Libertà di movimento – Convegno all’università Roma Tre

I movimenti sociali e i precari indipendenti a convegno all’università Roma tre:

L’interdizione delle lotte sociali tra la crisi della democrazia, la dittatura dei mercati e la fine della mediazione politica, verso la costruzione materiale dell’alternativa: reddito, beni comuni, autogoverno.

La nostra libertà non si compra, non si paga.  Si strappa! Nella crisi economica a cui corrisponde la crisi della politica e della sua rappresentanza formale, prende forma la crisi della democrazia e delle sue fondamentali basi. Quello che sta avvenendo politicamente in seno alla governance europea e globale nell’ultimi anni di crisi economica è degno di nota e di riflessione se ancora si hanno a cuore gli spazi di democrazia reale e di agibilità politica in questa piccola parte di mondo. Ancor di più dovrebbe interessare chiunque voglia ancora opporsi ed alzare la testa di fronte alla dilagante e sistematica svolta autoritaria intrapresa dal nostro paese negli ultimi anni, ancor di più oggi che la nuova fase del Prof. Monti comincia a mostrare, oltre gli orpelli accademici, il suo volto feroce e insieme competente, quindi, ancor più pericoloso dell’archiviato governo Berlusconi.

La penalizzazione delle lotte sociali, dell’agibilità politica dei movimenti indipendenti, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, l’uso arbitrario della legislazione speciale antiterrorismo, significano molto di più e rappresentano un tratto ancor più inquietante se considerati all’interno nel contesto politico e sociale più generale nel quale si ascrivono. Dei movimenti sociali si occupa l’antiterrorismo quando questi assumono forme radicali ed indipendenti per imporre una capillare prevenzione e un’imminente e feroce repressione, oscura e vendicativa, che prende forma, nella fine della mediazione politica, come prerequisito della gestione autoritaria della crisi e diviene il vero tema del nuovo millennio, una crisi globale, generale, sistemica.

Un trattamento già avviato da tempo dentro quel generale laboratorio repressivo che i poteri dello Stato e dei centri di comando hanno inteso attuare all’interno di una profonda svolta autoritaria, cresciuta culturalmente e sedimentata particolarmente in Italia proprio all’ombra della crisi economica che da qualche anno in forma epocale travolge e ridefinisce lo spazio politico ed il tempo economico. All’interno di questa dimensione globale si va costituendo ovviamente anche in Italia la forma dell’ ”eccezionalità sulla norma” nel senso specifico della sospensione dell’ordinamento che la sorregge, trasformando in prassi politicamente consolidata la gestione autoritaria della crisi economica, politica e sociale. Certo non sempre seguendo percorsi lineari a volte come nel caso nel nostro bel paese per strappi e forzature, nuovi equilibri e rafforzati assetti di potere, come nel caso appunto del nuovo governo dei “Professori”.

Ma se qualcuno avesse raccolto i numeri su arresti, denunce, fermi e torture subite, morti in carcere o in commissariato, processi, pestaggi, a partire ad esempio dal recente 2001 ovvero l’anno del Global forum di Napoli e del G8 di Genova e ripercorresse fino ad oggi il decennio vissuto, ci troveremmo a fare i conti con decine di migliaia di cittadini passati per questure, varie Bolzaneto, carceri e tribunali, leggi speciali e dispositivi di prevenzione. Dopo Genova ci fu l’11 Settembre: la guerra globale dispiegò le sue strategie, forme, dispositivi, dal Patriot act in poi. Le manifestazioni contro i conflitti globali fino ai movimenti degli Indignados e di Occupy che hanno riempito le piazze e subìto la repressione di tutti i governi di destra e di sinistra hanno visto moltiplicarsi, mentre covava negli anni una crisi economica senza fine, le spese miliardarie per mandare truppe prima in Afghanistan, in Iraq poi in Libia, domani chissà anche in Iran. Fedeli agli USA con le basi Nato e le fabbriche di armi pronte a colpire, con commesse miliardarie come quelle degli F15 per le quali l’Italia è indebitata attraverso la Vergogna di Stato, crogiuolo di mazzette, corruzione, fascisti e servizi segreti, dal nome di Finmeccanica.

Con l’acuirsi della crisi economica e del suo impatto sociale, nei termini di crescente disoccupazione, precarietà, mancanza di elementari forme di welfare adeguate alle trasformazioni sociali, produttive e lavorative, nello spazio comune odierno, nella riproduzione delle forme di vita peraltro sempre più precarie e sempre più ai margini della libera scelta e della decisione politica, la repressione più o meno pubblicamente, colpisce ormai sempre più ampi settori sociali, dagli studenti in lotta ai lavoratori in sciopero con migliaia di precettazioni, dalle cariche della polizia sui blocchi stradali di cassaintegrati e disoccupati, agli sgomberi e agli sfratti delle case, agli ultras, assunti già da diversi anni come cavie sociali nel grande laboratorio della repressione, ai bloggers con le politiche liberticide di controllo e di censura nella rete. Fino ai precari devoti del Santo protettore, come quelli coinvolti dall’inchiesta su San Precario quando nella giornata nazionale per il reddito garantito del 6/11/2004 furono messe in campo azioni pubbliche di riappropriazione e autoriduzione in librerie e supermercati di Roma, furono indagati 105 attivisti di cui 15 oggi sono in attesa di giudizio e rischiano a breve di pagare la denuncia della precarietà e del caro vita che in quel giorno si voleva segnalare, con una sentenza pesante ed esemplare per la scelta arbitraria e strumentale della Procura di Roma d’imputare agli attivisti rinviati a giudizio il pesante e sproporzionato reato di rapina pluriaggravata.

