Corteo per Stefano Cucchi. Le agenzie stampa

CUCCHI, NESSUN FERMATO PER DISORDINI DURANTE CORTEO (OMNIROMA) Roma, 07 nov – A quanto si apprende non ci sarebbero stati fermati per i disordini durante il corteo per Stefano Cucchi. red 072043 nov 09

CUCCHI: SORELLA, GESTI SCONSIDERATI CI DANNEGGIANO (ANSA) – ROMA, 7 NOV – «Ringrazio quanto stanno manifestando per mio fratello ma io la mia famiglia ci dissociamo da qualsiasi gesto sconsiderato e manifestiamo solidarietà per la polizia. I gesti sconsiderato possono solo danneggiare noi e la nostra battaglia». Lo ha detto Ilaria, la sorella di Stefano Cucchi, la quale è scesa sotto casa sua, in via Ciro da Urbino, dove è arrivato il corteo organizzato dai centri sociali. (ANSA). Continua a leggere

Verità per Stefano Cucchi

Corteo cittadino a Tor Pignattara

Sabato 7 novembre, h 15 al parco dell’acquedotto alessandrino (angolo via di torpignattara)

La tragica vicenda di Stefano Cucchi sta sconvolgendo la coscienza civile della nostra città e del paese tutto. Un giovane uomo di 31 anni è stato arrestato dai carabinieri per il possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente e viene riconsegnato morto alla famiglia dopo un calvario di sei giorni trascorso tra una camera di sicurezza dell’Arma, il carcere di Regina Coeli e il reparto per detenuti dell’ospedale Pertini.
l suo corpo gli evidenti segni di un brutale pestaggio, reso di pubblico dominio dalla coraggiosa decisione della famiglia di consegnare alla stampa le foto che documentano l’accaduto.
Tanti sono ancora i lati oscuri della vicenda, tanta la voglia di verità e giustizia che sta spingendo alla mobilitazione e alla presa di parola molte persone preoccupate della svolta autoritaria che sta prendendo questo paese.
Oggi questa iniziativa presso l’Ospedale di Roma vuole denunciare il fatto che di fronte a tanti misteri Stefano Cucchi forse è stato ucciso anche qui. La direzione sanitaria dell’Ospedale Pertini deve infatti spiegare come mai non sia stato fatto il possibile per salvarlo e le dichiarazioni fatte ai mezzi stampa ci confermano l’inquietudine che anche in questo ospedale ci sono delle responsabilità pesantissime. Nessuno ha avvertito i genitori e la famiglia del ricovero e dello stato di salute di Stefano, Nessuno si è preoccupato delle lesioni sul suo corpo, nessuno lo ha alimentato, gli è stata addirittura diagnosticata una anoressia.
Ci sono dei responsabili che devono spiegare perchè una persona entra in ospedale ed esce morta. Ci sono dei responsabili che devono spiegare a tutti come mai se un detenuto entra nel reparto penitenziario di un ospedale in stato di salute precario non gli vengono somministrate le cure e le attenzioni necessarie.

La Storia terribile di Stefano Cucchi è solo la punta di un iceberg. Chi vive quotidianamente il disagio sociale di questa città sa bene che non si tratta di un caso isolato. L’uso della violenza contro le persone sottoposte a provvedimenti restrittivi è cosa comune. Come è ormai data per scontata l’impunità di coloro che, forti di una divisa e dell’appoggio senza remore del potere costituito, si permettono di tutto.
In questi giorni stanno venendo alla luce un’infinità di episodi tragicamente simili a quello che ha spezzato la vita di Stefano, episodi come quello di Federico Aldrovandi o di Aldo Branzino. MA sappiamo anche che sono tante le storie di persone rimaste in silenzio perché sole, spaventate, minacciate. E’ ora di dire basta. E’ ora di dire mai più violenza sulle persone detenute; mai più violenza nelle caserme, nei commissariati, nelle carceri, nei Centri di Detenzione per Immigrati – CIE.
E’ anche ora di dire basta all’anonimato di cui godono le forze dell’ordine nello svolgimento del loro servizio, una circostanza che garantisce loro l’impunità nella stragrande maggiorana dei casi.
E’ per tutti questi motivi che invitiamo tutte e tutti quelli che non rinunciano ad esercitare la loro coscienza critica, a manifestare nelle strade del quartiere di Stefano, Tor Pignattara. Per esprimere la massima solidarietà alla famiglia, per rivendicare verità e giustizia per Stefano Cucchi e per tutte le persone che subiscono quotidianamente la violenza istituzionale.

