Lotta dura senza paura, occupati i gruppi consiliari del comune di Roma

Diffondiamo il comunicato del Coordinamento cittadino di lotta per la casa e della Cooperativa per l’autorecupero Inventare l’abitare.

COMUNICATO STAMPA

CONTRO LA VERGOGNOSA DECISIONE DELLA GIUNTA COMUNALE DI AZZERARE IN SEDE DI BILANCIO I FONDI DESTINATI ALL’AUTORECUPERO I SOCI DELLA COOPERATIVA “INVENTARE L’ABITARE” E IL COORDINAMENTO CITTADINO DI LOTTA PER LA CASA HANNO DECISO UNA MOBILITAZIONE IMMEDIATA A PARTIRE DALLA INIZIATIVA DI OGGI, LUNEDI’ 29 OTTOBRE, SOTTO LA SEDE DEI GRUPPI CONSILIARI PER CHIEDERE IMMEDIATE MODIFICHE PRIMA DELL’APPROVAZIONE DEL BILANCIO COMUNALE.

NON SIAMO DISPOSTI AD ACCETTARE IN SILENZIO CHE DOPO OLTRE DIECI ANNI DI ATTESA SI DECIDA DI ANNULLARE I FONDI PREVISTI PER FINIRE ALLOGGI CHE DECINE DI PERSONE STANNO ASPETTANDO IN SITUAZIONI DI EMERGENZA O CHE SI DECIDA DI CANCELLARE CON UN COLPO DI SPUGNA L’UNICA ESPERIENZA REALE CHE PUO’ DARE UN’ALTERNATIVA A CHI NON E’ DISPOSTO A FARSI SCHIACCIARE DALLE LOGICHE DI UN MERCATO CHE IN MANIERA SPECULATIVA CONTINUA A FAR LIEVITARE I PREZZI DEGLI ALLOGGI PUR IN PRESENZA DI UN CROLLO DELLE VENDITE E DEGLI SFRATTI PER MOROSITA’.

COME AL SOLITO SI CONTINUANO A FARE REGALI AI GRANDI COSTRUTTORI  PERMETTENDO LORO DI “SACCHEGGIARE” IL TERRITORIO E SI VORREBBE SOFFOCARE L’UNICA ESPERIENZA AUTOGESTITA CHE HA CONSENTITO DI ABBATTERE I PREZZI ALLUCINANTI IMPOSTI DAI COSTRUTTORI E DALLA SPECULAZIONE SUL MERCATO. LO DICIAMO CHIARAMENTE O RIPARTONO I PROGETTI E SI RIFINANZIA L’AUTORECUPERO O CI PRENDEREMO I NOSTRI STABILI SENZA PIU’ NESSUNA TRATTATIVA CON L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE.

 

COOPERATIVA INVENTARE L’ABITARE

COORDINAMENTO CITTADINO DI LOTTA PER LA CASA

Primo sciopero nazionale dei giornalisti precari

PARTE DA L’UNITA’ IL PRIMO SCIOPERO NAZIONALE DEI GIORNALISTI PRECARI, ERRORI DI STAMPA AL FIANCO DEI COLLEGHI

 

Che il rispetto dei diritti dei lavoratori fosse stato sacrificato anche sull’altare delle politiche della cosiddetta sinistra, purtroppo, era un’evidenza ormai da troppo tempo.

