Barcellona, 29M 2012: cronostoria della huelga general

La nostra narrazione dello sciopero sociale, precario, metropolitano!

 

Piu di 250000 secondo i media mean stream, 50000 secondo il corpo di polizia della guardia urbana. 82% di partecipazione allo sciopero secondo i sindacati, 22% secondo il governo. Come sempre, tutto dipende dal punto di vista.

Barcellona, 29M 2012, ore 00.00. Iniziano i picchetti organizzati dalla grande efficacia organizzativa e territoriale delle Assambleas de barrios. A mezzanotte e un minuto inizano a rimbombare per Barcellona suoni dei petardi accompagnati dal coro vaga, vaga, vaga general!

In pieno centro,  ci si ferma davanti a tutti i pub e ristoranti ancora aperti facendo presente che é l’ora di chiudere e di andare a casa a riposare perché domani sarà una grande giornata di lotta. Fra sorrisi delle cameriere e dei camerieri e facce imbronciate dei proprietari,  i pochi turisti presenti al coro di “turista terrorista”, vengono simpaticamente invitati a continuare a bere i loro fantastici cocktails colorati per strada. Ore 00.30, qualcheduno fa il furbetto.  Serranda chiusa, ma da fuori si sente musica pop a tutto volume. Si alza la serranda e…et voilà il locale continua a essere gremito di gente. Alla faccia attonita de los fiesteros gli si risponde con petardi dentro il locale e fialette fetide molto puzzolenti. Ed ecco che un fuggi fuggi generale attraversa la centrica Via Laietana. Pochi metri più su si intravede un bingo aperto. Bene, bene dice qualcuno. In questo caso, però, i gorilla alla porta fanno subito capire che non è aria. Si entra, altri petardi e altre fialette. Si prova a chiudere la serranda, rompendola. La notizia nella prima pagina della “La Vanguardia” della mattina seguente asserisce che un gruppo di antisistema ha assaltato il Bingo di Via Laietana rubando 2000 euro dalla casa. Magari fosse stato così…..

La passeggiata notturna si chiude in un locale/discoteca dove si sta celebrando una festa dal nome Ven a celebrar la huelga! (Vieni a festeggiare lo sciopero!!). Anche in questo caso però si capisce che non è possibile infliggere più di tanto. Tra una risata di nervosismo e l’altra e le camionette che iniziano a monitorare l’accaduto, si decide tornare a casa….seguirem demà! (continueremo domani!).

Barcellona, 29M 2012, ore 8.00. La declinazione dello sciopero generale a sciopero sociale si intravede già  nelle prime ore della mattina. Dai blocchi stradali alle entrate della città da parte di studenti  universitari, precari e soggettività varie in cerca di quel protagonismo tanto voluto e desiderato in una giornata come questa, si alzano elevate colonne di fumo. Lo stesso accade davanti le fabbriche del Poligono Industriale. Determinati  ed incisivi picchetti dei lavoratori riescono a chiudere completamente le fabbriche della SEAT, Ford e Coca-cola. In tutto il territorio nazionale lo sciopero del settore industriale ha  raggiunto circa il 90%, il quale, a sua volta, ha causato una diminuzione di richieste di energia elettrica del 20%.

Barcellona, 29M 2012, ore 10.00. La storia si ripete. Dai diversi quartieri, partono picchetti per arrivare al grande picchetto unitario (non convocato dai sindacati) nel barrio de Gracia delle ore 13.00. Dalla emblematica e storica Plaza Forat de la Vergonya  si parte in 20. Camminando per il centro il numero aumenta. I pochi piccoli negozi aperti si apprestano frettolosamente ad abbassare la serrande non appena intravedono la massa avanzare.

Questa mattina, però,  l’attacco è verso le grandi superfici. Stiamo vivendo uno sciopero che và oltre le vertenzialità lavorative. Uno sciopero sociale e metropolitano che trova la sua espressione anche in una Huelga de consumo, no compres, no vendas!  (sciopero del consumo, non comprare, non vendere!).  Con la complicità e gli occhiolini dei commessi e delle commesse vengono chiusi e lasciati completamente vuoti le grandi catene di supermercati  Dia, LIDL, Carrefour, Mercadona, Caprabo, Decathlon… riempiendo le entrate principali di adesivi e manifesti con su scritto: Tancat per Vaga General i Social (Chiuso per Sciopero Generale e Sociale). La Confederación Española de Comercio  ha calcolato che il bilancio è una perdita di circa 150 millioni di euro.

Arriva la notizia che durante il picchetto degli studenti universitari la polizia autonoma catalana (i Mossos d’esquadra) ha caricato duramente. 20 fermi, ed è solo l’inizio.  Altre cariche nei quartieri del Clot e Poble Nou. Bilancio delle prime ore della mattinata 6 arresti confermati, solo a Barcellona.

Barcellona, 29M 2012, ore 13.00. Il fiume di gente che arriva nel quartiere di Gracia è impressionante. Uno striscione riporta: Se va a acabar la paz social (sta per finiré la pace sociale), mentre altri ricordano a tutte e tutti che La Reforma Laboral genera sòlo màs Precariedad (La reforma del lavoro genera solo più precarietà) e che vogliamo una Educaciò i sanitat publica i de qualitat (Educazione e Sanità Pubblica e di Qualità). Stencil e adesivi  con su scritto: Ni Reforma Laboral, Ni Pacte Social (nè reforma del lavoro, nè patto sociale) invadono le vetrine di Zara, Luiss Vitton, HM, Cacharel, Benetton, Mango, Verskha, Levis, Desigual. Vetrine ignare del fatto che a distanza di poche ore saranno ben più sanzionate che da un “misero” attacchinaggio.

Nello sgomento generale si pensa a un Cual ès el Plan (Qual è il piano)?  Si ragiona sul fatto che entrare nelle stradine del Barrio de Gracia renderebbe ingestibile e pericoloso l’esito ottenuto. Approfittando della grande affluenza di gente si decide comunemente di andare direttamente verso la tana del lupo. Si inizia percorrendo una delle strade emblematiche del potere economico e finanziario della capitale catalana. Migliaia di persone scorrono lungo la via Diagonal…uh toh, la Deutche Bank prende fuoco. Uh, ma guarda anche la BBVA. Stessa sorte alle tante banche incontrate lungo il breve percorso Caixa Catalunya, Caja Mar, Caixa Tarragona, la sede del Banco Sabadell…..e a differenti siti istituzionali.

Ormai la tensione sta salendo e le sirene dei Mossos d’esquadra iniziano a farsi più vicine. Come spesso succede in terra catalana le camionette iniziano a caricare il corteo. Cassonetti  incendiati vengono utilizzati per fare barricate e impedire una loro veloce avanzata. Il corteo è però ormai già diviso in due, tre parti, mentre i Mossos continueranno per più di un’ora a fare caroselli e giri all’impazzata con l’intento di intimorire e arrestare qualcuno.

Tutte e tutti con facce che iniziano a far intravedere qualche vena di stanchezza mista alla felicità che un po’ di quel malessere e rabbia sociale sia venuto fuori , decidiamo di riposarci aspettando il picchetto convocato per le 16.30 dai sindacati di base CGT, CNT, IAC, COBAS, sempre a Gracia.

