Dall’assemblea alla Sapienza assediamo l’austerity!

Sabato 28 settembre alla La Sapienza si è svolta la prima assemblea nazionale in avvicinamento alla sollevazione generale del 19 Ottobre. L’aula 1 della facoltà di lettere ha ospitato più di trecento persone che hanno ascoltato e sono intervenute nel merito non solo della giornata di mobilitazione chiamata dall’Assemblea “Dalla valle alla metropoli” ma di tutto l’autunno e oltre.

Gli interventi iniziali sono stati quelli delle lotte sociali che hanno animato questo paese in questi ultimi anni a partire da Abitare nella crisi che ha lanciato per la prima volta la data di mobilitazione del 19 Ottobre. I movimenti per il diritto all’abitare hanno ribadito la necessità di una sollevazione generale in questo paese di fronte a una crisi economica e politica che viene utilizzata come alibi per proseguire con la cancellazione di ogni intervento pubblico, con la privatizzazione del patrimonio e di interi pezzi di città a vantaggio della rendita. L’unica risposta credibile alle migliaia di sfratti per morosità è la riappropriazione collettiva dell’enorme numero di case sfitte. L’assedio permanente dei movimenti al ministero dell’economia e delle infrastrutture, quindi,  porta con se anche la rivendicazione – irrinuciabile – del blocco generalizzato degli sfratti e degli sgomberi, di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica, della requisizione del patrimonio inutilizzato e sfitto.Anche la questione delle risorse è centrale: miliardi di euro vengono destinati a grandi opere e grandi eventi, alle banche e ai signori del cemento, mentre poche briciole vengono riservate a strumenti di tutela sempre più inutili e comunque sempre premiali verso le grandi proprietà immobiliari o le consorterie delle cooperative di costruzione.
Anche i No Muos hanno partecipato all’assemblea di ieri ricordando che contemporaneamente si stava svolgendo a Palermo la prima manifestazione nazionale contro il Muos. Infatti in Sicilia è già partito l’assedio ai palazzi, migliaia di persone hanno partecipato alla sollevazione generale contro la regione Sicilia, Crocetta e tutti i responsabili delle speculazioni sul territorio e sulla vita delle persone che lo abitano.
A seguire, il movimento No Tav, ha espresso l’importanza di scendere in piazza il 19 perchè le mobilitazioni contro il Tav tanto quelle contro l’austerity coincidono e se la valle ha avuto la capacità di far sentire la propria protesta come una causa di tutti, durante questo autunno è necessario che la piazza del 19 sia considerata la piazza dei no Tav, come degli studenti, come dei precari, dei no muos dei facchini della logistica e di tutti coloro che rifiutano questa austerity.
Il movimento no Tav rappresenta una delle più importanti espressioni di resistenza nel nostro paese agli attacchi di una classe politica impunita che ogni giorno affama e devasta i nostri territori. In questi giorni sta subendo dei duri attacchi mediatici nel tentativo di impaurire il movimento e di depotenziare le giornate autunnali.
L’unico terrorista è esclusivamente chi per i propri interessi impone la costruzione di grandi opere nocive per il territorio togliendo alle scuole, agli ospedali, alle case popolari quei soldi che andranno direttamente a finire nelle tasche delle ditte edili e di tutti coloro che trarranno profitto da un’opera inutile come il Tav. D’altronde la manifestazione indetta per il prossimo 19 ottobre ribadisce che l’unica grande opera che ci interessa e casa è reddito per tutt*!
Quello stesso reddito che viene sottratto ai precari, agli studenti e a tutto il soggetto giovanile che forse sconta più di tutti le conseguenze di questi anni di ristrutturazione di un modello economico, quello capitalista, e di un regime politico, quello democratico liberale. Quegli stessi giovani che ieri sono stati particolarmente presenti all’interno dell’assemblea: gli studenti de La Sapienza, di Napoli, di Bologna e tutti gli studenti che in questi ultimi anni hanno dato vita all’occupazione in tutta Italia di decine di studentati parteciperanno alla giornata del 19 cominciando già dalle prossime settimane la mobilitazione all’interno degli Atenei, ed assumendo la giornata del 15 Ottobre come data di avvicinamento da praticare in vari modi all’interno e ai margini dell’università. Difatti nonostante i tagli già imposti nel passato quest’anno ulteriori tagli alla ricerca sono stati prodotti per destinarli a nuovi armamenti a causa di possibili scenari di guerra. Allo stesso modo la tassa sugli affitti, la Service Tax, va a ricadere ancora sugli studenti che per motivi economici non si iscrivono più all’università provocando un calo delle iscrizioni vertiginoso. Anche gli studenti delle scuole superiori hanno ribadito la loro partecipazione al 19 ricordando che il loro assedio all’austerità inizierà già dal 4 Ottobre, giornata in cui tutte le scuole nelle varie città del paese scenderanno in piazza per riappropriarsi delle strade e per prendere parola contro la corrotta casta di politici e banchieri.
Interessante anche il contributo della lotta dei lavoratori della logistica che hanno dimostrato la capacità di restituire alla lotta nei posti di lavoro una dignità nuova che racconta non solo di rivendicazioni e vertenze ottenute grazie all’unità dei facchini ma ad una solidarietà reale che oltrepassa i confini del singolo magazzino e della città ma parla a tutti i lavoratori e a tutti i settori in in mobilitazione. Il 27 infatti gli stessi facchini hanno appoggiato i picchetti alla fiat di Pomigliano e hanno partecipato alla manifestazione che si è svolta sempre nella giornata di ieri a Napoli.
Non per ultimi i rifugiati che parteciperanno alla costruzione del 19, attraverso il loro intervento, hanno sottolineato l’importanza della mobilitazione del 19 per tutti i migranti che a causa dei conflitti armati sono costretti ad andare via dalla loro terra e a cui anche nei territori di arrivo non vengono garantiti quei diritti che troppo spesso gli sono stati negati nei paesi dai quali provengono. Stanchi di essere invisibili hanno deciso anche loro di scendere in piazza ed alzare la testa.
I sindacati di base, invece saranno presenti già dal giorno prima in piazza con l’indizione di uno sciopero generale e di una manifestazione che terminerà proprio a piazza San Giovanni da dove partirà la manifestazione del 19 alle ore 14.30. I sindacati hanno invitato i lavoratori ad assediare la piazza fino al giorno dopo partecipando ad entrambe le giornate di mobilitazione e di lotta comune.

