Crisi economica, precarietà del lavoro e conflitto sociale

proposto dai lavoratori e dalle lavoratrici autoconvocati/e

Generazione Precaria
Sabato 16 aprile
ore 11-13

Gli effetti dell’attacco padronale e governativo alle condizioni di lavoro e al reddito (dal Collegato Lavoro al Piano Marchionne, dalla destrutturazione dei contratti di lavoro allo statuto dei lavori), i limiti delle risposte sindacali, la costruzione dello sciopero denerale unitario e dal basso e le nuove modalità del conflitto sociale.

Verso lo sciopero del sapere precario

Generazione Precaria
Sabato 16 aprile
ore: 14-16

15 anni di riforme del lavoro e della scuola hanno cambiato profondamente le condizioni di vita, studio e lavoro di un’intera generazione, avviando un processo di precarizzazione che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite.

L’università contro-riformata è una fabbrica di precarietà. Saperi ultra-nozionistici, corsi di laurea specifici ma non specializzanti hanno totalmente dequalificato il mondo della formazione e della ricerca.

Il processo di precarizzazione diffusa ha portato a un sempre maggiore assoggettamento dei saperi alle linee guida stabilite da un’élite economica e politica. L’università è uno di quei luoghi dove agisce un dispositivo di governamentalità, di addestramento alle esigenze del modello di produzione.

La studentessa e lo studente sono un esempio concreto delle differenti forme di quell’esercito permanente d’individualità precarie. La stessa precarizzazione che sempre di più colpisce i ricercatori, che si ritrovano sottoposti a condizioni di lavoro insostenibili.

Appare così fondamentale, all’interno degli stati generali, costruire un workshop che ponga centralità a quali siano le pratiche per lo sciopero precario che il mondo della formazione e della ricerca possa mettere in campo per mettere in crisi questo paradigma di sfruttamento e valorizzazione.

Workshop su informatica, hacking e reti digitali

Generazione Precaria
Sabato 16 aprile
ore 14-16

Hacker, informatici, nerd e geek contro la precarietà. Uno degli ambiti dello sciopero precario è quello della comunicazione e delle information technologies. Stiamo parlando di un settore, quello dei flussi di informazione, che è cruciale per i profitti. Ma che è anche cruciale per il livello di precarizzazione che crea e impone a lavoratori e lavoratrici desindacalizzati e con rapporti di lavoro sempre più individuali.

È un mondo in cui le reti di protezione sono sempre più deboli ma anche un mondo dal quale negli ultimi anni sono nate forme di sabotaggio, di intervento creativo e capaci di fare male: netstrike, hacking, comunicazione guerriglia sono solo alcuni esempi. Vogliamo continuare a inventare forme di intervento nelle reti digitali che diventino uno sciopero nella precarietà e contro la precarietà. Per questo vogliamo scambiarci idee e confrontarci tutte/i insieme agli Stati Generali.

Immaginatevi se per un giorno si intasassero i call center e i server informatici, se la rete ribollisse… Chiamiamo tutte/i a mettere insieme le condizioni perché uno sciopero precario si realizzi anche con le armi dell’informatica.

Workshop sui flussi metropolitani

Nel nuovo millennio, la condizione precaria è diventata strutturale, generale e esistenziale anche perché la produzione e l’organizzazione del lavoro sono diventati modulari e flessibili. Non abbiamo più un luogo di lavoro ma più luoghi di lavoro che vengono attraversati quotidianamente dalla stessa forza-lavoro. In tal modo, il lavoro si estende nomadicamente, si flessibilizza e si individualizza: è uno e trino. Il risultato è, appunto, la precarietà.

Lo sciopero precario è l’antidoto alla precarietà. Per questo lo sciopero precario deve intaccare, rompere, disarmare la produzione e il lavoro per flussi.

In molte aree del paese, soprattutto quelle metropolitane, il profitto è per ¾ generato dalla circolazione delle persone, merci, servizi comunicativi e immateriali. Se lo sciopero precario è sabotaggio dei profitti, è sabotaggio di tutti questi flussi. Facile a dirsi, difficile a farsi. In questo workshop, vogliamo iniziare a discutere di queste tematiche per cominciare a costruire un “sapere precario”. E vogliamo discuterlo a tutti i livelli: da quello materiale a quello immaginifico.

