La libertà non cade dal cielo, si strappa giorno per giorno

Puntuali come un orologio svizzero, a soli tre giorni dall’imminente mobilitazione di sabato prossimo a Lione, arriva su tutto il territorio nazionale l’ennesima vile operazione repressivo-mediatica nei confronti di 19 attivisti No Tav.

I fatti contestati nell’operazione scattata all’alba di oggi riguardano l’occupazione simbolica degli uffici della GeoValsusa del 24 agosto 2012, impresa complice della devastazione e militarizzazione del territorio della Val Susa, nonchè i fatti avvenuti il 29 febbraio 2012 durante il blocco autostradale realizzato in quei giorni a Chianocco, quando giornalisti del Corriere della Sera presenti con tanto di furgone attrezzato, non solo per le riprese ma anche  per le intercettazioni, sono stati cacciati dagli attivisti che hanno smascherato il ruolo di una informazione embedded inviata come arma di propaganda di massa contro la verità di chi lotta in difesa del proprio territorio.

Per l’ennesima volta, e a dieci mesi dall’ignobile inchiesta firmata dal Procuratore-capo di Torino, Giancarlo Caselli, i poteri forti tentano la carta della criminalizzazione volta a intimidire chi ogni giorno si mobilita contro la becera retorica strumentale di un governo liberista che utilizza il tema della crisi economica per sostenere lo scempio ambientale ed economico del Tav. Per tutelare l’operazione si è ricorsi nuovamente alla pratica dell’occupazione militare: centinaia di uomini hanno letteralmente bloccato l’accesso al centro abitato di Chiomonte, violato e rimosso il presidio dei No Tav, sancendo che l’unico modo di colpire il movimento è l’imposizione di un vero e proprio stato d’eccezione.

A questo si aggiunge l’ignobile tentativo di pochi giorni fa di stigmatizzare i genitori che portano i propri figli alle manifestazioni NoTav, denunciandoli ai servizi sociali.

Come troppo spesso accade, non possiamo che constatare come i poteri dello stato e i suoi esecutori stiano sperimentando e sedimentando pratiche repressive per cui, in questo contesto di crisi gestito a colpi di austerity, la sistematica svolta autoritaria sta diventando prassi quotidiana. Il ministro Cancellieri solo pochi giorni fa ha nuovamente invocato uno strumento di repressione preventiva, una sorta di Daspo, che impedisca agli attivisti di partecipare ai cortei più significativi.

Le cariche selvagge, le identificazioni di massa e gli arresti scattatati il 14 novembre, nuova giornata di sperimentazione di uno sciopero sociale coordinato a livello europeo, si sommano al susseguirsi di misure cautelari per chi il 15 ottobre 2011 ha partecipato ad un corteo esprimendo legittimamente solo una minima parte della rabbia che ci portiamo dentro. Questi sono solo alcuni esempi di come la penalizzazione delle lotte sociali e la riduzione dell’agibilità politica dei movimenti indipendenti non siano nient’altro che dispositivi di controllo volti ad imporre un’analitica, capillare e strutturata prevenzione di ogni dissidenza sociale.

“Tutti insieme facciamo paura”: l’abbiamo gridato in migliaia nelle ultime manifestazioni e lo sanno bene i signori chiusi nei palazzi. Questa consapevolezza pone però la necessità di articolare un discorso politico ampio e comprensibile che rompa l’isolamento della repressione, che sappia trovare meccanismi e dispositivi di cooperazione dentro e fuori i movimenti in grado di mettere la solidarietà al centro delle nostre pratiche per spazzare via la delazione e il giustizialismo diffuso.

Nel governo dell’austerity e della paura, non solo gli/le attivist* ma tutt* dovremo aver ben chiara l’urgenza di guadagnare una piena agibilità, una vera libertà di movimento, oltre le continue limitazioni delle libertà personali e collettive che hanno reso l’Italia un enorme e insostenibile recinto.

Libere/i tutte/i

La nostra libertà non si paga. Si strappa!

Mentre scriviamo veniamo a conoscenza della riconquista del presidio di Gravella a Chiomonte: pensate davvero di poter vincere contro il popolo della montagna?

Morire per un pantalone rosa. A 15 anni. Nel 2012. Italia

Si chiamava Andrea, ma i compagni, per offenderlo, lo chiamavano il “ragazzo dai vestiti rosa”.

Andrea è morto. Si è ucciso.

Non ce l’ha fatta più a sopportare quegli insulti che lo perseguitavano da troppo tempo. I compagni lo denigravano da quando si era iscritto al liceo Cavour, in una zona centrale della capitale. Un tormento quasi quotidiano. A scuola.

Ma anche sul web: avevano persino creato una pagina facebook, in cui lo prendevano continuamente in giro per i suoi modi di fare e anche per l’abbigliamento, per il suo colore preferito, il rosa. Quella pagina era là, visibile a tutti, da tempo.