Gruppiscoli di persone invadono le panchine e i parchetti delle strade del centro di Barcellona mangiando panini rigorosamente comprati il giorno prima (oggi  si sciopera, non si deve comprare niente), mentre la città già tenta di recuperare la sua normalità con BCNeta (la corrispondente AMA) che prova a sgomberare e pulire le strade.

Barcellona, 29M 2012, ore 16.30. Di nuovo la stessa massa oceanica si riappropria delle strade. Questa volta però la composizione sociale è più variegata. Donne di tutte le età, mascherate con bigodini e vestaglia, danno vita alla Huelga de cuidado y trabajadoras domesticas (sciopero delle lavoratrici domestiche) reclamando la loro esistenza nella vita e nel lavoro. Pensionati, infermieri e infermiere vestite con camici bianchi e verdi, student*, professor*, lavoratori del così chiamato terzo settore animano  e danno vita al grande serpentone che scendendo per la via Pau Claris vuole raggiungere Plaza Catalunya. Contemporaneamente nella strada parallela si muove l’enorme corteo indetto dai sindacati confederali (CCOO, UGT e USOC). L’immagine è emblemática. A soli 100 metri di distanza, due mondi differenti, probabilmente l’uno che non si riconosce nell’altro, ma per noi va bene così. Come diciamo da molto tempo, non vogliamo essere contrapposti ad alcunché, vogliamo e chiediamo solo quello che ci spetta.

Nuovamente, il corteo prende colore, solo che, in questo caldo pomeriggio,  le banche e i negozi delle grandi corporation incendiati sono accompagnate dagli applausi di chi partecipa al corteo. Si arriva a Plaza Catalunya e lì, proprio lì, ci si avventa contro l’emblema del capitalismo spagnolo: El cortes Ingles. Centro commerciale la cui catena è riuscita ad arrivare anche nel più misero e sperduto pueblito della penisola Iberica.

Barricate e tafferugli durano fino a tarda sera. Un totale di più di 220 cassonetti bruciati, più di 50 banche. La durezza dell’atteggiamento dei Mossos d’esquadra si traduce con 44 arresti, 15 feriti in ospedale, 1 giovane ha perso un occhio, un altro la milza, un ferito disperso, sequestrato dai Mossos dentro una camionetta per più di un’ora, pestato e lasciato in condizioni pietose solo verso le 21 di sera solo per strada.

Barcellona, 30M 2012, ore 9.00 Nella metro di Barcellona una signora sta leggendo La Vanguardia che titola: “Gravi incidenti nella capitale catalana. Violenti antisistema assaltano banche”.

Timidamente mi avvicino e chiedo alla signora che pensa dell’articolo:”Nena, la cosa més violenta de tot será tornar a la normalitat” (La cosa più violenta di tutto sarà tornare alla normalità!).

 

11 Aprile – L’appello del Movimento NOTAV

da www.notav.info

 

Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav, si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia.
Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.
Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.
In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.

Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade, porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada. 
In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.

Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti, jersey, filo spinato.

Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale. 
Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.

I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare.

Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio. Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte.
Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti, vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
Vi chiediamo di diffondere la resistenza.

Il Movimento No Tav

Martone, lo sfigato sei tu! Contestazione a Roma Tre

28 Marzo. Contestazione studentesca alla Facoltà di Scienze della Formazione di Roma Tre, con lo striscione “Noi non siamo raccomandati, siamo precar* e ci riprendiamo tutto”, durante un convegno su formazione e lavoro in cui doveva intervenire Michel Martone, viceministro al Welfare, che poco tempo dopo essersi insediato aveva definito sfigati gli studenti ancora all’università dopo i 28 anni.  Martone non si è presentato alla conferenza.

Video.

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Albano, approvato l’inceneritore

Da noinceneritorealbano.it. Apprendiamo con sgomento la sentenza del consiglio di stato che di fatto autorizza la costruzione dell’inceneritore di Albano. Come al solito la volontà popolare viene ignorata , la dignità degli abitanti dei Castelli Romani, che vivono questi territori e che da sei anni portano avanti questa vertenza, viene calpestata in nome di una presunta utilità sociale di questo spaventoso ecomostro. Viene da chiedersi, con l’amaro in bocca, utile a chi? al signor Cerroni, “il re della monnezza” che di discariche e inceneritori ha costruito il suo business (Malagrotta docet), e senza dubbio è utile ai vari politicanti di turno, da Alemanno, alla Polverini e al suo predecessore Marrazzo, che continuano a proporre una gestione dei rifiuti vecchia e obsoleta fatta di discariche e inceneritori in un territorio, come quello dei castelli, già DEVASTATO da una speculazione edilizia che non conosce limiti, dalla presenza di numerose industrie e dalla tristemente nota discarica di amianto.

La storia dei movimenti territoriali in Italia sembra seguire sempre lo stesso copione: la lotta contro l’opera parte, I comitati presentano ricorso al TAR, lo vincono, dopodichè vengono scavalcati al Consiglio di Stato per intercessione del politicante di turno. L’abbiamo visto accadere in Val di Susa, sotto le pressioni del governo centrale del PDL e della regione del PD, l’abbiamo visto accadere ad Aprilia per l’insistenza dell’allora ministro alle attività produttive Bersani, a Vicenza in cui il deus ex machina fu Prodi ed infine a Napoli per l’inceneritore di Acerra, per il quale si spesero nientepopòdimeno che Berlusconi e Napolitano. Ora sembra arrivato il nostro turno, con le minacciose dichiarazioni del ministro Corrado Clini che sembrano voler schiacciare la lotta che portiamo avanti da sei anni.

Dell’incompetenza e del malaffare di pochi dovranno pagare donne, uomini, bambini, animali le cui grida di rabbia e di indignazione si vorrebero mettere a tacere.

NOI NON GLIELO PERMETTEREMO! Non ci faremo schiacciare, la vertenza non muore certo qui ma anzi continuerà con ancora più forza! solo uniti tutti e tutte potremo impedire la devastazione dei nostri territori! non ci faremo scavalcare, l’unico grado di giudizio che conta è quello popolare e si giudica sul terreno della lotta!!

Sul nostro sito web continueremo ad aggiornavi sule prossime iniziative ed assemblee pubbliche per decidere insieme come continuare la mobilitazione. Di seguito potete leggere la notizia così come viene riportata dal giornale “La Repubblica”.

29 Marzo. Sciopero in Spagna: toma la helga! #29M

29 Marzo Sin Miedo…tomando la huelga!

In Spagna, e principalmente in Catalunya, la “huelga general”(sciopero generale)convocata dai sindacati confederali diventa sempre più uno spazio di partecipazione ampio anche per chi “nei e dai” sindacati non si sente rappresentato. Una sperimentazione che comincia il 29 settembre 2010 in occasione di uno sciopero generale convocato contro l’allora governo Zapatero che aveva intrapreso il lungo cammino di obbedienza ai precetti di UE e BCE in tema di libertà di licenziamento, tagli alle pensioni e al pubblico impiego. In quel frangente l’attraversamento dello sciopero sindacale da parte delle reti indipendenti e di movimento rappresentò il volano per rilanciare su un’opzione di autorganizzazione sociale decisamente eccedente il sindacato aprendo la strada ad un movimento di incredibile radicamento e diffusione: il 15M.

