Reddito minimo garantito

di LUCIANO GALLINO

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reddSul fronte dell’occupazione la crisi ci consegna uno scenario con alcuni tratti decisamente negativi. Sindacati e Confindustria sono d’accordo nel prevedere che nei prossimi mesi i disoccupati continueranno ad aumentare.

Tolta una minoranza che troverà abbastanza presto un lavoro decentemente retribuito, in linea con la qualifica professionale posseduta, nel 2010 e dopo la loro massa si dividerà in tre gruppi: quelli che per vivere dovranno accettare un lavoro mal pagato, al disotto delle loro qualifiche e titoli di studio; i disoccupati di lunga durata, che dovranno aspettare anni prima di trovare un posto; infine quelli, soprattutto gli over 40, che un lavoro non lo troveranno mai più. Questo perché dopo le ristrutturazioni aziendali imposte o favorite dalla crisi, la produttività crescerà; ma insieme con essa aumenterà il numero di persone che dal punto di vista della produzione appaiono semplicemente superflue.

Dinanzi a un tale scenario, che riguarda milioni di persone, la riforma degli ammortizzatori sociali di cui si parla equivale a proporre a un malato il cui stato si aggrava giorno per giorno di prendere un’aspirina in più. Quale sistema di sostegno al reddito detti ammortizzatori, concepiti quarant’anni fa, appaiono oggi del tutto inadeguati. Occorre sostituirli con un sistema completamente diverso, capace di generare effetti benefici in diversi ambiti della vita sociale che il sistema in vigore non sfiora nemmeno. Un sistema di sostegno al reddito che dopo una lunga eclissi sta riprendendo posto nell’agenda politica di diversi paesi, dal Brasile alla Germania, è il reddito base, denominazione internazionale che si è ormai affermata in luogo di “reddito garantito”, “reddito di cittadinanza” e altri.
In sintesi l’idea di reddito base rappresenta un tentativo di allentare, se non abolire, il legame che esiste tra il reddito e il lavoro salariato.
Poiché il lavoro tende a scomparire, ma le persone con i loro diritti e bisogni no, occorre trovare il modo di distribuire un reddito anche a chi non lavora. Nella forma ideale il reddito base dovrebbe quindi consistere in una somma bastante per condurre una vita decente, versata regolarmente dallo stato o un ente locale o altra “comunità politica” al singolo individuo, senza che questo debba soddisfare alcuna condizione. Non importa se sia povero o no, se possa dimostrare – quando sia disoccupato – di cercare attivamente lavoro, e nemmeno se lavori o no. Nel caso in cui lavori il reddito base si aggiungerebbe al salario, ma la somma dei due comporterebbe ovviamente un maggior onere fiscale, o l’impegno a svolgere un certo numero di ore di volontariato. Uno dei benefici del reddito base incondizionato, su cui insistono spesso i suoi proponenti, va visto nella libertà che conferisce alla persona disoccupata di cercare a lungo un lavoro, senza doverne accettare per disperazione uno con una paga da fame e al disotto del proprio titolo di studio. Questo è anche un vantaggio per l’economia in generale. Infatti il laureato in fisica che in mancanza di meglio fa il bagnino, o la biologa che lavora da commessa in un outlet, rappresentano un investimento di decine di migliaia di euro in  formazione gettato al vento.
Ma soprattutto il reddito base viene visto come un mezzo efficace per combattere insieme sia la povertà, sia il più insidioso nemico della stabilità e della democrazia nelle società contemporanee: l’insicurezza socio-economica.

In realtà l’idea di reddito base ha più di due secoli. È stata proposta tra i primi da Thomas Paine, lo scrittore politico inglese trasferitosi in America, in un saggio del 1795. È comparsa e scomparsa ripetutamente nel dibattito interno dei partiti di sinistra europei per tutto il Novecento.
In Usa, una commissione nominata dal presidente Johnson pubblicò nel 1969 un rapporto in cui raccomandava di sostituire gran parte delle leggi
anti-povertà con un programma che fornisse a tutti gli americani un reddito annuale garantito. Non si trattava propriamente di un reddito base
incondizionato, poiché era subordinato al bisogno economico. Tuttavia gli argomenti della commissione, a partire da quello per cui non si possono
dividere i poveri tra coloro che vogliono lavorare e coloro che non lo vogliono, erano assai prossimi a quelli che da sempre adducono i fautori del reddito base. La legge sul reddito garantito venne bocciata al Senato per pochi voti, dopo essere stata approvata dalla Camera. In Francia ampie discussioni hanno sollevato dagli anni 80 in poi le proposte di André Gorz, dal “reddito sociale garantito” sino all’ultima di un “reddito incondizionato d’esistenza”. Ma è nell’ultimo decennio che si sono moltiplicati, in tema di basic income, i testi dovuti a studiosi di differenti paesi e istituzioni. In primo piano quelli pubblicati da dirigenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel cui consiglio siedono, va ricordato, i rappresentanti di governi, imprenditori e sindacati.

La massa di studi oggi disponibili ha allungato l’elenco di argomenti a favore del reddito base, che due studiosi ispanici hanno compendiato di recente in una battuta: il reddito base va bene durante il boom, ma diventa essenziale con la crisi. Soprattutto ha tolto peso a molti argomenti contro, pur non facendoli sicuramente scomparire. Essa mostra che di tale forma di sostegno al reddito esistono molti modelli diversi, alcuni proposti in passato addirittura da economisti liberali come Milton Friedman, Fredrich Hayek, Herbert Simon; altri invece più vicini al pensiero socialista in tema di sicurezza socio-economica. Le ricerche condotte su casi locali attestano che il reddito base non conduce affatto alla formazione di masse crescenti di oziosi, né che esso – quando il suo ammontare sia congruo – favorisce l’offerta di bassi salari da parte delle imprese. Calcoli approfonditi mostrano inoltre come il suo costo possa esser reso sostenibile, tenendo conto che il reddito base non sarebbe un’aggiunta, bensì sostituirebbe gli ammortizzatori sociali in vigore – da noi la cassa integrazione e i piani di mobilità, il sussidio di disoccupazione e i pre-pensionamenti, oltre a varie indennità – che costano comunque miliardi l’anno. Infine nessuno pensa di proporre l’introduzione secca del reddito base come fosse un nuovo articolo del codice della strada. Occorrono studi, periodi di sperimentazione, locali, verifiche sui costi effettivi e sulle conseguenze che esso avrebbe sul mercato del lavoro, applicazioni graduali. Soprattutto occorrerebbe un’ampia discussione in sede politica.

In Germania un simile compito lo sta svolgendo Die Linke, il partito nato da pochi anni a sinistra dello Spd che ha conseguito un notevole successo alle ultime amministrative. Die Linke ha fondato una comunità federale di lavoro sul tema del reddito base incondizionato che conta migliaia di aderenti, e lo ha inserito a pieno titolo nel programma per le prossime elezioni politiche. La 2a settimana del reddito base (14-20 settembre 2009), che essa appoggia, ha riscosso il consenso di 223 organizzazioni non governative, comprese alcune svizzere e austriache. Da noi, ad onta del meritorio impegno del Basic Income Network Italia, nato da vari anni, la discussione è circoscritta a pochi addetti ai lavori. Se quel che resta dei partiti di sinistra, o del centro-sinistra, volessero proporre ai propri elettori di discutere di qualche autentica riforma, l’idea di reddito base come forma di sostegno al reddito resa necessaria dalla crisi e dalla moltiplicazione delle persone che diventano economicamente superflue, potrebbe essere un buon candidato.

la Repubblica 16 settembre 2009

Reddito base e disoccupazione

LUCIANO GALLINO

Sul fronte dell’occupazione la crisi ci consegna uno scenario con alcuni tratti decisamente negativi. Sindacati e Confindustria sono d’accordo nel prevedere che nei prossimi mesi i disoccupati continueranno ad aumentare.

Tolta una minoranza che troverà abbastanza presto un lavoro decentemente retribuito, in linea con la qualifica professionale posseduta, nel 2010 e dopo la loro massa si dividerà in tre gruppi: quelli che per vivere dovranno accettare un lavoro mal pagato, al disotto delle loro qualifiche e titoli di studio; i disoccupati di lunga durata, che dovranno aspettare anni prima di trovare un posto; infine quelli, soprattutto gli over 40, che un lavoro non lo troveranno mai più. Questo perché dopo le ristrutturazioni aziendali imposte o favorite dalla crisi, la produttività crescerà; ma insieme con essa aumenterà il numero di persone che dal punto di vista della produzione appaiono semplicemente superflue.