E questo Andrea lo sapeva bene, forse si era anche rassegnato. E la settimana scorsa, giovedí 22 novembre, quando si è presentato a scuola con lo smalto alle unghie, lo hanno deriso ancora e apostrofato “frocio”, “ricchione”. E dopo che una professoressa lo aveva ripreso per lo smalto, dicendogli che “non era il caso”, è tornato a casa e si è impiccato con la sua sciarpa poco dopo le 17. A 15 anni.

Il fatto che parenti e compagni, dopo la sua morte, neghino a tutti i costi che Andrea potesse essere omosessuale ritenendo la cosa una diffamazione, fa capire il clima di intolleranza in cui viveva il ragazzo. Quel che è certo e che Andrea voleva solo essere se stesso. Voleva essere semplicemente Andrea, un ragazzo con i pantaloni rosa.

“La zappa degli studenti sovversivi” da “comune-info.net”

Secondo anno per la «Scuola del Giardiniere sovversivo e di Permacultura». Teoria e pratica sul campo al centro sociale Acrobax, con il gruppo di guerrilla gardening romano Giardinieri sovversivi. L’unica scuola al momento dove i tagli sono ben visti da allievi e docenti. Quelli delle erbacce.

Sabato primo dicembre suona la campanella: alle 17,30 presso Acrobax a Roma (via della Vasca Navale 6), verrà presentata la Scuola del Giardiniere sovversivo e di Permacultura. Il corso è organizzato dai Giardinieri Sovversivi Romani (gruppo di guerrilla gardening antifascista ed antirazzista di Roma) ed affronterà anche quest’anno argomenti come giardinaggio d’assalto, nozioni di base di fitobiologia applicata e tecniche di coltivazione naturale, con lo scopo di aumentare nei cittadini una coscienza «verde», lasciando ad ognuno il libero arbitrio di far poi, di questo piccolo bagaglio culturale, ciò che meglio crede.

Gli aspiranti giardinieri sovversivi faranno palestra sul campo ovvero presso il Laboratorio occupato autogestito Acrobax, centro sociale con i suoi dieci anni di storia (nel sito si legge «Era il 2001, tornavamo tutti/e dai giorni del G8 di Genova. Anche chi non ci era stato/a. Perchè quella è una data spartiacque per molti/e della nostra generazione….) che ha sede nell’ex-cinodromo di Roma, uno stabile enorme nel quartiere Marconi, un tempo del tutto abbandonato e recuperato in questi ultimi anni come laboratorio del precariato metropolitano e come importantissima opera di riqualificazione per l’intero quartiere e la città.

In questo spazio sono presenti diversi laboratori, Acrobax Expo, All Reds Rugby, All Reds Basket, Circolo Anpi Renato Biagetti, Laboratorio Aion, Progetto Ansa del Tevere, Barriot e Cucinodroma, La Popolare Palestra Indipendente, Renoize e ovviamente anche il laboratorio dei Giardinieri sovversivi. Il centro è un spazio culturale, impegnato in lotte sia sociali che politiche, con un occhio di riguardo per il precariato, il diritto alla casa, il carcere, le lotte contro la repressione e il neofascismo.

Il gemellaggio tra Giardinieri sovversivi (Gs) ed Acrobax è nato nel 2011 quando con zappe e rastrelli in mano si è data vita a un’opera di riqualificazione e condivisione degli spazi verdi dell’ex Cinodromo: il CinOrto Sinergico Sovversivo, un piccolo vivaio dove si conservano le piante donate da vivai e cittadini per le azioni di guerrilla gardening, progetti di sistemazione del verde come la grandissima opera di terrazzamento iniziata con l’aiuto dei ragazzi del Servizio civile internazionale, il parco dei bimbi al Baricadero e la sistemazione della grossa e grassa aiuola dell’entrata.

Grazie all’entusiasmo di lavorare a un comune progetto, è stata aperta in questi spazi la scuola di Gs, in modo da far conoscere a quanta più gente possibile un luogo storico romano purtroppo ai più sconosciuto con l’intenzione di valorizzare i numerosi spazi verdi che vi sono presenti in un progetto condiviso con la città.

Il programma del corso prevede quest’anno ben due moduli: Modulo 1: giardinaggio sovversivo (una parte teorica in cui verranno spiegate le nozioni di base del giardinaggio come botanica, terreno e concimazione, moltiplicazione delle piante, le malattie, tecniche di potatura ed una pratica di guerrilla gardening, tecniche varie per la moltiplicazione e la cura delle piante). Modulo 2: permaculura sovversiva (dove impareremo come fare un piccolo orto domestico, come coltivare con poca terra e in verticale, come trasformare gli scarti alimentari in risorse agricole e tutta la «magia» dell’agricoltura naturale e sinergica, facendo pratica con zappa alla mano nella terra che costeggia il campo da rugby tra le altre terreno analizzato in laboratorio come ottimo e non inquinato).

Il corso insegnerà quindi le basi per il giardiniere e contadino sovversivo perfetto, per poter costruire «le armi del mestiere» (come le bombe di semi, lattine volanti, moss graffiti) e tutto quello che occorre per coltivare in maniera salutare i prodotti che troviamo sulla nostra tavola. Le lezioni della Scuola del Giardiniere sovversivo si terranno il sabato dalle ore 15 alle 18 e avranno durata fino alla fine di giugno. La Scuola è gratuita, ma verrà chiesta una quota di partecipazione, valida per l’intero corso, di soli 10 euro per studenti e disoccupati, 15 euro per i lavoratori e/o per chi è più fortunato.