Ma se anche un quotidiano come l’Unita’ perde ormai ogni scrupolo, e arriva a non pagare per sette mesi le decine di collaboratori sparsi nello stivale, lo scenario è davvero compromesso.
Il quotidiano fondato da Gramsci, il quotidiano che nella sua linea editoriale continua a raccontare la precarietà di un’intera generazione, si comporta oggi esattamente come il più meschino degli imprenditori: non riconosce il lavoro dei giornalisti precari, li chiama ‘fornitori’, risponde picche al tavolo delle trattative e si affida a un amministratore delegato sordo all’assurda pretesa dei giornalisti di essere pagati per il proprio lavoro.
I giornalisti che ancora non si arrendono e che per quel quotidiano si ostinano a lavorare, invece, tengono alto il glorioso nome della testata e, per la prima volta, con l’appoggio della redazione, danno vita ad uno sciopero nazionale della massa degli invisibili dell’informazione. Uno sciopero che coinvolge dal più giovane al più anziano dei precari, chi ha scritto pochi pezzi e chi da dieci anni combatte contro la deriva precarizzante dei padroni della testata.
Uno sciopero che non può non accendere i riflettori anche sull’insostenibile situazione dei precari storici del giornale, firme ormai note a tutti i lettori, dopo anche dieci anni di stabile precarietà.
Per questo “Errori di stampa”, coordinamento dei giornalisti precari di Roma, appoggia lo sciopero delle firme precarie del giornale, che si sono riunite dalla Sicilia al Piemonte e hanno deciso di incrociare le braccia, dopo mesi e mesi passati prima a non credere ai propri occhi e poi a cercare di trattare con la proprietà per ottenere i sacrosanti compensi per il loro lavoro.
Siamo con loro e con tutte le altre redazioni che, come auspichiamo, vorranno seguire l’esempio dei giornalisti de l’Unità.

Intanto, ingenui e ostinati, non perdiamo la speranza che il direttore del giornale, prima o poi, firmi un servizio sui numeri del precariato giornalistico. Per i precari all’interno del giornali di Gramsci, invece, ci accontenteremmo anche di un boxino.

http://erroridistamparm.blogspot.it/2012/10/parte-da-lunita-il-primo-sciopero.html

Agorà99

Introdurre e proporre la presentazione del prossimo meeting che si terrà a Madrid dall’1 al 4 novembre significa, continuare un ragionamento aperto su quell’orizzonte di conflitto che nei territori europei si sta dando ormai da parecchi mesi. Le cartoline e le immagini che intravediamo da lontano nei paesi limitrofi al nostro evidenziano come impulsi di originalità, che stanno pervadendo e contaminando esponenzialmente lo scenario politico, fa della cooperazione sociale in lotta, un’anima viva contro la governance europea dominato dalla Troika.

La peculiare ondata di movimento in Grecia, da sempre caratterizzata da un’inconfutabile opposizione sociale contro l’assunzione indiscussa del “modello Merkel” e delle sue politiche di austerity, è arrivata ultimamente anche in Spagna e Portogallo. Gli assedi in massa ai palazzi del potere delle settimane scorse, come quelli a Piazza Syntagma, hanno ampiamente dimostrato come la crisi della rappresentanza politica e la critica alla governance europea, sedimentata anche in terra spagnola dal movimento 15M nei due anni precedenti,  si stiano trasformando nell’apertura di un nuovo processo costituente. Una fase che in loco trova la sua forza nella straordinaria eterogeneità con cui la rabbia individuale sta diventando “inteligencia colectiva”, ma che, oltretutto, ha l’attitudine analitica di capire come solo nel terreno europeo delle lotte sia possibile instaurare meccanismi e dispositivi in grado di trasformare gli attuali rapporti di forza senza tornare indietro nella storia riproponendo nostalgiche visione sovranistiche e statalistiche.

Quanto detto però non è da confondere con sterili dinamiche di voler determinare una risposta globale ad una crisi globale solo enunciando connessioni o presenziando meeting internazionali come quello di Madrid. Non si tratta quindi di scimmiottare i movimenti europei o peggio ancora di usarli formalmente per poi riposizionarsi a casa propria dove meglio conviene nella magia puzzolente della macchina elettorale. Si tratta al contrario di contaminare il nostro paese con lo spazio politico dei conflitti europei a partire però dalle lotte e dai conflitti fin’ora troppo spesso frammentati e separati che si stanno dando nel nostro paese per allargare uno spazio di generalizzazione del conflitto sociale, cogliendone semmai le tendenze e le rivendicazioni più avanzate che guardano alla ricomposizione sociale come quella del reddito universale ed incondizionato, inteso però non come dispositivo di mediazione al ribasso di una logica tutta regolativa interna allo sfruttamento e alla precarizzazione del dominio capitalistico quanto al contrario come riconoscimento continuo e progressivo della produttività sociale permanente di cui siamo portatori dentro le nuove leve della valorizzaizone capitalistica, al cospetto delle nuove frontiere della sottomissione del lavoro vivo al capitale.

