a volte tu, genitore, privato cittadino, con possibilità economiche normali, se tu fossi Agnelli non avresti nemmeno il problema, sia perchè avresti abbastanza soldi per risolverlo privatamente, sia perchè, magari, saresti coinvolto di meno a livello emotivo, tu dicevo ti ritrovi a non saper come rendere possibile una convivenza impossibile, perchè, magari, il tuo congiunto contemporaneamente vuole vivere con te, ma contemporaneamente non vuole vivere con te: per cui quando sta con te vuole andar via, perchè non ti sopporta, appena andato via vuole tornare da te, ma poi non vuole stare e così via, e tu non sai che fare, come fare ecc.ecc.
E allora scopri che non riesci a risolvere il problema, scopri che non hai possibilità di "vivere", come non vive il tuo congiunto. Lui non vive perchè in un certo senso non riesce o non vuole vivere, tu non vivi, perchè questa situazione non ti permette di vivere. Perchè una vita come la vorresti tu non la puoi vivere, perchè è incompatibile con la vita che vuole il tuo congiunto.
E allora qual'è il controllo sociale? Paradossalmente si potrebbe dire che lo stato può addirittura utilizzare il malato di mente per esercitare il suo controllo sociale su di te! Io più semplicemente dico che le situazioni non sono così nette e tancianti, come in molti dei link di questa feature ho letto: c'è il controllo sociale, ma c'è anche, secondo me, a volte, una mancanza di capacità di relazionarsi con sè stesso, e quindi con gli altri dell'individuo. Ci sono anche tante altre cose che non capiamo neanche noi, mica solo gli psichiatri!
E allora alla fine arrivi al dunque: cosa fare?
Perchè è facile dire che la malattia mentale non esiste come fanno molti, che il problema magari lo vivono dalla parte giusta, di chi usa il problema per la propria speculazione culturale cioè, o dalla parte di chi usa il problema per le proprie speculazioni politiche, giuste o sbagliate che siano.
Il problema si pone quando affronti il problema dalla parte sbagliata, dalla parte cioè di chi vorrebbe vivere vicino ad una persona, che non vuole più stare con te, e che però non puoi allontanare per motivi di vario tipo, che possono essere di vicinanza umana, di natura economica, di natura giuridica, e non sai cosa fare. E allora ti ritrovi con altri, che stanno nella tua stessa situazione, e che invece di parlare di abolire la malattia mentale, parla di riaprire i manicomi: perchè poi tocca parlarsi chiaro, se i politici di destra parlano di "riformare la 180" in senso restritivo, non è che se lo inventano perchè si sono svegliati male la mattina, se lo inventano perchè fette importanti della fantomatica società civile vogliono la riapertura dei manicomi. E queste fette importanti di società civile, non sono nostalgici dei manicomi, come delle case chiuse, ma sono spesso e volentieri familiari dei "matti" esasperati, disperati, impossibilitati a trovare altre soluzioni, gente come me insomma. E pochi, penso,in questa lista possono immaginare come spesso ti ritrovi esasperato a pensarle anche tu queste cose e ti riscopri a volte in momenti di particolare disperazione a ritrovarti sul lato opposto a quello in cui ti ritrovavi anni fa, quando lottavi per la chiusura dei manicomi. Poi, naturalmente rientri in te stesso, razionalizzi la tua disperazione e ti sforzi di cercare soluzioni, magari parziali, ma possibili. E non è facile, ma lo devi fare. E spesso ti ritrovi a cercare soluzioni che per molti sono inaccettabili (psicofarmaci, comunità ecc.ecc.), perchè non hai alternative vere, reali praticabili. Altrimenti hai solo due chance: scaricare il problema (non scandalizzatevi, negando il problema, come fanno quelli che negano la malattia mentale scarichi il problema, perchè se quello non è malato, è solo un cacacazzi, e quindi non hai altro da fare che trovare il modo giusto per mandarlo a fare in culo), fottendotene oppure ti ritrovi a cercare la riapertura dei manicomi.
Eccoti quindi ad associarti ad altri familiari per condurre una lotta che ti porta a lottare perchè la tanto vituperata 180 funzioni meglio, perchè si aprano strutture che mancano, come i centri diurni, o le comunità o contro le leggi fasciste che si stanno preparando e così via.
Poi magari la malattia mentale non esisterà sul serio, ma una cosa sicuramente c'è: la sofferenza del "malato", la sofferenza del familiare e c'è anche l'incapacità di molti sentenziatori a dare risposte vere reali praticabili.
Ma si sa, è molto più facile smantellare "scientificamente" le risposte degli altri!!!
huambo
PS. devo chiedere scusa a colui che ha postato l'intervento, a cui mi sono agganciato. Non rispondevo a lui in effetti; anzi il suo era un intervento molto sensato. Ma purtroppo, magari per incapacità mia non ho trovato messaggi degli antipsichiatri: ho trovato solo link ad altri siti.
Ma chissà, magari dopo questo mio sfogo, forse si prenderanno la briga di dare le risposte alle mie (e non solo mie) domande.