Non partiamo da zero. Partiamo da una nostra consapevolezza, una “potenza d’azione” che già si è materializzata con l’effetto “annuncio”: a partire dalle ultime MayDay, ad esempio, la grande distribuzione durante il I° maggio chiude i battenti, non perché siamo in grado di bloccare i punti vendita, ma perché minacciamo di farlo.

Intervenire sui flussi delle persone, delle merci, delle informazioni significa mettere in campo quelle pratiche in grado di incidere realmente sulla possibilità di creare momenti di blocco della produzione/circolazione: quei cacciaviti i grado di far saltare la catena di montaggio sociale nella quale tutti noi siamo inseriti e che sulla precarietà fonda la sua capacità di fare profitto.

Lo sciopero corre sul filo

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 16-18

“Lo sciopero corre sul filo!”. Call center e telefonia. Precarietà, sfruttamento e stress da lavoro nel modello dell’azienda totale.

Da poco più di 15 anni si è affermata una nuova fabbrica, molto più sofisticata di quella fordista che conoscevamo.

Con margini di profitti elevatissimi se pensiamo che non produce nulla di materiale. Infatti il business della telefonia, con tutti i suoi annessi, con i servizi on-line che rimandano a sportelli virtuali spesso gestiti da “esperti” che vivono quotidianamente con una protesi sulle orecchie 4\5\7\10 ore al giorno.

I margini di profitto che i vari call center e gli stessi servizi TLC (che vengono all’85% gestiti tramite cuffia!) sono garantiti da strutture snelle, elevati ritmi, impianti inesistenti e spesso malsani. Da questo schema ripetibile in diversi modelli, traggono gli elevati margini tanto i grandi gestori di telefonia come il “servizio clienti” della piccola catena commerciale che tiene magari 20 persone in uno scantinato a rispondere o chiamare magari persone anziane per vendergli l’ultima “offerta imperdibile”.

Per questo motivo quello che sembrava un settore di nicchia oggi conta oltre 300.000 addetti, con i più disparati contratti…quando ce li hanno! Per estrarre maggiore profitto le aziende si affidano a selezioni che mirano a giovani totalmente de-coscientizzati e de-sindacalizzati. Rifugio per giovani senza futuro, o per meno giovani espulsi dal ciclo produttivo che ritenevano stabile e che invece lo sfruttamento ha palesato come precario.

Oltre alla parcellizzazione delle figure contrattuali con le quali vengono divisi i precari neo-assunti, si sta procedendo a tappe forzate anche alla precarizzazione dei “garantiti” del settore scardinando il CCNL e utilizzando le esternalizzazioni spezzando il legame industriale che lega i call center al core business delle aziende committenti. Tramite le procedure di mobilità si espellono lavoratori e lavoratrici che usufruiscono di un quadro normativo “troppo rigido” e si assumono giovani senza diritti e con contratti intermittenti…facendoli lavorare e sfruttandoli esattamente o anche più dei precedenti.

Da notare inoltre, l’impatto sociale che questo tipo di lavoro ha soprattutto se confrontato con il target di persone a cui si rivolge: soprattutto giovani e soprattutto donne.

Parliamo di impatto sociale perché oltre a tenere compressi i salari per il livello di precarietà in cui vengono costretti gli operatori, ci sono anche delle ripercussioni di carattere sanitario relativi allo stress correlato a questa attività (che solo da quest’anno potrà essere inserito nei Documenti di Valutazione di rischio), per la diffusione del ricorso agli psicofarmaci che l’alienazione da lavoro ripetitivo, senza alcuna autonomia e senza alcuna prospettiva, sviluppa insieme a depressione e apatia.

La pressione gerarchica in questo lavoro è enorme e viene imposto, con ogni mezzo, agli operatori un alto livello di condivisione degli obiettivi aziendali. Modello aziendale descritto caricaturalmente anche da alcuni film, ma che rappresenta una logica di impresa totalizzante e totalitaria basato su una vera e propria violenza psicologica che rendono il tema del lavoro nei call center qualcosa di drammatico. Una moderna fabbrica più sofisticata e altamente opprimente non meno delle fabbriche classiche, dove quantomeno i ruoli più definiti e la materialità dello sfruttamento rendono talvolta più individuabili le sponde differenti alle quali si appartiene.