Il ricavato verrà devoluto alla «Sacra» Guerrilla Gardening, sia per l’acquisto dei materiali per le lezioni (come piante, attrezzi da giardino, concime) sia per il materiale didattico distribuito durante le lezioni (carta e toner). La prima classe a intraprendere questa avventura lo scorso anno ha avuto la partecipazione di 63 allievi giardinieri, ma per il nuovo corso si conta di dilagare il «Verbo Verde»…

Per conoscere meglio la scuola e come ogni inaugurazione che si rispetti dopo la presentazione sarà offerto uno squisito aperitivo vegano (grazie a VeganRiot!) e chi vorrà potrà restare alla videoproiezione del film «Gli Equilibristi» (regia Ivano De Matteo, 2012), insieme al regista e Valerio Mastandrea.

Per avere un’idea di cosa è possibile combinare una volta frequentato il corso suggeriamo di dare un’occhiata al foto-reportage Il suono dei tulipani. Per arrivare invece preparati alla scuola consultate un po’ di archivio qui.

La prima foto di questa pagina è di Matteo Micalella e riguarda l’iniziativa promossa a Roma domenica 4 novembre  da Giardinieri sovversivi: dell’iniziativa si parla in questo articolo. Nella seconda foto, lezione della scuola dei giardinieri dello scorso anno (tra i più attenti gli allievi a quattro zampe).

E se infine pensate che guerrilla gardening, permacoltura e orti urbani siano materie e pratiche che dovrebbero entrare nelle scuole (ammeterete che siete un po’ fuori di testa) allora dovete leggere questo articolo, Proposta ai ragazzi/e delle scuole in movimento, e darvi da fare nel farlo rimbalzare in rete.

>>> da http://comune-info.net/2012/11/la-zappa-degli-studenti-sovversivi/

1 Dicembre@Acrobax – “Gli Equilibristi” Proiezione e dibattito con I. De Matteo E V. Mastrandrea

Ore 21 proiezione del film Gli equilibristi. Regia Ivano De Matteo, 2012. A Seguire dibattito: introduce la trasmissione “Visionari” di Radio Onda Rossa, incontro con Ivano De Matteo e Valerio Mastrandrea

Nel 2002 abbiamo occupato l’ex cinodromo trasformandolo nel laboratorio del precariato metropolitano. Eravamo e siamo ancor oggi acrobati, equilibristi sospesi sul filo della precarietà tra lavori intermittenti, disoccupazione e affitti inarrivabili. Nel 2012 sono milioni i precari che vivono nell’ansia, uno stato di insicurezza cronico dovuto non solo a sentirsi come sospesi a un filo, ma consapevoli che il più piccolo errore o malaugurato accidente può fare la differenza tra un tenore di vita accettabile e una vita da marciapiede. Per questo siamo convinti che combattere contro la precarietà significa lottare per la dignità e per la libertà. Siamo lieti di presentare l’ultimo lavoro di Ivano De Matteo, un film che racconta la nostra condizione esistenziale.

>> Intervista a Valerio Mastrandrea (di Samir Hassan)

 “Anche chi ha il posto fisso è un’equilibrista”.

Valerio Mastandrea racconta il suo nuovo film, un’altalena tra precarietà professionale e sentimentale.

Quando più di un anno fa l’ex-ministro Brunetta definì un gruppo di precari (che lo contestarono a Roma, ad un convegno sulle innovazioni tecnologiche) come l’Italia peggiore, non si aprì solo una fitta canea mediatica, ma anche una ridefinizione del tema della precarietà. Si udirono da più parti inviti, rivolti ai “giovani bamboccioni”, di andare a lavorare; di cercarsi un lavoro, un posto fisso, di uscire dall’alveo familiare, di tuffarsi nella vita e nel mercato del lavoro e delle professionalità. La Grecia era nel pieno del suo collasso, lo spread era un termine usato da pochi addetti ai lavori e l’Italia ancora non aveva un governo tecnico. Eppure qualche giovane senza peli sulla lingua fece la voce grossa, ricordando al paese che il posto fisso, in un mercato del lavoro senza garanzie e sistematicamente deregolamentato, è un meccanismo di precarizzazione tale e quale ad un contratto a progetto. Gli Equilibristi, una delle ultime fatiche interpretate da Valerio Mastandrea, sembra essere il sequel reale di quel fatto; una pellicola che evidenzia come le connessioni tra la precarietà lavorativa e quella esistenziale non siano solo salde, ma anche sequenziali, conseguenti, quasi inevitabili. Con delle specifiche ben precise: il degrado umano della persona, il problema della famiglia, la difficoltà di accettare un così repentino cambio di vita.

***

Gli Equilibristi più che un film sembra l’amara verità di molte famiglie italiane; possiamo definirla una vera e propria pellicola di “denuncia sociale”?

