Avvisi a i/le naviganti (1) per Sovvertire il presente

*Passignano dal 5 all’8 Settembre 2013

Cominciamo a dire: Europa.

Individuiamo, con più precisione, l’oggetto specifico del nostro lavoro – piuttosto, lo spazio d’analisi a partire dal quale produrre lavoro politico. Cominciamo dunque a dire: Europa. Perché? Per il semplice fatto – semplice e duro come un sasso – che la struttura centrale del comando si è ormai definitivamente fissata altrove dal piano nazionale e da ogni corrispettivo livello istituzionale repubblicano – piuttosto a Francoforte che a Berlino. E’ dunque sull’asse che stringe le lotte e le resistenze di classe e moltitudinarie al comando monetario europeo che intendiamo soffermarci, nella nostra discussione. Si discuterà dunque di cosa significhi assumere l’Europa come spazio specifico e punto focale delle lotte per la democrazia e per il comunismo. Non sarà facile collocarsi a quell’altezza concettuale e politica: crediamo, però, che se riusciremo a stabilire una propedeutica per l’approccio al tema lotte/Europa, molte cose nei prossimi anni diventeranno più chiare e, forse, facili da fare. Nella nostra esperienza la definizione del luogo da cui parlare, è sempre stata fondamentale per ricostruire movimento.

Che cosa vuol dire lottare contro la Banca Centrale? Portare la nostra esperienza e la nostra teoria a rispondere a questa domanda – attraverso la lotta metropolitana sui temi del reddito e del comune, attraverso la costruzione di istituzioni del comune – bene, questo è quanto cominceremo a fare a Passignano e continueremo a fare poi. Naturalmente si tratterà di parlare di politica in maniera nuova. Di politica: e cioè di tutti gli strumenti (anche di leggi) utili a costruire un programma di lotte sull’Europa, subordinandogli ogni iniziativa. Se diciamo: “in maniera nuova” è per sottolineare la nostra sete di conoscenza comune, il desiderio di costruire concetti che afferrino il reale e capovolgano il dispositivo di comando. Perciò formazione, non potrà più essere – se mai qualcuno l’avesse pensato – sinonimo di una qualsivoglia tradizione: ma lavoro comune per imparare a guardare il mondo.

Sia chiaro: nell’attuale panorama istituzionale europeo, il livello della rappresentanza può essere solo riconosciuto come impedimento oggettivo allo sviluppo dei movimenti. La discussione sulle prossime elezioni europee finisce così con l’essere corruttiva del punto di vista sovversivo che urge e pressa il presente. In questa fase intendiamo separare radicalmente composizione tecnica e composizione politica delle moltitudini. Delle istituzioni esistenti (e delle competizioni elettorali) possiamo produrre solo critica. Quel resto di socialismo europeo che affoga nella morsa del pareggio di bilancio, non saremo certo noi a salvarlo. Delle forze tecnocratiche, dei passacarte di Francoforte e dei sacerdoti della Troika, come del contro effetto nazionalista che le loro politiche inevitabilmente produrranno nelle prossime scadenze elettorali possiamo solo dire: ecco il volto del nostro prossimo avversario.

In questo contesto, e solo a partire dal livello europeo, intendiamo certo porre in questione lo scenario italiano. Ancora una volta: è di critica, che si tratta. Leggere la rottura dei poteri istituzionali in Italia attraverso le lenti della critica radicale del diritto repubblicano, proporre una via di fuga dallo scontro tra gli alti gradi della magistratura e i vertici della rappresentanza politica, decostruire l’ideologia di tutte le soluzioni giudiziarie messe a servizio della mediocrità stessa della politica e delle sue istituzioni. La soluzione non si trova tra i banchi di Montecitorio, né siederà tra gli scranni del Parlamento Europeo. Ma dentro la crisi istituzionale che si apre, i movimenti possono subentrare duramente con un discorso chiaro e senza ambiguità – anche a partire dal dibattito “a sinistra” – e porre in evidenza senza inchini e salamelecchi un tema fondamentale, ovvero la trasformazione e ridefinizione della carta costituzionale. L’Italia è stata una repubblica fondata sul lavoro. L’Europa sia il continente di una democrazia assoluta fondata sul lavoro vivo, sulle donne e gli uomini che producono saperi, cura di sé, forme di vita. Ogni generazione ha diritto alla sua costituzione.