Dinanzi a un tale scenario, che riguarda milioni di persone, la riforma degli ammortizzatori sociali di cui si parla equivale a proporre a un malato il cui stato si aggrava giorno per giorno di prendere un’aspirina in più. Quale sistema di sostegno al reddito detti ammortizzatori, concepiti quarant’anni fa, appaiono oggi del tutto inadeguati. Occorre sostituirli con un sistema completamente diverso, capace di generare effetti benefici in diversi ambiti della vita sociale che il sistema in vigore non sfiora nemmeno. Un sistema di sostegno al reddito che dopo una lunga eclissi sta riprendendo posto nell’agenda politica di diversi paesi, dal Brasile alla Germania, è il reddito base, denominazione internazionale che si è ormai affermata in luogo di “reddito garantito”, “reddito di cittadinanza” e altri.
In sintesi l’idea di reddito base rappresenta un tentativo di allentare, se non abolire, il legame che esiste tra il reddito e il lavoro salariato.
Poiché il lavoro tende a scomparire, ma le persone con i loro diritti e bisogni no, occorre trovare il modo di distribuire un reddito anche a chi non lavora. Nella forma ideale il reddito base dovrebbe quindi consistere in una somma bastante per condurre una vita decente, versata regolarmente dallo stato o un ente locale o altra “comunità politica” al singolo individuo, senza che questo debba soddisfare alcuna condizione. Non importa se sia povero o no, se possa dimostrare – quando sia disoccupato – di cercare attivamente lavoro, e nemmeno se lavori o no. Nel caso in cui lavori il reddito base si aggiungerebbe al salario, ma la somma dei due comporterebbe ovviamente un maggior onere fiscale, o l’impegno a svolgere un certo numero di ore di volontariato. Uno dei benefici del reddito base incondizionato, su cui insistono spesso i suoi proponenti, va visto nella libertà che conferisce alla persona disoccupata di cercare a lungo un lavoro, senza doverne accettare per disperazione uno con una paga da fame e al disotto del proprio titolo di studio. Questo è anche un vantaggio per l’economia in generale. Infatti il laureato in fisica che in mancanza di meglio fa il bagnino, o la biologa che lavora da commessa in un outlet, rappresentano un investimento di decine di migliaia di euro in  formazione gettato al vento.
Ma soprattutto il reddito base viene visto come un mezzo efficace per combattere insieme sia la povertà, sia il più insidioso nemico della stabilità e della democrazia nelle società contemporanee: l’insicurezza socio-economica.

In realtà l’idea di reddito base ha più di due secoli. È stata proposta tra i primi da Thomas Paine, lo scrittore politico inglese trasferitosi in America, in un saggio del 1795. È comparsa e scomparsa ripetutamente nel dibattito interno dei partiti di sinistra europei per tutto il Novecento.
In Usa, una commissione nominata dal presidente Johnson pubblicò nel 1969 un rapporto in cui raccomandava di sostituire gran parte delle leggi
anti-povertà con un programma che fornisse a tutti gli americani un reddito annuale garantito. Non si trattava propriamente di un reddito base
incondizionato, poiché era subordinato al bisogno economico. Tuttavia gli argomenti della commissione, a partire da quello per cui non si possono
dividere i poveri tra coloro che vogliono lavorare e coloro che non lo vogliono, erano assai prossimi a quelli che da sempre adducono i fautori del reddito base. La legge sul reddito garantito venne bocciata al Senato per pochi voti, dopo essere stata approvata dalla Camera. In Francia ampie discussioni hanno sollevato dagli anni 80 in poi le proposte di André Gorz, dal “reddito sociale garantito” sino all’ultima di un “reddito incondizionato d’esistenza”. Ma è nell’ultimo decennio che si sono moltiplicati, in tema di basic income, i testi dovuti a studiosi di differenti paesi e istituzioni. In primo piano quelli pubblicati da dirigenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel cui consiglio siedono, va ricordato, i rappresentanti di governi, imprenditori e sindacati.

La massa di studi oggi disponibili ha allungato l’elenco di argomenti a favore del reddito base, che due studiosi ispanici hanno compendiato di recente in una battuta: il reddito base va bene durante il boom, ma diventa essenziale con la crisi. Soprattutto ha tolto peso a molti argomenti contro, pur non facendoli sicuramente scomparire. Essa mostra che di tale forma di sostegno al reddito esistono molti modelli diversi, alcuni proposti in passato addirittura da economisti liberali come Milton Friedman, Fredrich Hayek, Herbert Simon; altri invece più vicini al pensiero socialista in tema di sicurezza socio-economica. Le ricerche condotte su casi locali attestano che il reddito base non conduce affatto alla formazione di masse crescenti di oziosi, né che esso – quando il suo ammontare sia congruo – favorisce l’offerta di bassi salari da parte delle imprese. Calcoli approfonditi mostrano inoltre come il suo costo possa esser reso sostenibile, tenendo conto che il reddito base non sarebbe un’aggiunta, bensì sostituirebbe gli ammortizzatori sociali in vigore – da noi la cassa integrazione e i piani di mobilità, il sussidio di disoccupazione e i pre-pensionamenti, oltre a varie indennità – che costano comunque miliardi l’anno. Infine nessuno pensa di proporre l’introduzione secca del reddito base come fosse un nuovo articolo del codice della strada. Occorrono studi, periodi di sperimentazione, locali, verifiche sui costi effettivi e sulle conseguenze che esso avrebbe sul mercato del lavoro, applicazioni graduali. Soprattutto occorrerebbe un’ampia discussione in sede politica.

In Germania un simile compito lo sta svolgendo Die Linke, il partito nato da pochi anni a sinistra dello Spd che ha conseguito un notevole successo alle ultime amministrative. Die Linke ha fondato una comunità federale di lavoro sul tema del reddito base incondizionato che conta migliaia di aderenti, e lo ha inserito a pieno titolo nel programma per le prossime elezioni politiche. La 2a settimana del reddito base (14-20 settembre 2009), che essa appoggia, ha riscosso il consenso di 223 organizzazioni non governative, comprese alcune svizzere e austriache. Da noi, ad onta del meritorio impegno del Basic Income Network Italia, nato da vari anni, la discussione è circoscritta a pochi addetti ai lavori. Se quel che resta dei partiti di sinistra, o del centro-sinistra, volessero proporre ai propri elettori di discutere di qualche autentica riforma, l’idea di reddito base come forma di sostegno al reddito resa necessaria dalla crisi e dalla moltiplicazione delle persone che diventano economicamente superflue, potrebbe essere un buon candidato.

la Repubblica 16 settembre 2009

Reddito base e disoccupazione

LUCIANO GALLINO

Sul fronte dell’occupazione la crisi ci consegna uno scenario con alcuni tratti decisamente negativi. Sindacati e Confindustria sono d’accordo nel prevedere che nei prossimi mesi i disoccupati continueranno ad aumentare.

Tolta una minoranza che troverà abbastanza presto un lavoro decentemente retribuito, in linea con la qualifica professionale posseduta, nel 2010 e dopo la loro massa si dividerà in tre gruppi: quelli che per vivere dovranno accettare un lavoro mal pagato, al disotto delle loro qualifiche e titoli di studio; i disoccupati di lunga durata, che dovranno aspettare anni prima di trovare un posto; infine quelli, soprattutto gli over 40, che un lavoro non lo troveranno mai più. Questo perché dopo le ristrutturazioni aziendali imposte o favorite dalla crisi, la produttività crescerà; ma insieme con essa aumenterà il numero di persone che dal punto di vista della produzione appaiono semplicemente superflue.

