Tortura DEF 2

Lo Stato tortura.

Testo intorno al G8, la tortura di Stato, la democrazia…

 

LO STATO TORTURA

STRASBURGO – Quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 “deve essere qualificato come tortura”. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia non solo per il pestaggio subìto da uno dei manifestanti (l’autore del ricorso) durante il G8 di Genova, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura; un vuoto legislativo che ha consentito ai colpevoli di restare impuniti. “Questo risultato – scrivono i giudici – non è imputabile agli indugi o alla negligenza della magistratura, ma alla legislazione penale italiana che non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri”.

La Repubblica, 07/04/2015

Quattordici anni fa, a Genova, centinaia di migliaia di persone scesero in strada battendosi contro i rappresentanti delle elite che governavano, e governano, il mondo in cui viviamo e attaccando le sue strutture. Le forze dell’ordine della Repubblica Italiana reagirono assassinando Carlo e massacrando centinaia di persone. Nelle strade, alla Diaz, nella caserma di Bolzaneto.

La Corte europea dei diritti umani riconosce in parte, nel 2015, questo fatto storico e parla di tortura. Ancora una volta si parla di quel G8, di quella violenza, di quelle torture ma rappresentandole come ombre oscure ed eccezionali di un paese democratico, che si suppone aver lasciato dietro di sé le forme di repressione del dissenso tipiche di altri regimi. Ma la storia non possiamo certo lasciarla scrivere alle Commissioni d’inchiesta, ai tribunali, ai giudici e ai magistrati, gli stessi che hanno seppellito sotto decenni di galera tanti compagni. Significherebbe cancellare il passato di questo paese.

Ci si vorrebbe dimenticare che sono centinaia i morti ammazzati nelle strade, nelle caserme, nei commissariati, nelle galere, dalle forze dell’ordine della Repubblica? Che la tortura, negli anni ’70 e ’80 era la norma negli interrogatori e negli arresti, con i pestaggi, gli elettrodi ai genitali, il waterboarding, le esecuzioni simulate? Che decine di militanti furono semplicemente e deliberatamente giustiziati? Che le stragi in cui morirono centinaia di uomini e donne, benché eseguite dai fascisti, erano organizzate da pezzi di Stato, per destabilizzare e mantenere l’ordine?

Chi controlla il passato controlla il futuro e riscrivere la storia è di vitale importanza per il potere e per chi, sul potere e grazie al potere, modella un mondo che ci viene presentato senza alternative possibili. Da una parte la presunta fine della storia, delle ideologie, delle possibilità di cambiamento, di liberazione. Dall’altra un’accurata riscrittura di ciò che è stato, per far sì che continui ad essere, a restare immutato. Una continua rimozione della storia degli oppressi, per far sì che essi, oggi, restino tali. Parlare della violenza che lo Stato in quei giorni mise in campo come di un fatto eccezionale significa deturpare la realtà, attaccare la nostra memoria, mistificare la natura stessa della società in cui viviamo. Significa affermare la forma attuale della società divisa in classi, la democrazia, come vincitrice e unico modo possibile di convivenza umana, definendo tragici errori di percorso ciò che ormai è abbastanza lontano nel tempo per rappresentare ancora un problema.

La violenza e la tortura sono elementi sistemici e strutturali di questa società, sono elementi necessari alla sua conservazione, e le democrazie più avanzate non fanno altro che farne un uso più intelligente, diluendole nei molteplici meccanismi sociali o riservandole per piegare i momenti più aspri di conflitto sociale. La tortura e l’omicidio sono sì mezzi di qualsiasi Stato, ma hanno fatto la storia del nostro paese e non ammettiamo che oggi questa storia venga cancellata definendo Genova come una stortura dello Stato di Diritto, che è ormai molto abile nel sospendere sé stesso quando è necessario. Non ci si stupisca quindi se non ci rallegriamo troppo per la sentenza di un tribunale internazionale (peraltro, storicamente al servizio dei valori liberali filooccidentali), se non aspettiamo con troppa ansia l’introduzione del reato di tortura o se non ci scandalizza che gli assassini in divisa e i loro mandanti rimangano nell’impunità o vengano addirittura promossi. Una civiltà divisa in ricchi sfruttatori da un lato e poveri e sfruttati dall’altro continuerà a produrre gli strumenti per conservare sé stessa, ad ogni costo. Continuerà ad utilizzare ogni mezzo necessario per non essere messa in discussione e lo Stato continuerà a mettere in campo tutta la violenza, il terrore, la tortura che i contesti storici richiederanno, con buona pace delle forme politiche con cui si definisce. E continuerà anche a trovare uomini pronti a tramutarsi in aguzzini e carnefici, con tutta la disumanità propria di chi è uso ad obbedir tacendo.

Manteniamo la memoria, non dimentichiamo tutte le esistenze spezzate, generazioni di uomini e donne che hanno vissuto con amore e con rabbia per un mondo libero da ingiustizie, oppressione e sfruttamento, che hanno combattuto per la rivoluzione sociale. Il loro sogno non è infranto. I loro sentieri non sono interrotti e continueranno ad essere battuti.

“In ogni epoca bisogna tentare di strappare nuovamente la trasmissione del passato al conformismo che è sul punto di soggiogarla. Il dono di riattizzare nel passato la scintilla della speranza è presente solo in chi è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.” Walter Benjamin

compagni e compagne che non dimenticano

Tortura DEF 2

 

 

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