Un cammino di lotta, un processo di sperimentazione costante, di riappropriazione dal basso e di presa di parola da parte di chi non solo questa crisi non la vuole pagare, ma si propone, piuttosto, di superare le condizioni di precarizzazione e frammentazione sociale con cui il capitalismo si riproduce.

Un cammino di lotta che procede dando impulso a processi di movimento che valorizzano la genuina e sana esplosione di rabbia precaria che ormai accompagna costantemente la nostra quotidianità di vita.

Un cammino di lotta che agisce nel presente e sul presente per riprendere e vivere un futuro che non faccia dell’incertezza una variabile costante.

Per il prossimo 29 marzo è stato convocato nella vicina, vicinissima Spagna un nuovo sciopero generale per contrastare la riforma del mercato del lavoro portata a compimento dal nuovo governo Rajoy in un paese dove i tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, sono tra i più alti d’Europa.

Anche in questa occasione la “huelga general” diventa irrinunciabile occasione per una sperimentazione ad ampio raggio che parte dalle pratiche e dalle connessioni tra le medesime e che si pone l’obiettivo di consolidare una strumentazione (“hierramentas”) in grado di incidere realmente sui profitti, sui meccanismi di estrazione del valore e del consenso di cui il sistema capitalistico si è abbondantemente dotato.

Una sperimentazione che al contempo valorizza le reti di relazioni e di attivazione che si sono date sui territori a partire dai bisogni che la precarietà di vita ci nega. Attraverso le Asambleas de barrios si sviluppano le sinergie trasversali ai settori produttivi e ai bisogni che dovrebbero coprire: dalla sanità pubblica, all’educazione, al diritto all’abitare.

Un esempio tra gli altri è quello della plataforma de afectados por la hypoteca (PAH) che ha visto crescere la sua battaglia contro gli sfratti e i mutui sempre più insostenibili a causa della bolla speculativa: proprio il radicamento territoriale delle pratiche dei picchetti e delle occupazioni abitative, l’alto livello di critica alle banche così come alla rendita fondiaria e finanziaria, le massicce campagne di denuncia e boicottaggio hanno costretto molti istituti di credito a rivedere la loro politica di sfratti a favore di una rimodulazione dei mutui (“dacción en pago”).

Allo stesso modo sui territori nascono i coordinamenti per “istruzione e sanità pubbliche e di qualità” contro i tagli, le privatizzazioni e la precarizzazione dei lavoratori del pubblico impiego. Questo variegato universo si organizza in forme classiche e tradizionali ma allo stesso tempo da vita a modalità e sperimentazioni costituenti di innovativi processi sociali che producono la difesa di beni e servizi comuni, si pensi alle occupazioni di scuole ed ospedali che hanno resistito intere settimane in autogestione,. Le iniziative e il movimento si diffondono “en la calle” anche grazie ad un uso e un’attivazione capillare “en la red”.

Da qui, girando per il web iniziano a comparire suggestioni interessanti sulle modalità di partecipazione al prossimo sciopero: Toma la huelga, Huelga Social Universal Revolucionaria, Huelga Sin Miedo, Huelga 29M No trabajes No consumas, Busca tu Huelga… sono solo alcune delle piattaforme e delle parole d’ordine che si vanno diffondendo sulla rete.

http://29msinmiedo.tumblr.com/

Senza paura! Sappiamo bene che molti precari non hanno nessun diritto allo sciopero ma anche per chi formalmente lo potrebbe praticare i meccanismi di ricatto esercitati dai datori di lavoro sono innumerevoli. Questa piattaforma permette di segnalare le pressioni e gli abusi delle imprese (private ovviamente, ma anche pubbliche come le Università) contro la possibilità di scioperare: da quelle che praticano un vero e proprio mobbing, a quelle che perseguitano chi conduce attività sindacali fino a quelle che con la massima cordialità dichiarano di riconoscere il diritto costituzionale allo sciopero ma al contempo invitano a comunicare preventivamente l’adesione dei lavoratori allo sciopero stesso, ovviamente al fine di neutralizzarne la capacità di bloccare la produzione e il servizio.

La piattaforma è arrivata a più di 1700 segnalazioni su tutto il territorio nazionale.

#tomalahuelga:

http://tomalahuelga.net/recursos/

Letteralmente prendi lo sciopero: trasformalo, riempilo di contenuti e rivendicazioni, inventa le pratiche che più ti si addicono come soggettività singola o organizzata, diffondilo.

Sciopero del consumo, sciopero de-genere, sciopero del lavoro domestico e di cura, sciopero “io non pago” che realizzerà forme di riappropriazione diretta sono solo alcune delle sperimentazioni che si lanciano sulla piattaforma della huelga social universal revolucionaria:

http://huelgasur.wordpress.com/2012/03/13/huelga-social-universal-revolucionaria/

Qui si propone anche un manuale scaricabile in pdf per ragionare sullo sciopero nell’era del capitalismo finanziario: se il capitalismo si è trasformato anche lo sciopero si deve trasformare. Allora diventano fondamentali terreni di sperimentazione le occupazioni: dalle case agli ospedali, dalle università alle piazze occupare vuol dire risignificare funzioni e relazioni di conflitto e cooperazione oltre il capitalismo. Dall’Argentina del 2001, alle mobilitazioni francesi contro la riforma delle pensioni passando persino per il recente sciopero dei camionisti in Italia, il manuale spiega come il blocco dei flussi di merci e persone sia nel capitalismo contemporaneo una delle forme più efficaci di sabotaggio dei profitti. La produzione,infatti, risente poco dell’astensione dal lavoro per qualche ora avendo acquisito la capacità di rimodularsi, dislocarsi territorialmente e avvalersi delle scorte presenti nella rete di distribuzione: il blocco di porti o autostrade produce un danno immediato che ovviamente si amplifica esponenzialmente quanto più il blocco si protrae.

In terra spagnola, il movimento sta riuscendo con intelligenza e fervore a trovare canali reali di contropotere suggerendo sperimentazioni, tanto dialettiche quanto pragmatiche, capaci di stimolare un confronto e un conflitto concreto e tangibile contro un sistema che ci vorrebbe sempre più instabili e precari. Il ricatto di questa crisi è prioritariamente nella menzogna costruita ad arte di un possibile “ritorno in carreggiata” con le misure di austerity che dalle riforme del mercato del lavoro all’attacco al welfare e ai beni comuni avanzano in tutta Europa, e non solo, lasciando le istituzioni della democrazia formale e rappresentativa nude di fronte alla loro inutilità.

La potenza dei processi cooperativi è la chiave di lettura su cui scommettere. La cospirazione tra soggetti precarizzati dovrà e potrà costruire anche qui il terreno per uno sciopero precario e sociale che sappia mettere al centro una condizione alla quale non vogliamo più sottostare.

Verso lo sciopero precario… passando per l’hubmeeting 2.0 del 31 marzo e 1° aprile a Milano…

Dispositivi x l’Indipendenza – la crisi economica nell’austerity!