O come in Val di Susa dove la determinazione popolare e radicale, gentile ma determinata a non indietreggiare di un solo metro, deve oggi fare i conti con un ignobile manovra a tenaglia, tra la criminalizzazione mediatica, la mistificazione “tecnica” e la retorica strumentale del governo che insieme ai sindacati utilizza il tema della crisi per avallare lo scempio del Tav con la devastazione, lo sperpero di risorse e il danno ambientale enorme che porta con se. La tenace resistenza No-Tav deve oggi fare i conti con una normativa d’emergenza varata a inizio anno che decreta l’inviolabilità del non-cantiere ritenendolo sito di interesse strategico nazionale, con la diretta ed esplicita minaccia di arresto per chiunque violi le disposizioni. Così come  in questi giorni il Movimento No-Tav deve fronteggiareun’ignobile inchiesta firmata dal Procuratore-capo di Torino, Giancarlo Caselli, che a tutt’oggi tiene tra misure cautelari e carcerazione preventiva, reclusi decine di attivisti e attiviste, nostri fratelli e sorelle di lotta, di cui chiediamo l’immediata scarcerazione.

E poi ancora il sovraffollamento delle carceri, di cui la stragrande maggioranza della popolazione è ancora in attesa di giudizio vivendo spesso una condizione detentiva disumana, all’applicazione infame del pacchetto sicurezza del Governo Berlusconi e delle leggi razziste che con gli illegali e famigerati CIE contribuisce a rendere nauseabonda l’aria che si vuol far respirare. Si arriva fino agli ultimi giorni del 2011 e alle ultime provocazioni solo dopo una lunga ed interminabile trafila di episodi e storie di quotidiana repressione ed intimidazione del dissenso contro quell’opposizione sociale che in questo paese, a tratti e seppur in forma discontinua e spontanea ha avuto comunque la capacità di porre al centro del dibattito “La Democrazia “ ed il fallimento della rappresentanza politica di segnare anche solo parzialmente il clima politico di questo paese. Il 14 dicembre del 2010 e del 15 Ottobre del 2011 sono lì a confermare quanto diciamo.

Urgono quindi spazi di confronto e di discussione.

Oltre l’indignazione è necessaria l’attivazione, il protagonismo sociale, l’iniziativa politica. È necessario aprire una vasta ed ampia campagna informativa che quantifichi la dimensione del processo autoritario in corso e ne denunci le condizioni, i metodi e le responsabilità politiche. È altrettanto necessaria una campagna comunicativa, una decisa presa di parola, che dia voce alla libertà di opporsi e di resistere, alla libertà di vivere e di non sopravvivere, al diritto naturale e profondamente radicato nell’uomo di pensare liberamente e di lottare per la condivisione dei beni comuni. Questo a cominciare non dal disperato e isolato urlo contro la repressione, ma attraverso un discorso politico che sia in grado non solo di misurare la miseria del presente ma anche e soprattutto di tracciare le vie della ricchezza del possibile, che mentre resiste con determinazione allo scempio che stiamo vivendo, sia in grado d’indicare le vie dell’alternativa, contro tutti i dispositivi di controllo, repressione ed interdizione.

Quindi a partire da una seria battaglia contro la precarietà e la precarizzazione che sia in grado di porre al centro dell’iniziativa di movimento il tema del reddito garantito, di base e incondizionato, proprio come conditio  per la vera libertà, come trampolino verso la libera attività umana, come dispositivo materiale di partecipazione e democrazia reale e radicale, come risposta non solo alla precarizzazione ed all’esclusione sociale, ma come via di costruzione di una società altra, i cui diritti e garanzie siano finalmente ancorate all’esistenza umana. All’intelligenza e alla partecipazione sociale, alla cooperazione e alla condivisione e non più al compianto lavoro, che con buona pace dei sindacati e partiti, è ormai sempre più precario, sempre più sfruttato, latente, peraltro a servizio dello sviluppo e della crescita  per l’accumulazione di pochi sulle spalle di molti, ormai troppi, per rimanere tutti schiavi, in silenzio e sorridenti.

 

Interventi

– Introduce e modera Rafael Di Maio – Laboratorio Acrobax

– Movimento Notav – Gianluca Pittavini – redattore di infoaut.org

– Prof. Luigi Ferrajoli: la crisi del potere formale nelle macerie della democrazia

– Prof. Giacomo Marramao: il ruolo nello Stato moderno nella crisi, la nuova polizeiwissenschaft

– Prof. Giovanni Russo Spena: Lo stato di eccezione, l’assolutismo liberista e la democrazia costituzionale

– Patrizio Gonnella, associazione Antigone

– Comitato Madri: Il potere e la vita, delle Madri di Roma città aperta

– Avv. Marco Lucentini: L’interdizione delle lotte sociali nella crisi

– Avv. Simonetta Crisci: Una panoramica dei processi giudiziari ai movimenti

– Prof. Andrea Fumagalli: il basic income come via per la vera libertà

– Cristian Sica – Laboratorio Acrobax – PsP-Roma: per un modello alternativo, reddito e beni comuni

– Bruno Papale – Coordinamento cittadino di lotta x la casa: Le lotte sociali come spazio di autonomia

– Studenti Roma3: condivisione dei saperi e libertà di movimento

Libertà x i NoTav – Libere tutte Liberi tutti!

mercoledì 7 marzo, ore 15
Fac. Lettere – Unirversità Roma3

Aula Verra

 

A proposito delle lotte in Val di Susa – un invito alla discussione

di Toni Negri

Era ora che Occupy arrivasse anche in Italia. Avevamo assistito nell’estate e in autunno all’agitazione dei “centro-socialisti” che avevano ripetuto i soliti riti, chiamandosi ora “indignati”. Il 15 ottobre la stampa indipendente, riconoscendo l’innocenza dei “centro-socialisti”, si era permessa di gettare accuse di illegalità e violenza su compagni che sarebbero scesi dalle montagne. Continuando nella medesima rappresentazione, Caselli (giudice peraltro cortese) era stato spinto a verificare quelle accuse con un rastrellamento nazionale. Ma Occupy è ancora lì. Potente, nella vallata e un po’ ovunque in Italia.