Perquisizioni di antifascisti a Firenze

Mannu libero. Solidarietà agli antifascisti perquisiti.

Pubblichiamo un comunicato degli antifascisti e delle antifasciste di Firenze.

Stamani le solerti forze di polizia hanno perquisito numerosi abitazioni di compagni e compagne appartenenti a centri sociali e non solo. Se questo non bastasse un compagno è stato arrestato adducendo ad un presunto pericolo di fuga per un viaggio in sud America che avrebbe dovuto, e farà, nel mese di Febbraio.
Le accuse vanno dalla detenzione di presunti esplosivi, ai rapporti di solidarietà nternazionale, alle iniziative contro la presenza dei fascisti in città, alle iniziative contro Forza Nuova a Rignano sull’Arno.
Il GIP Pezzuti ha pensato bene di tentare la carta dell’aggravante di terrorismo, utilizzando in maniera piuttosto stravagante quanto previsto dal Decreto Pisanu sulla nuova  definizione di terrorismo stesso “ Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia ”.
Non stiamo qui a leccarci le ferite ma lanciamo da subito quello che deve essere per ognuno di noi una pratica da cui nessuno può “dissociarsi”: la solidarietà. Fuori da ogni richiesta di giustizialismo pensiamo che non sia casuale che in prossimità dell’ennesimo tentativo di svolgere iniziative in città da parte di quei fascisti di Forza Nuova, si vada a colpire proprio chi in questi anni è stato protagonista nell’impedire qualsiasi tipo di agibilità politica a questi loschi figuri.
Nell’ultimo anno magistratura, questura hanno operato in maniera tale da cercare di stroncare nella nostra città ogni tentativo di protagonismo politico, attraverso gli avvisi orali e le perquisizioni agli studenti, convocazioni in questura, fino ad arrivare a quanto è successo oggi.
Un clima davanti al quale, come più volte abbiamo detto e scritto, non si può sottacere.
Particolarmente in questo momento non possiamo pensare e tollerare che qualcuno si possa sentire non coinvolto da quanto sta succedendo.
Che sappia chi di dovere, davanti a quanto venuto alla luce in questi mesi, che non tollereremo nessun atto di vessazione verso il compagno arrestato.

Al lavoro in bicicletta

Se a 28 anni vai al lavoro in bicicletta e di notte percorri via dei Fori Imperiali per tornare a casa non crederai mai che all’improvviso un taxi ti piombi addosso come un missile. Sono anni che ti sposti in bicicletta in questa folle e splendida città . Tante volte ti è capitato di sentirti in pericolo circondata da automobili e scooteroni. Hai visto negli occhi quelle persone che guidano con rabbia e violenza. Nella vita sembrano persone affidabili ma quando posano le mani sul volante e il piede sull’acceleratore cambiano. Li vedi quando non rispettano la precedenza agli incroci, attraversano con il rosso i semafori, non si fermano davanti ai pedoni che attraversano sulle strisce, si lanciano a tutta birra non appena vedono un pò di strada libera, parcheggiano in doppia fila o sul marciapiedi, aprono gli sportelli senza prima guardare dietro. Tutto per recuperare qualche minuto in più per una vita persa in mezzo al traffico.
Spesso ti sei ritrovata a difendere con le unghie e con i denti il tuo diritto ad esistere sulla strada con la tua bicicletta senza alcun motore oltre la forza muscolare. Ma una vigliaccheria del genere non te l’aspettavi proprio. Non ce l’aspettavamo noi. Essere travolta alle spalle da un’automobile su via dei Fori Imperiali ti sorprende.
Vogliamo la verità  e la giustizia per Eva!