Un vecchio slogan dei medio-attivisti spagnoli recita copiar, pegar, poder modificar! ed è proprio qui l’intrinseca natura con cui dovremmo approcciarci al prossimo incontro di Madrid. Un incontro che pretende generalizzare le lotte contro le politiche di austerity individuando le linee di frattura e i punti di contatto dentro le lotte si organizzano.

Non è, quindi una casualità che siano tre i nodi principali con cui si articolerà l’incontro: debito, diritti e democrazia – caratteristiche comuni attraverso le quali ricercare una narrazione comune che miri a creare nuove pratiche di conflitto nell’attuale contesto di crisi e di austerity. Un debito che noi non abbiamo creato, un debito che non è legittimo e il cui rifiuto implica il non voler sottostare al dominio della tecnocrazia neoliberista. Vogliamo il superamento reale del ricatto, della crisi, del debito della precarizzazione per costruzione spazi reali di democrazia radicale che sia la base della potenza sociale che attraverso il conflitto dobbiamo e possiamo voler praticare.

 

Incontro con Dario Lovaglio (attivista del movimento 15M)

Giso Amendola (Uninomade)

Andrea Bonadonna (CSOA Askatasuna)


LOA Acrobax

Venerdi 26 h20,30

 

 

FAQ Agorà99

http://99agora.net/2012/07/incontro-europeo-debito-democrazia-e-diritti/

Giovani al centro, per riprendersi il futuro!

La campagna “Roma Abbandonata” nasce all’interno del progetto dell’Assemblea Giovani al Centro, un’assemblea permanente che riunisce gli studenti e i giovani che vivono e frequentano la zona del centro storico di Roma.
In questo anno di attività abbiamo portato avanti lotte per la riappropriazione degli spazi pubblici, per il riutilizzo degli edifici abbandonati, per la lotta al “quartiere-vetrina” e alla mercificazione del territorio.
Inoltre ci siamo concentrati molto sul ruolo dei giovani in questa zona di Roma, denunciando come fossero del tutto assenti luoghi di socialità, discussione e organizzazione per i giovani e soprattutto gli studenti che la frequentano.

Sul tema degli spazi abbandonati, ecco la nostra ultima ambiziosa iniziativa: una mappa che raccolga ogni edificio dimenticato dalla città e dalle amministrazioni.
E’ così che proseguiamo la nostra campagna di rivendicazione degli spazi abbandonati e inutilizzati sottratti ai quartieri, su cui si scatenano speculazioni e tentativi di lucro.

Noi dell’Assemblea Giovani al Centro agiamo principalmente sul I municipio di Roma, e perciò abbiamo dato inizio a questo progetto presentando le informazioni che abbiamo raccolto nel tempo sui luoghi abbandonati al centro della città: l’invito alle altre realtà e ai singoli è quello di aiutarci nel censimento per gli altri quartieri, inviandoci indirizzi, foto e informazioni ad assembleagiovanialcentro@gmail.com.

Per consultare la mappa:
http://romabbandonata.blogspot.it/

Per seguirci su facebook:
https://www.facebook.com/giovanialcentro

Dalla Bari in lotta: l’interesse del privato (e del pubblico) all’attacco del comune

Ebbene si. L’occupazione nel “salotto buono” di Bari fatta stamattina  da studentesse e studenti, da precarie e precari, da disoccupati,  inoccupabili è stata sgomberata manu militari dalla polizia.

Ci è già successo (quando occupammo la clinica di Villa del Sole da  cui poi è nata l’occupazione di Villa Roth), non ci deprimiamo, non ci  fermiamo, non ci arrendiamo.

Di questa vicenda un paio di cose ci interessa dire:

 

1)l’interesse degli speculatori dell’edilizia nella città del  mattone, conta decisamente più degli interessi del comune. Ci sono a  Bari oggi qualcosa come 24.000 appartamenti sfitti. Tutti in mano a  cartelli potentissimi che vengono tutelati e protetti da un potere  locale cieco e clientelare e difeso dai manganelli della polizia.

Questo renderà sempre più evidente l’irrappresentabilità di una  moltitudine che non reclamerà più ma risponderà alla guerra che le viene  mossa contro riappropriandosi di una vita indipendente e autonoma.

 

2)l’eccedenza e la tensione che si è prodotta intorno a questa  occupazione ci lascia ben sperare in una capacità organizzativa che  significa riappropriazione diretta di reddito (e la casa è una parte del  reddito) e che, a nostro avviso, segnerà l’autunno alle porte e non  solo questo.