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ciao huambo
by tro Tuesday, May. 27, 2003 at 12:29 AM mail:

ti riferivi a Benedetto Saraceno o a me con "colui che ha postato"? :-)
i link all'antipsichiatria li ho linkati io, se mi passi informazioni sull'Associazione Famiglie malati psichici io linko pure quella
personalmente mi rifiuto di linkare robe a favore degli psicofarmaci...ci puo' pensare qualcun altro di indy se vuole
Penso sia già sufficiente la propaganda di Squalo sul newswire, oltre al fatto che sono totalmente kontro, anche se comprendo la necessità di "contenere"
ciao, tro

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link e altro
by huambo Tuesday, May. 27, 2003 at 12:32 PM mail: huambo53@paranoici.org

Intanto come link ti posso inviare quello di UNASAM (Unione Nazionale delle associazioni per la salute mentale:
http://www.unasam.it
Per quanto riguarda la polemica non era tanto con te, quanto con gli antipsichiatri, che a volte assomigliano anche troppo ai loro antagonisti. Infatti nessuno o quasi cerca di affrontare seriamente il problema; tutti danno verità, ma quando vuoi affrontare di petto il problema rischi di restare da solo. Anche se a volte, forse perchè sono obbligati, gli psichiatri si sporcano le mani in modo costruttivo (quello naturalmente dipende da te e dalla forza che metti in campo). Il problema è che invece da quello che ho letto sui loro siti, non riesco a capire come gli antipsichiatri mi aiutano ad affrontare il problema, da un punto di vista pratico e non ideologico.
huambo

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ANTIPSICHIATRIA FOTTITI!
by Squalo Tuesday, May. 27, 2003 at 1:26 PM mail:

IN ITALIA L'ANTIPSICHIATRIA PURTROPPO È ANCORA VIVA!





Il testo che segue ci è stato recapitato via Internet dalla organizzazione "Telefono Viola"; riprende le teorie di Sasz, ampiamente sconfessate nel mondo scientifico, tipiche dell'era di Basaglia.

A nulla valgono le
battaglie contro i medici che credono ancora nell'antipsichiatria. Nella Regione Friuli Venezia Giulia molti
hanno raccolto l'eredità di Basaglia, Sasz, Laing e altri. Nessuno di loro si oppone fortemente a queste
"balorde" idee che ancor oggi vengono propagate nell'intento di negare l'esistenza della malattia mentale.
QUESTO E' IL TESTO INTEGRALE, INTITOLATO
"CANCELLIAMO LA PSICHIATRIA"