Quali sono le caratteristiche principali che questa nostra Occupy ha mostrato (senza dimenticare che ha costruito queste capacità – segno dell’universalità del movimento – già prima che l’Occupy americano o gli “indignados” spagnoli e tutti gli altri nascessero)? Al nostro interesse se ne presentano tre, di queste caratteristiche.

La prima è il radicamento democratico dell’iniziativa politica. Questo radicamento maggioritario nel territorio, l’orizzontalità e il pluralismo delle forze singolari che confluiscono nel movimento, la definizione consensuale di un interesse comune che sta alla base della durata del progetto di resistenza, un’apertura mai negata al confronto ed alla discussione – bene, questi comportamenti costituiscono una formidabile forza del movimento. Esso ci mostra che il comune è anche uno spazio, l’occupazione di un luogo non solo come fondamento per la partecipazione democratica ma anche come occasione di rapporto fra i corpi, di costruzione consensuale di esperienze e di obiettivi, di condivisione di valori e di verità.

La seconda caratteristica sta nel rifiuto della rappresentanza politica. Questo rifiuto discende direttamente da quanto detto qui sopra, meglio, dall’intensità e dalla qualità dei processi di partecipazione democratica. Vi sono rappresentanti eletti nella vallata che hanno riguadagnato legittimità attraverso la partecipazione. È la partecipazione al movimento il fondamento di legittimità di ogni istituzione del comune. Anche questo fa parte di quegli aspetti universali che Occupy propone. Ora, questo rifiuto è, evidentemente, innanzitutto destituente della rappresentanza politica in quanto detentrice di sapere (expertise), di potere (decisionale) e di sovranità (monopolio legittimo della violenza). Ma questo rifiuto è anche costituente, in quanto produttore di un nuovo sapere (nella fattispecie, l’equilibrio fra fattori di vita e di produzione nel territorio e i capisaldi della sua storia e della sua riproduzione), di un nuovo modello di decisione (non solo partecipato ma virtuosamente costruttivo, affettivo, solidale), di un nuovo esercizio della resistenza – un’attività adeguata/commisurata al fine da perseguire contro l’idiota, eccezionale armamentario della repressione. Il filosofo direbbe “immanenza contro trascendenza”; il politico, “democrazia contro potere reazionario”; il moralista, “autonomia contro totalitarismo”. E’ attraversando queste esperienze che il legame con l’Europa sarà costruito, in maniera molto più efficace, certo, che attraverso un nuovo buco alpino che puzza di amianto e di rendite finanziarie – perché in Europa, e non solo, ovunque il movimento Occupy sta costruendosi alla ricerca di nuovi modelli democratici di accesso al comune, di partecipazione democratica e di gestione politica autonoma. Il federalismo non è questo?

Terzo punto (ma ce ne sarebbero tanti altri sui quali poter intervenire e sui quali incitiamo la discussione): perché tanta ferocia poliziesca e repressiva, fin dalle prime fasi dello scontro; perché tanta perseveranza “tecnica” nel consolidare dispositivi speculativi e dissipativi del denaro pubblico; perché, ora, addirittura il tentativo di “monetizzare” la nocività dell’intrapresa e di nascondere con il denaro la mala parata? Forse in ballo c’è qualcosa di troppo importante, un elemento simbolico primario, la capacità di far passare come “tecnica” un’operazione nata come speculativa, per imporre come necessario al bene della nazione o addirittura alla costruzione dell’Europa (e chi più ne ha più ne metta) una decisione stolta capitalistica. Bisogna difendere un principio, il principio della detenzione capitalistica del sapere: la tecnica è capitalistica. Ebbene, no. Il sapere delle popolazioni della valle è più saggio del sapere dei tecnici e questa volta lo è davvero. Ma è questo che non deve apparire, anche in una situazione in cui tutto ormai lo dice. Se non passa questa grande opera, potrebbero non passarne altre. Dopo la politica prodiana, dopo quella berlusconiana, anche la “tecnica” dei tecnici si squaglierebbe. Per il governo, per il partito di Berlusconi e per quello di Repubblica (a proposito, a quando le dichiarazioni dei redditi della casta giornalistica?) e per tanti altri gazzettieri televisivi, vincere in Val di Susa è tanto importante quanto mettere nella testa di tutti che la tecnica (dei tecnici, cioè banchieri) è il vero sapere.

Qualsiasi persona calma e tranquilla che non viva nel ricordo ossessivo degli anni ’70 come certi nostri dirigenti sembrano vivere, sa che trattare è possibile ed evitare radicalizzazioni inopportune e pericolose è utile. Ma per farlo bisogna che la politica in Italia rinasca e non può rinascere che dalla presa di parola di coloro che, resistendo, aprono a tutti la speranza di una nuova partecipazione democratica. Riunificare tutte le resistenze, portare la Valle in Italia dopo che governi corrotti e governi tecnici hanno voluto invadere la Valle, è ora essenziale. Discutiamo, discutiamo, discutiamo… e il nostro amato presidente che per vizio antico non ama discutere ed infierisce sulla piaga, ricordi che Budapest e Praga sono lontane molti secoli, che chi vuole rinnovarne i fasti non è solo vecchio ma bacucco e che la democrazia vive oggi nei corpi dei giovani.

Liberi subito i 4 compagni arrestati

Roma, 9 Marzo. Oggi alle 11:30 i movimenti di lotta per la casa hanno occupato la sede del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Iniziativa organizzata perché in questa sede vengono definiti gli stanziamenti di fondi per il TAV in Val di Susa.