Per noi si tratta di costruire strumenti di lotta che rivendichino questo diritto. Allora innanzitutto dobbiamo individuare le nuove enclosures nell’economia della conoscenza ed abbatterle; riappropriarci del comune; definire una legge di stabilità del reddito universale di esistenza come premessa anticapitalista del riconoscimento della produzione permanente di cui siamo portatori; rivendicare come reddito quella produzione di valore che viene estratta dalla rendita finanziaria. Questo è il nostro costruire concetti: definire un potere costituente per salvaguardare, dentro il dispositivo formale, una strategia incrementale del conflitto.

Come si vede, non crediamo affatto che le figure della rappresentanza politica, in qualunque forma e in qualsiasi luogo siano prese in considerazione, possano oggi essere utili a risolvere i nostri problemi. Avrebbero il solo effetto di spostare l’attenzione critica e militante su elementi secondari e spesso opportunistici – comunque decentrati rispetto alla realtà ed al programma specifico dell’élite egemonica europea. Quello che ci interessa è piuttosto confrontarci con la nuova consistenza del governo capitalista, come contropotere espresso dal nuovo proletariato. Abbiamo bisogno di identificare sul livello europeo punti di scontro nella misura e nella dimensione di Rio o di Taksim. Su questo terreno convocare alla discussione tutte le forze – sì proprio tutte – che in Italia hanno vissuto gli anni del disfacimento della democrazia postbellica, ci sembra necessario e utile: non certo per costruire scenari elettorali. Chi sente il bisogno di esercitarsi in piccole tattiche e minuscole strategie per le elezioni europee non troverà nulla di interessante nella nostra discussione. E neppure coloro che pensano di rievocare attraverso un logoro sindacalismo di base, vecchi fantasmi gruppettari: le moltitudini europee non difettano di organizzazione. Le forme di vita e i conflitti che attraversano le metropoli sono ricchissime di capacità politica. Si tratta di non disperderla, di leggerla e interpretarla.

https://europassignano2013.wordpress.com/

Hub Meeting Round 2 – 13/15 Settembre, Barcellona

Quest’anno, in Turchia, Egitto e Brasile lo sciopero metropolitano è stato utilizzato come uno strumento dalle molte persone che stanno reclamando nuovi diritti ed una democrazia reale, riaffermando la propria presenza globalmente. Il 15 Ottobre 2013vorremmo essere un territorio abitato e condiviso da molti, costruito collettivamente una volta che le proposte per attaccare la corruzione ed il capitalismo finanziario – non solo simbolicamente ma anche materialmente attraverso pratiche specifiche – siano state definite. Crediamo che ciò possa avvenire solo se le molteplici reti, movimenti sociali e processi che in questo comune ciclo di lotte stanno sfidando l’arroganza del potere finanziario si radunino e discutano queste tematiche. Perciò la nostra proposta è di costruire, assieme, un meeting con giornate di lavoro per indirizzare l’implementazione di nuove forme di protesta sociale nella settimana dedicata alla lotta contro il debito e l’austerità del 15 Ottobre. Ci piacerebbe invitarvi a preparare queste giornate con noi, che saranno la 4a edizione dell’Hub Meeting.

Obiettivo: 