 

La crisi economica nell’austerity: la grande trasformazione tra la crisi del processo della valorizzazione capitalistica, la nuova composizione sociale al lavoro e i dispositivi di comando e governance politica ed economica.

– Introduce Rafael Di Maio – Laboratorio Acrobax

– Andrea Fumagalli, Prof. Economia Politica all’università di Pavia

Siamo oggi di fronte ad una crisi epocale, definita dall’interno della governance europea e dello stesso establishment del gotha finanziario internazionale  come crisi sistemica. Crediamo che alla base di ciò che “giornalisticamente” definiamo “crack finanziario” ovvero del processo economico formale costituitosi negli USA a partire dal 2007/2008, vi siano elementi fondamentali e caratteristiche profonde che vanno indagate. Potremmo accontentarci infatti del corollario della narrazione che la governance politica europea produce, come interpretazione della crisi, anche attraverso un nuovo vocabolario tecnico-governamentale, come ad esempio lo spread  (tasso di differenza interno alla misura di un valore particolare – che però determina la direzione generale delle politiche economiche di Stati o interi mercati comunitari integrati come appunto la Comunità Europea).
Facendo tesoro della riflessione di Marazzi e della sua cogente analisi sulla crisi finanziaria relativamente al rapporto consustanziale tra economia e finanza, che potremmo definire quasi ontologico nell’odierno sistema di accumulazione finanziario, crediamo altresì che la crisi economica affondi le sue profonde radici dentro un senso, un nesso, specifico, interno ad un processo di disvelamento. Il divenire della crisi, complesso di  stratificazioni economiche, politiche e produttive, è per dirla con Braudel dentro un ciclo economico. Ve ne furono quattro: il ciclo genovese XV sec. quello olandese del XVII il ciclo inglese XVIII sec. e quello degli USA. Oggi l’ultimo è a chiusura di un percorso geo-stratecigo che lo ha visto effettivamente egemone negli ultimi due secoli e che volge inesorabilmente al termine. Siamo nel pieno di un processo di transizione, ad un salto di paradigma, caratterizzato anche da un’altra transizione quella del passaggio dall’economia industriale, al modello produttivo post-fordista.

Il nesso tra crisi e produzione, noi lo abbiamo rintracciato fondamentalmente nella crisi della misura del valore, nella crisi del processo di valorizzazione. Nella crisi della misurazione del lavoro e della produzione formale ovvero nella crisi tutta interna allo “sviluppo del capitalismo” mantenendo per dirla con il Panzieri delle “Lotte operaie e sviluppo del capitalismo” uno sguardo critico sulla visione progressista della storia e dello sviluppo del capitalismo.

Loa Acrobax
via della vasca navale, 6 [ponte Marconi]
www.acrobax.org
www.indipendenti.eu

Giovedi 29 marzo-ore 17
Dispositivi per l’indipendenza
presso il LOA Acrobax

Segue la versione integrale della griglia di discussione:

Siamo oggi di fronte ad una crisi epocale, definita dall’interno della
governance europea e dello stesso establishment del gotha finanziario
internazionale  come crisi sistemica. Crediamo che alla base di ciò
che “giornalisticamente” definiamo “crack finanziario” ovvero del
processo economico formale costituitosi negli USA a partire dal
2007/2008, vi siano elementi fondamentali e caratteristiche profonde
che vanno indagate. Potremmo accontentarci infatti del corollario
della narrazione che la governance politica europea produce, come
interpretazione della crisi, anche attraverso un nuovo vocabolario
tecnico-governamentale, come ad esempio lo spread  (tasso di
differenza interno alla misura di un valore particolare – che però
determina la direzione generale delle politiche economiche di Stati o
interi mercati comunitari integrati come appunto la Comunità Europea).
Facendo tesoro della riflessione di Marazzi e della sua cogente
analisi sulla crisi finanziaria relativamente al rapporto
consustanziale tra economia e finanza, che potremmo definire quasi
ontologico nell’odierno sistema di accumulazione finanziario, crediamo
altresì che la crisi economica affondi le sue profonde radici dentro
un senso, un nesso, specifico, interno ad un processo di disvelamento.
Il divenire della crisi, complesso di stratificazioni economiche,
politiche e produttive, è per dirla con Braudel dentro un ciclo
economico. Ve ne furono quattro: il ciclo genovese XV sec. quello
olandese del XVII il ciclo inglese XVIII sec. e quello degli USA. Oggi
l’ultimo è a chiusura di un percorso geo-stratecigo che lo ha visto
effettivamente egemone negli ultimi due secoli e che volge
inesorabilmente al termine. Siamo nel pieno di un processo di
transizione, ad un salto di paradigma, caratterizzato anche da
un’altra transizione quella del passaggio dall’economia industriale,
al modello produttivo post-fordista.

Il nesso tra crisi e produzione, noi lo abbiamo rintracciato
fondamentalmente nella crisi della misura del valore, nella crisi del
processo di valorizzazione. Nella crisi della misurazione del lavoro e
della produzione formale ovvero nella crisi tutta interna allo
“sviluppo del capitalismo” mantenendo per dirla con il Panzieri delle
“Lotte operaie e sviluppo del capitalismo” uno sguardo critico sulla
visione progressista della storia e dello sviluppo del capitalismo.

Quindi una crisi economica e finanziaria strutturale e sistemica,
dalla quale si pensa di poter uscire a seconda delle declinazioni
politiche o dei diversi interessi geo-strategici, attraverso strade o
canali differenti.

Oggi per dirla con Marazzi la finanza è parte integrante della nostra
vita quotidiana, è pervasiva a tutto il ciclo, e le fonti di
finanziarizzazione si sono moltiplicate in modo che le finanze sono
consustanziali alla produzione stessa dei beni e servizi. Questa
estensione delle “fonti di accumulazione del capitale finanziario,
vanno tenute presente per comprendere le trasformazioni del modello di
sviluppo/crisi post-fordista.

Il peso del debito privato spostato sul debito pubblico (in realtà
comprato dalle banche estere, come nel nostro caso, le banche
francesi, che detengono più del 40% del nostro debito sovrano) in
virtù della nuova crisi che stiamo conoscendo, impone agli stati come
gli USA o alla governance della comunità europea diretta dalla
cosidetta Troika – i cui destini peraltro sono incrociati e uniti sin
dal “patto atlantico” – d’individuare le possibili vie di uscita dalla
crisi, stagnazione e bassa crescita. Oggi come oggi, sostanzialmente
abbiamo due modelli sempre più divaricati tra loro che per
semplificazione potremmo etichettare con la Germania della Merkel da
un lato e gli USA di Obama dall’altro. A partire dall’approfondimento
di questi due modelli di crescita e gestione delle risorse pubbliche
vorremmo ampliare la visuale sulla crisi e sulle strade che vengono
indicate come possibili indicazioni anticicliche di uscita dalla crisi
verso una nuova ripresa economica. Vorremmo capire quali sono i punti
di reale differenza tra i due modelli di politica economica che
sinteticamente rintracciamo tra quello della Germania improntato
all’austerity e alla salvaguardia dei conti pubblici a discapito degli
investimenti sulle risorse dedicate alle politiche di welfare, e che
prevalentemente usa alcuni indicatori economici come rigida guida
quasi religiosa per impostare il governo della società e del suo stare
in comune. E quello degli USA che dall’apparizione di Obama ha
invertito le dinamiche fondative del sistema neoliberista, imposto a
se e al mondo sotto la sua influenza anche con la forza e con
l’ausilio di dittature militari come nel sud America negli anni 70 e
80, e che oggi ha decisamente cambiato la rotta delle politiche
economiche a partire dall’utilizzo delle risorse pubbliche e di un
diverso approccio ai parametri come il deficit o lo spread, dando tale
centralità al ruolo dello Stato nell’economia da far ipotizzare un
nuovo impianto keynesiano per la crescita e lo sviluppo capitalista.