 

Per queste considerazioni noi invitiamo tutte e tutti, le/gli  occupanti, chi è passato per solidarietà, chi ha da subito solidarizzato  e chi si è avvicinato per organizzare ulteriori passi in avanti, chi ha  resistito alle provocazioni in divisa,  di vederci in ASSEMBLEA METROPOLITANA Venerdì  19 ottobre ore 20:30 a Villa Roth Occupata.

Da qui si riparte, non ci fermerete. Non chiediamo più, OCCUPIAMO!

Il 20 Ottobre tutti in strada #globalnoiseroma continua

Nessuno ci rappresenta! Più che un governo tecnico in Italia si realizzano tecniche di governoautoritario. E’ il momento di dire basta! Scendiamo nuovamente inpiazza.

#Global noise roma 13 Ottobre è stata una prima occasione di riconoscimento e cooperazione, un centinaio di precari, abitanti delquartiere, giovani e studenti hanno dato vita ad un’assemblea che ha deciso di riconvocarsi in piazza per il prossimo sabato a partire dalle 18 per preparare materiali ed organizzarsi per poi muoversi dove meglio crederà in maniera vivace, rumorosa, arrabbiata, desiderante e determinata ad attivarsi con i propri contenuti nel territorio.

L’appuntamento è per il 20/10/2012 h 18 in Piazza S.Maria in Trastevere per chiudere la settimana globale d’iniziative lanciata dai movimenti internazionali contro l’austerity.

Generazioni senza futuro nelle scuole e nelle università, precari eprecarizzati, disoccupati, cassintegrati, nativi e migranti,indignati, incazzati, liberi pensatori!

Atene, Lisbona, Madrid, Parigi…

…Roma non fà la stupida!

Sabato 20 Ottobre h 18 P.zza Santa Maria in Trastevere

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La repressione ai tempi dell’austerity


 Il 23 marzo 2012, in pieno giorno a Casalbertone un gruppo di neofascisti, provenienti dalla sede di Casapound in via Orti di Malabarba tentava di assaltare lo spazio sociale Magazzini Popolari Casalbertone, venendo comunque respinti nonostante i numeri assolutamente sfavorevoli agli attivisti degli MPC. Di lì a poco, in un pomeriggio infrasettimanale, una settantina di neonazisti si radunava in via Orti di Malabarba, a pochi metri dall’ingresso della locale caserma dei Carabinieri, con caschi, mazze e pietre ben visibili.

La scelta degli antifascisti di muoversi in corteo è stata la necessaria risposta per denunciare lo squadrismo che ciclicamente torna a manifestarsi in città, grazie alle evidenti contiguità politiche, che nonostante la retorica elettorale, lega da decenni esponenti dell’attuale amministrazione cittadina e la ex giunta regionale di Renata Polverini: ruoli di responsabilità e ben remunerati nelle municipalizzate e nei servizi locali, quasi 12 milioni di euro per il palazzo di via Napoleone III in cui Casapound ha la sua sede, legittimazione politica per le iniziative revisioniste e di sapore nazistoide che vengono messe in piedi.

Gli incidenti che ne sono seguiti sono stati la conseguenza della legittima autodifesa all’attacco mosso al corteo da parte dei fascisti, e qualsiasi immagine o video reso pubblico nelle ore seguenti mostra chiaramente l’accanita resistenza dei pochi compagni contro una ben più nutrita e organizzata squadraccia, per altro sotto lo sguardo logicamente passivo delle forze dell’ordine, che anzi nelle ultime battute hanno mosso una carica alle spalle degli antifascisti.

Oggi, ottobre 2012, riceviamo una serie di denunce che vedono coinvolte entrambe le parti, in un tentativo maldestro di mettere sullo stesso piano chi si è difeso con chi pratica sistematicamente la violenza squadrista e la propone come macabro immaginario, vecchia tradizione della Roma bene che dai “mostri del Circeo” porta alle scuole della Cassia e dei Parioli, per ora unico luogo di fermentazione dell’estrema destra neonazista.