Lavorare alla costruzione dello sciopero sociale per la settimana del 15 Ottobre, 2013, dove “sciopero sociale” significhi uno sciopero generalizzato al di fuori della struttura laburista tradizionale dei sindacati ufficiali, ecc. Il nuovo paradigma dell’espropriazione della ricchezza comune, basato sul processo di finanziarizzazione dell’economia e la limitazione dell’accesso alla conoscenza/informazione richiede nuove forme ed azioni antagoniste. L’azione deve incidere sui flussi ed i processi delle cose che creano valore per colpire il nemico. Bloccare attività, scuole, università, mezzi di trasporto, ecc. potrebbe essere un punto di partenza per la costruzione di nuove istituzioni oltre il mercato del lavoro, per la cittadinanza universale. Inoltre, la gente che vive da precaria, i migranti senza documenti, i pensionati, gli studenti, i disoccupati, gli stagisti…sono gruppi in sé, e sono precisamente coloro che sono più colpiti dalle condizioni materiali dell’esistenza, che non possono partecipare agli scioperi ordinari. Dobbiamo essere capaci di ideare forme di azione mobilitazione inclusive ed aperte, che promuovano l’emancipazione e la partecipazione ad esse. Questo meeting servirà ad organizzare azioni che possano venire replicate in luoghi differenti, e condividere meccanismi e metodi per creare azioni, partecipare ad esse e diffonderle, prendendo in considerazione le specifiche caratteristiche di ogni territorio. L’intento è di costruire un nuovo tipo di immaginario per definire nuove relazioni umane, economiche e sociali che aiutino a trasformare i rapporti di potere tra governi, poteri finanziari e società.
Con amore,

http://hubmeeting20a.wordpress.com/

Summertime: le lotte per il reddito e di diritti non si sgomberano! Omnia sunt Communia!

Il 16 agosto, in una Roma silenziosa e con poche presenze, hanno sgomberato Communia a San Lorenzo.

Occupazione nata con la cooperazione di giovani precari e disoccupati, all’interno di un percorso progettuale chiamato Ri-pubblica, nella prospettiva di una riappropriazione immediata di spazi, nella difesa di diritti collettivi e dei beni comuni.

Un’occupazione nata nei giorni dello tsunami tour, in cui centinaia di persone hanno occupato a scopo abitativo in tutta Roma decine di edifici dismessi di cui è sempre piena una città in cui crisi fa rima con nuova speculazione.

Communia è uno spazio fisico ma, come molte occupazioni, è e rimane uno spazio del pensiero critico e dell’attivazione politica dal basso. Rappresenta un nodo pulsante di una nuova consapevolezza e di una nuova comunità nella città di Roma e in altre parti di Italia. Quella di chi si riconosce portatore di un interesse collettivo che si oppone a e si batte contro la speculazione e i profitti sulle nostre vite fatte di precarietà, finanziarizzazione, disoccupazione di massa e tagli ai servizi pubblici. Non a caso negli ultimi mesi, proprio li, si riuniva la Piattaforma per il Reddito di base e i diritti, nella rivendicazione di nuove possibilità e nuove aggregazioni.

Proprio questo spazio orizzontale di incontro tra precari, disoccupati, cassaintegrati e studenti è stato messo sotto osservazione, come ci racconta il messaggero di domenica 18 agosto, addirittura dall’intelligence italiana per il rischio che da quella assemblea pubblica si potessero produrre iniziative conflittuali. Che c’entra l’intelligence? Hanno già modificato la Costituzione con un ritocchino anche all’articolo 17 sulla libertà di riunione? Cos’è questa
ansia nei confronti del conflitto sociale che pure si plaude quando in altri paesi ha la forza di svelare la mediocrità dei governi?

In un contesto politico di estrema debolezza istituzionale in cui il governo delle “basse intese” sta vacillando, l’accordicchio che permette al PD e al PDL di governare dalla fine del 2011 in questi ultimi giorni estivi è messo seriamente a dura prova.

Le rivendicazioni del reddito di base e incondizionato, dei diritti dentro ed oltre il lavoro, delle redistribuzione della ricchezze e di un nuovo welfare sono i temi su cui potrebbero svilupparsi i maggiori dispositivi di mobilitazione e di consenso contro le politiche di austerity nei prossimi mesi.

Sarà mica per assecondare il desiderio di Letta Nipote per un autunno di ri-conciliazione che faccia finalmente superare agli italiani la logica dell’amico- nemico con un grande abbraccio ecumenico? Ma come un amante deluso il povero Letta, respinto dagli italiani che non lo hanno mai voluto, si scatena contro gli oppositori politici. Dalle accuse di terrorismo contro il movimento NoTav colpito anche da lunghi e numerosi arresti in carcere come ai domiciliari, dalle accuse di infiltrazione mafiosa nel grande e popolare movimento No Muos, fino agli sgomberi agostani di Communia a Roma e dell’ex scuola Belvedere a Napoli.