 «Ogni film che riesce ad indagare sulla realtà delle cose e del mondo che ci circonda in genere compie un lavoro di “denuncia sociale”. Denunciare è dunque sinonimo di mettere in risalto, mostrare le zone sotterranee della nostra storia, della storia delle persone. Tuttavia “denunciare” non è un verbo che mi piace molto. Potrebbe essere sostituito da “stimolare”, “riscoprire” e tanti altri che non permetterebbero di non perdere il senso più profondo del fare cinema. Capire, forse questa è l’espressione più appropriata.»

 Mettendoti nei panni di Giulio, un italiano qualunque, hai percepito la povertà come sola mancanza di denaro oppure la colleghi ad un’umanità che il tuo personaggio sembra smarrire scena dopo scena?

«Nel film si parla di un uomo col posto fisso, cioè il nuovo grande sogno italiano. Questa è, forse, la novità dei tempi nostri; ovvero, anche chi appartiene ad un ceto medio, quindi relativamente “coperto” da un punto di vista professionale, non è più al sicuro davanti ad uno sconvolgimento della propria vita. Non è al sicuro economicamente, non lo è altrettanto dal punto di vista emotivo. Economia ed emotività. Due cose così distanti ma che possono creare un corto circuito molto pericoloso.»

Il titolo del film rimanda ad una vita in bilico, vissuta tra precarietà e altalene professionali. Responsabilità delle classi dirigenti o della passività di chi ne fa le spese ogni giorno senza alzare la voce?

«La povertà ha sempre fatto parte della storia dell’uomo. E’ cambiato il potenziale di solidarietà ed aiuto che si potrebbe mettere collettivamente in campo per scongiurarla, per alleviarla laddove non si può evitare. Parlo di potenziale perché – paradossalmente – più aumenta la coscienza e l’attenzione verso chi non se la passa bene e più, chi possiede maggiori possibilità, ignora e tira dritto. E non sto parlando di classi sociali più abbienti, ma degli apparati istituzionali che – direttamente o indirettamente – sono parti in causa di queste crisi.»

Quando De Matteo ti ha parlato della sceneggiatura, qual’è stata la tua prima reazione? E com’è sul set Ivano, ai più noto come il Puma della serie di Romanzo Criminale?

«Ivano lo conosco da quasi 20 anni. Conosco il suo percorso artistico e la sua passione smodata che infonde in questo lavoro. Tutti ci dovrebbero lavorare almeno una volta, sarebbe un’ottima scuola, umana e professionale.»

Il film diretto da De Matteo, Il comandante e la cicognaPadroni di casa: tre film contemporaneamente nelle sale, una mole di lavoro – immaginiamo – notevole. Ti senti, a modo tuo, un’equilibrista?

«A dire il vero mi dispiace di queste uscite in contemporanea. Questi tre film sono frutto di tanti mesi di lavoro, e vederli sfidarsi, vedere il loro destino giocato nell’arco di un mese o poco più è una sensazione abbastanza desolante. In un certo senso possiamo dire che è il segno evidente di un mercato impazzito, che cerca di tutelare i suoi prodotti cercando di venderli nel minor tempo possibile rispetto ad altri produzioni promosse in contemporanea. Io continuo a considerare i film a cui partecipo tutt’altro che prodotti da vendere, ma comprendo che si muovono in un mercato che, però, deve riconsiderare regole, spazi e soprattutto deve imporsi di educare il pubblico a pensare che un film al cinema è diverso d un film visto su un dvx o in televisione.»

 

La nostra risposta alla vostra miseria!

Ci troviamo a scrivere questo breve documento perché sentiamo di avere una responsabilità: quella di reagire!

Camminiamo per le strade di San Paolo, un territorio devastato dalla nascita e continua espansione dell’Università di Roma Tre. Molt* di noi sono iscritti alle diverse facoltà che nascono come funghi, ma il tempo per poterci stare al meglio è sempre meno. Ci barcameniamo tra lavoretti precari e sfruttamento perenne, affitti in nero esorbitanti e la casa dei genitori, servizi di trasporto sempre più cari e sempre meno efficienti. La scelta è tra affittare una stanza nelle periferie e spendere tempo e soldi per muoversi da una parte all’altra della città oppure affittare a 100 euro in più vicino all’università; Farsi venire l’ulcera tra un lavoro di merda e l’altro o farla venire ai nostri genitori che si indebitano sempre di più per pagarci gli studi. Oppure meglio ancora sarebbe non iscriversi per niente all’università e buttarsi subito subito nel carnaio della disoccupazione.

Eh sì, perché mentre diminuisce il tempo per lo studio aumenta l’amara consapevolezza che questa tarantella è soltanto un girare a vuoto. L’università ha perso per sempre il suo ruolo di ascensore sociale. Ci stritola nella morsa della bassa formazione (proliferare di corsi frammentati, dequalificati e non spendibili nel mondo del lavoro) e la non accessibilità (aumentano le tasse, gli sbarramenti all’ingresso e i percorsi di eccellenza) e ci costringe nel baratro della formazione perenne. La definiamo “azienda” non solo perché i privati possono entrare nei consigli di amministrazione, ma perché si fa essa stessa macchina precarizzatrice. Il sapere è messo a servizio della produzione e lo studente non è più soltanto un precario in formazione ma un lavoratore non pagato a tutti gli effetti.