Quello della radicalizzazione dei movimenti di estrema destra è ormai un fenomeno europeo: in Grecia, nell’est europeo, l’ondata populista solo apparentemente deideologizzata degli anni Novanta e dei primi anni Duemila si sta traducendo in una pressione sempre più violenta delle organizzazioni neonaziste contro attivisti di sinistra, migranti e nel tentativo di cavalcare la legittima rabbia dei cittadini colpiti dalle misure di austerità: se chiunque può riconoscere sui media mainstream la pericolosità di Chrisi Avgi (Alba Dorata) in Grecia, al centro di sempre più frequenti casi di omicidio e sostenuta elettoralmente dalle forze dell’ordine, ci sembra conseguente dover rivendicare il diritto di resistenza dei movimenti sociali.

Nell’epoca del governo tecnico, il fascismo ritorna nell’Europa meridionale come collettore delle tensioni sociali, sia nelle strade che nelle tornate elettorali: con preoccupazione abbiamo osservato la crescita di Chrisi Avgi in Grecia, le alte percentuali di Marine Le Pen alle presidenziali francesi, l’ormai tristemente consolidato regime ungherese di Viktor Orban. Abbiamo sempre rivendicato la nostra pratica antifascista, nel ricordo di Renato Biagetti, nostro compagno ucciso nel 2006, ma anche nella consapevolezza di essere presenti e attivi in un territorio che ha in sé i simboli delle Fosse Ardeatine e di Porta S.Paolo: siamo antifascisti non per odio, ma per dignità, diciamo da queste parti.

E’ per questo che portiamo sulle spalle il peso di una continua repressione: é di pochi giorni fa l’assurda condanna di due nostri compagni di Acrobax “colpevoli” di essere stati indicati da noti attivisti di destra della locale sede del PDL come aggressori in un fatto avvenuto ormai 6 anni fa. In questa fase, la criminalizzazione dei movimenti sociali, delle piazze, si esprime sia nella logica, in certi termini quasi scontata in questo paese, degli “opposti estremismi”, che appiattisce le differenze in nome di una pacificazione in cui appunto è possibile anche la legittima partecipazione alla vita pubblica di gruppi nostalgici e xenofobi, di ispirazione orgogliosamente repubblichina, con vecchi attrezzi dello stragismo ancora attivi al loro interno, sia in quella della repressione violenta delle piazze: nell’anno che ci separa dalla giornata dell’indignazione del 15 ottobre 2011, ben poche sono state le occasioni di scendere in piazza in un paese senza incorrere in divieti, cariche e denunce. La sistematicità di condanne pesanti (anche fino a 5 anni) per chi è stato arbitrariamente rastrellato in Piazza S.Giovanni, e le misure cautelari che ad aprile hanno limitato la libertà di 12 persone in tutta Italia, ci sembrano il triste preludio ad una sempre maggiore stretta della agibilità del dissenso, ora che nuovamente l’intero pianeta, stretto nella morsa delle scelte draconiane degli organi sovranazionali che governano la vita pubblica dei cinque continenti, sta tornando in piazza: dal Cile alla Grecia, fin nella lontana Cina della produttività spinta oltre le umane possibilità, qui in Italia lo scorso 5 ottobre.

Se l’austerity è governo della paura, solo la nostra determinazione

può permetterci di riprendere parola sulle nostre vite.

Nodo redazionale indipendente

 

 

Comunicato stampa sui fatti di Casalbertone del 23 marzo – Libertà di movimento per tutti gli antifascisti

Nell’attuale contesto di campagna elettorale sembra evidente che i neofascisti di Casapound, nel tentativo maldestro di ripulirsi l’immagine, riescano anche a legittimare il lavoro degli zelanti magistrati su quanto accaduto a marzo a Casal Bertone. Il comunicato stampa dei “ribelli del terzo milennio”, pubblicato a seguito della comunicazione di conclusione delle indagini notificate in questi giorni a sei compagni antifascisti e nove esponenti di CasaPound Italia, “appoggia” pienamente l’operato di magistratura e questura.

Non avevamo dubbi sulle collusioni che persistono tra questa organizzazione neofascista e gli apparati di polizia. Ma gli abitanti del quartiere di Casal Bertone conoscono bene i fatti, visto che il loro territorio negli ultimi anni è stato oggetto di tentativi poco riusciti di insediamento sociale e politico di un fantomatico Circolo Futurista. Ma quando non si hanno né contenuti né consenso sociale l’unico strumento rimane la provocazione. Ed è così che sono andati i fatti.