Ma uno sgombero non può cancellare l’esperienza che si è creata e tutti insieme continueremo a cospirare, a respirare insieme. Per noi organizzarsi per rivedicare diritti, costruire spazi di autotutela e mutualismo, praticare conflitto e resistenza non sono pericoli ma anzi l’unica possibilità di vivere e non sopravvivere.

La scusa dell’inagibilità dell’edificio è stata funzionale allo sgombero ma, soprattutto, a soddisfare gli appetiti voraci di chi è abituato a speculare, in questo caso la proprietà. Ma la condizione di Roma è ormai insostenibile, la necessità di riappropriarsi di spazi e diritti è impellente e non sarà un’operazione svolta alla chetichella a spaventarci e per questo saremo solidali e attivi per sostenere e proseguire questo percorso.

Omnia sunt Communia!

Piattaforma per il Reddito e i Diritti

Renoize ’13. L’orizzonte è la trasformazione! 30 Agosto Parco Schuster ore 18

Questo è il sesto anno di Renoize, un’iniziativa musicale e culturale nata per ricordare l’assassinio di Renato Biagetti. Da sempre lo facciamo a parco Schuster, a San paolo, nel territorio in cui Renato viveva.

Ma Renoize è un’iniziativa collettiva, patrimonio di tutta la città di Roma che vuole costruire gli ingranaggi collettivi della memoria, vuol far vivere i sogni e le passioni di Renato. Ma è anche qualcosa di più.

Perchè abbiamo imparato in questi anni trascorsi che abbiamo bisogno di una quotidianità in movimento, di energie che si liberano tutti i giorni, di battaglie che costruiscono legami, di sogni sfrontati che vogliono una realtà diversa e altra per riuscire ad andare oltre al ricordo e dare gambe e fiato alla memoria. Una prospettiva comune.

Per questo, l’anno scorso, abbiamo voluto parlare di Genova 2001 e del G8, di quello che aveva significato, dei suoi contenuti e dei suoi messaggi, delle ondanne arrivate a 10 anni di distanza e l’intimidazione che davano per le attuali lotte.

Quest’anno vorremmo invece, prenderci uno spazio di condivisione per parlare non di qualcosa che è già accaduto, ma di quello che vorremo accada; un momento collettivo per parlare della nostra metropoli, della crisi e di come reagire e cosa immaginare insieme, insomma, delle nostre vite.

Perchè sono necessari spazi pubblici, parlare collettivamente e non rimanere schiacciati nelle proprie solitudini. E’ un momento per uscire dalla violenza della precarietà contro le nostre vite, dall’oppressione quotidiana esercitata dalle speculazioni che ci hanno portato nella situazione di oggi, dai meccanismi della paura con cui ci governano e dei rigurgiti di odio che questo produce che siano fascisti, razzisti o omofobi.

Vorremo dunque discutere dell’autunno, della stagione che si aprirà, di quello che potremo fare insieme.

Quest’anno l’orizzonte pensiamo sia la trasformazione dell’esistente.

Perchè non c’è futuro senza memoria e, noi, dalla memoria vogliamo costruire il nostro futuro.

Aspettiamo tutti e
tutte il 30 Agosto alle 18 a Parco Schuster

No MUOS: quando cade una rete, vince una lotta. “Macari ‘cca ava essiri dura”

Il MUOS è un sistema di comunicazione militare statunitense ad altissima frequenza composto da tre trasmettitori parabolici basculanti che hanno un diametro di 20 metri. Per l’istallazione di questo apparato si prevede un totale di 2059 mq di cementificazione all’interno di una delle aree verdi più belle della Sicilia, la riserva naturale Orientata “Sughereta” vicino Niscemi. Lungo il fascio delle antenne MUOS il campo elettromagnetico rimane sopra i limiti di legge (L.36/2001) per oltre 135 km ed è conclamato che le esposizioni a lungo termine a campi elettromagnetici ad altissima frequenza possono produrre insorgenze tumorali agli organi riproduttivi e leucemie. La pericolosità dell’installazione è dovuta all’estrema vicinanza con la popolazione residente, un comprensorio di oltre 300’000 abitanti che comprende Gela, Licata, Vittoria, Caltagirone, Niscemi, Butera, Riesi, Mazzarino, Acate, Mazzarrone, Piazza Armerina, San Cono, Mirabella Imbaccari, Chiaramonte Gulfi, San Michele di Ganzaria e Vizzini e che tale comprensorio è già stato definito Area ad Elevato Rischio di  Crisi Ambientale (AERCA) dallo Stato Italiano per le 46 antenne NTRF che gli USA hanno già innalzato da oltre venti anni.