Quella di Roma Tre poi è la classica università vetrina, che ha fatto dell’apparenza e delle bugie la sua unica politica. Siamo rimast* sbalorditi davanti un servizio di Costume e società (rubrica del tg2 dedicata agli approfondimenti all’attualità) che snocciolava le innumerevoli agevolazioni agli studi, la straordinaria efficienza dei servizi di Laziodisu, l’ottimo sugo per la pasta della fantastica mensa. Già peccato che le tasse aumentano ogni anno di più, i fondi per le borse di studio non bastano e anche chi risulta idoneo nelle classifiche di fatto non può usufruirne, la mensa è una sola, lontana praticamente da tutte le facoltà e conveniente solo per chi rientra nella prima fascia iseeu, i pochissimi alloggi (piccole gabbie in cui è obbligatorio tornare entro le 24 e mostrare sempre il documento ) stanno fuori dal raccordo e sono comunque a pagamento, i concorsi per accedere a questi servizi sono una trappola burocratica mirata all’ulteriore scrematura dei richiedenti. Le ciliegine sulla torta l’agenzia degli affitti di Roma Tre e la card “Me lo merito” destinata ai giovani residenti più bravi e belli e che prevede riduzioni in base al reddito e alla media universitaria! E i nostri cari rettori e ministri ci vengono anche a parlare di merito! ma la verità è che noi ci meritiamo tutt* tutto e loro invece soltanto un bel calcio nel culo!

Altr* di noi sono già usciti dall’università e si ritrovano precari, laureati, super specializzati, dottorati, masterizzati, molto incazzati, disoccupati, cassaintegrati. Non abbiamo mai avuto il “privilegio” di un contratto sicuro di lavoro, non abbiamo mai visto un sussidio e probabilmente non vedremo mai una pensione. Lavoriamo per pochi spiccioli all’ora e sempre più spesso svolgendo una professione che non ci compete, senza diritti e con tanti doveri, siamo stufi di accontentarci, di tirare a campare portando a casa un po’ di pane da condividere con i nostri coinquilini, e si perché vivere da soli anche dopo gli studi è oramai un lusso come lo è permettere di tirare su una famiglia. Siamo stati accusat* dai politici di turno di essere “bamboccioni” , “l’Italia peggiore” perché precaria , “sfigati” che si laureano tardi e si ostinano a ricercare un posto fisso in fondo “monotono” e di essere “choosy” nella scelta del primo lavoro.

Da qualche anno squallidi governanti, tecnici indesiderati, eccelsi giornalisti e grandi imprenditori ci raccontano che “siamo in crisi” e proprio su questa formuletta costruiscono l’immaginario della rassegnazione e del sacrificio spianando il terreno alle misure di Austerity e alle condizioni necessarie per mantenimento del loro stesso potere. Nel frattempo vediamo avvicinarsi come un blob le elezioni e la grande stagione di campagna elettorale e sappiamo già che di cazzate ne sentiremo tante. E alla corsa frenetica verso le poltrone e gli orticelli di micropotere parteciperanno in tanti, anche quei compagni che dicono di scendere in strada in nome della libertà e guardando alle mobilitazioni europee di Spagna, Grecia e Portogallo.

Ma quello che ci raccontano le piazze europee va in tutt’altra direzione. Ci dicono chiaramente che il tempo delle elezioni è finito, che le forme organizzative del partito e del sindacato non funzionano più e che è necessario ripartire dalla sperimentazione di una nuova cooperazione sociale e un nuovo spazio costituente. Ci mostrano un altro modo di stare per le strade e che nell’Europa delle banche e oggi è ancora possibile uno sciopero sociale, generale, imponente e determinato.

Ci sembra però che anche intorno a noi qualcosa si sta muovendo e delle possibilità si stanno esprimendo. Negli ultimi giorni abbiamo visto studenti, precari, operai dare una risposta compatta e determinata alla buffonata del vertice italo-tedesco sulla precarietà accroccato dai ministri Fornero e Profumo a Napoli. Abbiamo partecipato all’occupazione dell’ex Cinema America di Trastevere e alla 4 giorni di Ripubblica, uno spazio aperto di discussione su beni comuni, riappropriazione, e un nuovo modo di pensare il pubblico; Lo guardiamo vivere ancora in questi giorni grazie agli student* e i giovan* del quartiere. Abbiamo partecipato alla giornata di mobilitazione europea del 14 novembre dando vita ad uno spezzone di student* delle scuole e dell’università, precar* e realtà sociali che ha bloccato l’ostiense ed è confluito nel concentramento di Piramide. Abbiamo sanzionato banche ed agenzie interinali e camminando verso il Parlamento gridato molto chiaramente che a noi davvero non ci rappresenta nessuno. Tutto il nostro disprezzo lo sputiamo in faccia alle forze dell’ordine che hanno caricato e spaccato il corteo, picchiato studenti e rastrellato i vicoli di Trastevere; Tutta la nostra forza va a chi è stato ferito, identificato ed arrestato.