Il 23 marzo 2012, nel primo pomeriggio a Casal Bertone un gruppo di neofascisti, provenienti dalla sede di Casapound in via Orti di Malabarba, tentava di assaltare lo spazio sociale Magazzini Popolari. Tale iniziativa oltre ad essere stata preventivamente organizzata, vista la presenza di caschi e bastoni, vedeva la copertura visibile dei carabinieri. Nonostante i numeri sfavorevoli i compagni presenti in quel momento nella sede dei Magazzini Popolari, prontamente allertati dai residenti del quartiere, sono riusciti a respingere il gruppo dei neofascisti. Poche ore dopo si riunisce un’ assemblea pubblica davanti ai Magazzini Popolari che decide di denunciare quanto avvenuto realizzando una manifestazione che ha attraversato il quartiere raccogliendo, durante il percorso, la solidarietà degli abitanti del quartiere, infastiditi dall’ennesima provocazione e dalla militarizzazione del territorio. Tutti a Casalbertone, infatti, conoscono il lavoro quotidiano dei Magazzini Popolari e della Rete sociale. La scelta degli antifascisti di muoversi in corteo è stata la necessaria risposta per denunciare lo squadrismo che ciclicamente torna a manifestarsi in città. E infatti di lì a poco, sottolineiamo in un pomeriggio infrasettimanale, una settantina di neonazisti si radunava in via Orti di Malabarba, a pochi metri dall’ingresso della locale caserma dei Carabinieri, con caschi, mazze e pietre ben visibili. Durante il percorso il corteo antifascista viene attaccato ed esercita una legittima resistenza per le strade del quartiere di Casal Bertone.

Negli ultimi anni sono evidenti le contiguità politiche che legano esponenti dell’attuale amministrazione cittadina e della ex giunta regionale di Renata Polverini con attivisti di CasaPound. Basti pensare ai ruoli di responsabilità assegnati ai neofascisti “impresentabili” nelle municipalizzate e nei servizi locali balzati agli onori della cronaca. Nel contesto di spending review e di taglio dei servizi socio-assistenziali il comune di Roma ha speso 12 milioni di euro per acquistare il palazzo di via Napoleone III in cui “i ribelli” hanno la loro sede. La scelta di coinvolgerci in questa iniziativa repressiva, oltre a cercare di delegittimare attraverso la declinazione degli opposti estremismi il diritto di resistenza degli attivisti delle lotte sociali della città, diritto che rivendichiamo in pieno di fronte alla violenza squadrista che torna ad affacciarsi a Roma come ad Atene, Budapest e nelle altre capitali dell’Europa schiacciata tra crisi e misure di austerità, rimette al centro del dibattito la questione della restrizione dei margini di libertà: per gli attivisti come per l’intera società.

Nella nuova fase del governo tecnico è sempre più difficile scendere in piazza senza incorrere in divieti, denunce, intimidazioni fisiche e giudiziarie: lo abbiamo sperimentato nelle piazze studentesche dello scorso 5 ottobre, lo vivono sulla loro pelle i centinaia di attivisti che ancora scontano dei provvedimenti cautelari per aver manifestato contro la macelleria sociale dell’austerity, lo hanno subito gli operai dell’Alcoa, costretti in una “gabbia militare” ogni qualvolta vengono a Roma per reclamare un futuro. Ci sembra urgente riprendere in mano il tema della libertà di movimento e per questo proponiamo di incontrarci in assemblea cittadina il 30 Ottobre alle ore 18 presso i Magazzini Popolari Casalbertone via Orero 61. Sono invitate a partecipare tutte le reti, i collettivi e le soggettività antifasciste di Roma.