Se a 28 anni vai al lavoro in bicicletta e di notte percorri via dei Fori Imperiali per tornare a casa non crederai mai che all’improvviso un taxi ti piombi addosso come un missile. Sono anni che ti sposti in bicicletta in questa folle e splendida città . Tante volte ti è capitato di sentirti in pericolo circondata da automobili e scooteroni. Hai visto negli occhi quelle persone che guidano con rabbia e violenza. Nella vita sembrano persone affidabili ma quando posano le mani sul volante e il piede sull’acceleratore cambiano. Li vedi quando non rispettano la precedenza agli incroci, attraversano con il rosso i semafori, non si fermano davanti ai pedoni che attraversano sulle strisce, si lanciano a tutta birra non appena vedono un pò di strada libera, parcheggiano in doppia fila o sul marciapiedi, aprono gli sportelli senza prima guardare dietro. Tutto per recuperare qualche minuto in più per una vita persa in mezzo al traffico.
Spesso ti sei ritrovata a difendere con le unghie e con i denti il tuo diritto ad esistere sulla strada con la tua bicicletta senza alcun motore oltre la forza muscolare. Ma una vigliaccheria del genere non te l’aspettavi proprio. Non ce l’aspettavamo noi. Essere travolta alle spalle da un’automobile su via dei Fori Imperiali ti sorprende.
Vogliamo la verità  e la giustizia per Eva!

Se a 28 anni vai al lavoro in bicicletta e di notte percorri via dei Fori Imperiali per tornare a casa non crederai mai che all’improvviso un taxi ti piombi addosso come un missile. Sono anni che ti sposti in bicicletta in questa folle e splendida città . Tante volte ti è capitato di sentirti in pericolo circondata da automobili e scooteroni. Hai visto negli occhi quelle persone che guidano con rabbia e violenza. Nella vita sembrano persone affidabili ma quando posano le mani sul volante e il piede sull’acceleratore cambiano. Li vedi quando non rispettano la precedenza agli incroci, attraversano con il rosso i semafori, non si fermano davanti ai pedoni che attraversano sulle strisce, si lanciano a tutta birra non appena vedono un pò di strada libera, parcheggiano in doppia fila o sul marciapiedi, aprono gli sportelli senza prima guardare dietro. Tutto per recuperare qualche minuto in più per una vita persa in mezzo al traffico.
Spesso ti sei ritrovata a difendere con le unghie e con i denti il tuo diritto ad esistere sulla strada con la tua bicicletta senza alcun motore oltre la forza muscolare. Ma una vigliaccheria del genere non te l’aspettavi proprio. Non ce l’aspettavamo noi. Essere travolta alle spalle da un’automobile su via dei Fori Imperiali ti sorprende.
Vogliamo la verità  e la giustizia per Eva!

Se a 28 anni vai al lavoro in bicicletta e di notte percorri via dei Fori Imperiali per tornare a casa non crederai mai che all’improvviso un taxi ti piombi addosso come un missile. Sono anni che ti sposti in bicicletta in questa folle e splendida città . Tante volte ti è capitato di sentirti in pericolo circondata da automobili e scooteroni. Hai visto negli occhi quelle persone che guidano con rabbia e violenza. Nella vita sembrano persone affidabili ma quando posano le mani sul volante e il piede sull’acceleratore cambiano. Li vedi quando non rispettano la precedenza agli incroci, attraversano con il rosso i semafori, non si fermano davanti ai pedoni che attraversano sulle strisce, si lanciano a tutta birra non appena vedono un pò di strada libera, parcheggiano in doppia fila o sul marciapiedi, aprono gli sportelli senza prima guardare dietro. Tutto per recuperare qualche minuto in più per una vita persa in mezzo al traffico.
Spesso ti sei ritrovata a difendere con le unghie e con i denti il tuo diritto ad esistere sulla strada con la tua bicicletta senza alcun motore oltre la forza muscolare. Ma una vigliaccheria del genere non te l’aspettavi proprio. Non ce l’aspettavamo noi. Essere travolta alle spalle da un’automobile su via dei Fori Imperiali ti sorprende.
Vogliamo la verità  e la giustizia per Eva!