Le 400 persone che hanno dato vita all’iniziativa sono state più volte caricate dalla Polizia ed infine spinte fuori dal palazzo di via della Mercede, 9.
Alla legittima richiesta di poter proseguire la protesta con un corteo, 35 persone compagni e compagne sono state identificate e fermate ed un compagno è rimasto a terra ferito dalle violente cariche.
Poi successivamente arrestato.
Un primo bilancio parla di 4 manifestanti arrestati.
Contemporaneamente il presidio tendopoli che stava realizzando il Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa presso i palazzi abbandonati di
proprietà del demanio pubblico in Via Boglione, 63 (nella periferia Sud di Roma) è stato sgomberato.
Nel corso dello sgombero di questo presidio di protesta operato dal reparto mobile della Guardia di Finanza sono state identificate tutte le famiglie presenti al presidio. Di tutte queste persone due donne sono state portate al Commissariato Preneste perché in quel momento prive di documenti. Durante lo sgombero è stato più volte ribadito dalle forze dell’ordine che quello che stava avvenendo era in relazione con l’occupazione in corso al CIPE in via della mercede. La giornata di oggi smaschera un clima di neoautoritarismo e di repressione selvaggia che sta prepotentemente avanzando nella nostra città.
Il Sindaco Alemanno completamente disinteressato e/o incapace di offrire una qualche soluzione all’emergenza abitativa che è oramai un dramma in questa città riduce tutto ad una questione di ordine pubblico di fatto delegando alla Questura il governo della città.
Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa – Roma
http://www.coordinamento.info
@CoordLottaCasa

Video

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The show must go off. Ciao Matteo

Roma 8 Marzo. Oggi pomeriggio davanti al palalottomatica, moltissim* lavoratori e lavoratrici precarie dello spettacolo hanno manifestato per ricordare Matteo e denunciare le pessime condizioni di lavoro di chi, dovendo sostenere orari massacranti, permette allo show business di andare avanti a ritmi sempre crescenti. Molti dei presenti indossavano le attrezzature di “sicurezza” che sono costretti a comprarsi privatamente.

Oltre il danno la beffa: non bastava aver perso un compagno di lavoro, diversi colleghi di Matteo sono anche stati iscritti nel registro degli indagati.
Diversi striscioni sono stati appesi e volantini distribuiti agli avventori del concerto di stasera, è stato anche richiesto di poter leggere un comunicato dal palco prima dell’inizio del concerto.
Dopo anni di silenzio, anche dietro le quinte, lontano dai riflettori dello spettacolo che deve andare avanti a tutti i costi si stanno alzando delle voci per dire basta. Ad oggi tutti si stanno rifiutando di “sostituire” Matteo nelle mansioni che svolgeva anche per dire che non siamo solo pezzi di ingranaggi in un meccanismo infernale, ma che possiamo essere la sabbia che questi meccanismi li fa inceppare.

A questo link del blog nomortilavoro il testo del volantino distribuito davanti al palalottomatica

http://nomortilavoro.noblogs.org/post/2012/03/07/the-show-must-go-off-ciao-matteo/

#Occupywelfare contro il pacco Fornero

Roma, 8 marzo. Ministero del Lavoro Via Veneto 65.  Poco fa OccupyWelfare ha anticipato le mosse e con un blitz precario è entrato nel Ministero del Lavoro di Via Veneto per poter consegnare personalmente la lettera alla Fornero. Al momento decine di attivisti si trovano al piano della Fornero bloccati da una decina di agenti della Digos.

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Comunicato dopo l’incontro.

Con l’uscita della delegazione delle donne precarie di OccupyWelfare che ha incontrato la Ministra Fornero dopo l’occupazione del terzo piano del Ministero del Lavoro, si è conclusa l’azione di oggi: e quanto narrato dalla delegazione sull’incontro ha chiarito bene i termini e le ragioni immutate dell’iniziativa di OccupyWelfare. Le donne precarie di OccupyWelfare hanno messo sul piatto il reddito di base incondizionato come una forma per uscire dal ricatto e non rischiare un default dei diritti e delle persone. Hanno detto no ai sacrifici subito senza certezza di ammortizzatori sociali e di risposte concrete.Hanno anzi rifiutato l’indegno scambio fra vaghe promesse sul futuro e l’attacco che il “lavoro stabile” subisce invece sull’articolo 18. Servono risposte e scelte legislative che estendano e universalizzino le garanzie, non che le abbattano. La risposta della Fornero ricalca i luoghi comuni, le banalità e gli insulti delle ultime settimane (lavoro fisso monotono, precari perchè non preparati e così via): se vi diamo reddito voi non fate nulla per il paese, vi sedete e magiate pasta e pomodoro. Il tutto giustificato con la solita priorità di “salvare l’ Italia”. Anche OccupyWelfare lavora per il bene dell’Italia, a partire dalla sua realtà, quella della vita precaria. E perciò dà appuntamento a tutte e tutti per domani, 9 marzo, dalle ore 14, davanti al ministero in Via Veneto 56: per una vera Occupy, l’istituzione dello spazio pubblico di presa di parola e d’iniziativa comune delle precarie e dei precari, insieme alle precarizzate e ai precarizzati. #OccupyWelfare – Roma, via Veneto 56.