Ma queste non sono le uniche ragioni per cui siamo tornati a casa con l’amaro in bocca: ci rendiamo conto oggi più che mai che la strada verso un vero sciopero sociale è ancora lunga. Ci ritroviamo di nuovo a dire che nel momento in cui pubblico e privato si mostrano come due facce della stessa medaglia capitalistica non possiamo più scendere in piazza in difesa dell’università pubblica. Di nuovo a sostenere che se le lotte studentesche ed universitarie non allargano il loro raggio di azione, se non ribadiscono la loro connotazione antisistema e non aspirano fortemente all’indipendenza non avranno lunga vita. Se non la pratichiamo fin da subito questa nuova cooperazione sociale, se non immaginiamo un modo diverso di fare la politica, di stare nelle assemblee e per le strade siamo destinati a sconfitte ben più pesanti. Invece di perdere noi non abbiamo nessuna voglia.

La nostra risposta allo spauracchio della crisi, all’illusione delle elezioni, all’arretramento dei movimenti non può che essere una sola: la rottura e l’ambizione della durata! Se ci chiedono un affitto occupiamo una casa, se aumentano i biglietti dell’Atac saltiamo i tornelli, se distruggono l’università riconquistiamo il sapere, se ci strangolano nella morsa del lavoro ci prendiamo tempo e reddito. Se non abbiamo nulla ci riprendiamo tutto.
Camminiamo insieme ai movimenti resistenti che oggi ci regalano sorrisi di dignità e speranza. Come i cittadini e i lavoratori di Taranto diciamo che “vogliamo vivere” e come la Val di Susa gridiamo “A’ sarà dura”!

Laboratorio Abitare Aion

 

Siamo tutte antifascisti!

SABATO 24 NOVEMBRE

MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA ORE 14:30 PIAZZA DELL’ESQUILINO.

La grande mobilitazione di questa settimana che ha messo in rete tantissime realtà antifasciste anche molto diverse fra loro, ha ottenuto che non venisse consentito ai fascisti di sfilare per le strade del centro di Roma, dove dalla mattina si svolgeranno le mobilitazioni degli studenti e di tutto il mondo della scuola e della conoscenza. Casapound decide infatti di spostare il suo corteo nazionale contro l’austerity nel quartiere più alto borghese di Roma! E lì, nelle vie dello struscio della Roma bene, loro ambiente naturale, terranno la “grande marcia nazionale” contro il governo Monti, tra SUV e localetti alla moda.

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Come antifascisti e antifasciste manifesteremo comunque sabato 24 a partire dalle ore 14:30 a Piazza dell’Esquilino per ribadire ancora una volta che i fascisti non hanno nessuna legittimità a sfilare e per dire che è una vergogna che il Comune di Roma, che taglia sui servizi sociali e ha un deficit di cui nessuno conosce l’entità, stanzi quasi 12 milioni di euro per regalare lo stabile di via Napoleone III agli squadristi: contro l’austerity vogliamo chiudere Casapound e tutte le sedi neonaziste, sostenute e foraggiate dalla giunta Alemanno con patrocini, fondi e posti di lavoro!Saremo noi gli antifascisti a riprenderci le piazze e le strade del centro di Roma dove avrebbero voluto sfilare i fascisti “del terzo millennio”, riprendendocele fin dalla mattina al fianco delle scuole e dei giovani precari e precarie in movimento: a loro lasciamo la riserva indiana della Roma per bene.Appuntamento ore 14:30 piazza dell’Esquilino

Gli antifascisti e le antifasciste romani

GIOVENTU’ LIDENSE TIFA ARDITA SAN PAOLO

25 NOVEMBRE 1884 / 2012
128°Anniversario della bonifica del litorale di Roma

Ore 14.00 Stazione Stella Polare (Roma-Lido)

STAGNI DI OSTIA VS. ARDITA SAN PAOLO
https://www.facebook.com/events/300358470074890/?ref=ts&fref=ts
Tifando la squadra baluardo dello sport popolare, festeggiamo i 500 braccianti socialisti e anarchici che rifondarono l’antica porta di Roma. ARDITA SAN PAOLO VINCI PER NOI!

25 NOVEMBRE 1884 – 500 BRACCIANTI RIFONDANO OSTIA

“…al grido di pane e lavoro!” Andrea Costa

Il ricordo della bonifica è ancora vivo nei nomi delle strade (viale dei Romagnoli, piazza dei Ravennati) e nei monumenti dedicati ai padri fondatori della bonifica: Armando Armuzzi, presidente dell’Associazione, e Federico Bazzini – ma soprattutto Andrea Costa e Nullo Baldini, gli ‘apostoli del socialismo’. E rimane vivo negli abitanti di Ostia Antica, figli e nipoti di quei Romagnoli, che spesso ancora ne parlano il dialetto.