Lettera aperta per la libertà di movimento

di Rafael Di Maio*

Quello che sta avvenendo nell’ultimo periodo è degno di nota e di riflessione se ancora si hanno a cuore gli spazi di democrazia reale e di agibilità politica in questa piccola parte di mondo. Ancor di più dovrebbe interessare chiunque voglia ancora opporsi ed alzare la testa di fronte alla dilagante e sistematica svolta autoritaria intrapresa dal nostro paese negli ultimi anni.
Scriviamo dalla condizione imposta della custodia cautelare che ha colpito noi dopo gli arresti e le carcerazioni durante le contestazione del G8 della crisi tenutosi in Italia nello scorso luglio e che ancora ci obbliga alla firma quotidiana. Un G8 2009 di repressione preventiva, gogna mediatica e carcere duro che ha colpito tutti coloro che vi si sono opposti con diverse pratiche e molteplici percorsi e che hanno animato i movimenti sociali contro la crisi che il senato globale neoliberista ha provocato e determinato nei primi scorci del nuovo millennio.
Quello che abbiamo assaggiato a luglio è ciò che si prepara per i movimenti sociali nel prossimo autunno.
Un trattamento particolare già avviato da tempo dentro quel generale laboratorio repressivo che i poteri dello Stato e dei centri di comando hanno inteso attuare all’interno di una profonda svolta autoritaria, cresciuta culturalmente e sedimentata, particolarmente in Italia, all’ombra della crisi economica che da qualche anno in forma epocale travolge e ri-significa lo spazio politico ed il tempo economico.
All’interno della dimensione globale e post/statuale si va costituendo ovviamente anche in Italia la forma dell’eccezionalità sulla norma, nel senso specifico della sospensione dell’ordinamento che la sorregge, trasformando in prassi consolidata la gestione autoritaria della crisi economica e sociale.
Nella crisi economica a cui corrisponde la crisi della politica e della sua rappresentanza formale, prende forma la crisi della cittadinanza e dei suoi fondamentali diritti.
La penalizzazione delle lotte sociali, dell’agibilità politica dei movimenti indipendenti, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, significano molto di più e rappresentano un tratto ancor più inquietante se considerati all’interno nel contesto politico e sociale più generale nel quale si ascrivono.
Dalle manifestazioni contro il Global Forum di Napoli nel 2001, tanto per prendere una data significativa nella storia recente delle lotte contro la globalizzazione neoliberista, la repressione sta colpendo ampi settori sociali, dai lavoratori in sciopero con migliaia di precettazioni, dalle cariche della polizia sui blocchi stradali di cassaintegrati e disoccupati agli sgomberi e agli sfratti delle case (e giù botte agli occupanti alle loro manifestazioni, distribuendo obblighi di firma, come fossero caramelle).
E ancora, dal sovraffollamento delle carceri, di cui la stragrande maggioranza della popolazione è ancora in attesa di giudizio all’applicazione infame del pacchetto sicurezza e delle leggi razziste che con gli illegali e famigerati CIE, contribuisce a rendere nauseabondo il clima che questo governo ci vuole far respirare. E poi la repressione sugli studenti, sui comitati territoriali contro le grandi opere e le speculazioni, sugli ultras, assunti già da diversi anni come cavie sociali nel grande laboratorio della repressione. Insomma, alle carcerazioni preventive per il G8 dell’università a Torino, Napoli e Padova e per quelle attuate a Roma nel giorno dell’accoglienza ai grandi della terra, si arriva solo dopo una lunga ed interminabile trafila di episodi e storie di quotidiana repressione ed intimidazione del dissenso e dell’opposizione sociale che si stanno succedendo costantemente e che con la riforma del processo penale ipotizzato dal governo si moltiplicheranno a dismisura.
Urge quindi una presa di parola. Urgono spazi di confronto e di discussione.
Oltre l’indignazione è necessaria l’attivazione, il protagonismo sociale, l’iniziativa politica. È necessario aprire una vasta ed ampia campagna informativa che quantifichi la dimensione del processo autoritario in corso e ne denunci le condizioni, i metodi e le responsabilità politiche.
È altrettanto necessaria una campagna comunicativa, una manifestazione dislocata e nazionale che dia voce alla libertà di opporsi e di resistere, alla libertà di vivere e di non sopravvivere, al diritto naturale e profondamente radicato nell’uomo di pensare liberamente e di lottare per la condivisione dei beni comuni. Infine è necessario che i movimenti a partire dalle realtà più giovani siano capaci di ristabilire le giuste connessioni per non subire passivamente la difficile stagione che attende tutti scandita dal dividi et impera. In sostanza ed oltre gli slogan, è necessario e vitale difendere e rilanciare per tutte e tutti, la libertà di movimento.