"La psichiatria è una pseudo-scienza fasulla" (T. Szasz, psichiatra
americano) - "Secondo me la psichiatria è stata costruita apposta
per eliminare le persone scomode (G. Antonucci, psichiatra, primario
del reparto autogestito di Modena)
La psichiatria non ha mai dimostrato l'esistenza delle malattie che
afferma di curare. Nonostante ciò ha sperimentato (e continua a
sperimentare) su gente abbandonata alle sue "cure", metodi e
terapie lesive della dignità e dei più elementari diritti umani: ieri la
psicochirurgia, il coma insulinico, l'internamento in manicomio; oggi
ancora l'elettroshock, gli psicofarmaci (vere e proprie droghe chimiche
che a lungo andare danneggiano le funzioni cerebrali), il
trattamento coatto ... Che lo si voglia ammettere o no, si viene
diagnosticati "malati di mente" sempre sulla base del giudizio che
lo psichiatra si fa del modo di pensare, sentire, comunicare della
persona che gli sta davanti. Se lo psichiatra non condivide (o non
comprende) l'altro, egli diventa automaticamente un "malato di
mente", la cosiddetta "diagnosi" dello psichiatra non è un giudizio
scientifico né tanto meno medico ma soltanto morale. Nessuna
analisi del sangue, nessun esame ai raggi x, solo un "esame del
comportamento" per poi diagnosticare dei "disturbi del comportamento
e del pensiero": gli psichiatri come giudici al di sopra di ogni
legge che decidono cosa è giusto e cosa è sbagliato dire, fare,
pensare. Le vittime dei servizi psichiatrici non possono rifiutare le
"cure", né rifiutare le "diagnosi" che gli psichiatri impongono loro.
Non possono scegliere che tipo di aiuto ritengono utile, non
possono gestire i loro soldi, avere una casa, avere una loro visione
del mondo. Per di più il rifiuto delle cure e dell'aiuto (?) degli
psichiatri viene considerato sintomo di "malattia mentale".
Le "cure" della psichiatria consistono nella negazione esplicita di
tutto ciò che la persona pensa, sente, dice, sulla base della
presunzione che ogni sua espressione sia "sintomo di malattia". Le
"cure" servono a normalizzare la persona, l'uso coercitivo degli
psicofarmaci ha appunto la funzione di distruggere ogni capacità di
giudizio autonomo, di pensiero, di comunicazione.
Ricevuto via Internet, 2 gennaio 1998
Corrado Penna "Comitato di base contro la psichiatria", Messina
http://www.club.it/cuculo http://www.ecn.org/telviola/ (antipsichiatria)
http://www.infodesk.aritaly.com/curricula/cur_arti.htm (ancora contro la
psic.)
http://www.pegacity.it/cultura/poesia/cpenna.htm (poesia e antipsichiatria)
http://www.media-net.it/spaziolibero/p_penna.htm (le mie poesie)
http://www.bookcafe.net/writers.htm/045.htm (il mio romanzo)
http://www.bookcafe.net/tem3-ita.htm (saggio sul libero arbitrio)


ECCO LE OSSERVAZIONI DI F. TORREY, PSICHIATRA
AMERICANO LEADER DI NAMI
(Da Surviving Schizophrenia, 3rd Edition, 1995)
THOMAS SZASZ - Tra le teorie "minori" descritte da F. Torrey figura
quella di Thomas Szasz, che ispirò Basaglia e seguaci in Italia negli
anni '70 ma che è ancora viva nelle menti di molti "psichiatri" italiani.
Il Dr. Szasz, uno psicoanalista di Syracuse (New York), è abbastanza
conosciuto non per una teoria sulla schizofrenia ma piuttosto per
la sua non-teoria. Secondo Szasz la schizofrenia e gli altri disturbi
mentali sono semplicemente artefatti semantici (pure invenzioni) e
in realtà non esistono. Questa affermazione è sicuramente accolta
con un benvenuto da parte delle persone affette dalla malattia e
dalle sue famiglie. Le persone ammalate di schizofrenia, dice
Szasz, hanno una falsa malattia, che è semplicemente "il sacro
simbolo della psichiatria". Per essere una vera malattia, dice Szasz
"deve essere in qualche modo approcciata, valutata o testata
secondo metodi scientifici". Le teorie di Szasz hanno ottenuto
attenzione solo perché sono state diffuse largamente (ndr: per il
momento storico-politico). Szasz conduce da sé una pratica tradizionale
psicoanalitica per persone che hanno problemi con la vita;
non c'è nulla nei suoi scritti che indichi che ha avuto una esperienza
nel trattare i pazienti con la schizofrenia. Volendo essere più precisi,
al giorno d'oggi la schizofrenia viene regolarmente "approcciata,
misurata e testata secondo metodi scientifici" e la prova che la
schizofrenia è una malattia del cervello è veramente pressante. Le
teorie di T. Szasz, pertanto, sono state accantonate negli "scaffali
delle stranezze" appartenenti alla storia della medicina.