Dinanzi a un tale scenario, che riguarda milioni di persone, la riforma degli ammortizzatori sociali di cui si parla equivale a proporre a un malato il cui stato si aggrava giorno per giorno di prendere un’aspirina in più. Quale sistema di sostegno al reddito detti ammortizzatori, concepiti quarant’anni fa, appaiono oggi del tutto inadeguati. Occorre sostituirli con un sistema completamente diverso, capace di generare effetti benefici in diversi ambiti della vita sociale che il sistema in vigore non sfiora nemmeno. Un sistema di sostegno al reddito che dopo una lunga eclissi sta riprendendo posto nell’agenda politica di diversi paesi, dal Brasile alla Germania, è il reddito base, denominazione internazionale che si è ormai affermata in luogo di “reddito garantito”, “reddito di cittadinanza” e altri.
In sintesi l’idea di reddito base rappresenta un tentativo di allentare, se non abolire, il legame che esiste tra il reddito e il lavoro salariato.
Poiché il lavoro tende a scomparire, ma le persone con i loro diritti e bisogni no, occorre trovare il modo di distribuire un reddito anche a chi non lavora. Nella forma ideale il reddito base dovrebbe quindi consistere in una somma bastante per condurre una vita decente, versata regolarmente dallo stato o un ente locale o altra “comunità politica” al singolo individuo, senza che questo debba soddisfare alcuna condizione. Non importa se sia povero o no, se possa dimostrare – quando sia disoccupato – di cercare attivamente lavoro, e nemmeno se lavori o no. Nel caso in cui lavori il reddito base si aggiungerebbe al salario, ma la somma dei due comporterebbe ovviamente un maggior onere fiscale, o l’impegno a svolgere un certo numero di ore di volontariato. Uno dei benefici del reddito base incondizionato, su cui insistono spesso i suoi proponenti, va visto nella libertà che conferisce alla persona disoccupata di cercare a lungo un lavoro, senza doverne accettare per disperazione uno con una paga da fame e al disotto del proprio titolo di studio. Questo è anche un vantaggio per l’economia in generale. Infatti il laureato in fisica che in mancanza di meglio fa il bagnino, o la biologa che lavora da commessa in un outlet, rappresentano un investimento di decine di migliaia di euro in  formazione gettato al vento.
Ma soprattutto il reddito base viene visto come un mezzo efficace per combattere insieme sia la povertà, sia il più insidioso nemico della stabilità e della democrazia nelle società contemporanee: l’insicurezza socio-economica.

In realtà l’idea di reddito base ha più di due secoli. È stata proposta tra i primi da Thomas Paine, lo scrittore politico inglese trasferitosi in America, in un saggio del 1795. È comparsa e scomparsa ripetutamente nel dibattito interno dei partiti di sinistra europei per tutto il Novecento.
In Usa, una commissione nominata dal presidente Johnson pubblicò nel 1969 un rapporto in cui raccomandava di sostituire gran parte delle leggi
anti-povertà con un programma che fornisse a tutti gli americani un reddito annuale garantito. Non si trattava propriamente di un reddito base
incondizionato, poiché era subordinato al bisogno economico. Tuttavia gli argomenti della commissione, a partire da quello per cui non si possono
dividere i poveri tra coloro che vogliono lavorare e coloro che non lo vogliono, erano assai prossimi a quelli che da sempre adducono i fautori del reddito base. La legge sul reddito garantito venne bocciata al Senato per pochi voti, dopo essere stata approvata dalla Camera. In Francia ampie discussioni hanno sollevato dagli anni 80 in poi le proposte di André Gorz, dal “reddito sociale garantito” sino all’ultima di un “reddito incondizionato d’esistenza”. Ma è nell’ultimo decennio che si sono moltiplicati, in tema di basic income, i testi dovuti a studiosi di differenti paesi e istituzioni. In primo piano quelli pubblicati da dirigenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel cui consiglio siedono, va ricordato, i rappresentanti di governi, imprenditori e sindacati.

La massa di studi oggi disponibili ha allungato l’elenco di argomenti a favore del reddito base, che due studiosi ispanici hanno compendiato di recente in una battuta: il reddito base va bene durante il boom, ma diventa essenziale con la crisi. Soprattutto ha tolto peso a molti argomenti contro, pur non facendoli sicuramente scomparire. Essa mostra che di tale forma di sostegno al reddito esistono molti modelli diversi, alcuni proposti in passato addirittura da economisti liberali come Milton Friedman, Fredrich Hayek, Herbert Simon; altri invece più vicini al pensiero socialista in tema di sicurezza socio-economica. Le ricerche condotte su casi locali attestano che il reddito base non conduce affatto alla formazione di masse crescenti di oziosi, né che esso – quando il suo ammontare sia congruo – favorisce l’offerta di bassi salari da parte delle imprese. Calcoli approfonditi mostrano inoltre come il suo costo possa esser reso sostenibile, tenendo conto che il reddito base non sarebbe un’aggiunta, bensì sostituirebbe gli ammortizzatori sociali in vigore – da noi la cassa integrazione e i piani di mobilità, il sussidio di disoccupazione e i pre-pensionamenti, oltre a varie indennità – che costano comunque miliardi l’anno. Infine nessuno pensa di proporre l’introduzione secca del reddito base come fosse un nuovo articolo del codice della strada. Occorrono studi, periodi di sperimentazione, locali, verifiche sui costi effettivi e sulle conseguenze che esso avrebbe sul mercato del lavoro, applicazioni graduali. Soprattutto occorrerebbe un’ampia discussione in sede politica.

In Germania un simile compito lo sta svolgendo Die Linke, il partito nato da pochi anni a sinistra dello Spd che ha conseguito un notevole successo alle ultime amministrative. Die Linke ha fondato una comunità federale di lavoro sul tema del reddito base incondizionato che conta migliaia di aderenti, e lo ha inserito a pieno titolo nel programma per le prossime elezioni politiche. La 2a settimana del reddito base (14-20 settembre 2009), che essa appoggia, ha riscosso il consenso di 223 organizzazioni non governative, comprese alcune svizzere e austriache. Da noi, ad onta del meritorio impegno del Basic Income Network Italia, nato da vari anni, la discussione è circoscritta a pochi addetti ai lavori. Se quel che resta dei partiti di sinistra, o del centro-sinistra, volessero proporre ai propri elettori di discutere di qualche autentica riforma, l’idea di reddito base come forma di sostegno al reddito resa necessaria dalla crisi e dalla moltiplicazione delle persone che diventano economicamente superflue, potrebbe essere un buon candidato.

la Repubblica 16 settembre 2009

Reddito base e disoccupazione

LUCIANO GALLINO

Sul fronte dell’occupazione la crisi ci consegna uno scenario con alcuni tratti decisamente negativi. Sindacati e Confindustria sono d’accordo nel prevedere che nei prossimi mesi i disoccupati continueranno ad aumentare.

Tolta una minoranza che troverà abbastanza presto un lavoro decentemente retribuito, in linea con la qualifica professionale posseduta, nel 2010 e dopo la loro massa si dividerà in tre gruppi: quelli che per vivere dovranno accettare un lavoro mal pagato, al disotto delle loro qualifiche e titoli di studio; i disoccupati di lunga durata, che dovranno aspettare anni prima di trovare un posto; infine quelli, soprattutto gli over 40, che un lavoro non lo troveranno mai più. Questo perché dopo le ristrutturazioni aziendali imposte o favorite dalla crisi, la produttività crescerà; ma insieme con essa aumenterà il numero di persone che dal punto di vista della produzione appaiono semplicemente superflue.

Dinanzi a un tale scenario, che riguarda milioni di persone, la riforma degli ammortizzatori sociali di cui si parla equivale a proporre a un malato il cui stato si aggrava giorno per giorno di prendere un’aspirina in più. Quale sistema di sostegno al reddito detti ammortizzatori, concepiti quarant’anni fa, appaiono oggi del tutto inadeguati. Occorre sostituirli con un sistema completamente diverso, capace di generare effetti benefici in diversi ambiti della vita sociale che il sistema in vigore non sfiora nemmeno. Un sistema di sostegno al reddito che dopo una lunga eclissi sta riprendendo posto nell’agenda politica di diversi paesi, dal Brasile alla Germania, è il reddito base, denominazione internazionale che si è ormai affermata in luogo di “reddito garantito”, “reddito di cittadinanza” e altri.
In sintesi l’idea di reddito base rappresenta un tentativo di allentare, se non abolire, il legame che esiste tra il reddito e il lavoro salariato.
Poiché il lavoro tende a scomparire, ma le persone con i loro diritti e bisogni no, occorre trovare il modo di distribuire un reddito anche a chi non lavora. Nella forma ideale il reddito base dovrebbe quindi consistere in una somma bastante per condurre una vita decente, versata regolarmente dallo stato o un ente locale o altra “comunità politica” al singolo individuo, senza che questo debba soddisfare alcuna condizione. Non importa se sia povero o no, se possa dimostrare – quando sia disoccupato – di cercare attivamente lavoro, e nemmeno se lavori o no. Nel caso in cui lavori il reddito base si aggiungerebbe al salario, ma la somma dei due comporterebbe ovviamente un maggior onere fiscale, o l’impegno a svolgere un certo numero di ore di volontariato. Uno dei benefici del reddito base incondizionato, su cui insistono spesso i suoi proponenti, va visto nella libertà che conferisce alla persona disoccupata di cercare a lungo un lavoro, senza doverne accettare per disperazione uno con una paga da fame e al disotto del proprio titolo di studio. Questo è anche un vantaggio per l’economia in generale. Infatti il laureato in fisica che in mancanza di meglio fa il bagnino, o la biologa che lavora da commessa in un outlet, rappresentano un investimento di decine di migliaia di euro in  formazione gettato al vento.
Ma soprattutto il reddito base viene visto come un mezzo efficace per combattere insieme sia la povertà, sia il più insidioso nemico della stabilità e della democrazia nelle società contemporanee: l’insicurezza socio-economica.