Uno sciopero che intenda diffondersi nelle menti e nei corpi di un tale tessuto metropolitano deve intervenire necessariamente anche a spezzare questi legacci psicologici e culturali e non può non tener conto di questa giungla in cui vivono centinaia di migliaia di precari, precarizzati e precarizzandi che i padroni del vapore di questo settore vorrebbero semplicemente moderni schiavi.

Infocontact:
coordinamentolucc@yahoo.it
assembleaautoconvocata@hotmail.it

La CGIL snobba ancora le sue lavoratrici

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Avete presente la storia delle 10 lavoratrici siciliane licenziate dalla CGIL?
Avete presente che si parla anche di mobbing e molestie? (video 1video 2)

Oggi 8 aprile, alle 15, queste 10 lavoratrici giunte a Roma per partecipare alla manifestazione di domani “il nostro tempo è adesso”, si sono ritrovate insieme ad altri devoti di San Precario sotto la Sede Nazionale della CGIL, per chiedere di essere finalmente incontrate dalla dirigenza del sindacato.
Dopo 2 ore di trattative, dopo promesse di incontro, improvvisamente tale possibilità gli è stata negata.
E’ così che ancora una volta la CGIL si rifiuta di parlare con i precari! Dopo aver ignorato la vicenda, si esprime solo dopo il servizio del TG1, ma solo per negare spudoratamente (vedi agenzie sotto).

Tutto questo è inaccettabile! IL TEMPO per ricevere le risposte che chiedono queste precarie E’ ADESSO!!!
Invitiamo tutte e tutti i lavoratori e le lavoratrici precarie e non, gli studenti e le studentesse e tutti coloro non possono rimanere in silenzio rispetto all’ennesima ingiustizia dei precarizzatori a partecipare con noi domani alla manifestazione Street Parade “il nostro tempo è adesso”. Il camion dello STATI GENERALI DELLA PRECARIETA’ VERSO LO SCIOPERO PRECARIO partirà alle 14:30 da Piazza della Repubblica.

Uno slogan, infatti, si aggira per la rete, attraversa le piazze, viene urlato dai megafoni: Voglia di sciopero precario! Ovvero, la voglia ed il desiderio, finalmente, di passare dalla narrazione della nostra situazione alla dimostrazione di cosa accadrebbe se un giorno in questo paese i precari, con forme e modi imprevedibili, rifiutassero di essere sfruttati.
E’ questa la suggestione, sempre piu’ concreta e pervasiva, che attraverserà domani – animata da san precario, dalla generazione precaria, dagli attivisti e le attiviste, dagli studenti, dai precari e le precarie – la street parade “il nostro tempo è adesso”.

Perchè è importante che di precarietà si parli. Ma è giunto il momento, lo sentiamo nell’aria, che si faccia un nuovo passo, che inizieremo ad immaginare assieme durante gli stati generali della precarietà 3.0 il 15-16-17 aprile a roma.

Vi aspettiamo!

Sciopero precario, tutto quello che avreste voluto, ma non avete mai osato fare!

Agenzie

LAVORO: CGIL, NOTIZIA FALSA DEL TG1 DELLE 20 SU SINDACATO
LAVORO: CGIL, NOTIZIA FALSA DEL TG1 DELLE 20 SU SINDACATO = Roma, 8 apr. – (Adnkronos) – «Notizia falsa del Tg1 delle 20. Nel notiziario di questa sera è stata data, infatti, molta enfasi alla notizia della contestazione di un gruppo di alcune decine di persone davanti alla sede nazionale della Cgil ed è stato affermato che ci sarebbe cause di lavoro contro il sindacato in tutta Italia. Notizia totalmente falsa». A precisarlo è la stessa Cgil in un comunicato. Le cause di lavoro che sono state avviate contro la Cgil, rileva l’organizzazione sindacale, «sono in tutto sei e in una lettera della segreteria nazionale se ne dà conto caso per caso: si va da rapporti di lavoro totalmente inventati, all’interruzione del rapporto di lavoro di una persona accusata di appropriazione indebita, al rifiuto di un posto di lavoro. È evidente, quindi, l’intento strumentale sia della formulazione della notizia sia del ruolo che essa svolge, basti dire che le telecamere del tg1, unica televisione presente, erano in attesa davanti alla sede nazionale della Cgil molto prima dell’arrivo delle persone che hanno intentato la manifestazione». Lo scopo della falsa notizia, sottolinea la Cgil, «è chiaro: tentare di ridimensionare le decine di manifestazioni di giovani che domani riempiranno tante piazze del nostro Paese e tentare di colpire un’organizzazione che svolge un’azione fondamentale di difesa dei loro diritti e di contestazione del governo. Il tg uno, dopo un lungo ed assordante silenzio sul tema dei giovani e del lavoro, ora lo riscopre solo per buttare fango». (Sec-Eca/Zn/Adnkronos) 08-APR-11 20:57 NNN

