Minniti-Orlando: un colpo ai migranti ed uno alle lotte

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”. (Bertolt Brecht)

Sono già trascorsi tre mesi dall’approvazione del Decreto Minniti-Orlando. Il 17 agosto prossimo le leggi diverranno pienamente operative. Tuttavia, in questo breve periodo, non sono certo mancati episodi chiarificatori di quanto era già presumibile nelle premesse.

A Torino, il corteo del 1° maggio è stato violentemente e immotivatamente caricato dalla polizia. A Milano si è svolto il celeberrimo rastrellamento etnico, atto che ha condotto un giovane ad impiccarsi pochi giorni dopo in stazione. A Roma si è scatenata la caccia all’uomo ed un ambulante è morto. A Sassuolo un daspo è stato emesso verso una famiglia di 3 persone che dormivano in strada. A Bari il daspo ha invece colpito 4 giovani che hanno occupato Villa Roth, rendendola uno spazio fruibile per svantaggiati economicamente ed immigrati. A Reggio Calabria un 34enne che si stava recando al G7 di Taormina è stato bloccato perché in passato aveva fatto parte di un collettivo di sinistra e gli è stato dato un daspo di 3 anni. A Pisa, è stata sgomberata la Zona Rosa Limonaia occupata. Ad Arezzo, Torino, Pisa e Roma fioccano le ordinanze comunali antibivacco che trovano ampio sostegno nelle leggi citate e sulla base delle quali si effettuano controlli e schedature col fine di seminare terrore. All’attuale svolta autoritaria sono da attribuire anche le accuse contro le femministe writers che si sono schierate pubblicamente contro il giudice che ha dichiarato non “stupro” quanto subito da una giovane donna perché non gridava abbastanza. A tutto questo si deve inoltre aggiungere le provocazioni nei confronti dei precari della pubblica amministrazione in protesta il 30 marzo a Roma, i provvedimenti della questura di Modena contro le lotte dei facchini ed i fermi durante la manifestazione del 25 marzo. Sempre in quest’ottica si sono svolte azioni contro diversi manifestanti, ad esempio, quella contro Salvini a Napoli l’11 marzo scorso.

All’elenco copioso mancano sicuramente episodi meno noti. Nonostante questo, e com’è possibile notare, i fatti, da nord a sud, non hanno tardato a darci ragione.

L’unanimità della classe politica.

La tentazione di leggere la Minniti-Orlando come un tentativo di recupero del consenso nel campo della destra xenofoba è molta. Tuttavia tale lettura maschererebbe quello che tale legge è nella realtà: ovvero, uno degli strumenti della lotta ai poveri e a chi lotta per migliorarne le condizioni. Detto altrimenti, è la cristallizzazione della lotta di classe che vede il PD quale rappresentanza politica dei padroni, controparte dei ceti subalterni.

Non solo: il provvedimento in questione aumenta il potere dei sindaci di comminare sanzioni e li coinvolge direttamente nella gestione della sicurezza, stabilendo specifici patti tra governo, comuni e regioni. Ciò ricorda il potere dato ai dirigenti nella Buona Scuola. Il margine lasciato al conflitto di classe viene ulteriormente ridotto a favore del controllo e dell’ ordine imposto da pochi e abbienti uomini di fiducia.

Ecco perché le leggi autoritarie non sono appannaggio solo delle destre.

E la dimostrazione più efficace è che tale legge porta il nome della “presunta” sinistra di partito, ovvero Orlando: accostare la parola sinistra a quella di Orlando è evidentemente un ossimoro.

Sarebbe oltretutto necessario sottolineare come la legge sull’immigrazione sia in linea con gli accordi Italia-Libia del 22 marzo scorso, accordi che avrebbero previsto di bloccare le imbarcazioni cariche di migranti in partenza dalle coste libiche in cambio di finanziamenti alla guardia libica, accordi che non sono oggi operativi, ricordiamo, per scelta del tribunale di Tripoli.

A Milano l’assessore Ruzza ed il PD cittadino plaudivano durante il rastrellamento. Poco importa perciò il rammarico di Majorino e Sala, che l’equilibrismo politico ha portato a sfilare il  20 maggio per l’accoglienza. E’ chiaro che una minoranza del PD preferisce senza dubbio un profilo più basso durante l’applicazione della legge tanto voluta dal partito e che in un’operazione di rewashing prometta e si spenda in qualche tiepido esperimento migliorativo nelle politiche di accoglienza per i migranti.