Il 24 novembre del 1884 partirono alla volta dell’Agro romano 500 braccianti e 50 donne ravennati che, da lì a poco, diverranno i protagonisti della bonifica di Ostia e Maccarese.

Le direttive contenute nell’accordo di bonifica prevedevano la conclusione dei lavori entro 48 mesi dal loro inizio ma, le numerose difficoltà incontrate nell’esecuzione, fecero slittare la “consegna” di molto: ci sarebbero voluti sette lunghi anni per terminare le opere preventivate.

Come giustamente ricordato da Angelo Celli, quello dei lavoratori ravennati era il primo esempio di emigrazione interna proveniente da un luogo dove non mancavano di certo braccia per il lavoro verso un altro che presentava solo aree paludose e malsane.

L’arrivo dei braccianti romagnoli era il frutto della grave crisi economica degli anni’80 del XIX secolo. La crisi che aveva colpito l’intera penisola, in Romagna era stata particolarmente grave: infatti la grande maggioranza degli introiti dell’economia romagnola provenivano dall’agricoltura.

Venute a conoscenza del loro passaggio, gli abitanti di diverse città accorsero lungo la ferrovia per portare il loro saluto ai lavoratori di Ravenna. Il treno, dopo la sosta a Falconara, arrivò a Fiumicino nella tarda sera del 25 novembre 1884; da lì tutti i lavoratori scesero e, presero alloggio presso il palazzo del conte Benicelli. Il Presidente Armuzzi, l’indomani, comunicò a Ravenna il felice esito del viaggio.

I quasi 500 braccianti romagnoli giunti nelle Campagne romane, si divisero in due squadre di lavoro destinate in due aree di bonifica distinte: ad Ostia andarono 220 lavoratori, mentre a Fiumicino 242.

L’atmosfera quasi festosa che aveva contraddistinto il viaggio da Ravenna a Roma si spense appena i lavoratori videro la desolante plaga che li aspettava. Lo sconforto fu subito enorme e le belle canzoni cantate durante il viaggio sembrarono subito un ricordo lontanissimo quasi remoto.

Poco dopo la tristezza e lo sconforto mutarono in rabbia e, appena giunsero i dirigenti della Cooperativa, i braccianti iniziarono a protestare con tutte le loro forze denunciando la terribile condizione di quelle terre che, a loro giudizio, avrebbero causato solo morte e miseria rendendo vano ogni tentativo di bonifica. Ad alzare ulteriormente la tensione ci si mise anche un guardiano del posto che, con fare quasi ironico, disse ai braccianti che in quelle terre non avrebbe vissuto neanche il demonio.

Di fronte ad una situazione del genere molti sarebbero tornati nella loro terra d’origine preferendo sgomitare per un lavoro anziché averlo tranquillamente ma in condizioni quasi disumane. I braccianti romagnoli, invece, restarono nel litorale romano e dimostrarono tutta la loro tempra e la loro attitudine al sacrificio.

*Tratto da uno scritto di Paolo Paliccia

Ci siamo ripresi ciò che è nostro e abbiamo trovato l’America nel cuore di Trastevere!

Pubblichiamo un appello di appoggio e solidarietà all’occupazione permanente del Cinema America di Trastevere, lanciata dall’Assemblea Giovani al Centro e dai residenti del rione domenica 18 novembre, durante l’assemblea conclusiva di Ri_Pubblica.
 
Il Cinema America è stato per anni lasciato all’incuria di una gestione privata il cui unico interesse è stato quello di far approvare un progetto di abbattimento per costruire una palazzina fatta di appartamenti e parcheggi interrati.
 
Con anni di mobilitazione gli abitanti di Trastevere hanno ottenuto la bocciatura di un primo progetto che prevedeva 36 mini-appartamenti. Ma la minaccia di abbattimento non è scomparsa: è stato presentato un nuovo progetto, al momento bloccato, che prevede di fare 20 abitazioni e due piani di parcheggio.
 
L’occupazione di domenica ha lanciato una settimana di “work in progress”, fatta di assemblee e incontri pubblici, destinati a organizzare una programmazione a lungo termine che risponda alle esigenze culturali, sociali e politiche degli abitanti del rione XIII e degli studenti di zona.
 
Il Cinema America diventerà un polo multifunzionale, un laboratorio di esperienze di attivazione culturale, politica e sociale per studenti, residenti e chiunque vorrà partecipare al progetto.
 
In vista di questi obiettivi,  contro la minaccia di abbattimento della storica sala trasteverina, supportiamo l’occupazione a tempo indeterminato del Cinema America, rilanciando l’assemblea pubblica di domenica 25 novembre alle 19:00.
 
Con il Cinema America Occupato, contro le speculazioni sulla cultura e sul territorio!
 
 
Per inviare adesioni lasciare un commento o inviare una mail ad assembleagiovanialcentro@gmail.com

 

 

LE LOTTE NON SI ARRESTANO MA LA REPRESSIONE COLPISCE ANCORA

Mentre il governo Monti procede nella ferrea applicazione delle sue misure volte a rendere noi lavoratori e lavoratrici sempre più precari e sempre più poveri, finalmente anche in Italia le piazze iniziano a scaldarsi, soprattutto grazie agli studenti.

