C’era una volta il G8 di luglio.
Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.
Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.
Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”
Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.
Noi non dimentichiamo.
C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.
Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.
Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.
Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.
Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.
Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.
Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.
Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.
A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.
Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!
C’era una volta il G8 di luglio.
Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.
Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.
Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”
Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.
Noi non dimentichiamo.
C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.
Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.
Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.
Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.
Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.
Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.
Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.
Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.
A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.
Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!
C’era una volta il G8 di luglio.
Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.
Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.
Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”
Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.
Noi non dimentichiamo.
C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.
Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.
Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.
Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.
Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.
Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.
Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.
Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.
A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.
Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!
C’era una volta il G8 di luglio.
Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.
Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.
Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”
Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.
Noi non dimentichiamo.
C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.
Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.
Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.
Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.
Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.
Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.
Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.
Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.
A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.
Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!