Prime adesioni: Magazzini Popolari Casalbertone, Loa Acrobax Project, Palestra Popolare Valerio Verbano, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, All Reds Rugby Roma, Assemblea cittadina degli studenti medi in mobilitazione, Laboratorio Filosofico “SofiaRoney.org”, Assemblea Giovani al Centro, Collettivo fuorilegge giurisprudenza rm3, Laboratorio Aion lettere rm3, Ardita San Paolo

Uninomade 2.0 al Teatro Valle Occupato

SEMINARIO, Roma, 27-28 ottobre 2012 

 Il marchese di Condorcet e Thomas Jefferson conoscevano bene la forza e l’importanza delle Costituzioni. Eppure, entrambi concordavano sul fatto che nessuna Costituzione potesse essere considerata eterna. Anzi, ogni generazione – sostenevano questi padri del costituzionalismo moderno – avrebbe diritto a scrivere una nuova costituzione. Sapevano bene, Jefferson e Condorcet, che le costituzioni nascono da precise mediazioni storiche, traducono equilibri contingenti, e che il rapporto tra qualsiasi “diritto costituzionale” costituito e processi costituenti non può mai essere chiuso definitivamente.

Oggi la crisi ha riaperto ancora una volta lo spazio costituzionale, lo ha nuovamente investito trasformandolo in uno spazio di critica e di lotta politica. L’attacco neoliberale ha radicalmente disarticolato l’unità del sistema costituzionale, con un’iniziativa che si è collocata esplicitamente su un piano di sfida costituente: una vera e propria “rivoluzione dall’alto”, che ha preteso l’adeguamento delle stesse costituzioni “formali” al nuovo comando politico finanziario.

Davanti a questa sfida, la sinistra ha mantenuto una posizione semplicemente reattiva, difensiva: lo slogan della “difesa della Costituzione” non basta a nascondere l’incapacità di fare i conti con la fine di quegli equilibri costituzionali, con la destrutturazione profonda della cittadinanza democratica e con la rottura tradizionale mediazione tra capitale e lavoro incorporata nelle costituzioni welfaristiche del Novecento.

Gli Occupy nordamericani e europei, per non dire delle primavere nordafricane, pur nelle loro grandi differenze, si sono invece tutti collocati su un terreno completamente diverso da quello della “difesa” degli equilibri costituzionali esistenti. Sono stati tutti movimenti che hanno esercitato una rottura di quegli equilibri. Hanno avuto caratteristiche destituenti rispetto ai contesti costituzionali dati, e, contemporaneamente, hanno aperto un’agenda costituente: costruzione di contropoteri democratici qui e adesso, nuova affermazione di eguaglianza e libertà, non contenuta e non contenibile in nessun ordine costituzionale “dato”. Il fatto che questi movimenti siano riusciti a manifestare solo parzialmente le loro potenzialità, o, in altri casi, abbiano incontrato la reazione feroce delle élites conservatrici, non toglie nulla alla chiarezza con cui si sono collocati su un terreno costituente e non rappresentabile. Tale irriducibilità anzi, per questi movimenti, non è stato un obiettivo da proclamare, un programma cui tener fede: semplicemente, essi si sono mostrati costitutivamente inconfigurabili, così come è la cooperazione sociale che essi esprimono.

Con il seminario del 27 e 28 ottobre, vogliano discutere appunto della costituzione. E non solo e non tanto della costituzione italiana, quanto della rottura delle mediazioni costituzionali classiche, dell’esaurimento delle “costituzioni del lavoro” del Novecento. Della fine di quel modello di welfare e di cittadinanza. Vogliamo rilanciare la critica del diritto, a cominciare dalla critica del diritto pubblico e costituzionale, ma anche sporgerci al di là, verso quell’orizzonte costituente pur contraddittoriamente aperto dai movimenti. E farlo soprattutto guardando alla dimensione europea, dove è sempre più evidente come non esista nessuna costituzione data che possa recepire le istanze di eguaglianza e libertà avanzate dalla radicalità dei movimenti. Vogliamo discutere dell’urgenza in Europa di un’ipotesi costituente, oltre ogni possibile “aggiornamento” delle mediazioni costituzionali esistenti, in cui ancora paiono adagiarsi le sinistre europee.

