Lenovo supera la Silicon Valley: la Cina è l’Impero dei pc

di Stefano Latini da Limes

L’azienda informatica cinese supera di poco le vendite mondiali delle multinazionali statunitensi e le batte nettamente a casa loro. L’emorragia di know how degli Usa. Per Washington, la sconfitta geopolitica pesa più di quella economica.


[Un negozio della Lenovo, a Nanjing nel Jiangsu, Cina; fonte: chinadaily.com]

Era atteso, ma non ora. Era stimato, ma a partire dal 2016, non dal 2013. Era paventato, ora è temuto. I dati sulle vendite globali dei personal computer, riferiti al secondo trimestre dell’anno in corso, quindi aprile-giugno, lasciano pochi dubbi e molte certezze.

 Lenovo, la multinazionale cinese da anni tra i campioni olimpici dell’informatica, ha consegnato, distribuito e venduto ben 12 milioni 619 mila pc, impossessandosi di una fetta di mercato pari al 16,7% della piattaforma globale.

Indietro, Hewlett Packard, la multinazionale statunitense leader fino a qualche ora fa e adesso seconda classificata. Sempre sul podio quindi. Tuttavia non è un risultato sufficiente, soprattutto in un’epoca in cui la performance digitale canalizza un numero crescente di sfide geopolitiche, geoeconomiche e informatiche, tutte invariabilmente urgenti.

In realtà, lo sprint esibito dai competitori cinesi, almeno nei numeri, non è così travolgente. Infatti, su oltre 75 milioni di personal computer venduti in ogni angolo del pianeta, mentre Lenovo ha posto il suo sigillo su 12 milioni e 619 unità, i concorrenti statunitensi hanno arrestato la loro corsa soltanto un passo indietro, vendendo 12 milioni e 378 mila pc in tre mesi.

Tanto o poco? Sotto il profilo tecnico, cinicamente riconducibile alle quadre del business, il dato monitorato in questi giorni non muta affatto in modo radicale l’equilibrio mondiale. I toni cambiano, se dettagli, trend e spigolature commerciali transitano dai desk dei manager per trovare ristoro sulle scrivanie della Casa Bianca e dell’Intelligence Community statunitense.

Se la Shenzhen Valley supera la Silicon Valley 

Per anni i servizi Usa hanno accelerato sulle misure da adottare per impedire una perdita netta di know how statunitense a favore del “pianeta Cina”. Allerta e messaggi ben esplicitati in cui si faceva riferimento a una vera e propria emorragia dal vaso della intellectual property statunitense che, per lungo tempo, s’è riversata – alle volte in modo corretto, altre seguendo canali non propriamente ortodossi – nel giardino di paesi come, per esempio, la Cina.

Azioni di spionaggio sistematico, sovrabbondanza, mai prima monitorata, di ricercatori e di studenti cinesi nei centri nevralgici del sapere Usa. Insomma, dati difficilmente spiegabili che, una volta abbinati allo scivolare continuo di nuove conoscenze, in particolare sul versante dell’informatica, in direzione Pechino, hanno fatto scattare una lunga catena di allarmi.

Lo stesso presidente Usa Obama più volte ha dovuto suggerire prima, proporre dopo, e dettare ultimamente, l’adozione di linee sempre più rigorose e incisive finalizzate a mantenere un’area di salvaguardia; una zona tampone, che mantenesse a distanza alcuni nuclei del sapere Usa rispetto all’onda anomala di fatti che poi ha innescato, nel triennio passato, un progressivo depredare in chiave moderna e tecnologica.

Il fatto che ora Lenovo abbia ottenuto questo risultato prova, secondo alcuni tra consiglieri e vertici dell’intelligence statunitense, che si è raggiunti una linea rossa che non deve essere assolutamente oltrepassata.

Allerta e segnali di pericolo

La spia che ha determinato l’impennarsi del livello d’allerta poggia sulla scomposizione e sulla disaggregazione dei dati monitorati nel periodo aprile-giugno riferito alle vendite.

Lenovo cresce e s’impone come multinazionale leader del settore, ma l’elemento scioccante riguarda i confini statunitensi. Negli Usa, infatti, la multinazionale cinese vende 1 milione 530 mila personal computer in tre mesi, mettendo a segno un balzo in avanti pari al +19,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato.

Questo accade mentre, sempre negli Stati Uniti, Hp, Apple, Acer Group e gli altri giganti dell’informatica registrano uno scivolone: nell’ordine, -4,1%, -0,5%, -19,5% e -9,2%. Dell è l’unico colosso in controtendenza, +5,8%, ma non basta ad accreditare l’idea oramai ben radicata che vuole il made in China appropriarsi negli Usa di fette crescenti di mercato in settori strategici sui quali, ora e in futuro, si costruiranno e ridisegneranno i nuovi equilibri mondiali.

Insomma, se l’avversario è in casa tua che riceve plauso, consenso e gratificazioni allora c’è qualcosa che non funziona e che necessita d’esser corretto.

Per approfondire: Il potenziale commerciale di Internet [carta]

(19/07/2013)

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