Comunicato Ribellule

Altri video e articoli

Blog San Precario sul Fatto Quotidiano

Repubblica Roma

Corriere Roma

Paese Sera

L’unità

Il Manifesto

Video Sole 24 ore

Video TMNews

Video Corriere della Sera

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Dalle ore 14 tutti/e sotto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, via veneto n 56

Siamo alle fasi conclusive del progetto di riforma del mercato del lavoro che andrà in approvazione entro il mese di marzo. Il pacco Monti-Fornero è il punto di arrivo delle politiche di flessibilizzazione imposte negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi/Boeri – un esempio di “ingegneria normativa” improntata esclusivamente all’attacco di diritti acquisiti. Una prima dimostrazione viene dall’accanimento sull’art.18, che, pur tutelando ad oggi solo una parte dei lavoratori, rappresenta un deterrente importantissimo nei confronti dello strapotere delle imprese. Non a caso, i tavoli di “negoziazione” tra governo e sindacati non considerano la condizione di milioni di soggetti precarizzati dall’attuale crisi del capitale. Siamo noi lavoratori flessibili e generazioni precarie gli unici che andranno veramente in “default” se continueranno ad essere applicate le politiche di austerità imposte da Fondo Monterio e BCE, volute dai responsabili stessi della crisi, le banche. Il mercato del lavoro in Italia è ormai imperniato sulla tendenziale generalizzazione della precarietà. Il pacco Monti-Fornero non fa che normalizzare questa tendenza sotto la sferza e il ricatto della crisi. Invece, dal nostro punto di vista, ovvero di chi produce ricchezza ogni giorno nel nostro paese, c’è la necessità e c’è la volontà di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità. Non vogliamo più divisione e contrapposizione tra “garantiti” e precari, giovani e meno giovani, nord e sud, lavoro e non lavoro, nativi e migranti. Rifiutiamo la competizione al ribasso tra tutele differenziate e non siamo disposte e disposti ad accettare un livellamento verso il basso del salario come dei diritti. Pretendiamo una redistribuzione generale della ricchezza attraverso strumenti che non possono essere scambiati con i diritti che tutelano il lavoro subordinato. Vogliamo ammortizzatori sociali adeguati a questa necessità: l’indennità di disoccupazione copre solo il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – è erogata solo per una parte dei lavori ed è usata per creare sperequazione e clientelismo. Vogliamo rompere il silenzio sulla realtà di un sistema di welfare sempre più privatizzato e fatto gravare sulle spalle delle donne, che con il lavoro di cura gratuito permettono allo Stato di risparmiare circa 26 miliardi di euro. E’ questa una vera leva della precarizzazione, che fa perno sulle donne come primo soggetto di sperimentazione, accanto alla condizione migrante. Senza intervenire su questa realtà di fondo, non c’è lotta alle dimissioni “in bianco” o promessa sul diritto alla maternità che tenga. Vogliamo garanzie. Vogliamo che siano garantite tutele universali nel lavoro. Rivendichiamo libertà di scelta del lavoro. Difendiamo il lavoro esistente, dall’inizio della contrattualizzazione fino alla garanzie nella risoluzione del rapporto. Pretendiamo un limite al tempo di lavoro e il salario minimo orario; rigettiamo la privatizzazione dei controlli sulla sicurezza, quando giorno dopo giorno si allunga la lista insopportabile di vittime dello sfruttamento. Vogliamo la razionalizzazione delle forme contrattuali e l’estensione delle tutele nei contratti atipici e nel lavoro indipendente. Vogliamo un reddito di base e incondizionato, vero architrave di un welfare effettivamente universale che renda sostenibile un sistema pensionistico finora puntato solo ad una futura miseria. Sappiamo dove trovare le risorse: con un piano legislativo nazionale che le prenda dove ci sono, dai profitti, dalle transazioni finanziarie, dalla rendita, dalle speculazioni, dal pozzo senza fondo di spese militari inspiegabili come quelle per gli F35 e di grandi opere rifiutate dalle popolazioni come quella del TAV. Per questo nella giornata del 9 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale e lo sciopero della Fiom, pensiamo sia necessario che le reti indipendenti di precari/e e precarizzati/e prendano parola, a partire dalla loro comune condizione di espropriati dei diritti di garanzie e di libertà. Invitiamo tutte/i ad animare #occupywelfare davanti al ministero del lavoro dalle ore 14 per riprendere parola, dare protagonismo e visibilità ai nostri desideri alle nostre rivendicazioni. Occupywelfare vuole costruire un processo indipendente, autoconvocato ed autorganizzato di mobilitazioni durante tutto il mese di marzo, contro il “pacchetto” Fornero.

 

9 Marzo 2012 #Occupywelfare, fermiamo il pacco Fornero

Dalle ore 14 tutti/e sotto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, via veneto n 56