LAVORO: CGIL, DA TG1 NOTIZIA FALSA CONTRO NOSTRO SINDACATO
ECO S0A QBXB LAVORO: CGIL, DA TG1 NOTIZIA FALSA CONTRO NOSTRO SINDACATO (ANSA) – ROMA, 8 APR – «Notizia falsa del Tg1 delle 20». Lo denuncia la Cgil secondo cui «nel notiziario di questa sera è stata data molta enfasi alla notizia della contestazione di un gruppo di alcune decine di persone davanti alla sede nazionale della Cgil ed è stato affermato che ci sarebbe cause di lavoro contro il sindacato in tutta Italia. Notizia totalmente falsa». «Le cause di lavoro che sono state avviate contro la Cgil – si legge in una nota di Corso d’Italia – sono in tutto sei e in una lettera della segreteria nazionale se ne dà conto caso per caso: si va da rapporti di lavoro totalmente inventati, all’interruzione del rapporto di lavoro di una persona accusata di appropriazione indebita, al rifiuto di un posto di lavoro. È evidente, quindi, l’intento strumentale sia della formulazione della notizia sia del ruolo che essa svolge, basti dire che le telecamere del tg1 – unica televisione presente – erano in attesa davanti alla sede nazionale della Cgil molto prima dell’arrivo delle persone che hanno intentato la manifestazione». «Lo scopo della falsa notizia – conclude la Cgil – è chiaro: tentare di ridimensionare le decine di manifestazioni di giovani che domani riempiranno tante piazze del nostro Paese e tentare di colpire un’organizzazione che svolge un’azione fondamentale di difesa dei loro diritti e di contestazione del governo. Il tg uno, dopo un lungo ed assordante silenzio sul tema dei giovani e del lavoro, ora lo riscopre solo per buttare fango». (ANSA). COM-VG 08-APR-11 21:15 NNN

CORSO ITALIA, BLITZ PRECARI: STRISCIONE CONTRO CAMUSSO DAVANTI SEDE
OMR0145 3 CRO TXT Omniroma-CORSO ITALIA, BLITZ PRECARI: STRISCIONE CONTRO CAMUSSO DAVANTI SEDE CGIL (OMNIROMA) Roma, 08 APR – «Il nostro tempo è adesso. Camusso, la vita non aspetta per i licenziati della Cgil»: hanno srotolato questo grande striscione davanti alla sede centrale della Cgil in Corso d’Italia, un gruppo di attivisti del cartello «Uniti contro la crisi» che domani parteciperanno al corteo sulla precarietà che vede tra gli organizzatori proprio la Cgil. «Ci chiediamo come faccia a parlare di precarietà chi, come la Cgil ha le mani sporche – dicono i manifestanti – al nostro arrivo, peraltro, i dirigenti della Cgil non hanno saputo rispondere in altro modo che barricarsi nella sede e chiamare le forze dell’ordine che ora sono schierate davanti a noi». gca 081627 APR 11

Perfettamente inconciliabili: strumenti e strategie per sabotare lo pseudo-welfare familista