*tra gli arrestati a Roma durante il G8 del Luglio_2009

Roma, Italia, agosto 2009

http://altronline.it/node/842

C’era una volta il G8 di luglio

C’era una volta il G8 di luglio.

Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.

Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.

Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”

Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.

Noi non dimentichiamo.

C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.

Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.

Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.

Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.

Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.

Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.

Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.

Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.

A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.

Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!

C’era una volta il G8 di luglio.

Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.

Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.

Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”

Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.

Noi non dimentichiamo.

C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.

Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.

Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.

Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.

Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.

Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.

Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.

Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.

A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.

Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!

C’era una volta il G8 di luglio.

Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.

Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.

Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”

Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.

Noi non dimentichiamo.

C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.

Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.

Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.

Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.

Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.

Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.

Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.

Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.

A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.

Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!

C’era una volta il G8 di luglio.

Era il 2001 e gli otto grandi si riunivano a Genova. 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone.

Migliaia le persone in piazza. Diverse le pratiche, unite nei contenuti.
Poi le cariche indiscriminate, gli abusi di potere, i pestaggi, l’omicidio di Carlo. Un ragazzo che ha reagito alla violenza della polizia, del potere, del capitale, della vita. Carlo, un ragazzo che fino alla fine è rimasto davanti. E poi ancora l’irruzione, le false molotov,
la mattanza della scuola Diaz.

Oggi, ottobre 2009 ci svegliamo così: “Blitz alla scuola Diaz, De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto”. L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l’ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l’ex questore di Genova FrancescoColucci in riferimento all’irruzione della Polizia nella
scuola Diaz durante il G8 del 2001.”

Dopo pochi giorni le condanne in appello ai manifestanti, accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova: condanne confermate per 10 persone dei 25 imputati al processo, ma pene aumentate anche di 5 anni! Parliamo di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine, proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio, come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza appare per quello che è: vendetta di Stato.

Noi non dimentichiamo.

C’era una volta il G8 di luglio.
2009. Molto è cambiato nella società, nel movimento.
Ma c’erano una volta ancora 8 capi di stato, responsabili della crisi economica che sta devastando l’esistenza di milioni di persone. Questi otto grandi scelsero di incontrarsi per decidere le sorti del mondo proprio all’Aquila distrutta dal terremoto, banchettando alla mensa di Berlusconi, alla faccia delle migliaia di persone nelle tende e dei 307 morti, sotto le macerie del terremoto. Nell’Italia ormai assopita da un’informazione annichilita dal potere, tutto fu dipinto come un grande successo mentre la gente, preoccupata di come arrivare alla fine del mese, guardò con la coda dell’occhio le immagini del gran galà globale scorrere sugli schermi. Il G8 della crisi. Ma qualcuno, anche stavolta,
disse no.