Siamo alle fasi conclusive del progetto di riforma del mercato del lavoro che andrà in approvazione entro il mese di marzo. Il pacco Monti-Fornero è il punto di arrivo delle politiche di flessibilizzazione imposte negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi/Boeri – un esempio di “ingegneria normativa” improntata esclusivamente all’attacco di diritti acquisiti. Una prima dimostrazione viene dall’accanimento sull’art.18, che, pur tutelando ad oggi solo una parte dei lavoratori, rappresenta un deterrente importantissimo nei confronti dello strapotere delle imprese. Non a caso, i tavoli di “negoziazione” tra governo e sindacati non considerano la condizione di milioni di soggetti precarizzati dall’attuale crisi del capitale. Siamo noi lavoratori flessibili e generazioni precarie gli unici che andranno veramente in “default” se continueranno ad essere applicate le politiche di austerità imposte da Fondo Monterio e BCE, volute dai responsabili stessi della crisi, le banche. Il mercato del lavoro in Italia è ormai imperniato sulla tendenziale generalizzazione della precarietà. Il pacco Monti-Fornero non fa che normalizzare questa tendenza sotto la sferza e il ricatto della crisi. Invece, dal nostro punto di vista, ovvero di chi produce ricchezza ogni giorno nel nostro paese, c’è la necessità e c’è la volontà di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità. Non vogliamo più divisione e contrapposizione tra “garantiti” e precari, giovani e meno giovani, nord e sud, lavoro e non lavoro, nativi e migranti. Rifiutiamo la competizione al ribasso tra tutele differenziate e non siamo disposte e disposti ad accettare un livellamento verso il basso del salario come dei diritti. Pretendiamo una redistribuzione generale della ricchezza attraverso strumenti che non possono essere scambiati con i diritti che tutelano il lavoro subordinato. Vogliamo ammortizzatori sociali adeguati a questa necessità: l’indennità di disoccupazione copre solo il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – è erogata solo per una parte dei lavori ed è usata per creare sperequazione e clientelismo. Vogliamo rompere il silenzio sulla realtà di un sistema di welfare sempre più privatizzato e fatto gravare sulle spalle delle donne, che con il lavoro di cura gratuito permettono allo Stato di risparmiare circa 26 miliardi di euro. E’ questa una vera leva della precarizzazione, che fa perno sulle donne come primo soggetto di sperimentazione, accanto alla condizione migrante. Senza intervenire su questa realtà di fondo, non c’è lotta alle dimissioni “in bianco” o promessa sul diritto alla maternità che tenga. Vogliamo garanzie. Vogliamo che siano garantite tutele universali nel lavoro. Rivendichiamo libertà di scelta del lavoro. Difendiamo il lavoro esistente, dall’inizio della contrattualizzazione fino alla garanzie nella risoluzione del rapporto. Pretendiamo un limite al tempo di lavoro e il salario minimo orario; rigettiamo la privatizzazione dei controlli sulla sicurezza, quando giorno dopo giorno si allunga la lista insopportabile di vittime dello sfruttamento. Vogliamo la razionalizzazione delle forme contrattuali e l’estensione delle tutele nei contratti atipici e nel lavoro indipendente. Vogliamo un reddito di base e incondizionato, vero architrave di un welfare effettivamente universale che renda sostenibile un sistema pensionistico finora puntato solo ad una futura miseria. Sappiamo dove trovare le risorse: con un piano legislativo nazionale che le prenda dove ci sono, dai profitti, dalle transazioni finanziarie, dalla rendita, dalle speculazioni, dal pozzo senza fondo di spese militari inspiegabili come quelle per gli F35 e di grandi opere rifiutate dalle popolazioni come quella del TAV. Per questo nella giornata del 9 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale e lo sciopero della Fiom, pensiamo sia necessario che le reti indipendenti di precari/e e precarizzati/e prendano parola, a partire dalla loro comune condizione di espropriati dei diritti di garanzie e di libertà. Invitiamo tutte/i ad animare #occupywelfare davanti al ministero del lavoro dalle ore 14 per riprendere parola, dare protagonismo e visibilità ai nostri desideri alle nostre rivendicazioni. Occupywelfare vuole costruire un processo indipendente, autoconvocato ed autorganizzato di mobilitazioni durante tutto il mese di marzo, contro il “pacchetto” Fornero.

Ciao Matteo, un altro morto per il divertimento del capitale

E’ rimasto schiacciato sotto i tubi del palco che stava costruendo per il concerto di Laura Pausini a Reggio Calabria. Matteo Armelini, 32 anni, romano, era un compagno che lavorava per una delle società di supporto tecnico agli spettacoli di diversi artisti in giro per l’Italia. Stamane a Radiondarossa il saluto dei suoi compagni e la denuncia che non è stato il crollo del palco ma c’è stato il cedimento strutturale del palazzetto stesso quindi una superficialità di chi firma carte e poi non sa realmente quanto la struttura può portare di peso.

Sul sito di Reggio a Cenestro la denuncia delle condizioni pessime di quel palazzetto: “Lo sapevano tutti”. Infatti il 9 febbraio scorso apparve un buco nel pavimento.

da http://nomortilavoro.noblogs.org

No Tav. Occupata sede nazionale del PD

Un gruppo di ragazzi e ragazze stanno occupando la sede nazionale del PD in via sant’andrea delle fratte (piazza di spagna) a sostegno del movimento NO TAV che da giorni subisce una dura repressione.

La situazione attuale è un ingente presenza delle forze dell’ordine e la chiusura della strada d’accesso.

Ieri il movimento No Tav ha lanciato l’indicazione a occupare oggi in tutt’italia, per questo già molte città hanno lanciato iniziative pubbliche e azioni spontanee.

La Val Di Susa è ovunque, la lotta No Tav è la lotta di tutte e tutti!

Articolo da repubblica.

Lettera aperta al governo sul mercato del lavoro

Caro Mario Monti e Ministri Tutti,

A marzo regalerete la riforma del mercato del lavoro mentre avete rimandato al 2013 il riordino del sistema iniquo e arretrato degli ammortizzatori sociali. Il pacco Monti-Fornero  è un passaggio fondamentale nelle politiche di flessibilizzazione realizzate negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi alias Boeri – e sono un esempio di “ingegneria normativa” che porterà a 47 il numero di tipologie contrattuali utilizzate nella giungla della precarietà. Tutto cambia perché niente cambi, soprattutto per i precari.

Attualmente l’indennità di disoccupazione copre il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori. L’articolo 18 tutela (per modo di dire) solo il 60% della forza lavoro e sommando finte partite iva e parasubordinazioni la percentuale scende. E’ la concezione stessa dei diritti e delle tutele ad essere parziale e minoritaria, quindi perdente. Serve invece un’idea ampia e convincente per unificare generazioni e lavori. I tavoli di negoziazione tra governo e sindacati non prendono affatto in considerazione la condizione di milioni di precari e precarie che quotidianamente producono ricchezza. Nelle mani precarie c’è invece la possibilità di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità: non più garantiti contro precari, giovani contro meno giovani, nord contro sud, lavoro contro non lavoro, italiani contro migranti. Non già profitti garantiti alle grandi lobby ma accesso al reddito di base incondizionato, ai servizi fondamentali e ai beni comuni.