E mentre sono, per una volta, sotto i riflettori le violenze della polizia nelle piazze, arrivano, puntualissimi, provvedimenti delle autorità giudiziarie volti a colpire chi le lotte sociali non ha mai smesso di portarle avanti.

Questa mattina, prima dell’alba, gli agenti della DIGOS si sono presentati in forze a bussare alle porte di due occupazioni abitative del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa, per eseguire nuove perquisizioni e notificare altri provvedimenti cautelari.

Apprendiamo dai giornali che lo stesso genere di operazioni, di cui non conosciamo ancora i dettagli, sono in corso anche in altre città d’Italia, con lo scopo dichiarato di punire i presunti colpevoli della manifestazione del 15 ottobre 2011 a Roma.

Si tratta evidentemente dell’ennesimo tentativo di dissuadere, con la repressione, chi ha voglia di lottare, dopo le abnormi sentenze per i/le compagni/e finiti in carcere per le giornate di Genova del luglio 2001.

Noi sappiamo invece che, con una politica economica come quella perseguita dal governo Monti, le lotte sociali non possono che crescere ed inasprirsi, a dispetto di qualunque misura repressiva.

Sappiamo anche chi sono i responsabili di efferate violenze in piazza: i numerosi corpi di polizia di questo paese e i loro mandanti, impegnati a depredare il Paese restandosene comodamente seduti in Parlamento.

Coordinamento cittadino di lotta per la casa – Roma
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| MANARA IN OCCUPAZIONE |

Oggi gli studenti del Liceo Classico Luciano Manara si sono riappropriati
della sede di via Basilio Bricci 4.
Dopo un percorso di mobilitazione cominciato all’inizio dell’anno scolastico
che ha portato gli studenti della nostra scuola a scendere in piazza, a creare
all’interno della propria scuola un “conflitto” costruttivo e un
approfondimento sul rapporto tra austerity e scuola, abbiamo scelto la forma di
mobilitazione più estrema.
All’ interno di questo contenitore, quello dell’ occupazione, abbiamo
individuato alcuni concetti chiave. La nostra mobilitazione sarà di:
–       OCCUPAZIONE: intesa come invasione del luogo pubblico per bloccarne il
funzionamento ordinario e la didattica frontale
–       DENUNCIA: il blocco del servizio pubblico ci serve come denuncia della
situazione in cui versa la scuola pubblica
–       RIAPPROPRIAZIONE: con l’occupazione intendiamo riappropriarci di un luogo
che lentamente presidi e governi ci stanno levando, sottraendoci spazi di
espressione e possibilità di confronto
–       LIBERAZIONE: poiché bloccando un sistema, una pressione fiscale eccessiva,
un ragionamento, una politica di gestione sbagliata di uno spazio, non facciamo
altro che liberare quello spazio da questa logica di gestione e quindi dal
meccanismo che non gli permette di funzionare

Ci mobilitiamo contro la gestione della scuola di questo GOVERNO TECNICO,
contro il suo DDL 953 (ex Aprea) che dietro al fantoccio dell’autonomia
nasconde il tentativo di gettare la scuola pubblica nella mani dei privati e di
eliminare gradualmente questo sassolino nella scarpa che sono i rappresentanti
d’istituto delle componenti scolastiche.
Ma non ci fermeremo a questo:
La nostra mobilitazione sarà ampia e a 360° gradi perché crediamo che sia
terminata l’epoca delle proteste contro una legge, un ddl, una riforma.
Crediamo invece che adesso il fondamentale compito delle realtà sociali, delle
reti di mobilitazione, delle assemblee cittadine degli studenti sia di
fronteggiare un modo di concepire il SERVIZIO PUBBLICO, un modo di concepire l’
ECONOMIA e la FINANZA, un modo di reagire alla CRISI. Logica che è raccolta
sotto il nome di AUSTERITY:
L’Austerity intesa come pressione fiscale eccessiva sulla società, come
Precarietà della formazione (studenti), che ci tocca ora, del lavoro, che ci
toccherà appena terminato il liceo, e più in generale della vita, come
restringimento delle possibilità di scalata sociale.
Daremo vita ad un’altra scuola fatta di autogestione degli spazi ed
espressione di tutti, un grande contenitore politico indipendente e aut
organizzato.
Ci mobilitiamo anche per denunciare il tentativo di accorpamento che la nostra
scuola sta subendo, scuola che è storicamente un punto di riferimento per il
quartiere e per il territorio come polo culturale e sociale.
CI PROMETTONO AUTONOMIA, CI DANNO SCHIAVITU’!
Vogliamo invitare poi tutti i docenti, tutte le componenti scolastiche ad
unirsi a noi in questa mobilitazione proponendo le loro idee, i loro corsi, la
loro visione e il loro approfondimento.

CONTRO LA SCUOLA DELLA CRISI, COSTRUIAMO LA SCUOLA DELLE LOTTE!
MANARA IN OCCUPAZIONE