Un terzo modello a cui dedicare un ulteriore momento di
approfondimento è il caso dei cosidetti paesi emergenti, i BRIC che
stanno attraversando il corso della crisi fuori da questo binomio a
partire da tutt’altro contesto e che però stanno conoscendo un livello
di crescita esponenziale e di sviluppo complesso tale da
ri-significare lo stesso concetto di crisi globale, a testimonianza
che non si tratta evidentemente, dal crack della Leman Brother in
avanti, della fine del mondo, ma della decadenza di una parte ben
precisa del mondo.  Un altro tema sul quale vorremmo concentrare le
nostre analisi e riflessioni riguardo il contesto economico e sociale
che si respira e si tocca con mano nel nostro paese, a partire dalle
ripercussioni sul MdL come effetto materiale della crisi finanziaria e
della sua ricaduta sul tessuto produttivo e lavorativo – e anche
dell’effetto delle politiche adottate dal governo Monti per seguire le
strade di exit strategy dalla crisi a partire dalla Riforma del MdL tutte peraltro concordate con la UE – sono le liberalizzazioni di alcuni settori
produttivi e le proteste che si stanno susseguendo per contrastarle.
Dopo l’assordante e inaspettato silenzio sulla riforma delle pensioni
a partire dal blocco sociale pensionandi di riferimento (classe
52/53/54) peraltro ampliamente sindacalizzato che si è fatto carico
del costo sociale della riforma delle pensioni, il paese sta facendo i
conti nelle scorse settimane con la caparbia e dura protesta di
alcuni soggetti produttivi ben precisi che sul tema delle
liberalizzazioni stanno costituendo una protesta sociale forte e
decisa – dal movimento dei forconi alla lotta degli autotrasportatori
– sulla quale vorremmo interrogarci a partire da due piani di analisi
inizialmente distinti, due ordini del discorso, paralleli ma
complementari:

Uno riguarda la struttura produttiva: Sergio Bologna per primo aveva
individuato all’interno delle trasformazioni produttive che hanno
costituito il processo di ristrutturazione e trasformazione nel
passaggio di fase dalla grande industria fordista all’economia
post-fordista dei servizi e della conoscenza, proprio nel settore del
trasporto e della logistica, un ambito produttivo centrale,
strategico. In primis come settore privilegiato nella specifica
creazione di valore – centrale nell’economia postfordista – dove la
valorizzazione capitalistica passa dalla produzione materiale delle
merci alla valorizzazione della loro distribuzione e circolazione. E
però il carico di valore aggiunto nei profitti della grande
distribuzione è stato possibile per la nuova organizzazione del lavoro
che ne è conseguita. La riorganizzazione della molecolare struttura
delle sub-forniture ri-articolate dentro le trasformazione della
composizione sociale a lavoro – nei processi di esternalizzazione che
tra gli anni 80 e 90 hanno dato il via al cosi detto esercito delle
Partite IVA – è un tema che vorremmo analizzare oggi alla luce di un
dato sociale nuovo, al netto quindi dell’analisi generale sullo stato
dell’arte dell’economia globale e finanziaria, gettando lo sguardo sul
corpo sociale coinvolto, che porta con sé alcuni elementi di
innovazione e trasformazione radicale anche dell’apparente
rovesciamento del rapporto capitale/lavoro che si delinea nella classe
dei cosi detti padroncini, ovvero delle partite IVA. Su questo blocco
sociale di riferimento a cui sempre per primo Sergio Bologna con
Andrea Fumagalli avevano dedicato la propria analisi relativamente al
lavoro autonomo di seconda generazione, l’importanza appare quindi più
che evidente di dover ancora scandagliare e analizzare in profondità
la vicenda ampliamente annunciata ed intuita della nuova composizione
sociale al lavoro, in questo caso anche in rivolta. E su questo piano
se volete più politico vorremmo dedicare l’attenzione del secondo
elemento complementare alla comprensione dell’attuale fase, ovvero
concentrare il nostro focus sulla composizione sociale del primo
grande blocco dei flussi nella produzione postfordista o anche sul
primo grande sciopero selvaggio del lavoro indipendente nella crisi.
Vorremmo capire se e quanto può essere considerata una protesta
dettata più da esigenze specifiche o corporative o quanto invece
questo non sia altro che l’inizio per una nuova ricomposizione di
classe – delle nuove classi, o della nuova stratificazione di classe –
che potrebbe portare ad una nuova definizione della rappresentanza
sindacale di interessi produttivi emergenti ma anche alla radicale
messa in discussione dell’intera forma dell’organizzazione del lavoro
e della distribuzione della ricchezza sul territorio.

 

Bibliografia di riferimento:

 

Mediterraneo – F. Braudel Einaudi

Lotte operaie e sviluppo capitalistico – R. Panzieri Einaudi

La violenza del capitalismo finanziario – C. Marazzi Ombre corte

Il lavoro di Dioniso – M. Hardt e A. Negri Manifesto Libri

Il lavoro autonomo di II° generazione – S. Bologna e A. Fumagalli Feltrinelli

 

Testi consigliati:

 

Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II – F. Braudel Einaudi

La grande trasformazione – K. Polany Einaudi

Comune – M. Hardt e A. Negri Rizzoli

Il comunismo del capitale – C. Marazzi Ombre corte

Ceti medi senza futuro – S. Bologna Derive e approdi

Oltre lo stato assistenziale – Per un nuovo patto tra generazioni – G.
Esping-Andersen Einaudi

I fondamentali sociali delle economie postindustriali – G.
Esping-Andersen Einaudi

L’immateriale – A. Gorz – Bollati Boringhieri

Dispositivi per l’Indipendenza: La crisi economica nell’austerity

La crisi economica nell’austerity: la grande trasformazione tra la crisi del processo della valorizzazione capitalistica, la nuova composizione sociale al lavoro e i dispositivi di comando e governance politica ed economica.