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 14-17

Nel quadro complesso della crisi economica che attanaglia ogni giorno le nostre vite viene riproposto un sistema di governance che utilizza la famiglia come unico ammortizzatore sociale, ovvero come luogo di sostegno e riproduzione del sistema stesso.
In mancanza di un “vero” welfare il governo italiano, che interpreta le direttive europee come un invito a rincarare la dose, attraverso il Piano Carfagna Sacconi, definisce un modello di conciliazione lavoro-famiglia in cui le donne (mamme se possibile) sono le uniche a farsi carico delle necessità familiari e quindi sociali.Viene proposta la conciliazione tra tempi di lavoro salariato e lavoro di cura in famiglia, senza considerare la realtà delle/dei precari/e e istituzionalizzando il fatto che il rapporto di moltissime donne italiane con il welfare è ormai stabilmente mediato dalla presenza delle donne migranti. Questa presenza ripropone su scala globale e rinnovata la questione della divisione sessuale del lavoro, rendendo il welfare non più solo un problema di prestazioni più o meno garantite, ma di rapporti di lavoro e precarietà.
La sussidiarietà tra pubblico e privato su cui si incentra il Libro bianco di Sacconi non solo punta allo smantellamento del welfare e alla delega del lavoro di cura alle donne ma decostruisce alla radice il concetto di Stato sociale stesso: il welfare perde la sua dimensione collettiva per tradursi in una sorta di assicurazione privatistica, sorretta dalla famiglia, dalla chiesa, dal volontariato, dal privato sociale, dal lavoro salariato delle donne, soprattutto, ma non solo, migranti. Tutto ciò si trasforma in un’ulteriore accelerazione della finanziarizzazione della previdenza, della salute, dell’istruzione.

Infatti il problema di trasformare stipendi sempre più magri e insicuri in risorse per la vita di figli, genitori e nonni, che è un problema sociale, è riproposto come “affare di donne”, anche quando il lavoro riproduttivo sia svolto non più solo gratuitamente ma in cambio di un salario. In questo senso vengono rafforzati i già ben strutturati ruoli sociali che ipotecano i progetti di vita di uomini e donne, deresponsabilizzando stato e imprese per tutto ciò che riguarda il tema del lavoro per la riproduzione sociale. La legge Bossi-Fini diventa uno dei pilastri di questo sistema nel momento in cui istituzionalizza la divisione sessuale del lavoro riproduttivo, mentre il tema della conciliazione non mette minimamente in discussione l’idea per cui la vita di cui si parla non è solo la cura degli altri, ma è soprattutto il mio/nostro tempo.

Partendo dall’inconciliabilità tra le nostre vite e questo modello vogliamo porci alcune domande:

Come rallentare e sabotare questo processo che ingabbia soprattutto le donne e privilegia soprattutto le imprese?

Come si passa dal riconoscimento, solo teorico, dell’enorme valore sociale del lavoro di cura svolto quasi esclusivamente dalle donne alla sua valorizzazione reale e alla piena condivisione del lavoro riproduttivo tra donne e uomini, dentro e fuori la famiglia?

Come si accede a diritti, e autonomia, senza passare per la subalternità alla famiglia e al lavoro produttivo?

Come riprenderci, donne e uomini, i nostri tempi e i nostri desideri?

Invitiamo tutte e tutti a discutere un nuovo Libro FUCKsia di desideri, aspirazioni e rivendicazioni che attacchi i privilegi e i profitti, e che si dia l’obiettivo di costruire strumenti effettivi per la liberazione di tempi e desideri di tutte e tutti, dentro e fuori il lavoro, dentro e fuori la famiglia.

Interviste di San Precario #2 | Auditorium: il tango del lavoro precario

Il tango del lavoro precario nel mondo dello spettacolo

Cosa si nasconde dietro gli eventi culturali dell’Auditorium Parco della Musica di Roma: subappalti al massimo ribasso, lavoro nero, stipendi mai versati, precarietà dilagante. Intervista a cura dei Punti San Precario Roma a un lavoratore del mondo dello spettacolo.

Perché ti sei rivolto ai Punti San Precario?
Perché nel mio lavoro, il fonico, non esistono strutture adeguate per l’assistenza e la tutela del lavoratore. Ho lavorato in nero con la promessa della contrattualizzazione che non è mai avvenuta.
Il mio datore di lavoro mi diceva che ero “in prova”, ma questa periodo è durato per diverso tempo e ho continuato a lavorare agli eventi culturali. Ora il rapporto è finito, ma io non ho mai visto neanche un euro.

Quanti soldi ti deve l’azienda?
1400 euro

Da quanto tempo aspetti queste retribuzioni?
Da Ottobre del 2010

In che azienda lavoravi?
Eso Sound srl, azienda che fornisce servizi e service audio all’Auditorium Parco della Musica di Roma

In quali eventi culturali ha lavorato?
Oltre ad una serie di concerti , l’evento più grande per cui ho lavorato è il festival “Buenos Aires Tango 2010” che si è svolto all’Auditorium dall’8 al 19 settembre del 2010.