Gli  Stati Generali della Precarietà vogliono rovesciare il triste destino di questo marzo per trasformarlo nel mese dell’attivazione e della cospirazione precaria. Dal Primo Marzo giorno dello sciopero migrante fino al 10 marzo gli Stati Generali della Precarietà apriranno in diverse città spazi di connessione, presa di parola e attivazione tra chi non si rassegna alla vita precaria, ma invece rivendica reddito di base incondizionato contro il ricatto della precarietà.

Nelle ultime settimane il Vostro governo ha portato avanti un’incredibile offensiva mediatica a colpi di insulti e mortificanti luoghi comuni (sfigato se sei precario monotono se hai il posto fisso) per giustificare una riforma che, come già avvenuto per quella previdenziale, asseconda le direttive dell’ortodossia monetarista di un’ Unione Europea che ha tradito chi la sognava come modello di coesione e solidarietà sociale, di diritti e libertà. E’ l’ennesima riforma che non parte dalle esigenze di chi nel mercato del lavoro si muove o di chi ne rimane fuori, tanto è vero che sulla mancanza di fondi per i cosiddetti ammortizzatori sociali Voi, e ancor di più i sindacati, avete messo una pietra tombale. Gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il punto di vista precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce. Precari e precarie non hanno scelto la loro condizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisi.

Garantire un reddito di base incondizionato, in grado di sostituire gli attuali distorti ammortizzatori sociali, non necessita di cifre iperboliche ma è del tutto possibile, come si dimostra nel n. 1 dei Quaderni di San Precario http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf. Un reddito di base incondizionato che venisse finanziato dalla fiscalità generale – ovvero dalla tassazione delle ricchezze – permetterebbe di diminuire quella parte del costo del lavoro rappresentata dai contributi sociali migliorando le retribuzioni (tra le più basse d’Europa), le opportunità e l’accesso al lavoro stesso liberando la precarietà dal ricatto come nessuna delle proposte sul tavolo governo-parti sociali. Il problema non è di sostenibilità economica bensì di volontà politica. Prendere le risorse necessarie dalla fiscalità generale rimette al centro la questione delle scelte politiche. Pochi esempi: dall’introduzione di una tassa patrimoniale sui patrimoni superiori ai 500.000 euro e dalla tassazione delle rendite finanziarie si possono stimare incassi pari a 10,5 miliardi di Euro, il giusto ripristino della progressività delle imposte in un paese dove la forbice tra ricchi e poveri si va allargando a dismisura porterebbe a reperire ulteriori 1,2 miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica, solo nel campo della spesa militare (vedi i 15 miliardi per gli F35) e delle grandi opere del trasporto (vedi la Torino-Lione), potrebbe consentire un risparmio di quasi 6 miliardi.

E per finire lanciamo un marzo di cospirazione precaria a cominciare dal Primo marzo all’insegna dello sciopero migrante, perché i migranti molti ormai di seconda generazione sono quasi un decimo della popolazione italiana e rappresentano una percentuale ancora maggiore della popolazione attiva. La loro condizione di cittadini a tempo determinato sotto ricatto perenne per il permesso di soggiorno, oltre che essere umanamente bestiale e indegna, si ripercuote su tutto l’insieme dei lavoratori creando un dumping salariale pazzesco. Bisogna abolire la Bossi-Fini, che di fatto è una legge sul lavoro; la Turco-Napolitano e il reato di clandestinità. E’ tempo di garantire ai migranti cittadinanza e pieni diritti. Per continuare dal 2 al 10  con la settimana di attivazione contro la giungla della precarietà per il reddito di base incondizionato.

Si arriva poi al 17 e 18 a Napoli per nostro quarto appuntamento degli Stati Generali della Precarietà. Spazio di connessione e cooperazione tra reti che intervengono nella precarietà, nei luoghi di lavoro, nei territori, nei dibattiti, nelle assemblee, al di là di sindacati e partiti e sviluppando proprio per questo un forte punto di vista precario che non nasce dall’analisi della condizione precaria, ma dall’azione e dal protagonismo dentro il meccanismo della precarizzazione e che porterà, tra le altre, alla costruzione dello sciopero precario.

La ricchezza che il mondo precario esprime è un tesoro da difendere dalle grinfie di un futuro di fallimento e da un immediato presente di austerity, da un lavoro sempre più squalificato, sottopagato, demansionato e inaccessibile. Il miglior antidoto alla tecno-burocrazia del Vostro governo senza cuore e senza anima sono le intelligenze indipendenti che si liberano nella cospirazione precaria.

Voi potete continuare a far finta che non esistiamo e Vi assumerete questa responsabilità. Gli Stati Generali della Precarietà si assumono quella di riprendersi il futuro.

Cordialmente

Stati Generali della Precarietà

Ufficio Stampa: Paola Gasparoli 333 5446280  –  infoweb  www.sciperoprecario.org

La Valle non si vende, la Valle si difende, per la libertà e l’indipendenza!

Sabato 3/3/2012 h 15 Piazzale Tiburtino – Roma – Tutti in piazza

La Valle non si vende la Valle si difende!

Uno scheletro della politica di palazzo come Fassino dice che il movimento NoTav è cambiato e non sa quanto è vero… non immaginano neanche questi signori quanto la lotta possa far crescere la consapevolezza delle proprie ragioni e la determinazione nel continuare ad affermarle anche man mano che il prezzo della resistenza cresce: notav in carcere, notav in ospedale, notav portati via di peso, calpestati e inseguiti fin nelle proprie case. Non immaginano neanche lor signori chiusi nei palazzi quanto la determinazione di quel popolo resistente abbia risvegliato le coscenze e le emozioni di tanti e tante che non possono assistere in silenzio alla miseria del presente, allo scippo di democrazia, all’ingordigia dei potenti nel divorare risorse, territori e umanità per i loro meschini profitti.