Un movimento di persone, di precari, studenti, senza casa, migranti che in quei giorni si mobilitò in tutto il paese per dire no al G8 della crisi. Bloccando le strade, le università, manifestando nelle piazze, nei porti, davanti ai Cie lager di questo paese, portando la loro solidarietà alla gente abruzzese, che nulla ha ricevuto da questo consesso mondiale, se non
ulteriori disagi.
Il 7 luglio 2009, giorno prima della partenza del vertice, Roma iniziava i preparativi per dare il “benvenuto” ai grandi della terra. Una giornata di azioni e blocchi per disturbare la metropoli produttiva, costruita in rete e in maniera pubblica dai movimenti cittadini, riuniti nella ReteNOG8.
La manifestazione che si mosse da uno stabile occupato di Roma TRE per le strade di Testaccio la mattina, venne caricata pesantemente dalle forze dell’ordine e più di 30 persone vennero fermate nei rastrellamenti e nella caccia all’uomo delle ore successive.

Il potere difendeva ancora una volta se stesso con un dispositivo repressivo sproporzionato, violento, mirato. 8 compagni e compagne, italiani ed internazionali, rimasero in carcere fino alla fine del G8.

Le misure cautelari contro 4 di questi compagni e compagne sono continuate in questi mesi. Sono tre mesi che per uno c’è l’obbligo di firma, tutti i giorni. Lo si dipinge infatti agli atti come un capo, un leader, tra i “responsabili” dei fatti della mattina a Testaccio. Si descrive Acrobax come lo spazio che raccoglie l’ala radicale del movimento, sostanzialmente rappresentato da un gruppo ben preciso costituito da alcuni compagni che vengono indicati agli atti come la regia dell’organizzazione delle mobilitazioni più radicali che nei mesi avrebbero “preso le distanze dagli antagonisti considerati troppo moderati”. “Dividi et impera”, un copione già visto nella meta-narrazione dei movimenti sociali che da diversi anni a questa parte viene costruita meticolosamente da uffici politici della polizia e dei carabinieri e dalle Procure di mezza Italia.

Dopo Genova 2001 partì il processo per il Sud Ribelle, un’accusa di associazione sovversiva che si risolse in una bolla di sapone, dopo anni di linciaggi giudiziari e mediatici. Altri processi per associazione si sono susseguiti negli anni, fino all’ultima infamante accusa di racket mossa ad attivisti e attiviste dell’ex-scuola occupata 8 marzo, alla Magliana,
Roma. Bolle di sapone.

Perché i Movimenti non sono associazioni a delinquere o sovversive o a scopo di estorsione!
Sono espressione del malessere sociale, voce del dissenso, rabbia contro i diritti negati, voglia di costruire un’alternativa. Autorganizzati in maniera pubblica e assembleare, in grado di costruire dal basso la nostra contro-informazione, distruttivi e costruttivi nei contenuti e nelle pratiche che, nelle differenze, portiamo avanti. E soprattutto chi fa
movimento non ha capi o gruppi dirigenti!
Siamo parte degli scioperi, animiamo i cortei, blocchiamo le strade, boicottiamo i produttori di morte, promuoviamo azioni pubbliche di denuncia, saliamo sui tetti… Insieme, in rete, per difendere e rilanciare le nostre idee, i nostri sogni, i nostri bisogni.

Ancora una volta abbiamo davanti la dimostrazione che in questo paese di nani e ballerine, di mafiosi e palazzinari che la fanno da padrone, si vuole azzerare ogni forma di dissenso, si vuole colpire chi ha l’unica colpa di voler cambiare lo stato delle cose presenti, chi non si volta dall’altra parte facendo finta che vada tutto bene, in un mondo nel quale
invece le libertà e i diritti fondamentali vengono continuamente negati.