In realtà l’idea di reddito base ha più di due secoli. È stata proposta tra i primi da Thomas Paine, lo scrittore politico inglese trasferitosi in America, in un saggio del 1795. È comparsa e scomparsa ripetutamente nel dibattito interno dei partiti di sinistra europei per tutto il Novecento.
In Usa, una commissione nominata dal presidente Johnson pubblicò nel 1969 un rapporto in cui raccomandava di sostituire gran parte delle leggi
anti-povertà con un programma che fornisse a tutti gli americani un reddito annuale garantito. Non si trattava propriamente di un reddito base
incondizionato, poiché era subordinato al bisogno economico. Tuttavia gli argomenti della commissione, a partire da quello per cui non si possono
dividere i poveri tra coloro che vogliono lavorare e coloro che non lo vogliono, erano assai prossimi a quelli che da sempre adducono i fautori del reddito base. La legge sul reddito garantito venne bocciata al Senato per pochi voti, dopo essere stata approvata dalla Camera. In Francia ampie discussioni hanno sollevato dagli anni 80 in poi le proposte di André Gorz, dal “reddito sociale garantito” sino all’ultima di un “reddito incondizionato d’esistenza”. Ma è nell’ultimo decennio che si sono moltiplicati, in tema di basic income, i testi dovuti a studiosi di differenti paesi e istituzioni. In primo piano quelli pubblicati da dirigenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel cui consiglio siedono, va ricordato, i rappresentanti di governi, imprenditori e sindacati.

La massa di studi oggi disponibili ha allungato l’elenco di argomenti a favore del reddito base, che due studiosi ispanici hanno compendiato di recente in una battuta: il reddito base va bene durante il boom, ma diventa essenziale con la crisi. Soprattutto ha tolto peso a molti argomenti contro, pur non facendoli sicuramente scomparire. Essa mostra che di tale forma di sostegno al reddito esistono molti modelli diversi, alcuni proposti in passato addirittura da economisti liberali come Milton Friedman, Fredrich Hayek, Herbert Simon; altri invece più vicini al pensiero socialista in tema di sicurezza socio-economica. Le ricerche condotte su casi locali attestano che il reddito base non conduce affatto alla formazione di masse crescenti di oziosi, né che esso – quando il suo ammontare sia congruo – favorisce l’offerta di bassi salari da parte delle imprese. Calcoli approfonditi mostrano inoltre come il suo costo possa esser reso sostenibile, tenendo conto che il reddito base non sarebbe un’aggiunta, bensì sostituirebbe gli ammortizzatori sociali in vigore – da noi la cassa integrazione e i piani di mobilità, il sussidio di disoccupazione e i pre-pensionamenti, oltre a varie indennità – che costano comunque miliardi l’anno. Infine nessuno pensa di proporre l’introduzione secca del reddito base come fosse un nuovo articolo del codice della strada. Occorrono studi, periodi di sperimentazione, locali, verifiche sui costi effettivi e sulle conseguenze che esso avrebbe sul mercato del lavoro, applicazioni graduali. Soprattutto occorrerebbe un’ampia discussione in sede politica.

In Germania un simile compito lo sta svolgendo Die Linke, il partito nato da pochi anni a sinistra dello Spd che ha conseguito un notevole successo alle ultime amministrative. Die Linke ha fondato una comunità federale di lavoro sul tema del reddito base incondizionato che conta migliaia di aderenti, e lo ha inserito a pieno titolo nel programma per le prossime elezioni politiche. La 2a settimana del reddito base (14-20 settembre 2009), che essa appoggia, ha riscosso il consenso di 223 organizzazioni non governative, comprese alcune svizzere e austriache. Da noi, ad onta del meritorio impegno del Basic Income Network Italia, nato da vari anni, la discussione è circoscritta a pochi addetti ai lavori. Se quel che resta dei partiti di sinistra, o del centro-sinistra, volessero proporre ai propri elettori di discutere di qualche autentica riforma, l’idea di reddito base come forma di sostegno al reddito resa necessaria dalla crisi e dalla moltiplicazione delle persone che diventano economicamente superflue, potrebbe essere un buon candidato.

la Repubblica 16 settembre 2009

Dentro la crisi contro la crisi

eutelia_A52L’assemblea riunita il 28 gennaio lo stabilimento di Eutelia e che ha visto la partecipazione di diverse realtà di lotta (Eutelia, ISPRA, Italtel, MVS ex-IBM, Coordinamento precari della scuola, Movimenti per il diritto all’abitare, Comitati per il reddito, Rete romana contro la crisi), lancia una prima giornata di mobilitazione comune per giovedì 11 febbraio sotto la Prefettura di Roma e  invita tutti e tutte a sostenere la manifestazione dei lavoratori di Eutelia prevista per il 1° Febbraio alle 20,30.sotto palazzo Chigi.

Nel confronto è emerso un filo comune che lega le mille facce e le diverse storie di chi subisce il vero prezzo della crisi. I lavoratori e i precari, italiani e migranti, che hanno perso, rischiano di perdere il posto di lavoro o finiscono in cassa integrazione, chi un lavoro nemmeno ce l’ha. Una crisi che investe ogni singola persona nella quotidianità e ne mina i diritti primari: la casa, la salute, lo studio, la dignità.

L’assemblea ha riconosciuto inoltre la necessità di costruire iniziative, incontri nei territori, nei quartieri di periferia, e una mobilitazione per respingere l’attacco al mondo della conoscenza, che colpisce particolarmente l’università, scuola ed enti di ricerca pubblica per mettere insieme lotte comuni che inchiodano alle loro responsabilità il governo ed enti locali.

Queste prime proposte sono il punto di partenza di un confronto utile per trasformare le decine di resistenze diffuse in una sola forte voce in grado di far cambiare passo alle amministrazioni comunale, provinciale e regionale, troppo subalterne agli interessi della rendita, delle banche e del padronato. La convocazione del consiglio comunale straordinario sull’emergenza abitativa viene così assunta come giornata di mobilitazione generale da proporre alla città intera.

Guarda il video dell’irruzione squadristica durante l’occupazione di Eutelia

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Roma si ribella alla crisi

Dietro i numeri drammatici − dei licenziamenti, della disoccupazione crescente, della cassa integrazione, della messa in mobilità, del mancato rinnovo dei contratti a termine e della miriade di contratti precari –  ci sono persone: lavoratici, lavoratori, giovani, famiglie che non hanno reddito sufficiente per pagare affitti, rate del mutuo, bollette, ticket; che non hanno risorse sufficienti per vivere una vita dignitosa.

Insieme alle disastrate condizioni economiche, alla crescente precarietà di vita,  nella nostra città dilaga l’emergenza abitativa: migliaia di famiglie sono sotto sfratto (la maggior parte ormai per morosità), gli inquilini degli alloggi degli enti previdenziali “irregolari” e quindi a rischio, oppure regolari ma oggetto delle nuove ondate di dismissione (ENASARCO). Altre migliaia sono le persone costrette a vivere nelle occupazioni o in residence privati pagati a peso d’oro dall’amministrazione. Questo mentre la Giunta Alemanno annulla la graduatoria delle case popolari cancellando i 40.000 nuclei familiari inseriti tra gli aventi diritto e riduce la previsione di nuove case popolari alle briciole, sole 1500 alloggi previsti nei prossimi anni, scegliendo ancora una volta di premiare la rendita e gli interessi forti del mattone privato.