L’ampio consenso della politica trova riscontro tanto nelle parole di Di Maio che definisce le ONG “taxi” del Mediterraneo, quanto nelle frequenti uscite razziste di Grillo e dei pentastellati (e quanto successo a Roma ne è un indice). Ed è sicuramente ben espresso da Matteo Salvini, il cui giubilo è riportato fedelmente dai selfie e dirette Facebook dalla piazza di Milano durante il rastrellamento di qualche mese fa, così come da molti amministratori della Lega Nord, come il sindaco di Gallarate che si fa vanto di aver già prodotto decine di daspo presso la stazione ferroviaria. Minniti e Orlando oggi sono riusciti a superare Bossi, Fini, Maroni

“Sicurezza e decoro” o “ordine e disciplina”?

Insomma di eliminare “fattori di marginalità e di esclusione” e consentire l’affermazione “di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile”, come previsto dall’art. 4 della legge 48/2017, nemmeno l’ombra. Ma ciò non può certo stupirci.

Già nell’impianto si parla di sanzioni amministrative variabili tra 100 e 300 euro per chi turbi il “decoro”. Associabili al “divieto di accesso ad una o più delle aree” per un periodo non superiore a sei mesi. Le sanzioni aumentano però, se il comportamento è recidivo e può estendersi fino a due anni. E’ semplice capire le ripercussioni di tale condizioni sugli immigrati, precari o per chi è in difficoltà  economica.

Inoltre si parla di ridurre le sezioni speciali che trattano la materia in barba al domicilio di chi richiede aiuto.

Ma era davvero necessario questo decreto?

Sorprendentemente il decreto-legge securitario è stato approvato in un periodo storico in cui furti e rapine, secondo i dati Istat, diminuiscono del 10 %. Il PD fornisce un alibi ed uno strumento in più alle destre, declinando a suo modo i termini di sicurezza e ordine. Lo fa nell’intento palese di trovare consenso ai tempi della crisi (anche perché prossimo a diverse scadenze elettorali) indicando nei migranti e nei poveri valvole di sfogo e nell’intento meno palese di soddisfare le richieste della borghesia italiana di ulteriori azioni repressive nei confronti di quegli attivisti e quelle organizzazioni che sono in prima linea nella lotte di classe.

Tutto ciò assicurandosi anche profitto: si parla infatti di 19 milioni di euro per garantire le espulsioni.

I migranti sono sfruttati due volte: la prima quando si dichiarano costretti a prestazioni di lavoro gratuito in attesa dell’esito della richiesta asilo, la seconda alimentando un business di milioni di euro.

La realtà è invece che nei CIE, negli anni passati, si sono verificati pochissimi episodi di rimpatri (per fortuna) a fronte di centinaia e centinaia di persone trattenute in condizioni disumane, detenute non per reati contro beni o persone, ma in base al proprio status giuridico!

Se l’intento del PD fosse realmente stato il velocizzare le richieste sarebbe stato sufficiente migliorare la qualità dell’accoglienza per i richiedenti protezione aumentando il personale impegnato a vario titolo nella gestione del percorso (componenti delle commissioni, operatori, associazioni  ecc.), attraverso un impiego di risorse proporzionate al carico di lavoro ed un costante supporto in termini formativi e di sostegno. Sarebbe stato opportuno aprire corridoi umanitari per consentire a chi fugge da guerre, persecuzioni, fame e povertà di entrare in Italia.

Riteniamo opportuno ribadire come la lotta al razzismo, allo sfruttamento, al lavoro nero passi attraverso l’abrogazione delle leggi Minniti-Orlando, della Bossi-Fini, della Turco-Napolitano.

Occorre contrastare con un fronte unitario chi spinge nella povertà e la marginalità un numero crescente di persone.

Stare al fianco dei profughi è lotta di classe: immigrati liberi dal ricatto del permesso di soggiorno sono lavoratori liberi di sindacalizzarsi ed organizzarsi; di dare forza al fronte dei lavoratori.

Contro l’attuale svolta autoritaria ha rilevanza fondamentale riconnettere le vertenze locali: creare un fronte resistente contro il pericolo del daspo per  militanti politici, attivisti, lavoratori in lotta.

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