Nonostante ciò, le istituzioni nazionali e regionali si sono piegate alla politica difensiva degli USA e della NATO, lasciando che le loro strutture militari proseguissero nella costruzione di una delle opere più pericolose tra le tante con cui già hanno colonizzato la Sicilia e tutta Italia. 

Lo Stato italiano e la Regione Siciliana, svendendo la salute di centinaia di migliaia di persone, ancora una volta cedono al ricatto politico ed economico di chi, fin dagli anni di Comiso e Sigonella, vuole apporre sulla Sicilia la propria bandierina in un processo di militarizzazione internazionale che non sembra avere fine ma anzi trova sempre nuovi pericolosi nemici.

I Comitati No Muos di tutta la Sicilia non accettano lo scacco dato ai siciliani da parte del Governatore, personaggio da Opera dei Pupi, il democratico-megafonista Rosario Crocetta, che su Niscemi e Gela aveva costruito il proprio feudo elettorale anche con la promessa di fermare la costruzione delle antenne, ma che di fatto ha permesso la prosecuzione dei lavori di devastazione e saccheggio.

È in questo spirito che nei mesi passati diverse anime del movimento No Muos, insieme ad esponenti degli altri movimenti di lotta territoriale, come i No Tav, i No Ponte, i No Dal Molin, e le vecchie anime del movimento siciliano che anni fa iniziarono le lotte anti militarizzazione contro le basi americane di Sigonella e Comiso, hanno costruito un percorso di avvicinamento e formazione verso la grande manifestazione nazionale del 9 agosto 2013.

I siciliani, abbandonati dalla politica dei partiti e delle istituzioni hanno così deciso di alzare la testa e di riprendersi, anche con la forza, ciò che gli è stato tolto: la riserva naturale orientata della Sugherete, un’area bellissima e vastissima, caratterizzata dai caldi colori della terra siciliana, da arbusti e profumi della macchia mediterranea e da enormi sughere che sembrano voler resistere a tutto anche loro.

La costruzione di una manifestazione nazionale non è mai semplice. Soprattutto quando vanno superate le differenze e le diffidenze interne, quando il movimento si caratterizza per diverse scelte di intervento. Ma la necessità di una risposta forte ha spinto tutti a fare un fronte comune. Così, mentre in tutta la Sicilia Orientale, ogni giorno venivano occupati, a partire proprio da Niscemi, Comuni e Palazzi di Città, come Modica, Ragusa, Caltagirone, Gela e altri piccoli centri urbani limitrofi, a Niscemi, presso il presidio No Muos di contrada Ulmo, è stato organizzato un campeggio resistente attraversato da centinaia di persone provenienti da tutte Italia ed esponenti delle diverse anime del movimento.
E proprio dal campeggio, 8 compagni nel pomeriggio del 7 agosto, sono partiti e hanno scavalcato le odiose reti della base per arrampicarsi su 5 delle 46 antenne che già esistono in quel obbrobrio desertificato che gli yankee hanno creato in uno dei più bei posti della nostra terra.

Le forze del dis-ordine nulla hanno potuto contro questa forma di lotta ferma e risoluta, e mentre i compagni e le compagne sulle antenne si apprestavano a passare la notte appesi ai tralicci, da fuori le reti gli abbiamo tenuto compagnia, disturbando quelle esigue forze militari che lo Stato Italiano, come al solito suddito e complice, ha messo alla mercé degli USA. Nella notte, al presidio sono stati organizzati blocchi stradali e picchetti per impedire che alla base potessero arrivare mezzi pesanti, rinforzi alle forze dell’ordine, o reparti dei Vigili del Fuoco attrezzati con gru per tirare giù i compagni e le compagne dalle antenne, come se il tentato omicidio di Luca Abba’ non avesse insegnato nulla a questo Stato di polizia.