I governi ed istituzioni locali hanno praticato per anni politiche liberiste, privatizzando servizi e beni comuni, alimentando la speculazione finanziaria insieme ad una deregolamentazione del mercato del lavoro che ha selvaggiamente precarizzato, minato alla radice conquiste e diritti del lavoro, generato una diffusa insicurezza sociale. Ed anche nel rispondere alla crisi, preferiscono sostenere banche, imprese, pescecani dell’edilizia, elargendo loro milioni di euro ed abbandonando lavoratori e le lavoratrici appesi ad indennità di disoccupazione e di cassa integrazione sempre insufficienti, lasciando completamente soli, senza alcun tipo di sostegno, centinaia di migliaia di precari.

Ora il razzismo di stato dilaga, come dimostra anche la vicenda di Rosarno, in un’oppressione senza confine che riduce i migranti a semplice merce, a forza-lavoro da sfruttare, senza nessun diritto; le politiche xenofobe del governo provocano ad arte tensioni che investono i settori sociali colpiti dalla crisi, per creare un’assurda guerra fra poveri.

Oggi a essere schiacciati ed espulsi dal lavoro non sono solo le fasce meno professionalizzate, sono lavoratori e lavoratrici del settore privato, ma anche di quello pubblico, con alte professionalità: si pensi alla scuola e all’universita’, colpite pesantemente da tagli complessivi per 9,5 miliardi di euro, che hanno espresso nei mesi trascorsi alti livelli di resistenza. Anche l’EUTELIA e l’ISPRA sono due centri altamente qualificati nell’informatica e nella ricerca. Insieme ad essi sono centinaia le aziende che chiudono o espellono manodopera.

Le lotte dei lavoratori di EUTELIA e di ISPRA, sono divenute per tutti un importante riferimento, simbolo della necessità di uscire dall’inerzia, di attivare forme di lotta ed un nuovo protagonismo per uscire dalla crisi con nuove  misure e diritti sociali, per nuova e buona occupazione che cambi il modello di sviluppo..

Dall’Eutelia, dall’Ispra, dai Precari della Scuola, dai Movimenti per il Diritto All’Abitare e da altre lotte che hanno avuto meno risalto mediatico,  sono venute resistenze forti, con l’occupazione degli stabilimenti, le manifestazioni, le tendopoli ed i presidi ad oltranza. Le proteste sui tetti, dall’ISPRA ai musei capitolini, hanno rappresentato anche simbolicamente le diverse facce della lotta alla crisi delle banche e dei padroni, ed evidenziato condizioni di vita e problemi del tutto simili, e la vicinanza delle lotte.

Una vicinanza che è divenuta in queste settimane contatto, capacità di attraversamento, che hanno le potenzialità per divenire incontro. Un incontro che mostri la possibilità di ricomporre il mosaico, i diversi frammenti e spaccati di chi vive la crisi e di chi contro la crisi ha iniziato o vuole ribellarsi.

Molte sono le comuni rivendicazioni e vertenze e possibili: dalla predisposizione di nuove misure di tutela del lavoro alla conquista di Tariffe Sociali (gas, luce, trasporti, asili nido e spese scolastiche etc.), dall’estensione e potenziamento finanziario del Reddito Minimo Regionale alla richiesta di una moratoria sui mutui, sulle imposte, sulla cessione del quinto dello stipendio (come avvenuto per i debiti delle imprese), fino alla conquista di un vero Piano di Casa Popolari per la nostra città.  Perché la lotta per il diritto all’abitare, la richiesta di sospensione degli sfratti, di case da pagare in proporzione alle proprie tasche, è domanda di investimenti pubblici, di “bene comune”, è richiesta di reddito.

Nella convinzione che il lavoro, il reddito, i servizi pubblici, il diritto all’abitare, i diritti di cittadinanza per i/le migranti possano rappresentare un comune oggetto del desiderio, il terreno di incontro delle nostre storie e di molte altre storie simili alle nostre, lanciamo questo appello aperto e alla città insieme all’ invito a partecipare all’ assemblea.

GIOVEDI’ 28 GENNAIO ORE 17.30 IN EUTELIA
(VIA BONA 50)

Rete Romana Contro la Crisi, Lavoratori Eutelia, Movimenti per il diritto all’abitare, lavoratori ISPRA, Italtel, appalti Sirti, Almaviva Atesia, cassintegrati lav. Alitalia, coord. precari scuola

Denunce per il G8 a Roma

Concluse le indagini giudiziarie contro chi contestò a Roma il G8 del luglio 2009.  Venti attiviste e attivisti denunciati con accuse paradossali, per colpire ancora una volta i movimenti sociali

g8Nei giorni scorsi sono state chiuse dalla magistratura inquirente le indagini preliminari a carico di chi contestò a Roma nel luglio 2009 il G8 della crisi e di Berlusconi. Ci sono ora formalmente 20 giovani attiviste e attivisti, di Roma e di Napoli ed internazionali, denunciati con accuse quali resistenza aggravata a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e danneggiamento seguito da incendio. Accuse paradossali e che suonano come una beffa, visto l’unico episodio contestato: ossia il corteo di adesione alla “V Strategy” contro il summit, il 7 luglio 2009 nella zona di Testaccio-Piramide. In quell’occasione una manifestazione, partita da un’occupazione di studenti universitari e movimenti, fu caricata a freddo e per oltre un chilometro, con un intero quadrante di Roma completamente blindato e militarizzato, con una vera e propria caccia all’uomo, rastrellamenti dentro i palazzi e un già abnorme bilancio repressivo di 30 fermati, dei quali 8 arrestati e quattro sottoposti per molti mesi (fino a fine dicembre 2009) a pesanti misure cautelari.
E’ a partire da quella razzia poliziesca che dopo l’estate scorsa si è scatenata un’ondata di repressione contro i movimenti sociali nella Capitale, dagli interventi violenti contro le iniziative di lotta per il diritto all’abitare come contro manifestazioni studentesche e antirazziste, agli sgomberi di occupazioni abitative, campi rom, spazi sociali autogestiti vecchi e nuovi. Qualcosa che accade anche nel resto del Paese, a riprova che colpendo chi si attivò pubblicamente contro il G8 della crisi si voleva e si vuole colpire chi si attiva ogni giorno nei territori, nelle università, nei posti di lavoro per nuovi diritti, per la libertà, per l’autodeterminazione…
Chiunque si ribelli o contesti o trasgredisca viene colpito dalla scure repressiva , tanto più quanto peggiore si fa la crisi economica e sociale, proprio mentre chi della crisi è responsabile e insieme gestore si considera invece esente nelle parole e nei fatti da ogni denuncia, da ogni processo, da ogni giudizio.
Molti sono i ragionamenti e le parole che potremmo e dovremo spendere per analizzare l’attuale contesto sociale, economico, repressivo in Italia e in Europa, anche alla luce dell’ultimo vertice sul clima di Coopenhagen COP15 e molti sono i progetti atttivi e in attivazione intorno al tema della libertà di movimento per tutt*.
Ma una cosa è certa. Noi che aderimmo all’appello della tripla V – Viola, Vendetta, Vittoria – , vediamo oggi che quel grido si è fatto ancora più esteso, allargandosi a quante e quanti alzano la testa contro gli abusi di potere coi quali il governo della crisi procede a travolgere le nostre vite, i nostri diritti, le nostre libertà. E chi ci volle intimidire ci vede oggi al fianco di chi si batte contro la precarietà come i lavoratori dell’Eutelia, dell’Ispra, i precari della scuola e dell’università, per un diritto all’abitare per tutt*, per un diritto al reddito oltre le elemosine e le lotterie pubbliche attuali, per i diritti dei migranti e la costruzione dello sciopero del 1° marzo 2010.

Nel tempo della tanto agitata crisi e nella stagione italiana degli abusi di potere in nome della “sicurezza”, c’è davvero una montagna di ragioni per essere ancora, sempre di più, ostinatamente in movimento…

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C’era una volta il G8 di Luglio

La polizia carica la manifestazione della rete contro la crisiLa polizia carica la manifestazione della rete romana contro la crisi

roma_polizia_caricaUn arresto, oltre dieci i feriti.