R.D. LAING - Forse le teorie più bizzarre sulla schizofrenia e
collezionate appartengono allo psicoanalista inglese R. D. Laing,
che promosse l'idea che la schizofrenia è la risposta di una persona
ad un mondo insano e che può essere anche una esperienza di
crescita, un'idea fantastica e quanto mai insensata seguita dai
radicali negli anni '60. Il Dr. Berke, uno dei suoi seguaci, disse: "La
malattia mentale riflette ciò che accade in un gruppo di persone
disturbate e disturbanti (...) Una persona diagnosticata "malata
mentale" è un capro espiatorio in mano ai familiari e nei fatti é la
persona 'più sana' del gruppo". Laing fondò la Kingsley Hall, una
casa a Londra nella quale alle persone fu permesso di sperimentare
la loro psicosi con amici che fornivano amore e comprensione.
Laing rifiutò di trattare i pazienti con i farmaci a meno che essi stessi
non lo richiedessero. Kingsley Hall fallì ed infine fu chiusa e Laing
diventò sempre di più disilluso e trascorse gli ultimi anni da
alcolizzato. Nel 1982 dichiarò ad un intervistatore "Fui visto come
una persona che poteva fornire delle risposte, ma io non le ho mai
avute". Morì nel 1989.

Il parere dell'Associazione: combattere l'antipsichiatria
Sorta come movimento anti-istituzionale negli anni '70, l'antipsichiatria contribuì alla lotta contro le vergognose condizioni nelle quali si
trovavano i ricoverati degli Ospedali Psichiatrici. Si trattò e si tratta ancor oggi di un movimento che individua la causa della malattia
mentale nella famiglie e nelle istituzioni e che nega in pratica l'esistenza della malattia. Secondo noi tale movimento va combattuto per
i seguenti motivi: 1) la psichiatria deve esistere come scienza capace di valutare, con opportuni mezzi e modalità, la malattia mentale,
nonché fornire risposte. 2) l'istituzione, in quanto organizzazione capace di garantire risposte e servizi esiste e continuerà ad esistere;
semmai va migliorata. 3) alla luce delle recenti scoperte scientifiche (nuovi psicofarmaci, cause, neuroimmagini ed indagini a livello
genetico), tale movimento si propone chiaramente come anacronistico ed ideologico, critico verso la psichiatria ma incapace di trovare
risposte, rivolto solo a sottrarre i pazienti alle cure. Dopo anni di danni indotti da tale movimento, di ideologia deleteria e di errori dispiace
notare che la maggioranza della nostra regione, che vi militarono, non rispondono con fermezza. Chi tace quindi acconsente.

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eccolo!
by tro Tuesday, May. 27, 2003 at 1:45 PM mail:

eccolo huambo, ti presento Squalo!
non si è fatto attendere, come vedi, da lui potremo apprendere di tutto e di più sulla lotta all'antipsichiatria e sulla dipendenza psicofarmacologica
per il resto, sono dalla tua parte, con nette posizioni antipsichiatriche, ma non ideologiche
un occhio( e tanti compromessi) alla realtà è necessario
ciao

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Squali corvi e tutto lo zoo
by Vittoria Tuesday, May. 27, 2003 at 10:27 PM mail: olivavittoria@bastardi.net

Sai tro cosa è che fa male?
Vedere l'approccio a un problema come questo.
Ora c'è chi ha delle sofferenze reali, chi è vicino,
compartecipe di queste sofferenze nello strano ruolo di
fomentatore di sofferenza e nello stesso tempo di vittima di sofferenze che forse involontariamente ha provocato.
Su questi soggetti aleggiano corvi e squali.
Ora io se debbo dirti la verità tra i due contendenti
pro-psichiatria e anti-pischiatria mica è che vedo tanta differenza!
tutti e due hanno la verità in tasca, tutti hanno i vangeli da dettare.
Col cazzo che trovo qualcuno che mi fa un discorso con modestia e mi dice la verità che è, secondo me: NON CI CAPIAMO PRESSOCCHE' UN CAZZO!!!
Se dicessero una cosa del genere perderebbero il loro potere perchè poi sempre di quello si tratta.
Io con tutta franchezza ti dico che chi adopera un approccio psichiatrico, a volte mi è capitato che una mano me l'abbia data.
Non so che farebbe telefono viola, non so in situazione di emergenza che farebbe, se verrebbe di corsa con un operatore a parare la situazione. Boh! da quello che dicono mi pare di no!
Mi piacerebbe che non si avesse un attegiamento ideologico ma un attegiamento umano, ma quello mi pare che manca in tanti campi ormai.
La cosa più normale da pensare e che per questa sofferenza siano valide tutte e due le risposte che cioè è una malattia che si sviluppa sia per cause endogene che per cause esogene. Cioè il sociale il familiare conta quanto
il genetico, perchè è inconfutabile, che c'è anche un substrato di malattia, nessuno che ha visto le sofferenze di queste persone può negarlo, soffrono enormemente.
Forse chi non ha visto questa sofferenza ha avuto a che fare solo con persone originali, o pazzarellone, non con persone che gridano e sbattono la testa contro il muro fino a farsi male.
Se ci fosse solo una ragione o sociale o ambientale o familiare come mai due soggetti nati nella stessa famiglia
e nella stessa situazione e nella stessa società reagiscono in maniera diversa?
Credo che darsi la risposta che uno pratica un rifiuto o una rivolta e l'altro no, non valga, perchè magari l'altro
da una risposta di rifiuto e di rivolta non autodistruttivo.