 

 

– Introduce Rafael Di Maio – Laboratorio Acrobax

– Andrea Fumagalli, Prof. Economia Politica all’università di Pavia

Siamo oggi di fronte ad una crisi epocale, definita dall’interno della governance europea e dello stesso establishment del gotha finanziario internazionale  come crisi sistemica. Crediamo che alla base di ciò
che “giornalisticamente” definiamo “crack finanziario” ovvero del processo economico formale costituitosi negli USA a partire dal 2007/2008, vi siano elementi fondamentali e caratteristiche profonde che vanno indagate. Potremmo accontentarci infatti del corollario della narrazione che la governance politica europea produce, come
interpretazione della crisi, anche attraverso un nuovo vocabolario tecnico-governamentale, come ad esempio lo spread  (tasso di differenza interno alla misura di un valore particolare – che però determina la direzione generale delle politiche economiche di Stati o interi mercati comunitari integrati come appunto la Comunità Europea).
Facendo tesoro della riflessione di Marazzi e della sua cogente analisi sulla crisi finanziaria relativamente al rapporto consustanziale tra economia e finanza, che potremmo definire quasi ontologico nell’odierno sistema di accumulazione finanziario, crediamo altresì che la crisi economica affondi le sue profonde radici dentro un senso, un nesso, specifico, interno ad un processo di disvelamento.
Il divenire della crisi, complesso di stratificazioni economiche, politiche e produttive, è per dirla con Braudel dentro un ciclo economico. Ve ne furono quattro: il ciclo genovese XV sec. quello olandese del XVII il ciclo inglese XVIII sec. e quello degli USA.
Oggi l’ultimo è a chiusura di un percorso geo-stratecigo che lo ha visto effettivamente egemone negli ultimi due secoli e che volge inesorabilmente al termine. Siamo nel pieno di un processo di transizione, ad un salto di paradigma, caratterizzato anche da un’altra transizione quella del passaggio dall’economia industriale, al modello produttivo post-fordista.

Il nesso tra crisi e produzione, noi lo abbiamo rintracciato fondamentalmente nella crisi della misura del valore, nella crisi del processo di valorizzazione. Nella crisi della misurazione del lavoro e della produzione formale ovvero nella crisi tutta interna allo “sviluppo del capitalismo” mantenendo per dirla con il Panzieri delle “Lotte operaie e sviluppo del capitalismo” uno sguardo critico sulla visione progressista della storia e dello sviluppo del capitalismo.

Loa Acrobax
via della vasca navale, 6 [ponte Marconi]
www.acrobax.org
www.indipendenti.eu

Giovedi 29 marzo-ore 17
Dispositivi per l’indipendenza
presso il LOA Acrobax

Segue la versione integrale della griglia di discussione:

Siamo oggi di fronte ad una crisi epocale, definita dall’interno della
governance europea e dello stesso establishment del gotha finanziario
internazionale  come crisi sistemica. Crediamo che alla base di ciò
che “giornalisticamente” definiamo “crack finanziario” ovvero del
processo economico formale costituitosi negli USA a partire dal
2007/2008, vi siano elementi fondamentali e caratteristiche profonde
che vanno indagate. Potremmo accontentarci infatti del corollario
della narrazione che la governance politica europea produce, come
interpretazione della crisi, anche attraverso un nuovo vocabolario
tecnico-governamentale, come ad esempio lo spread  (tasso di
differenza interno alla misura di un valore particolare – che però
determina la direzione generale delle politiche economiche di Stati o
interi mercati comunitari integrati come appunto la Comunità Europea).
Facendo tesoro della riflessione di Marazzi e della sua cogente
analisi sulla crisi finanziaria relativamente al rapporto
consustanziale tra economia e finanza, che potremmo definire quasi
ontologico nell’odierno sistema di accumulazione finanziario, crediamo
altresì che la crisi economica affondi le sue profonde radici dentro
un senso, un nesso, specifico, interno ad un processo di disvelamento.
Il divenire della crisi, complesso di stratificazioni economiche,
politiche e produttive, è per dirla con Braudel dentro un ciclo
economico. Ve ne furono quattro: il ciclo genovese XV sec. quello
olandese del XVII il ciclo inglese XVIII sec. e quello degli USA. Oggi
l’ultimo è a chiusura di un percorso geo-stratecigo che lo ha visto
effettivamente egemone negli ultimi due secoli e che volge
inesorabilmente al termine. Siamo nel pieno di un processo di
transizione, ad un salto di paradigma, caratterizzato anche da
un’altra transizione quella del passaggio dall’economia industriale,
al modello produttivo post-fordista.

Il nesso tra crisi e produzione, noi lo abbiamo rintracciato
fondamentalmente nella crisi della misura del valore, nella crisi del
processo di valorizzazione. Nella crisi della misurazione del lavoro e
della produzione formale ovvero nella crisi tutta interna allo
“sviluppo del capitalismo” mantenendo per dirla con il Panzieri delle
“Lotte operaie e sviluppo del capitalismo” uno sguardo critico sulla
visione progressista della storia e dello sviluppo del capitalismo.

Quindi una crisi economica e finanziaria strutturale e sistemica,
dalla quale si pensa di poter uscire a seconda delle declinazioni
politiche o dei diversi interessi geo-strategici, attraverso strade o
canali differenti.

Gli obiettivi dei seminari:

Oggi per dirla con Marazzi la finanza è parte integrante della nostra
vita quotidiana, è pervasiva a tutto il ciclo, e le fonti di
finanziarizzazione si sono moltiplicate in modo che le finanze sono
consustanziali alla produzione stessa dei beni e servizi. Questa
estensione delle “fonti di accumulazione del capitale finanziario,
vanno tenute presente per comprendere le trasformazioni del modello di
sviluppo/crisi post-fordista.

Il peso del debito privato spostato sul debito pubblico (in realtà
comprato dalle banche estere, come nel nostro caso, le banche
francesi, che detengono più del 40% del nostro debito sovrano) in
virtù della nuova crisi che stiamo conoscendo, impone agli stati come
gli USA o alla governance della comunità europea diretta dalla
cosidetta Troika – i cui destini peraltro sono incrociati e uniti sin
dal “patto atlantico” – d’individuare le possibili vie di uscita dalla
crisi, stagnazione e bassa crescita. Oggi come oggi, sostanzialmente
abbiamo due modelli sempre più divaricati tra loro che per
semplificazione potremmo etichettare con la Germania della Merkel da
un lato e gli USA di Obama dall’altro. A partire dall’approfondimento
di questi due modelli di crescita e gestione delle risorse pubbliche
vorremmo ampliare la visuale sulla crisi e sulle strade che vengono
indicate come possibili indicazioni anticicliche di uscita dalla crisi
verso una nuova ripresa economica. Vorremmo capire quali sono i punti
di reale differenza tra i due modelli di politica economica che
sinteticamente rintracciamo tra quello della Germania improntato
all’austerity e alla salvaguardia dei conti pubblici a discapito degli
investimenti sulle risorse dedicate alle politiche di welfare, e che
prevalentemente usa alcuni indicatori economici come rigida guida
quasi religiosa per impostare il governo della società e del suo stare
in comune. E quello degli USA che dall’apparizione di Obama ha
invertito le dinamiche fondative del sistema neoliberista, imposto a
se e al mondo sotto la sua influenza anche con la forza e con
l’ausilio di dittature militari come nel sud America negli anni 70 e
80, e che oggi ha decisamente cambiato la rotta delle politiche
economiche a partire dall’utilizzo delle risorse pubbliche e di un
diverso approccio ai parametri come il deficit o lo spread, dando tale
centralità al ruolo dello Stato nell’economia da far ipotizzare un
nuovo impianto keynesiano per la crescita e lo sviluppo capitalista.