Lavoratori in lotta di Eutelia, MVS ex-IBM, Coordinamento precari della scuola, Movimenti per il diritto all’abitare, Comitati per il reddito, lavoratori africani cacciati da Rosarno: tutte le realtà della Rete romana contro la crisi che oggi manifestava davanti alla prefettura per chiedere di partecipare al vertice interistituzionale indetto da Sindaco e Prefetto sul tema della crisi nella città di Roma. Nonostante la piazza fosse autorizzata, improvvisamente ed inaspettatamente la polizia ha caricato i manifestanti che pacificamente gridavano i loro slogan dietro gli striscioni. Le persone sono state inseguite fin dentro i vicoli dove cercavano riparo, la violenza e la durata della carica ha provocato più di dieci feriti alcuni dei quali già portati in ambulanza nei vicini ospedali. Un arresto,  liberato oggi 11 febbraio attorno alle 11.

Crisi, conflitti, democrazia | Assemblea pubblica martedi 16 febbraio


Video

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Video | Stallman contro Brunetta

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Una produzione Volturno – Teleimmagini – Indipendenti | VIDEO in INGLESE

stallIl 6 Maggio e l’8 Maggio 2009, l’Università degli studi di Salerno e il Cinema Volturno Occupato di Roma, sono stati il centro della cultura Hacker.

Richard Stallman, fondatore del movimento per il Software Libero, è stato il testimone d’eccezione: in entrambe le tappe del convegno, Stallman ha illustrato la storia e la filosofia del Movimento per il Software Libero, puntualizzando che il Software Libero non è ristretto all’ambito meramente tecnico, ma si espande ad un settore molto più vasto stante le sue solide basi etiche, filosofiche, e politiche. La conferenza ha approfondito l’importanza delle applicazioni e implicazioni del Software Libero in ambito Educativo.
Un’insegnamento inascoltato dal governo italiano e dal ministro dell’innovazione Brunetta che continuano a regalare soldi ai monopolisti del software e hardware.

Rosarno | Una riflessione iconografica

Mettiamo a confronto due immagini. Una rappresenta quello che ci hanno raccontato le prime immagini di Rosarno. La rivolta degli immigrati, neri esasperati e pericolosi. L’altra quello che ci è venuto in mente per associazione. Sicuramente retrò ed antico, di un sapore che difficilmente riconosciamo immediatamente, ma eccezionalmente sovrapponibile. Se dovessimo fare un’analisi dell’opera ritroveremo le stesse linee di fuga, lo stesso pathos, la stessa propensione al movimento.

rosarnoquarto

Ma oltre a questo la cosa drammatica è la similitudine sociale e politica, dove braccianti sfruttati e senza diritti si ribellano e si uniscono, si ritrovano sulla necessità di abbandonare i campi e prendere la strada, con determinazione e un’irrimandabile esigenza di dignità. Stessi braccianti del sud Italia che paradossalmente si ritrovano nella necessità di migrare, di muoversi e trovare una possibilità da qualche altra parte.

E qui, probabilmente, sta la differenza. La stessa foto scattata prima e dopo che scatena reazioni differenti, nel primo caso l’orgoglio, nel secondo la paura.

E a Rosarno, dunque, c’è un elemento in più. C’è il razzismo e la paura rispetto allo straniero e al diverso; c’è il disprezzo per lo “schiavo” che manda avanti la baracca e che, in epoca di crisi, diventa scomodo e costoso e che certo non può ribellarsi; c’è la lunga mano dei ricchi rappresentati dall’Ndragheta che si fanno improvvisamente popolo che muove una guerra tra poveri. Improvvisamente esce fuori quella piccola Italia che era un impero piccolo, degno della fantasia di Guzzanti, ma che era capacissimo di disprezzo e violenza.

La foto che viene scattata è di una rimozione collettiva della memoria e la narrazione di una quotidianità che ha nuove paure, nuovi individualismi e nuovi sfruttamenti.
Ma quello che non tiene presente questa Italia è la realtà, la presenza di nuove generazioni, le dinamiche ventennali che già esistono nel resto d’Europa, la necessità delle presenze migranti. La storia di un territorio da sempre meticcio ed interculturale. Per questo auspichiamo nel prossimo futuro di poter guardare altre narrazioni iconografiche…

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Rosarno, troppa (in)tolleranza, nessun diritto

Scontri al presidio per Rosarno a Roma

Razzismo di Calabria (da TeleImmagini)

Russia | Antifascisti ad un anno dall’omicidio di Stanislaw Merkelov e Anastasia Baburova

rome-rash-antifa-ivan-hutorskoj-memory-action-04122009-002A 20 anni dalla caduta del muro, a poco meno dall’anniversario dalla disgregazione dell’impero sovietico, sentirsi di sinistra per i giovani di Mosca, San Pietroburgo come anche della lontana Irkutsk è uno vero e proprio stile di vita, un’appartenenza controculturale mescolata con le mille identità metropolitane in cui si riconoscono i giovani di buona parte del mondo: punk o skinhead, soprattutto.
Ben poco della dottrina semplificata all’osso e inculcata fin da piccoli, della retorica nazionalista stalinista: l’antifascismo moscovita cresce nelle relazioni sociali, nel meticciato quotidiano della Russia che, multiculturale per costituzione, per decenni ha attirato persone di mille paesi e che qui hanno lasciato figli.
L’unità di movimento si pratica intorno al pacifismo, alla ricostruzione di solidarietà sociale dopo decenni di crisi, alle lotte ecologiste in un territorio devastato, all’autodifesa attiva dai neonazisti [Ascolta Maldestra, trasmissione di Radio Ondarossa]
Questa piccola opposizione sociale giovanile, vive infatti da anni in una sorta di stato d’assedio: Il modello Putin, che ha rimesso la Russia sulla carreggiata dell’economia globale, si riproduce sullo stato di guerra permanente, sulla strategia della tensione, sul rigido controllo dell’opinione pubblica e sull’alleanza politica e culturale con la chiesa ortodossa. Si delinea un paese slavocentrico, aggressivo verso i “chorni”, i “negri” (in senso ampio tutti quelli che non sono slavi: centro asiatici, africani, orientali), con centinaia di migliaia di persone attive in organizzazioni tradizionaliste ortodosse, nazionaliste, neonaziste.
Negli ultimi due anni le aggressioni sono decine, solo nel 2008 il numero dei morti era arrivato a 80, nel 2009, tra queste, l’assassinio a colpi di pistola di Ivan Khoutorskoy [http://www.antifa.ru/3550.html] e il duplice omicidio dell’avvocato Stanislaw Merkelov e della giornalista Anastasia Boburova, attivisti antifascisti, assassinati presumibilemnte per conto del governo da neonazisti: Merkelov era l’avvocato di famiglie
coinvolte in processi contro i militari russi in Cecenia, la Boburova scriveva per Novaja Gazeta, lo stesso giornale indipendente di Anna Politkoskaja.
Nell’anniversario del loro omicidio a Mosca è stato costituito un comitato che ha lanciato un appello internazionale alla mobilitazione.

Un mondo di frontiera

Nessuno è illegale

giurisppresentano

r.a.p-gruppo inkiesta-collettivo fuorilegge-assemblea permanente di architettura

1 e 4 Dicembre 2009

1 Dicembre-facoltà di giurisprudenza Roma3

ore 16:00-Aula 9

incontro/dibattito sulle politiche migratorie e sul reato di clandestinità Continua a leggere

La stessa identica cosa

no_redditoLettera della signora Anna Ercolano al Messaggero:

Buona sera redazione del Messaggero sono la sig. Anna Ercolano, vivo a Cerveteri in provincia di Roma e qualche mese fa ho fatto domanda avente diritto, per la selezione del reddito minimo garantito. La lista di persone, come da bando, che avrebbero avuto l’ipotetico reddito, doveva uscire in ottobre, ma per cause di troppa richiesta non sono stati in grado di mantenere i termini stabiliti, quindi, tale lista era stata spostata al 5 di novembre, almeno così era stato scritto sul sito della regione Lazio.

Da quel giorno nessuno ne ha saputo più nulla… Infatti dal 5 di novembre ho cominciato assiduamente ad informarmi presso gli uffici comunali e il sito della regione Lazio, telefonando a tutti gli uff. possibili e immaginabili per saperne di più… nessuno sapeva niente… L’unica risposta che ricevevo da tutti era “Sig. deve controllare il sito della regione” al che non avendo pc e linea disponibile chiedevo ad amici il favore di controllare sul sito o mi recavo io stessa ad un internet point per aggiornarmi sugli sviluppi della faccenda… IL NULLA… nemmeno la briga di mettere un annuncio x chi come me voleva saperne di più.