Quante persone lavoravano per la stessa azienda?
Una trentina di persone.

Quali erano le vostre condizioni di lavoro?
La mia era una specie di “prova retribuita”, almeno cosi mi era stata presentata dal datore di lavoro, con ritenuta d’acconto e contributo empals, ma non ho mai percepito nulla neanche per l’empals. Altri precari lavorano per cooperative di tecnici per lo spettacolo.

Nella tua situazione ci sono anche altri lavoratori?
In questa azienda nella mia identica situazione no, ma tutti gli altri devono recepire molti più soldi di me. Hanno fatto una vertenza tramite gli studi legali delle cooperative all’impresa. Nel mondo dello spettacolo questa situazione è diffusissima rappresenta la normalità non l’eccezione.
Quali sono le motivazioni del datore di lavoro per giustificare questa situazione?
Purtroppo sono riuscito solo a parlare con la segretaria. Infatti il “capo”, Fabio Perone, non risponde al telefono da mesi.

Non sei l’unico nel settore dello spettacolo, soprattutto tra i tecnici, che lamenta condizioni lavorative simili. Da cosa può dipendere secondo te questa situazione?
Sicuramente con la “crisi” le cose sono peggiorate, oltre ai tagli del governo. Sicuramente c’è un abbandono del settore da parte delle strutture che tutelano il lavoratore. Inoltre essendo un giro in cui i favoritismi e le scorrettezze sono all’ordine del giorno, la precarietà è dilagante soprattutto tra i giovani.

Avete mai fatto delle proteste o ne avete programmate?
Alcuni volevano ma altri si sono opposti per “salvaguardare” l’immagine dell’azienda. Secondo me padri di famiglia che devono percepire anche 10/15.000 euro dovrebbero infuriarsi e magari scioperare, ma il problema è che al giorno d’oggi i lavoratori sono impauriti dal confronto con il datore di lavoro, tanto da compatirlo e giustificarlo per i maltrattamenti subiti. Oggi giorno è il “padrone” che fa un favore al dipendente e non viceversa… quasi una schiavitù.

Qual è l’età media dei lavoratori?
Io ero il più giovane, ho 25 anni, l’età media era intorno ai 38.

Come fai a vivere se non ti pagano?
Continuo a mantenermi in equilibrio precario svolgendo altri lavori per aziende nel settore degli eventi culturali, service audio e supporto tecnico. La situazione di lavoro è sempre la stessa, lavori in nero che durano pochi mesi.

L’intervista che avete letto è una delle tante testimonianze della “giungla” che rappresenta la precarietà nella nostra città e nell’intero paese. I punti San Precario sono parte di un network nazionale. Sono un innovativo spazio di relazione e conflitto contro la precarietà, una camera del lavoro e non lavoro di chi rivendica diritti sindacali e reclama un reddito di cittadinanza e nuovi ammortizzatori sociali per tutti i precari. Attraverso la consulenza del nostro team legale i PSP mettono in campo dispositivi di difesa, agitazione e cospirazione contro i  precarizzatori. La cosa che ci riesce meglio è sputtanare l’immagine delle imprese che precarizzano. I PSP sono aperti il martedi all’ex cinema volturno (via volturno 37) dalle 17 alle 20, il mercoledi ad  Acrobax Project (via della vasca navale 6) dalle 19 alle 21). Per informazioni contattateci a questo recapito: sanprecario@indipendenti.eu, per consulenza on line contattateci su Facebook: punti San Precario Roma

Lo sciopero precario e il welfare desiderabile

(Ovvero il conflitto sulla condizione precaria come costituente della libertà di scelta)
Condivisione aperitiva delle pratiche e delle traiettorie comuni di co-spirazione

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 18-20:30

Senz’acqua ‘a papera non galleggia
(proverbio napoletano)

La produzione dinamica del conflitto è sempre autonoma e biopolitica. Ma essa è sempre, più o meno consapevolmente, la base della produzione e riproduzione statica e formale del diritto. La dinamica continua della lotta di classe che oggi chiamiamo precarizzatori vs precarizzati è la prosecuzione di quel sotteraneo movimento costituente che determina da sempre la norma costituita. Questa ne rappresenta la sintesi parziale, una fotografia sinottica di un determinato picco di conflitto e accumulazione di forza, rispetto alla quale il conflitto si (ri)presenta continuamente come eccedente.