Vogliamo anche dare sostanza, cominciare ad articolare questo orizzonte costituente. Immaginare che cosa può essere oggi una Dichiarazione dell’irrinunciabile, dell’inalienabile. Non si tratta di appiattirci sul linguaggio dei diritti – spesso tanto pomposo quanto impotente – o di scimmiottare le dichiarazioni del Settecento. Ma di cominciare a formulare i punti programmatici, emersi dalle lotte, che segnano, i nuovi “principi indisponibili” del lavoro vivo: il reddito, la libertà di movimento, il welfare del comune, la riappropriazione della moneta, la libertà della cooperazione sociale dai dispositivi parassitari che la attraversano, la lotta al debito, il diritto all’insolvenza, la libertà dai dispositivi di controllo e securitari, il diritto alla salute in tutte le sue dimensioni biopolitiche…

Infine, vogliamo affrontare la questione, continuamente affermata oggi dalle lotte per i commons, degli usi e dell’accesso al comune. Le lotte di quest’anno hanno elaborato pratiche inedite. È già un fatto politico che esistano una pluralità di usi del diritto, a tutti i livelli:

  • la scrittura di una istituzionalità autonoma proposta dallo Statuto del Teatro Valle;
  • la giurisprudenza delle sentenze, in particolare quella del cinema Palazzo;
  • delle delibere, come nel caso dell’ex Asilo Filangieri;
  • l’appello agli articoli della Costituzione nel referendum sull’acqua;
  • il diverso uso del diritto amministrativo fatto dai comitati cittadini dell’acqua;
  • le politiche dei “nessi amministrativi” nei municipi;
  • l’uso che risignifica politicamente alcune normative esistenti (dagli usi civici all’acquisto di microlotti di terreno attorno al cantiere in Val di Susa).

Queste lotte, che hanno fatto riemergere parole in qualche modo “antiche” come uso e accesso, hanno però anche reso evidente che “uso” e “accesso” non si radicano oggi in nessun presupposto oggettivo, ma all’interno di pratiche inedite attraversate dalla produzione di nuova soggettività. Che in altri termini, il tema dei commons si apre sullo sfondo del comune, come produzione di una cooperazione sociale finalmente libera dallo sfruttamento.

Dalle lotte sui commons, emerge anche come l’unità – tradizionalmente presupposta – dei sistemi costituzionali sia oramai in frantumi. Il diritto si produce sotto il segno dell’eterogeneità, non più dell’omogeneità che caratterizzava l’antica tradizione “pubblicistica” del Popolo e del Sovrano, mentre i processi di governo si svolgono in una dimensione di “opacità” e pongono in discussione i modelli classici di divisione dei poteri. Ma proprio l’irriducibile pluralità delle fonti giuridiche – sentenze, delibere, statuti, usi civici, norme costituzionali – e la rottura della loro tradizionale gerarchia, può essere oggi l’occasione di una politica federativa delle lotte.

In ultimo, ma è il punto cruciale: le lotte sull’uso e dell’accesso ai commons, riaprono – finalmente! – la questione della proprietà. La riapertura di un’istanza costituente oggi si gioca principalmente su questo: spodestare la proprietà dal centro che pretende di occupare nella regolazione della cooperazione sociale. L’immaginazione costituente che il nostro seminario vuole mettere in moto, accoglie dalle lotte e rilancia l’urgenza di superare l’arbitrarietà del “terribile diritto”.

PROGRAMMA

Teatro Valle Occupato (www.teatrovalle.it)
Via del Teatro Valle 21, 00186 Roma

Sabato 27 ottobre, ore 10.00 – Prima sessione
VERSO UN ORIZZONTE COSTITUENTE

Introduzione: Sandro Mezzadra, Giso Amendola, Teatro Valle Occupato
Relazioni: Ugo Mattei, Toni Negri

 

Sabato 27 ottobre, ore 14.30 – Seconda sessione:
GLI USI DEL COMUNE

Introduzione: Teatro Valle Occupato
Relazioni: Massimilano Guareschi e Federico Rahola, Paolo Napoli
Discussione

 

Domenica 28 ottobre, ore 10.00 –  Terza sessione:
PER UNA NUOVA DICHIARAZIONE DELL’IRRINUNCIABILE E DELL’INALIENABILE

Introduzione: Sandro Mezzadra, Giso Amendola
Relazioni: Michael Hardt, Raul Sanchez Cedillo
Discussione

 

Interventi programmati (da distribuire nelle due giornate): Alessandro Arienzo, Peppe Allegri, Giovanni Giovannelli, Maria Rosaria Marella, Costanza Margiotta, Marco Silvestri, Michele Surdi, Benedetto Vecchi.

da www.uninomade.org