Tutto questo fino all’inizio di dicembre… quando poi, avendo una bimba piccola che stava male non sono più riuscita a informarmi personalmente della cosa. Morale della favola? Mercoledì 05 gennaio 2009 riesco ad andare sul sito della regione e con mia sorpresa vedo la pubblicazione della lista tanto attesa, pubblicazione uscita il 15 di dicembre 2009… ma non è finita anzi è appena cominciata…

Il mio nome è tra tutti quelli che sono stati convocati e che quindi dopo aver di nuovo riportato i documenti che già erano stati presentati il giorno della richiesta per il reddito, forse ne avrei avuto diritto.. Il problema più assurdo di tutta questa storia è che accanto al mio nome c’era una data di presentazione, data in cui sarei dovuta andare nel uff.del centro impiego del mio paese per riconsegnare quei benedetti documenti, la data risaliva al 22 dicembre 2009, al che oggi mi sono recata al uff. dell’impiego e ho chiesto come dovevo fare per riprendere appuntamento visto che non ne avevo saputo niente, e nessuno si era preso la briga di avvisare i diretti interessati…

Sapete che cosa mi hanno risposto? “Ci dispiace tanto ma per lei l’opportunità di ricevere il reddito è sfumata perchè non si è presentata il giorno stabilito”…. Che cosa? “Sì signora, ammenoche lei non ci porta un certificato medico dove dichiara che per motivi di salute non si è potuta presentare”. Dovrei dichiarare il falso perchè voi e ripeto voi da ottobre che dovevate far uscire la lista ve ne uscite la meta’ di dicembre… e io che ho tutti i requisiti per usufruire di questa cosa e che quindi sono senza lavoro con una bimba a carico e in affitto non avendo internet sono stata tagliata fuori da tutto? Mi è stato detto di tel allo sportello interessato dove… dopo aver speso ben 4euro per l’attesa al telefono mi è stata detta la stessa identica cosa…. Secondo voi non sono da denuncia? Vi ringrazio e vi saluto augurandovi Buon Anno

Anna Ercolano

(7 gennaio 2010)

Roma | scontri al presidio per Rosarno: la stampa

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Foto | CorriereRepubblica

Video | Corriere

Articoli | CorriereRepubblica

Agenzie |

IMMIGRATI: MANIFESTAZIONE ROMA, 30 IDENTIFICATI DALLA POLIZIA = Roma, 9 gen. – (Adnkronos) – Durante il sit-in di solidarietà con i migranti di Rosarno promosso dal gruppo Action, un centinaio di manifestanti hanno tentato di raggiungere Piazza del Viminale aggirando il cordone di forza pubblica. Gli uomini delle Forze dell’Ordine sono riusciti a bloccare i manifestanti all’altezza di via Cesare Balbo e successivamente con cariche di alleggerimento, a riportarli in Piazza dell’Esquilino, durante questa fase un poliziotto è rimasto ferito ed una trentina di manifestanti sono stati identificati dal personale della Polizia Scientifica e della Digos presenti alla manifestazione e verranno deferiti all’Autorità Giudiziaria insieme al promotore. (Asc/Pn/Adnkronos) 09-GEN-10 19:19 NNN

ROSARNO: SCONTRI A ROMA: ALEMANNO, SOLIDARIETÀ A POLIZIOTTO (ANSA) – ROMA, 9 GEN – «Esprimo piena solidarietà al poliziotto ferito questa sera negli incidenti davanti al Viminale e appoggio il comportamento della Questura nella gestione dell’ordine pubblico secondo quelle che erano le disposizioni del prefetto di Roma. Un ristretto gruppo di estremisti ha cercato ancora una volta di strumentalizzare il dramma di tante popolazioni immigrate che attraverso un percorso di clandestinità arrivano ad essere sfruttate nel lavoro nero dalla criminalità organizzata». Lo afferma in una nota il sindaco Gianni Alemanno. «Questi problemi – aggiunge – non si affrontano nè tantomeno si risolvono improvvisando una sparuta manifestazione davanti al Ministero degli Interni e provocando scientemente e a freddo degli incidenti e delle violenze contro la polizia». (ANSA). COM-FL 09-GEN-10 20:57 NNN

ROSARNO: MANIFESTAZIONE A ROMA, TENSIONE E CARICHE /ANSA IMPEDITA MARCIA CORTEO VERSO VIMINALE, FERITO AGENTE POLIZIA (ANSA) – ROMA, 9 GEN – Momenti di tensione con cariche delle forze dell’ordine, si sono verificati questa sera a Roma tra polizia e manifestanti dei centri sociali e immigrati durante una manifestazione organizzata per protestare contro i fatti di Rosarno. La polizia ha respinto, anche con cariche, un paio di tentativi del corteo dei giovani dei centri sociali che avevano intenzione di protestare fin sotto le finestre del Viminale e per questo avevano diretto la marcia del corteo verso la zona dove ha sede il ministero dell’Interno. Dopo avere forzato un cordone delle forze dell’ordine che presidiavano piazza dell’Esquilino, i manifestanti hanno tentato di dirigersi verso il Viminale. A quel punto la polizia ha cercato di respingerli, ma i manifestanti però non hanno desistito e alcuni di loro sono riusciti alla spicciolata a superare per qualche attimo lo sbarramento delle forze dell’ordine che tuttavia hanno impedito loro di proseguire. I giovani dei centri sociali, dopo alcuni minuti, hanno successivamente tentato di forzare nuovamente il cordone delle forze dell’ordine per arrivare al Viminale ma la polizia li ha nuovamente caricati. È stato a questo punto che la tensione è sfociata in veri e propri scontri: alcuni tra i partecipanti al corteo hanno iniziato lanciare oggetti contro agenti e carabinieri, altri sono fuggiti. Durante i tafferugli è rimasto leggermente ferito un poliziotto soccorso dal 118.. Intanto a sbarrare la strada verso il Ministero dell’Interno si erano già sistemati alcuni mezzi blindati nonchè poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Il corteo era sfilato fino ad allore dietro ad uno striscione che recitava: «Troppa (in) tolleranza, nessun diritto. Maroni dimettiti», in chiaro segno di protesta su quanto accaduto a Rosarno. La manifestazione si è poi conclusa senza altri incidenti e i partecipanti hanno dato vita ad un sit-in finale che ha bloccato il traffico. (ANSA). FL 09-GEN-10 20:51 NNN

ROSARNO:ROMA;MANIFESTANTI TENTANO FORZARE CORDONE,RESPINTI (ANSA) – ROMA, 9 GEN – I manifestanti hanno tentato di forzare nuovamente il cordone delle forze dell’ordine per arrivare al Viminale ma la polizia li ha caricati. Alcuni manifestanti hanno iniziato a tirare oggetti contro agenti e carabinieri, altri sono fuggiti. I manifestanti ora si trovano in Piazza dell’Esquilino. (ANSA). YJ4-TZ 09-GEN-10 18:02 NNN

ROSARNO: MANIFESTAZIONE A ROMA, MOMENTI DI TENSIONE (ANSA) – ROMA, 9 GEN – Momenti di tensione tra polizia e manifestanti dei centri sociali di Roma e immigrati si sono verificati nel pomeriggio nella capitale ad un sit in organizzato per protestare contro i fatti di Rosarno. Dopo avere forzato un cordone delle forze dell’ordine che presidiavano piazza dell’Esquilino i manifestanti hanno tentato di dirigersi verso il Viminale. A quel punto la polizia ha cercato di respingerli, i manifestanti però non hanno desistito. Ora a sbarrare la strada verso il Ministero dell’Interno ci sono alcuni blindati e poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. (ANSA). Y4J-TZ 09-GEN-10 17:57 NNN

ROSARNO: CONCLUSA MANIFESTAZIONE A ROMA,BLOCCATO TRAFFICO (ANSA) – ROMA, 9 GEN – Si è concluso in piazzale Tiburtino il corteo spontaneo dei centri sociali e dei migranti che hanno sfilato a Roma per le strade del quartiere multietnico Esquilino, in solidarietà con gli immigrati di Rosarno. Durante il corteo i manifestanti hanno bloccato il traffico. (ANSA). Y4J-TZ/SCN 09-GEN-10 19:12 NNN

