Diciotto biciclette al posto di un’auto

PedestalCarDal quotidiano “La repubblica” del 2 dicembre 2006 ripubblichiamo un articolo-recensione al libro Elogio della bicicletta del filosofo dalmata Ivan Illich che ha criticato radicalmente uno dei miti principali della nostra società: il dio della velocità e dell’automobile.

Diciotto biciclette al posto di un’auto, di Emanuela Audisio

Pedalare è libertà. È non scomodare il mondo.
La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare 18 al posto di un’auto.
Ce lo ricorda lvan Illich, un antropologo scomodo, favorevole alla modernità conviviale a basso consumo di energia. Il libro è attuale, si chiama Elogio della bicicletta (con post-prefazione di Franco La Cecla). Sono passati 33 anni e l’automobile è sempre più un ossimoro, impedisce all’individuo di spostarsi.

«Nei paesi dove non esiste un’industria del trasporto, la gente riesce a ottenere lo stesso risultato andando a piedi ovunque voglia, e il traffico assorbe dal tre all’otto per cento del tempo sociale». Gli Usa investono nei veicoli tra il 25 e il 45 per cento di tutta l’energia di cui dispongono e la maggior parte di questa energia serve a spostare persone immobilizzate con delle cinghie. Al solo scopo di trasportare gente, 250 milioni di americani destinano più combustibile di quanti ne impiegano 1,3 miliardi di cinesi e di indiani. E tutto per la voglia di un’accelerazione dissipatrice di tempo.

Illich pedala con una meta: non si può accettare che la geografia del paese venga modellata in funzione dei veicoli e non delle persone. L’americano dedica ogni anno alla propria auto più di 1.600 ore. Per fare circa 12 mila chilometri: appena sette chilometri e mezzo per ogni ora. Il prodotto dell’industria del trasporto è il passeggero abituale che, esasperato dalla penuria di tempo, chiede una dose maggiore di droga: cioè più traffico e mezzi. Aspetta la salvezza da innovazioni tecniche, dimentica che sarà sempre lui a pagare il conto. Drogato, non sa più affrontare da solo le distanze. “Incontrarsi” per lui significa essere collegato dai veicoli. Non vuole essere più libero come cittadino, ma più servito come cliente. Vuole un prodotto migliore, non liberarsi dall’asservimento ai prodotti.

Rinfrescate la testa: pedalate, gente.

Diciotto biciclette al posto di un’auto

EMANUELA AUDISIO

Pedalare è libertà. È non scomodare il mondo.

La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare 18 al posto di un’auto.

Ce lo ricorda lvan Illich, un antropologo scomodo, favorevole alla modernità conviviale a basso consumo di energia. Il libro è attuale, si chiama Elogio della bicicletta (con post-prefazione di Franco La Cecla). Sono passati 33 anni e l’automobile è sempre più un ossimoro, impedisce all’individuo di spostarsi.

«Nei paesi dove non esiste un’industria del trasporto, la gente riesce a ottenere lo stesso risultato andando a piedi ovunque voglia, e il traffico assorbe dal tre all’otto per cento del tempo sociale». Gli Usa investono nei veicoli tra il 25 e il 45 per cento di tutta l’energia di cui dispongono e la maggior parte di questa energia serve a spostare persone immobilizzate con delle cinghie. Al solo scopo di trasportare gente, 250 milioni di americani destinano più combustibile di quanti ne impiegano 1,3 miliardi di cinesi e di indiani. E tutto per la voglia di un’accelerazione dissipatrice di tempo.

Illich pedala con una meta: non si può accettare che la geografia del paese venga modellata in funzione dei veicoli e non delle persone. L’americano dedica ogni anno alla propria auto più di 1.600 ore. Per fare circa 12 mila chilometri: appena sette chilometri e mezzo per ogni ora. Il prodotto dell’industria del trasporto è il passeggero abituale che, esasperato dalla penuria di tempo, chiede una dose maggiore di droga: cioè più traffico e mezzi. Aspetta la salvezza da innovazioni tecniche, dimentica che sarà sempre lui a pagare il conto. Drogato, non sa più affrontare da solo le distanze. “Incontrarsi” per lui significa essere collegato dai veicoli. Non vuole essere più libero come cittadino, ma più servito come cliente. Vuole un prodotto migliore, non liberarsi dall’asservimento ai prodotti.

Rinfrescate la testa: pedalate, gente.

Da la repubblica del 2-XII-06