Inizia presto la giornata che si apre con lo sciopero nazionale della logistica che qui a Roma vede protagonisti i blocchi sulla Tiburtina, una delle più importanti consolari di Roma. Nodo strategico della produzione dentro ed oltre le aree metropolitane, questo settore è ormai da mesi in mobilitazione, una lotta che vede la partecipazione attiva di lavoratori migranti oltre che autoctoni, sindacati conflittuali e realtà di movimento che negli ultimi mesi hanno supportato le pratiche di conflitto messe in campo con determinazione. Scioperi non testimoniali integrati da picchetti sociali e cortei non autorizzati che hanno prodotto quel bloccho della produzione innervata nella distribuzione e circolazione di merci, servizi e soprattutto della forza lavoro sociale, da quelle intelligenze diffuse che nei flussi materiali ed immateriali viaggiano nelle arterie della città.
Certamente un punto qualificante di questa giornata è stato il tentativo, la prova tecnica di connessione europea, transnazionale, un’importante sperimentazione di sciopero sociale europeo. La giornata continua con l’appuntamento a piazzale tiburtino dove parte il corteo. Una manifestazione determinata ed eterogenea di alcune migliaia di persone attraversa il quartiere di San Lorenzo per dirigersi verso il Ministero delle Infrastrutture. I protagonisti sono i movimenti per il diritto all’abitare che dopo la giornata di occupazioni diffuse in tutta la città del 6 dicembre hanno replicato il 6 aprile dando vita ad una nuova ondata di occupazioni che ha risposto alla gravissima emergenza abitativa in corso a Roma. “Una sola grande opera casa e reddito per tutti” è lo slogan che ricompone i diversi soggetti, che in maniera diversificata e stratificata, stanno subendo le politiche di austerity imposte sotto il ricatto del debito: precariato giovanile, studenti, disoccupati, migranti di prima e seconda generazione. Una manifestazione che si porta sotto i palazzi del potere circondando il ministero delle infrastrutture, riprendendo la piazza contro il governissimo di unità nazionale.
Dagli interventi al megafono davanti al ministero si è ribadita l’incondizionata solidarietà al movimento Notav per l’attacco mediatico, politico e poliziesco che sta subendo in queste ore così come è stata posta la necessità e la volontà di costruire una grande mobilitazione nazionale che metta al centro il contrasto alle politiche di austerity che ormai stanno praticando un livellamento generale verso il basso dei diritti. La precarietà è divenuta una condizione sociale generalizzata che colpisce tutti attraverso licenziamenti, frammentazione e disgregazione sociale, disoccupazione di massa, controllo delle vite, indebitamento generalizzato, tutti dispositivi di un neoliberismo che sta minacciando la sovranità, la democrazia e i basilari elementi di coesione e benessere sociale. Abbiamo bisogno di una mobilitazione nazionale essenzialmente per due ragioni riportare sul piano nazionale le reali emergenze che abbiamo nel paese, subito, a cui gli enti locali – strozzati dal patto di stabilità – non possono più corrispondere. Cosi come solo un processo di movimento, che punti ad accumulare forza, anche con un passaggio nazionale, densità alle pratiche, diffusione di consapevolezza e soggettivazione, potrà riportare il conflitto sociale nelle strade, nelle piazze, assediando i palazzi del potere. E non basta e non finisce, lì, inizia.
Non abbiamo bisogno di richiami teorici e autoreferenziali sul nuovo soggetto politico della sinistra, percorso morto e sepolto per quanto ci riguarda, quanto quello di esercitare una rottura, costituente, dell’unico profilo possibile, che sia capace di coniugare i sogni alle aspettative concrete, di rivoluzionare gli assetti, le dinamiche decisionali, le agende e le priorità, dobbiamo mettere in campo un moto rivoluzionario, per dispiegare controdispositivi, destituenti, antagonisti, per costruire immaginari nuovi senza retoriche e ripetizioni cicliche delle epopee del passato.
Ci vediamo per le strade
Nodo redazionale indipendente