Un terzo modello a cui dedicare un ulteriore momento di
approfondimento è il caso dei cosidetti paesi emergenti, i BRIC che
stanno attraversando il corso della crisi fuori da questo binomio a
partire da tutt’altro contesto e che però stanno conoscendo un livello
di crescita esponenziale e di sviluppo complesso tale da
ri-significare lo stesso concetto di crisi globale, a testimonianza
che non si tratta evidentemente, dal crack della Leman Brother in
avanti, della fine del mondo, ma della decadenza di una parte ben
precisa del mondo.  Un altro tema sul quale vorremmo concentrare le
nostre analisi e riflessioni riguardo il contesto economico e sociale
che si respira e si tocca con mano nel nostro paese, a partire dalle
ripercussioni sul MdL come effetto materiale della crisi finanziaria e
della sua ricaduta sul tessuto produttivo e lavorativo – e anche
dell’effetto delle politiche adottate dal governo Monti per seguire le
strade di exit strategy dalla crisi, tutte peraltro concordate
concordate con la UE – sono le liberalizzazioni di alcuni settori
produttivi e le proteste che si stanno susseguendo per contrastarle.
Dopo l’assordante e inaspettato silenzio sulla riforma delle pensioni
a partire dal blocco sociale pensionandi di riferimento (classe
52/53/54) peraltro ampliamente sindacalizzato che si è fatto carico
del costo sociale della riforma delle pensioni, il paese sta facendo i
conti proprio in queste settimane con la caparbia e dura protesta di
alcuni soggetti produttivi ben precisi che sul tema delle
liberalizzazioni stanno costituendo una protesta sociale forte e
decisa – dal movimento dei forconi alla lotta degli autotrasportatori
– sulla quale vorremmo interrogarci a partire da due piani di analisi
inizialmente distinti, due ordini del discorso, paralleli ma
complementari:

Uno riguarda la struttura produttiva: Sergio Bologna per primo aveva
individuato all’interno delle trasformazioni produttive che hanno
costituito il processo di ristrutturazione e trasformazione nel
passaggio di fase dalla grande industria fordista all’economia
post-fordista dei servizi e della conoscenza, proprio nel settore del
trasporto e della logistica, un ambito produttivo centrale,
strategico. In primis come settore privilegiato nella specifica
creazione di valore – centrale nell’economia postfordista – dove la
valorizzazione capitalistica passa dalla produzione materiale delle
merci alla valorizzazione della loro distribuzione e circolazione. E
però il carico di valore aggiunto nei profitti della grande
distribuzione è stato possibile per la nuova organizzazione del lavoro
che ne è conseguita. La riorganizzazione della molecolare struttura
delle sub-forniture ri-articolate dentro le trasformazione della
composizione sociale a lavoro – nei processi di esternalizzazione che
tra gli anni 80 e 90 hanno dato il via al cosi detto esercito delle
Partite IVA – è un tema che vorremmo analizzare oggi alla luce di un
dato sociale nuovo, al netto quindi dell’analisi generale sullo stato
dell’arte dell’economia globale e finanziaria, gettando lo sguardo sul
corpo sociale coinvolto, che porta con sé alcuni elementi di
innovazione e trasformazione radicale anche dell’apparente
rovesciamento del rapporto capitale/lavoro che si delinea nella classe
dei cosi detti padroncini, ovvero delle partite IVA. Su questo blocco
sociale di riferimento a cui sempre per primo Sergio Bologna con
Andrea Fumagalli avevano dedicato la propria analisi relativamente al
lavoro autonomo di seconda generazione, l’importanza appare quindi più
che evidente di dover ancora scandagliare e analizzare in profondità
la vicenda ampliamente annunciata ed intuita della nuova composizione
sociale al lavoro, in questo caso anche in rivolta. E su questo piano
se volete più politivo vorremmo dedicare l’attenzione del secondo
elemento complementare alla comprensione dell’attuale fase, ovvero
concentrare il nostro focus sulla composizione sociale del primo
grande blocco dei flussi nella produzione postfordista o anche sul
primo grande sciopero selvaggio del lavoro indipendente nella crisi.
Vorremmo capire se e quanto può essere considerata una protesta
dettata più da esigenze specifiche o corporative o quanto invece
questo non sia altro che l’inizio per una nuova ricomposizione di
classe – delle nuove classi, o della nuova stratificazione di classe –
che potrebbe portare ad una nuova definizione della rappresentanza
sindacale di interessi produttivi emergenti ma anche alla radicale
messa in discussione dell’intera forma dell’organizzazione del lavoro
e della distribuzione della ricchezza sul territorio.

 

Bibliografia di riferimento:

 

Mediterraneo – F. Braudel Einaudi

Lotte operaie e sviluppo capitalistico – R. Panzieri Einaudi

La violenza del capitalismo finanziario – C. Marazzi Ombre corte

Il lavoro di Dioniso – M. Hardt e A. Negri Manifesto Libri

Il lavoro autonomo di II° generazione – S. Bologna e A. Fumagalli Feltrinelli

 

Testi consigliati:

 

Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II – F. Braudel Einaudi

La grande trasformazione – K. Polany Einaudi

Comune – M. Hardt e A. Negri Rizzoli

Il comunismo del capitale – C. Marazzi Ombre corte

Ceti medi senza futuro – S. Bologna Derive e approdi

Oltre lo stato assistenziale – Per un nuovo patto tra generazioni – G.
Esping-Andersen Einaudi

I fondamentali sociali delle economie postindustriali – G.
Esping-Andersen Einaudi

L’immateriale – A. Gorz – Bollati Boringhieri

Libertà per Giorgio e tutti i Notav

Una battaglia di resistenza, una battaglia di dignità. Oggi a Saluzzo, dove da ormai due mesi è detenuto Girogio Rossetto, uno dei no tav arrestati il 26 gennaio scorso i parlamentari Gianni Vattimo insieme ai consiglieri regionali Eleonora Artesio e Fabrizio Biolè hanno tenuto una conferenza stampa di denuncia rispetto alle gravi condizioni di detenzione e vita nel carcere della medesima cittadina. Giorgio insieme ad altri 12 detenuti è recluso in uno speciale braccio di isolamento costruito per l’applicazione del famoso articolo 41bis riservato ai mafiosi. La direzione ammette la situazione ma con la mera scusa del sovraffolamento usata ormai come acquasantiera per tutti i mali del carcere italiano, rinchiude in queste topaie ragazzi per lo più in attesa di giudizio, con tutti i diritti della presunzione di innocenza ma con
gli oneri dei mafiosi pluricondannati. Una battaglia di  dignità quella di Giorgio e del movimento no tav, che oggi si trova a raccontare e a vivere quello che tutti tacciono o peggio raccontano solo in occasione dell’ennesimo episodio di suicidio o pestaggio che riempie da troppo tempo il palinsesto dei tg. Prima della conferenza stampa i parlamentari hanno voluto fare l’ennesimo sopralluogo e poter così descrivere a tutti la situazione più volte denunciata da Giorgio con gli altri ragazzi nelle sue lettere e nei colloqui con i legali. Ne emerge una situazione gravissima che ha portato i deputati a richiede una immediata e rigorosa ispezione da parte del ministero competente, quello di grazia e
giustiza, sempre pronto in passato a riempire i tribunali italiani di ispettori quando l’imputato era il famoso cavaliere e che oggi vediamo latitare in maniera
neanche troppo disinteressata sulla questione no tav e anzi protagonista quando l’appoggio è richiesto dal procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli. A
seguire poi negli interventi Alberto Perino e Lele Rizzo per il movimento no tav. Con loro il discorso si è sviluppato sul tema specifico dell’alta velocità con Alberto che ha ricordato a tutti come con una manovra degna delle peggiori oligarchie i governi abbiano recuperato i 168 milioni di euro destinati al tunnel geognostico di Chiomonte contro il quale Giorgio e gli altri no tav si sono spesi e per la quale opposizione sono accusati. Soldi recuperati con una delibera cipe dai fondi fas destinati e vincolati all’edilizia scolastica e ironia della sorte ma neanche troppo all’edilizia carceraria. In chiusura Lele che ha ricordato come il movimento non si sia tirato indietro neanche in questa situazione, tutti i no tav detenuti hanno da subito lottato per denunciare la situazione carceraria di detenzione loro e di tutti i detenuti che hanno incontrato. Una battaglia di resistenza a Chiomonte ma anche una battaglia civile di dignità, per tutti e tutte.