Il 9 pomeriggio, il corteo è partito sotto il sole cocente d’agosto determinato ad andarsi a riprendere e liberare chi resisteva da 24 ore sulle antenne. Il serpentone di gente era multicolore e, come sempre nel movimento No Muos, “multi-anime”, dal Comitato Mamme No Muos, agli esponenti degli spazi sociali autorganizzati siciliani, fino ad arrivare ai movimenti pacifisti storici dell’isola.

Nonostante ciò, la determinazione collettiva era quella di portare la protesta fin sotto le reti, senza paura di dover resistere. L’obbiettivo era quello di creare un corridoio per consentire ai nostri compagni e compagne di  scendere dalle antenne e tornare insieme in sicurezza.

Arrivata la manifestazione sotto le reti le sparute ed esigue forze dell’ordine presenti nella base, evidentemente incapaci di gestire una situazione del genere, erano atterrite dalla gente che risaliva il sentiero e si schierava davanti il cancello di accesso alla base pronta ad entrare. Incapaci di mediare o comprendere che un corteo di oltre duemila persone non possa essere fermato da trenta soggetti disorganizzati, seppur muniti di caschi e manganelli non regolamentari, il primissimo gruppo davanti al cancello ha fatto partire una breve, quanto immotivata carica, rientrata senza esiti per noi.
I compagni siciliani hanno deciso di rispondere all’arroganza della polizia andando avanti a volto scoperto, in maniera forte e determinata ma non violenta e così gli uomini della celere hanno potuto ripiegare nella base senza subire attacchi nonostante la loro violenza gratuita ed immotivata.

Dopo la “farsa della carica”, nascosti dietro i loro scudi, hanno provato ad inseguirci mentre circondavamo un lato della base. Da distanza di sicurezza, e tenuti a distanza di sicurezza, ci hanno osservanti mentre facevamo saltare il primi 3 metri di rete ed entravamo nella base. Nella loro totale impotenza ed incompetenza, non hanno saputo meglio che farsi male da soli, cadendo miserabilmente a terra. Ovviamente, i terror-giornalai hanno pensato bene di parlare di un militare ferito a seguito degli scontri, fortunatamente ci sono i referti medici che testimoniano la sua “caduta accidentale in servizio”.

Dopo i primi metri di rete altre decine e decine di metri sono caduti e sono stati scavalcati da tutti i manifestanti, dalle Mamme No Muos, da anziani signori che, muniti di sedia, si sono accomodati sulla quella che è sempre stata la loro terra dicendoci “Viremmu stu bellu spettaculu!”.

Siamo arrivati sotto le antenne, determinati ed uniti, sotto gli occhi impotenti e spauriti di circa trenta ominidi di varia estrazione tra carabinieri, poliziotti e guardia di finanza che non potevano fare altro che constatare la morte della loro azione repressiva dinnanzi alla determinazione di oltre duemila persone. Così abbiamo vinto. Ci siamo ripresi le nostre compagne e i nostri compagni, ci siamo ripresi la nostra terra, ci siamo ripresi la nostra dignità.  Oggi tutti noi dobbiamo ripartire da questa vittoria, consapevoli del fatto che la lotta No Muos cammina a fianco di tutte le altre lotte di resistenza, dalla lotta No Tav, alle lotte No Inc, No Grandi Navi, fino alla rinata No Dal Molin perché solo unendo le lotte dei territori, portandoci reciproca solidarietà, questa nostra resistenza ci porterà fino alla vittoria.
I Siciliani sono riusciti a riprendersi ciò che è loro da secoli ridendo in faccia ad uno Stato impotente e miserabile, che svende la salute di 300.000 persone ai propri Padroni a Stelle e strisce.

Insieme, uniti nelle lotte, vinceremo.

“Macari ‘cca ava essiri dura”

da Niscemi nodo redazionale indipedente

Recensione di A sara dura!

Centro sociale Askatasuna (a cura di), A sarà düra. Storie di vita e militanza no tav, DeriveApprodi, Roma 2012

E’ una storia molto più profonda di quanto avremmo immaginato. E’ una questione di vita e di morte, di vivere meglio e morire serenamente, sapendo di averci provato”

Ai compagni di Askatasuna va il merito con questo libro di proporre al movimento una riflessione sugli strumenti metodologici e teorici che abbiamo a disposizione per definire, raccontare e promuovere i percorsi di lotta.