Oggi, ottobre, a quasi tre mesi di distanza dall’ultimo G8 italiano, arriva quella che si potrebbe considerare quasi una buona notizia: gli obblighi di firma vengono ridotti ad un solo giorno a settimana per tutti e tutte.

A chi ci vorrebbe sconfitti battere la ritirata, noi diciamo che continueremo ad essere in prima fila contro i responsabili della crisi, contro chi sgombera le case occupate e gli spazi liberati di questa città, al fianco dei migranti, dei precari e dei disoccupati come noi, al fianco di chi, come 8 anni fa a Genova, crede ancora che il mondo possa essere migliore.

Le lotte sociali non si arrestano!
E in ogni caso nessun rimorso!

Casapound chiama perquisizione

Pubblichiamo un comunicato della rete epicentro solidale, nata all’indomani del terremoto del 6 aprile in Abruzzo.

Nella mattinata di venerdì 23 ottobre la polizia ha effettuato una perquisizione nelle abitazioni dove Vincenzo e Francesco vivono e in quelle dei loro genitori, alla ricerca di armi (di cui non hanno trovato traccia) e portando via diversi computer (anche quelli dei familiari e dei coinquilini di Vincenzo) oltre a del materiale cartaceo come libri e volantini.

La perquisizione ai danni di Vincenzo e Francesco avvengono all’indomani di una denuncia per aggressione e minacce fatta nei loro confronti da alcuni esponenti avezzanesi dell’associazione neofascista Casa Pound Italia, denuncia assurda e pretestuosa visto che proprio Vincenzo e Francesco sono stati aggrediti da questi stessi figuri lo scorso agosto.
La loro colpa? Staccare da un muro dei manifesti di Casa Pound.

Vincenzo e Francesco sono attivisti di Epicentro Solidale, associazione nata all’indomani del terremoto in Abruzzo per portare solidarietà attiva alla popolazione da tutte le parti d’Italia, rete di cui sono stati fin dai primi momenti protagonisti con generosità e impegno, in particolare nel raccontare quello che accadeva nell’aquilano e nel promuovere una ricostruzione dal basso, partecipata e attiva.

Vincenzo e Francesco portano avanti il loro impegno sociale in maniera pubblica e alla luce del sole, ed è per questo che ci sembra assurdo il procedimento che li vede protagonisti e riteniamo sia grave e inspiegabile la perquisizione che hanno dovuto subire loro e i propri familiari, ma soprattutto gli esprimiamo la nostra massima solidarietà e vicinanza.

epicentrosolidale.org

Pubblichiamo un comunicato della rete epicentro solidale, nata all’indomani del terremoto del 6 aprile in Abruzzo.

Nella mattinata di venerdì 23 ottobre la polizia ha effettuato una perquisizione nelle abitazioni dove Vincenzo e Francesco vivono e in quelle dei loro genitori, alla ricerca di armi (di cui non hanno trovato traccia) e portando via diversi computer (anche quelli dei familiari e dei coinquilini di Vincenzo) oltre a del materiale cartaceo come libri e volantini.

La perquisizione ai danni di Vincenzo e Francesco avvengono all’indomani di una denuncia per aggressione e minacce fatta nei loro confronti da alcuni esponenti avezzanesi dell’associazione neofascista Casa Pound Italia, denuncia assurda e pretestuosa visto che proprio Vincenzo e Francesco sono stati aggrediti da questi stessi figuri lo scorso agosto.
La loro colpa? Staccare da un muro dei manifesti di Casa Pound.

Vincenzo e Francesco sono attivisti di Epicentro Solidale, associazione nata all’indomani del terremoto in Abruzzo per portare solidarietà attiva alla popolazione da tutte le parti d’Italia, rete di cui sono stati fin dai primi momenti protagonisti con generosità e impegno, in particolare nel raccontare quello che accadeva nell’aquilano e nel promuovere una ricostruzione dal basso, partecipata e attiva.