da www.notav.info

in streaming da www.infoaut.org

#Stati Generali della Precarietà a Napoli

NAPOLI 17 – 18 MARZO

QUARTA EDIZIONE DEGLI STATI GENERALIDELLA PRECARIETA’

C.S.O.AOfficina 99 – via Carlo di Tocco – Gianturco – Napoli

Mentre a Roma si giocal’enorme partita della riforma del mercato del lavoro che vede tra i grandiesclusi i precar@ la Rete degli StatiGenerali della Precarietà torna a incontrarsi a Napoli per una serrata duegiorni di workshop e dibattiti che non possono che avere la precarietà cometema centrale.

Non certo la precarietà come strano animale daanalizzare, o la precarietà comeparola di moda con la quale infarcire astratti ragionamenti o vuote propostepolitico-sindacali, bensì la precarietàcome elemento caratterizzante delle vite di milioni di persone a partire dacoloro che animano gli Stati Generali della Precarietà e da chi le lotte le stafacendo portando alla due giorni le loro esperienze, la precarietà conosciuta nelle decine e decine di interventi neiluoghi di lavoro precario, la precarietà vissuta da coloro che sirivolgono ai Punti San Precario per agire legalmente contro i precarizzatori. E’ il Punto di Vista Precario

Per chi si muove nella precarietà, come la Rete degli SgP,è inevitabile respingere al mittente il pacco Fornero-Monti come scritto nellalettera aperta al governo e consegnata al Ministro Fornero dalle donne precariedi Roma. Gli SgP non possono che portare il punto di vista precario dichi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che limortifica e un sindacato che non li conosce. I precar@ non hanno scelto la lorocondizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisie gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il Punto diVista Precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, trauna politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce.

Nella due giorni napoletanasi continuerà il percorso nazionale iniziato nell’ottobre del 2010 a Milano contre workshop: Reddito, Punti San Precario, Comunicazione e un’assembleaplenaria finale nella giornata di domenica.

Reddito – laposizione degli SgP è chiara: reddito di base incondizionato. Al di sotto di un certo livello di reddito questo deve esseregarantito calcolandolo annualmente in base alla soglia di povertà relativa. Ilreddito di base come unico strumento contro il ricatto e per agevolare la libera scelta dellavoro. Salari minimi per legge. http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf

Punti San Precario – un blob di cospirazione precaria che si sta diffondendo in moltecittà italiane. Più di uno sportello sindacale, più di uno sportello legale.Oltre il sindacato. Vere agenzie di conflitto e cospirazione precaria.

Comunicazione– strumento di contaminazione indispensabile per far passare i nostri contenutie condividere azioni, pensieri, sogni, lotte, immaginari.

CalendarioLavori

Sabato 17 – ore 11.30 inizio lavori prima dell’inizio dei  work shop ci sarà una introduzione alla due ggin plenaria – 13.30 pranzo – 15.00 ripresa lavori

Domenica 18 – ore 10.30 inizio lavori (plenaria) – 15.00 chiusura + pranzo

Ufficio Stampa: Paola Gasparoli 333 5446280

#Occupy Welfare >>> venerdì 16 marzo >>>

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#Occupy Welfare  >>> venerdì  16 marzo >>> Via Veneto, 56 dalle ore 16

Mayday! Mayday! Entro il 23 marzo il governo tecno/autoritario ha intenzione di approvare la Riforma del mercato del lavoro! Dopo quella sulle pensioni (parola che ora sparirà dalvocabolario!), anche i diritti sul lavoro già calpestati dagli ultimi 15 anni di politiche di flessibilizzazione realizzate in maniera bipartisan si apprestano ad essere cancellati senza colpo ferire.

Sindacati e forze politiche non ci rappresentano e certo non ci difenderanno dal default dei diritti. Tra “paccate” di soldi – che sono briciole! – sorrisi e mediazioni, gli incontri con il governo vengono definiti da CGIL, CISL e UIL “utili e costruttivi”. Per chi?

Cominciano a prendere corpo le proposte innovative del “paccoFornero”: il contratto dominante ovvero il solito apprendistato che piace tanto ai sindacati per i contributi a pioggia  sulla formazione professionale e alle imprese per la drastica riduzione dei salari. L’ ASPI (acronimo per Assicurazione Sociale per l’Impiego) che sostituisce le parziali indennità di disoccupazione e mobilità senza estenderne veramente la copertura a tutta la platea reale di beneficiari. Per chiudere, la ciliegina sulla torta, la flessibilità in uscita che suona veramente macabra di fronte alle centinaia di migliaia di posti di lavoro che si stanno perdendo nell’attualefase di crisi.

Con la lettera aperta al governo sul punto di vista precario, l’8 marzo è cominciata la campagna #occupywelfare: precarie e precari, con la complicità di San Precario, hanno occupato il ministero del lavoro riuscendo ad incontrare la Fornero. Da lì in poi per tutti i venerdì del mese di marzo scegliamo di continuare a portare il punto di vista precario sotto le finestre del ministero del lavoro.

Le parole della ministra, clandestinamente documentate attraverso il nostro materiale video durante l’incontro con le precarie, non ci accontentano! anzi si sommano alle offensive banalizzazioni che abbiamo sentito dal governo negli ultimi mesi: a chi chiede nuovi diritti e una vera redistribuzione della ricchezza  attraverso il reddito di base e incondizionato non si può rispondere con la solita demagogia dei sacrifici per tutti. Sappiamo che la crisi non è uguale per tutti, ne tantomeno un dispositivo neutro.

 

Cara Fornero la tua riforma sembra sempre più una dieta meditteranea di diritti per i precari e le precarie!

Non abbiamo nulla daperdere!  #occupywelfare un mondo di diritti da conquistare!

Fermiamo la riforma del mercato del lavoro!