Riprendendo in mano gli attrezzi della ricerca sociale hanno definito un possibile campo sul quale muoversi guardando ai futuri possibili per nuovi orizzonti di conflitto.

Partendo dall’“inchiesta”, proposta di lavoro immancabile in ogni ambito militante dell’ultimo decennio come bussola nella navigazione “a vista” in cui siamo costretti dalle profonde ridefinizioni nel plurisecolare divenire “classe” da parte dei subalterni, gli autori dalle prime pagine la riprendono come strumento che “produce conoscenza” (p.11), inoltrandosi nel complicato terreno della “conricerca”.

Questa pratica che “è costruzione di conoscenza e al contempo governo della conoscenza, inteso come indirizzo, scelta, decisioni, sottese da fini di parte” (p.17), abbandonata dagli ambienti antagonisti da almeno tre decenni, rappresenta uno scarto ulteriore nel lavoro epistemologico dell’inchiesta: è il farsi pratica rivoluzionaria da parte di un sapere altrimenti a rischio sussunzione anche negli ambiti accademici e scientifici ufficiali. La conricerca mette questo sapere al servizio delle lotte, produce soggettività, o in parole più semplici “fa prendere coscienza”. Delle condizioni proprie e della controparte, “di classe”. Con la nettezza che li contraddistingue i compagni torinesi definiscono anche il campo dei saperi utili alle lotte rispetto ai saperi che favoriscono il sistema capitalistico nella “sua stabilizzazione e il suo sistema di dominio” (p.33). Così propongono di distinguere tra una funzionalità delle scienze sociali e pedagogiche alle lotte rispetto a quelle economiche o giuridiche, dalle quali il capitalismo riproduce se stesso. Su questo potremmo anche non essere d’accordo perché una critica al sistema economico e alle sue forme politiche, allo Stato e alle forme del diritto passa necessariamente attraverso un impegno teorico dentro queste discipline. Ma è giusto che nella definizione dell’orizzonte di conflitto proposto dai compagni ci si nutra anche di scarti netti.

La conricerca si realizza nel momento in cui permette di indicare il “soggetto” come colui che “definisce e sostiene un punto di vista, assume una posizione di parte, si differenzia e costruisce una sua autonomia praticando una contrapposizione” (p.21) e coerentemente gli autori del libro riconoscono nella figura del militante il centro della narrazione della lotta no tav. La centralità che viene data al militante è rappresentativa delle posizioni più salde e articolate, dell’incontro di aspettative individuali e collettive intorno ad un processo di conflitto. Non a caso quindi le interviste, non solo quelle pubblicate (le altre sono consultabili sul sito www.saradura.org), sono state raccolte tra gli attivisti più noti del movimento, tra quelle figure che nella loro biografia politica hanno attraversato i momenti fondativi della lotta no tav o i passaggi più importanti della sua storia recente. Questo anche a scapito di una rappresentatività degli intervistati, che a parte poche eccezioni fanno parte di una generazione anagraficamente compresa tra i 40 e i 70 anni.

Gli spunti per una riflessione politica sono molti, ma va sicuramente sottolineato lo sforzo di proporre all’attenzione del lettore, specie se coinvolto in prima persona in processi di attivismo collettivo, la questione della cooperazione come momento costitutivo del comune: il commoning ovvero il processo di definizione dello stato della proprietà di quei beni “che sono stati socialmente riappropriati”(p.226) è una delle suggestioni più potenti che ci viene dalle pagine del libro, sgombera il campo dalle banalizzazioni sull’abusato tema dei “beni comuni” e orienta in avanti il dibattito nello schieramento antagonista.