CORTEO A TERAMO ‘CONTRO OGNI VIOLENZÀ,200 SFILANO IN CENTRO (ANSA) – TERAMO, 9 GEN – Circa duecento persone, tra giovani simpatizzanti ed esponenti delle forze politiche del centrosinistra, hanno partecipato nel pomeriggio, a Teramo, al corteo «Contro ogni violenza», organizzato per protestare contro un’aggressione a colpi di coltello, avvenuta alla vigilia alla vigilia di Natale, a tre ventenni davanti a una discoteca. Con striscioni inneggianti all’antifascismo, cori ultrà, canzoni partigiane, fumogeni colorati e un mezzo di appoggio con l’apparecchiatura di amplificazione, la colonna si è trasferita dal piazzale di Madonna delle Grazie alla Prefettura. Il corteo si è snodato per oltre un’ora e mezza lungo il centro storico, con una sosta e un simbolico minuto di raccoglimento sotto la lapide ai caduti della guerra di resistenza nel Teramano. Nel corteo hanno sfilato anche rappresentanti locali di Rifondazione Comunista, dei Comunisti italiani, una delegazione del Pd, con i due consiglieri comunali Melarangelo e D’Alberto, e dell’Associazione politico-culturale del Pd «Area 155». Tra i partecipanti qualcuno portava uno striscione inneggiante alla richiesta di libertà per Alessandro Della Malva, dirigente del Partito dei comitati d’appoggio alla Resistenza per il Comunismo (P-Carc), detenuto dall’11 ottobre scorso a Pistoia. (ANSA). M09-SAS/RST 09-GEN-10 19:47 NNN

ROSARNO: SIT-IN MIGRANTI A ROMA, MARONI SI DIMETTA
(ANSA) – ROMA, 9 GEN – «Troppa (in) tolleranza, nessun diritto. Maroni dimettiti». Con questo striscione oltre un centinaio di immigrati stanno protestando in piazza dell’Esquilino a Roma, nei pressi del Viminale «in solidarietà ai cittadini migranti di Rosarno, dove si sono verificati i recenti scontri tra italiani e immigrati, e per rivendicare il valore positivo della rivolta degli immigrati». I manifestanti chiedono anche «la regolarizzazione dei lavoratori stranieri edili e agricoli. Il posto è anche presidiato dalle forze dell’ordine. (ANSA). Y4J-TZ/SCN 09-GEN-10 19:07 NNN

ROSARNO: IMMIGRATI, ‘CI MINACCIANO, VOGLIAMO ANDARE VIÀ (V. ROSARNO: IMMIGRATI IN CASOLARI… DELLE 16.30 CIRCA)
(ANSA) – ROMA, 9 GEN – Centinaia di migranti che vivono in località Le colline, nel comune di Rizziconi, a ridosso di Rosarno, chiedono di andar via perchè minacciati e per questo impauriti. Si tratta di almeno 200 migranti che si sono rivolti alle forze dell’ordine per essere allontanati dalle zone interessate dalla guerriglia degli ultimi due giorni. La polizia è giunta sul posto. Per questi stranieri è previsto, al momento, il trasferimento nei centri di Bari e Foggia, fra stasera e domani mattina. (ANSA). MAS-GUI 09-GEN-10 17:50 NNN

ROSARNO:SINISTRA E LIBERTÀ,MARONI RIFERISCA SU SCONTRI ROMA FURFARO, MANIFESTANTI PICCHIATI DA POLIZIA IN MODO INSPIEGABILE (ANSA) – ROMA, 9 GEN – «Chiediamo al ministro dell’Interno Maroni di chiarire sull’accaduto e alle forze di opposizione presenti in Parlamento di farsi promotrici di un’interrogazione che faccia luce sui fatti di Roma. Si sta creando un clima di tensione nel Paese intollerabile per una democrazia che vuole definirsi tale». Lo afferma in una nota Marco Furfaro, del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, in merito agli incidenti tra manifestanti e polizia accaduti questa sera a Roma durante una manifestazione di solidarietà agli immigrati sui fatti di Rosarno. «Durante il presidio i manifestanti stavano esprimendo la loro solidarietà agli immigrati in modo molto pacifico e tranquillo – dice Furfaro – C’erano tante persone, tra le quali anche esponenti politici e giornalisti, che rivendicavano il rilancio di un clima di legalità e giustizia, a Rosarno come nel resto del Paese. Il gruppo di manifestanti voleva incamminarsi da Piazza Esquilino a Roma verso Piazza del Viminale, dove avrebbe dovuto terminare il presidio. I poliziotti, già presenti in numero sproporzionato per l’occasione e in assetto antisommossa, hanno iniziato a caricare i manifestanti mentre i responsabili del corteo stavano discutendo con i responsabili della polizia». «Alcuni manifestanti sono stati picchiati in modo inspiegabile – continua Furfaro – tra i quali una ragazza colpita con il manganello alla testa e che si trova adesso all’ospedale Umberto I. Questo ha generato un clima di tensione inutile, sfociato in ulteriori contusioni e con alcuni poliziotti che irresponsabilmente gridavano ‘picchiamoli, picchiamoli!’. Poi ci sono state altre cariche e aggressioni verso i manifestanti. Non c’è stato, da parte dei manifestanti, nessun lancio di sassi, sanpietrini o bottiglie. Questo Paese sta prendendo una deriva insopportabile, dove qualsiasi voce di dissenso viene repressa e dove le istituzioni non riescono a prendersi la responsabilità di garantire i propri cittadini». (ANSA). COM-FL 09-GEN-10 21:28 NNN

ROSARNO: NIERI; INACCETTABILE CARICA DELLE FORZE DELL’ORDINE (ANSA) – ROMA, 9 GEN – «Oggi movimenti e soggetti politici antirazzisti hanno dato vita, a Roma, a una manifestazione contro le inaccettabili posizioni del Governo, e in particolare del Ministero dell’Interno, sui fatti di Rosarno. È incredibile che un Ministro della Repubblica pronunci parole di intolleranza contro quegli individui che sono stati oggetto di aggressioni e soprusi da parte della criminalità organizzata». È quanto dichiara l’assessore al Bilancio della Regione Lazio ed esponente di «Sinistra Ecologia e Libertà», Luigi Nieri che ha preso parte all’iniziativa. «È stata una manifestazione pacifica – spiega Nieri – Purtroppo, però, al tentativo dei manifestanti di raggiungere il Ministero dell’Interno, le forze dell’ordine hanno risposto con una carica con la quale sono state ferite diverse persone. È inaccettabile che si reprimano con la violenza manifestazioni di dissenso contro le posizioni del Governo. Se questa è la linea che intende sposare il Ministero dell’Interno non possiamo che esprimere grande preoccupazione». (ANSA). COM-FL 09-GEN-10 19:52 NNN

ROSARNO:ASSOCIAZIONE DASUD, ANCHE NOI A MANIFESTAZIONE ROMA (ANSA) – CATANZARO, 9 GEN -«Rosarno è un caso nazionale che urla giustizia per tutti i cittadini immigrati d’Italia». È quanto si afferma in una nota dell’associazione daSud che ha partecipato oggi, a Roma, all’iniziativa promossa da comitati, partiti e movimenti «per condannare i fatti di Rosarno». «Per questo già ieri sera avevamo convocato nella sede dell’associazione – è detto in una nota – un’assemblea cui hanno aderito associazioni, movimenti, partiti politici e comitati impegnati nella tutela dei diritti dei migranti; per questo oggi siamo scesi in piazza a Roma con un sit-in molto partecipato e assolutamente pacifico per esprimere solidarietà alle vittime dei fatti calabresi». «Quanto successo – prosegue la nota – non va dimenticato: la violenza esplosa nella Piana di Gioia Tauro è l’ennesimo segnale della grave condizione di disagio a cui fallimentari politiche nazionali dell’immigrazione condannano da anni e in silenzio migliaia di uomini e donne, ridotti a merce da sfruttare, a vittime, non silenziose, della violenza ‘ndranghetista. Lavoreremo perchè questa dolorosa lezione sia al centro di una riflessione nazionale, di una rete di movimenti e sigle per il riconoscimento dei diritti negati dei migranti. Lo spazio daSud resterà aperto per questo alla mobilitazione e all’impegno, ospitando in questi giorni nuove iniziative e momenti di incontro». (ANSA). COM-ATT/FLC 09-GEN-10 20:55 NNN