Come la battaglia per l’acqua bene comune ha centrato bene nello slogan “si scrive acqua si legge democrazia” così la ventennale lotta no tav ha affermato le sue ragioni e ora naturalmente si spinge oltre per evidenziare e contrastare quel gap di democrazia che ha ormai reso le istituzioni di ogni ordine e grado la mera interfaccia degli interessi privatistici di speculazione sulle risorse pubbliche e i beni comuni come appunto l’acqua o i territori.

 

El pueblo unido funziona sin partido!

Questo è il vero elemento che turba il sonno dei governanti non già la violenza il cui livello e la cui intensità rimane ben al di sotto di quella violenza che si dà nel sociale e nella quotidianità fatta di povertà galoppante, precarietà esistenziale e disgregazione sociale. Abbiamo letto sui giornali frasi del tipo “la drammatica sequenza” con riferimento al video del giovane con la barba rossa che “aggredisce un poliziotto inerme dietro la sua armatura” ma sappiamo bene che chi legge non è stupido anche perchè viviamo sulla nostra pelle la vera violenza: quella degli sfratti per morosità incolpevole, dei licenziamenti immotivati, del lavoro squalificato, svilito e sottopagato, quella dell’arroganza dei potenti che anche e soprattutto nella crisi trovano sempre nuove occasioni di speculazione e sfruttamento.

 

Quella che viene sbattuta in prima pagina come inaccettabile violenza mette il potere tutto di fronte all’irrimediabilità di una crisi della rappresentanza non più reparabile. Lo ammettono ormai gli stessi partiti che addirittura parlano di slittamento delle elezioni amministrative e perchè no anche di quelle politiche, il cui svolgimento sarebbe inutile e vanificato dall’egemonia dei tecnici su ogni velleità della politica rappresentativa.

Da Napolitano in giù tutti si sperticano in appelli alla coesione sociale sapendo bene che nel momento in cui la si invoca è già irrimediabilmente perduta.

Incrinata in maniera profondissima a partire proprio dal primo articolo della Costituzione laddove la coesione sociale fu affidata al lavoro: pensate per un attimo a cos’è il lavoro oggi e forse inizierete a capire perchè di coesione sociale davvero non si può più parlare.

Bisognerà che si comincino ad abituare lor signori: l’era del fair play e del consenso incondizionato al capitalismo e ai suoi dogmi non c’è più, l’era dell’Unione EUropea come panacea di tutti i mali dell’italietta tanto meno.

 

Nel nostro paese il trucchetto di sedare ogni dissenso rispetto alla gestione dell’austerity con l’inconfutabilità della ragione e dei tecnici rischia di infrangersi sulle Alpi della Valle di Susa.

 

Da Chiomonte ad Atene, da Bussoleno a Barcellona, da Giaglione al Cairo…

Resisteremo un giorno più di loro!
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Qualche settimana fa si è svolta un’operazione repressiva con decine di arresti e denunce nei confronti di attivisti/e NO TAV in tutta Italia. Da quel momento la solidarietà continua a esprimersi in molteplici forme, dal Nord al Sud del Paese: nessuna/o è sola/o, non ci sono buone/i e cattive/i. Un corteo di 80 mila persone si è riversato nella valle, da Bussoleno a Susa, per dire che il movimento NO TAV non si arresta e non ha paura. Il giorno dopo parte l’allargamento dei cantieri, attraverso l’esproprio militare delle terre valsusine. La resistenza dei NO TAV è immediata. Un compagno, Luca, per impedire l’avanzamento delle ruspe, si arrampica su un traliccio. Inseguito da un carabiniere rocciatore, cade, rischiando la vita: è tuttora ricoverato in ospedale in gravi condizioni. I giornali e i media screditano e minimizzano l’accaduto, insultando il coraggio e la determinazione di Luca. La risposta della Val di Susa è determinata, con blocchi e barricate che vengono immediatamente ricostruite non appena vengono sgomberate. Ancora una volta in tutta Italia la solidarietà si fa sentire con manifestazioni spontanee, presidi, blocchi stradali e ferroviari.
Queste sono solo le ultime pagine di una lotta che va avanti da 23 anni.
Di fronte all’attacco dello Stato nei confronti del movimento No Tav, di fronte alla repressione di ogni forma di conflitto, al di fuori del “consentito”, tanto il 3 luglio in Val di Susa quanto il 15 Ottobre a Roma, è necessario reagire. La lotta contro il Tav fa paura ai poteri politici, economici e giuridici, perché ne mette in discussione la loro stessa essenza. Si vuole reprimere l’autorganizzazione, il rifiuto della delega, la molteplicità e la radicalità di azioni e pratiche. Si vuole colpire tanto il dissenso e il contrattacco nei confronti dei poteri costituiti, quanto la condivisione di esperienze di vita che generano forme di cospirazione e di complicità sociale.
Anche attraverso Il TAV e la politica delle grandi opere il capitalismo vuole imporre ancora una volta l’idea di un mondo sottomesso alle leggi del profitto e dello sfruttamento affaristico dei beni comuni. La Val di Susa fa paura perché la lotta contro il Tav esprime la possibilità concreta di un cambiamento reale allo stato di cose presenti: determinarne il seguito spetta a tutti e tutte noi!

IL TAV E’ OVUNQUE, LOTTIAMO OVUNQUE CONTRO IL TAV

TUTTI/E LIBERI/E!

Sabato 3 marzo, ore 15:00, corteo NO TAV, partenza da Piazzale Tiburtino

Daje Luca, Sempre no Tav, a sarà düra!

Assemblea No Tav di RomaVisualizza altro