Muovendosi lungo alcuni assi contenutistici (Contesto, Soggetto, Processi, Mezzi e capacità, Fini) il libro diventa una bussola importante per orientarsi nell’esperienza no tav dentro un quadro storico e sociale coerente. La Val di Susa è un territorio alpino utilizzato da oltre 30 anni come corridoio per le merci da e verso la Francia. E’ già saturata da arterie stradali ad alto scorrimento e trasformata nel suo tessuto economico da che era una propaggine periferica dell’industria torinese agli investimenti turistici dell’Alta Valle (pp.213-226). Per distinguere i contorni della composizione politica che anima il movimento bisogna partire da qui e dal lavoro di lungo periodo svolto da singoli e comitati nel corso degli anni. Per capire la sua forza e l’attrazione che ne deriva dobbiamo cogliere il valore della costruzione di forme organizzative, non date naturalmente ma elaborate con la cura e l’attenzione di chi ha realizzato intorno ad un progetto di lotta “qualcosa di più della somma delle sue differenze” (p.257).

Saper costruire relazioni forti che vanno oltre la comunità locale, trascendere il confine tra legalità e legittimità portando alla condivisione di pratiche al di la della sola e non scontata spontaneità, guardare ad un orizzonte anticapitalista dentro un rinnovato quadro sociale praticando forme di cooperazione che guardano ad alternative di futuro. Sono queste le indicazioni che ci arrivano dalla lettura di questo volume, oltre che naturalmente, dall’esempio quotidiano della lotta no tav.

a cura del nodo redazionale indipendente

Lettera dagli arrestati del 19 luglio nella Val di Susa

Come imputati dei fatti avvenuti il 19 luglio, sentiamo l’esigenza di esprimere la nostra più completa gratitudine a tutti e tutte quelli che in questi giorni ci hanno fatto arrivare la propria solidarietà. Gratitudine, ma è molto di più. Mai, nemmeno per un secondo, lo sconforto si è impossessato di noi, perché siete riusciti  a farci sentire parte di quel qualcosa di immenso che è la comunità notav, comunità il cui cuore pulsante batte in valle, ma le cui vene scorrono ormai in tutta Italia (e oltre). Scriviamo questo comunicato non solo per ringraziarvi, ma per chiedervi di allargare il vostro abbraccio  a tutti i detenuti del carcere “Lorusso e Cotugno” e più in là a tutta la popolazione carceraria del nostro Paese. Infatti, dopo essere stati arrestati e maltrattati, dietro quelle sbarre abbiamo trovato solo facce amiche, persone solidali e fratelli. Lì dentro, in un contesto creato per cancellare la dignità e l’umanità, queste persone non hanno mai perso la propria. Dal primo minuto siamo stati aiutati, medicati e protetti dagli altri detenuti. Durante tutta la nostra permanenza abbiamo parlato delle nostre esperienze di lotta con persone realmente interessate a capire le ragioni del movimento. D’altro canto, loro ci hanno raccontato di come il carcere ti toglie tutto, mirando a distruggerti come essere umano; ti mette alla mercè di persone abbruttite da un lavoro infame come quello del secondino.

Il valore della condivisione che in Valsusa abbiamo imparato a considerare sacro, in prigione è questione di vita o di morte. È proprio attraverso la condivisione che queste persone resistono ogni giorno. Quando si è reclusi, resistente lo diventi a forza, perché in ogni cella si resiste quotidianamente agli abusi, all’abbandono, al sovraffollamento. Per queste ragioni vi stiamo chiedendo di mettere da parte tutti i pregiudizi e guardare alla galera in maniera diversa rispetto a  quanto ci propina il mainstream. La vita, per uno che viene privato della propria libertà, è veramente difficile. Ma questa difficoltà non risiede nell’essere a stretto contatto con altri detenuti, bensì in una quotidianità fatta di cancelli, sbarre, divieti, ordini, insulti e prevaricazioni. Per questo, compagni e compagne, amici e amiche, vi chiediamo di sostenere la mobilitazione nazionale organizzata dai detenuti per il mese di settembre.

E a voi detenuti, che in questi giorni avete saputo farci sentire il vostro calore, diciamo questo: Non vi dimenticheremo mai, vi porteremo sempre con noi nei boschi e nelle città.

Continuate a resistere e a dare a chiunque la stessa accoglienza e solidarietà, ma soprattutto un po’ del vostro coraggio.

La vostra forza è stata un’importante lezione di vita.

A sarà düra. Liberi tutti/e!

 

Arrestati NoTav del 19 luglio

www.coordinamento.info