Ora nessuno vuole fare l'apologia del farmaco, chi è a contatto con qualcuno che è costretto a prenderlo sa che non fanno bene, sa pure che danneggiano in tante cose, ma resta il fatto che se non glielo dai magari si ammazza, cioè soffre tanto che si toglie di mezzo.
Ora siccome io voglio risolvere il problema, spero che si facciano progressi perchè si trovino farmaci più giusti e più mirati, ma se uno si intestardisce a dire che non è neanche una malattia finisce che lascia tutto il potere ai padroni del farmaco.
Insomma è come con la storia dello zoppo, tu dici che non è zoppo, e pretendi che corra come un maratoneta, così te ne fotti praticamente dello zoppo, anzi glielo metti nel culo!,
e lo fai correre alla pari del maratoneta, tanto nella bella società in cui viviamo di certo non viene calpestato dai maratoneti,no?
facendo per di più la figura di quello nobile che non dice che il tizio è zoppo!!!!!

E così negando tutto, tutto lo spazio resta agli altri,ai signori dei farmaci e magari ora pure dei manicomi, ma tanto che importa uno ha fatto la figura del nobile cavaliere, si può distinguere, magari i non matti finiranno in mano alla peggio gente, ma lui ha ragione, cavolo!
vittoria

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Vittoria
by tro Wednesday, May. 28, 2003 at 10:52 PM mail:

io non lo so, non lo so se davvero "non somministrando il farmaco 'questo si ammazzerebbe"
(parto dalla frase tua che più mi ha colpita)
E' su questo dubbio che io ho fatto la mia scelta e sono contro la somministrazione di psicofarmaci, soprattutto se imposta da terzi, che siano familiari o psichiatri
Con questo non mi permetto di giudicare chi sceglie, per le più svariate circostanze, di farne uso, soprattutto in un contesto in cui non ci sono altri supporti di contenimento.
Squali e Corvi, psichiatria e antipsichiatria, sì, saremo impopolari, ma mi trovi in perfetta sintonia
gli estremi...si equivalgono, no?
Questa è una lotta difficile, non è tempo di ideologie, leggo in giro che le famiglie stanno chiedendo disperate il TSO e se passa la proposta di legge della destra allora sì che si riaprirebbero le vere e proprie fabbriche della follia, e non soltanto per i ricoverati, ma anche per chi presta loro assistenza
Le piccole comunità e i centri diurni, con tutti i loro limiti, sono, a mio avviso, la migliore risposta al problema, o, se vogliamo parlare in chiave antipsichiatrica, il male minore.
Sarebbe aberrante tornare alle grandi strutture assistenzialistiche.

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pissi pissi bau bau
by leonka22 Thursday, May. 29, 2003 at 7:13 AM mail:

"mi risultava che siete dei COMPAGNI" invece vi ritrovo,
nei circoli ameni dei pissi pissi bau bau della psichiatria
DEMO-KRATIKA- delle comunita psichiatrike al soldo delle multinazionali farmaceutike e di quello sciacallo nazipsichiatra di SSSSQUALO"e perche no"insieme formate un bel trio mettetevi anche insieme alla deputata Moroni del novo psi,che riorganizza il tso e che vorrebbe istituire il
sistema informativo nazionale di schedatura-programma centralizzato di telemedicina psichiatrica dotato di un sintonizzatore-decodificatore finalizzato all' individuazione dell' identita "del paziente" e dei suoi parametri"sanitari" e belle proxime sorprese con la nuova carta di identita' a banda magnetica...
ORWELL SEMPRE + VICINO
+ DI UN BOOMERANG NON TORNA SCEGLIE,LA LIBERTA
COLL.POL.AUT.PSICHIATRIAFUCKYOU-MAILAND

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ecco..
by tro Thursday, May. 29, 2003 at 10:03 AM mail:

penso non sia il caso di aggiungere niente.
il tuo scritto dimostra esattamente quello che volevo dire quando parlo di ideologia.
ciao.
pissi pissi bau bau.