Ad esempio il welfare state fu prima di tutto, prima della sua stessa auto-definizione, dispositivo di regolazione autoritaria della forma moderna dello Stato e, insieme, archetipo d’una sintesi normativa del ciclo di rivolte, moti insurrezionali e pratiche del comune nell’età dell’industrializzazione. E così poi è stato per la genesi delle forme contemporanee di regolazione del conflitto capitale/lavoro, tutt’intorno ai tentativi di rivoluzione operaia e alla produzione di nuove soggettività, dal new deal rooseveltiano sintesi ultima del sangue sacrificale degli IWW e dal keynesismo europeo sorto accanto alla macina sociale nazifascista fino agli statuti scanditi dai nuovi cicli di lotte nei “Trenta Gloriosi” e alla loro stessa crisi dentro la sottrazione crescente alla disciplina produttiva.

Oggi, nel tempo della crisi della misura del valore, l’idea di un nuovo welfare è in verità forma del desiderio di un’altra società e si presenta come potenza dell’impossibile. Significa, dentro l’esplosione della condizione precaria, volere tutto e darsene la forza. Così presentiamo questo workshop sui nuovi diritti delle precarie e dei precari, sulle proposte e piattaforme politiche di rivendicazione degli Stati Generali della Precarietà, come articolazione d’un discorso sperimentale, provvisorio, a partire dalla discussione sulle pratiche de llo sciopero precario. E cioè a partire dalle forme del conflitto, nella sua più complessa accezione bio-politica, di co-spirazione dei corpi e delle loro differenze, di complicità dei desideri e della loro eccedenza, di costellazione dei punti e delle traiettorie di attacco ai dispositivi del profitto e dunque al potere sulle vite.

E’ solo in questa cospirazione, in questa complicità e nella composizione di questa costellazione che può avere significato materiale quel disegno che abbiamo già chiamato welfare metropolitano e del comune. Non un obiettivo, bensì il terreno fattivo dello sciopero precario.

Precarietà e territori

Tavolo di discussione su precarietà e territori

I territori, che vogliamo considerare sin da subito tra i beni comuni da difendere e su cui organizzarsi, subiscono l’attacco speculativo della rendita, dei capitali finanziari e delle cricche d’affari. La mano della speculazione che non subisce momenti di crisi si allunga sul ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, sulle grandi opere costose inutili e dannose, sui grandi eventi dall’expo 2015 alle Olimpiadi di Roma 2020 e persino sulle catastrofi di terremoti, alluvioni e smottamenti. Ogni giorno in Italia, spesso in deroga ai piani urbanistici che si vanno via via deregolamentando, si consumano 100 ettari di suolo (come 100 campi da calcio) per farne centri commerciali e case che non verranno vendute eppure oggi i piani casa del governo e delle regioni continuano ad agevolare il settore delle costruzioni che lamenta crisi concedendo ricchi premi di cubatura e facili condoni. Paghiamo dunque la crisi anche attraverso la nuova corsa al cemento, il caroaffitti, l’invivibilità delle nostre città. La precarietà investe tutti gli ambiti della nostra vita, abitiamo nella crisi.

Sottrarre terreno metro dopo metro alla rendita, significa difendere i territori dalla devastazione ambientale, dalla loro messa a valore dentro progetti che producono solo nuova precarietà. Significa conquistare dal basso il diritto all’abitare per tutti, il diritto alla salute e ad un ambiente sano, a spazi pubblici e sociali fuori dalla logica del profitto.

Dentro questa terza edizione degli stati generali della precarietà, con i movimenti e le soggettività che li attraverseranno, vorremmo consolidare alcuni elementi di riflessione collettiva e di rivendicazione.

Ragionare inoltre le pratiche, nella continua sperimentazione anche intorno alla proposta dello sciopero precario intendendo la vita sociale e la produzione di valore dei territori al centro dei processi di precarizzazione e lo sciopero come pratica comune per contrastare i profitti e affermare un punto di vista precario contro la precarietà che ci impongono.