Workshop su formazione, ricerca, scuola e università

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 14-16

Quindici anni di riforme del lavoro e dell’università hanno cambiato profondamente le condizioni di vita, studio e lavoro di un’intera generazione, avviando un processo di precarizzazione che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite.

L’università contro-rifomata appare (e come tale viene sempre più percepita) come una fabbrica di precarietà. Saperi ultra-nozionistici,  corsi di laurea specifici ma non specializzanti hanno totalmente dequalificato la formazione universitaria e la retorica della “formazione continua” nasconde (malamente) un sistema di sfruttamento di cui stage e tirocini sono lo strumento principale.

Lo studente e la studentessa non sono solo precari in formazione, pronti ad essere utilizzati “flessibilmente” nell’era della produzione “just in time” una volta usciti dall’università, ma rappresentano un esercito permanente di precari e precarie, da sfruttare come lavoratori e come consumatori (intere città nel nostro paese hanno un’economia basata sugli studenti). Un sistema così concepito ha trasformato la formazione in vero e proprio addestramento alla precarietà.

L’Italia è stata la prima ad applicare il doppio ciclo di laurea e mantiene un triste primato anche per quanto riguarda lo smantellamento di ogni forma di welfare.

Governi di diverso colore chiedono pubblicamente ai giovani di fare lavori umili e si stupiscono della permanenza a casa con i genitori maggiore della media europea.

Intorno alla falsa idea di “merito” si sono scritte vere e proprie contro-riforme e si stanno definitivamente smantellando le classiche forme di assistenza economica indiretta (servizi di diritto allo studio come case, borse, mense e agevolazioni su libri trasporti e cultura). Appare quasi superfluo ricordare come questo paese sconosca forme di sostegno economico diretto che in molti paesi europei consentono a intere classi sociali di emanciparsi e costruirsi un futuro.

I movimenti studenteschi degli ultimi anni hanno dimostrato che i luoghi della formazione possono essere ancora strumento per un’accensione delle rivolte e fungere da catalizzatore dei conflitti, nell’ottica di una ricomposizione sociale delle lotte.

Appare così fondamentale, all’interno degli stati generali della precarietà, costruire un workshop che analizzi potenzialità e limiti delle mobilitazioni studentesche. Che cerchi di analizzare il soggetto studentesco alla luce di un complesso di riforme che ne hanno stravolto la natura e la percezione sociale. Immaginando così le piattaforme e le rivendicazioni da cui partire per fare della popolazione studentesca strumento per l’accensione della rivolta precaria.

“The show must go on”: workshop dei lavoratori dello spettacolo, cultura ed editoria

Negli ultimi mesi le mobilitazioni di esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura hanno riempito le pagine dei giornali. A mobilitarsi sono stati attrici e attori, registe e registi, sceneggiatrici e sceneggiatori, scrittrici e scrittori con una faccia e un nome da mettere in gioco. Il
motivo? I tagli – ingiusti e sconsiderati – alla produzione culturale nel nostro paese. Ma dietro tutte le quinte, fra i titoli di coda di un film, fra le pagine dei libri, ci sono persone che di questi tagli risentono quotidianamente.
Lavoratori animati (almeno all’inizio) dalla passione per il proprio lavoro,che vivono una condizione di disagio e precarietà così forte da invadere tutti i campi dell’esistenza. Persone spesso ai margini della realtà lavorativa per quel che riguarda il tipo di trattamento (cocopro, p.iva, interinali, stage, collaboratori a vari livelli) ma che sono in realtà la vera base su cui si fonda la produzione culturale, i reali produttori di profitto delle aziende del settore.
Con questo workshop vogliamo chiamare a raccolta i precari dell’editoria, dello spettacolo, della televisione, della radio, dell’informazione, dell’arte e dello sport, per mettere a confronto le realtà locali, e individuare, in maniera concreta e operativa, i nodi fondamentali della produzione culturale nelle nostre città. L’obiettivo sarà quello di far emergere i modi e i tempi di uno “sciopero precario”, attuabile anche per quella miriade di soggetti che hanno a volte scelto, altre volte sono stati costretti ad accettare, una flessibilità lavorativa – comunque sempre a
netto vantaggio delle aziende.
Dall’individuazione di questi nodi vorremmo partire per capire quali forme di cooperazione si possono trovare tra soggetti che vivono e sono abituati a ragionare in un’ottica competitiva, dell’uno contro tutti. Per uscire dalla frammentazione a cui ci obbliga la precarietà imposta, per acquisire consapevolezza e tornare protagonisti, incanalando in maniera costruttiva rabbia e frustrazione.
Quali strumenti comunicativi possiamo mettere in campo per superare la fidelizzazione che molte e molti di noi hanno rispetto al proprio lavoro, che spesso coincide con la nostra passione e la nostra creatività? Quali strategie per arginare l’abbassamento del costo del lavoro, per uscire da un orizzonte di totale ricattabilità? E quali pratiche di sciopero possiamo mettere in atto per respingere al mittente tutte le vessazioni, i ricatti e le umiliazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno da datori di lavoro che spesso hanno la pretesa di dirigere non solo la nostra professionalità sotto tutti gli aspetti, ma anche il nostro tempo libero, la nostra vita?

La libertà sta nell’avere possibilità si scegliere. Cospiriamo insieme verso lo sciopero precario!