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pissi pissi buuuh
by huambo Thursday, May. 29, 2003 at 4:35 PM mail: huambo53@paranoici.org

E bravo pissi pissi: non hai perso l'occasione per inviare il documento del politbureau di antipsichiatria, naturalmente condito di scomuniche e purghe.
Naturalmente, come ogni politbureau, che si rispetti, non mandate motivazioni della sentenza: si sa le motivazioni della sentenza sono una prerogativa borghese, quindi chi è di sinistra DOC non deve motivare, basta emettere sentenze!!!
Allora noi che non siamo compagni, ma reazionari, ti poniamo un'altra volta (ma è anche l'ultima) dei problemi:

1) Se la malattia mentale non esiste, ma, come recita uno dei siti antipsichiatrici, il malato mentale non essendo tale è pienamente responsabile delle sue azioni, nel caso egli commetta dei "reati", deve andare in galera, come recita il sito antipsichiatrico? E qui mi aspetto una risposta esauriente e precisa da parte tua, rivoluzionario DOC.
2) Se è vero che non esiste la malattia mentale, come si deve comportare il familiare, di cui il malato di mente si vorrebbe liberare, aggredendolo, o magari dando fuoco alla casa? Perchè, se come recita il catechismo dell'antipsichiatrico, lui in quel modo si difende da gente che in qualche modo non sopporta, la stessa libertà di autodifesa spetta pure al familiare, o no?
Ma in questo caso siamo al farwest, o sbaglio?
3) E, se poi, succede che magari il "non malato mentale" sente le voci di ammazzarsi, e non essendo malato non si può aiutarlo in nessun modo e lui si ammazza, come la mettiamo per il malato morto, libero ma morto? e come la mettiamo per i familiari, che magari ci erano legati al "non malato"?
Ma non ti accorgi, caro pissi buuuh, che così al limite dai una mano al nazista-psichiatrico squalo e alle burani-procaccini o ai Ce', che si ritroverà i familiari, sconvolti, esasperati, distrutti (e non è retorica, ci passo tutti i giorni da queste senzazioni), che non trovando soluzioni invocano i manicomi?
Ma che ti pensi, che Burani-Procaccini, Ce' e compagnia cantando stiano facendo quelle proposte di legge per abolire un'antipsichiatria che non c'è, visto che è solo un argomento da salotto per sinistri DOC, come te?
Che la legge 180 non sia la soluzione lo sanno tutti, specialmente col fatto che non è applicata; ma almeno una risposta parziale la da: i TSO, pur esistenti sono limitati, e se c'è controllo dei familiari e di quelli che si sporcano le mani in senso positivo sono anche diversi da quelli conosciuti. Non basta, siamo daccordo, ma per avere di più tocca sapere cosa si vuole, non basta proclamare quello che non si vuole.
huambo

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mi auguro di esserci
by rex516 Monday, May. 17, 2004 at 9:14 PM mail:

mi auguro di esserci sperevisti impegni visto che data la giornata ho diversi appuntamenti OOO

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mi auguro di essre felica
by rex516 Tuesday, Jun. 15, 2004 at 11:23 PM mail:

mi auguro di essere felice. Oggi quando vedo e penso alla mia vita, osservo che ce sempre qualcosa che non va. Come dire da uno a 1 a 10 mi darei 4.25698512569854125632578451547523652154789563256845521458744526532695632514587 questa e paranoia, che paaaaaaaaaassssssssssaaaaaaaaa oooooooommmmmmmmmbbbbbbbbrrrrrrrrreeeeeeeee maniquetazione passata

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rex56
by Squalo Tuesday, Jun. 15, 2004 at 11:46 PM mail:

ad occhio e croce direi che soffri di disturbo da apprendimento della matematica.
un piccolo TSO ti servirà, amico

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ciao squalo
by rex516 Monday, Dec. 20, 2004 at 4:37 PM mail:

grazie del TSO, che dirti, grazie del consiglio ma tu me lo dai perche lo conosci o perche lo consigli, comunque direi che bel suggerimento.
Grazie Bello
rex516

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