Vincenzo e Francesco portano avanti il loro impegno sociale in maniera pubblica e alla luce del sole, ed è per questo che ci sembra assurdo il procedimento che li vede protagonisti e riteniamo sia grave e inspiegabile la perquisizione che hanno dovuto subire loro e i propri familiari, ma soprattutto gli esprimiamo la nostra massima solidarietà e vicinanza.

epicentrosolidale.org

Pubblichiamo un comunicato della rete epicentro solidale, nata all’indomani del terremoto del 6 aprile in Abruzzo.

Nella mattinata di venerdì 23 ottobre la polizia ha effettuato una perquisizione nelle abitazioni dove Vincenzo e Francesco vivono e in quelle dei loro genitori, alla ricerca di armi (di cui non hanno trovato traccia) e portando via diversi computer (anche quelli dei familiari e dei coinquilini di Vincenzo) oltre a del materiale cartaceo come libri e volantini.

La perquisizione ai danni di Vincenzo e Francesco avvengono all’indomani di una denuncia per aggressione e minacce fatta nei loro confronti da alcuni esponenti avezzanesi dell’associazione neofascista Casa Pound Italia, denuncia assurda e pretestuosa visto che proprio Vincenzo e Francesco sono stati aggrediti da questi stessi figuri lo scorso agosto.
La loro colpa? Staccare da un muro dei manifesti di Casa Pound.

Vincenzo e Francesco sono attivisti di Epicentro Solidale, associazione nata all’indomani del terremoto in Abruzzo per portare solidarietà attiva alla popolazione da tutte le parti d’Italia, rete di cui sono stati fin dai primi momenti protagonisti con generosità e impegno, in particolare nel raccontare quello che accadeva nell’aquilano e nel promuovere una ricostruzione dal basso, partecipata e attiva.

Vincenzo e Francesco portano avanti il loro impegno sociale in maniera pubblica e alla luce del sole, ed è per questo che ci sembra assurdo il procedimento che li vede protagonisti e riteniamo sia grave e inspiegabile la perquisizione che hanno dovuto subire loro e i propri familiari, ma soprattutto gli esprimiamo la nostra massima solidarietà e vicinanza.

epicentrosolidale.org

Pubblichiamo un comunicato della rete epicentro solidale, nata all’indomani del terremoto del 6 aprile in Abruzzo.

Nella mattinata di venerdì 23 ottobre la polizia ha effettuato una perquisizione nelle abitazioni dove Vincenzo e Francesco vivono e in quelle dei loro genitori, alla ricerca di armi (di cui non hanno trovato traccia) e portando via diversi computer (anche quelli dei familiari e dei coinquilini di Vincenzo) oltre a del materiale cartaceo come libri e volantini.

La perquisizione ai danni di Vincenzo e Francesco avvengono all’indomani di una denuncia per aggressione e minacce fatta nei loro confronti da alcuni esponenti avezzanesi dell’associazione neofascista Casa Pound Italia, denuncia assurda e pretestuosa visto che proprio Vincenzo e Francesco sono stati aggrediti da questi stessi figuri lo scorso agosto.
La loro colpa? Staccare da un muro dei manifesti di Casa Pound.

Vincenzo e Francesco sono attivisti di Epicentro Solidale, associazione nata all’indomani del terremoto in Abruzzo per portare solidarietà attiva alla popolazione da tutte le parti d’Italia, rete di cui sono stati fin dai primi momenti protagonisti con generosità e impegno, in particolare nel raccontare quello che accadeva nell’aquilano e nel promuovere una ricostruzione dal basso, partecipata e attiva.

Vincenzo e Francesco portano avanti il loro impegno sociale in maniera pubblica e alla luce del sole, ed è per questo che ci sembra assurdo il procedimento che li vede protagonisti e riteniamo sia grave e inspiegabile la perquisizione che hanno dovuto subire loro e i propri familiari, ma soprattutto gli esprimiamo la nostra massima solidarietà e vicinanza.

epicentrosolidale.org