L’assemblea ha visto la partecipazione di tante realtà nazionali e soprattutto di tante lotte sociali che porteranno nella piazza del 19 una molteplicità di specificità, consapevoli del fatto che c’è un’unica origine ai problemi che viviamo e risiede nei palazzi che il 19 andremo ad assediare. Siamo consapevoli che il 19 Ottobre non sarà la fine, ma certamente neppure l’inizio di questo lungo autunno di lotte. Attraverseremo infatti la giornata del 4 Ottobre, al fianco degli studenti medi di tutta Italia che in questa giornata scenderanno in piazza. Passeremo poi per le mobilitazioni diffuse del 12 Ottobre in difesa dei territori e dei beni comuni. Daremo poi vita con gli studenti universitari ed ai giovani della maggior parte delle città italiane ad un 15 Ottobre di lotta in connessione con le realtà transnazionali. Insieme poi ci ritroveremo in piazza, quella del 19 sarà una piazza che non accetterà mediazioni sulle proprie vite che non accetterà altre bugie e nuovi governi pronti a gestire la perenne emergenza. Vogliamo praticare una rottura manifesta con questo sistema economico, con questa classe politica, con questo governo. Vogliamo assediare i palazzi del potere per esprimere questo rifiuto e tornare nei nostri territori per dargli continuità. L’assemblea del 28 non ha voluto mettere d’accordo tutti, ha individuato i responsabili di questo stato di cose, ha individuato ciò che deve essere allontanato per permetterci la costruzione di un presente ed un futuro radicalmente diversi e migliori. E allora buona costruzione di un autunno di lotta verso il 19 e oltre a tutti, ci vediamo nelle strade!

Costruiamo l’assedio all’austerity e alla precarietà

   Verso la sollevazione generale del 19 ottobre

 Assemblea di movimento – sabato 28 settembre h 10  @ AULA 1 Facoltà di lettere Università La Sapienza,    Roma

Ogni giorno, migliaia di persone lottano in questo paese. Per arrivare a fine mese, difendere il diritto ad un tetto, affermare la propria dignità, difendere territori e beni comuni da devastazioni e saccheggi. Si tratta, il più delle volte, di percorsi separati che non riescono a tradursi in un discorso generale. Intendiamo rovesciare l’isolamento delle singole lotte e la precarietà delle nostre esistenze, per dare vita a una giornata di lotta che rilanci un autunno di conflitto nel nostro paese, contro l’austerity e la precarietà impostaci dall’alto da una governance europea e mondiale sempre più asservita agli interessi feroci della finanza, delle banche, dei potenti.

Il 19 ottobre vogliamo dare vita ad una sollevazione generale.

Una giornata di lotta aperta, che si generalizzi incrociando i percorsi, mettendo fianco a fianco giovani precari ed esodati, sfrattati, occupanti, senza casa e migranti, studenti e rifugiati, no tav e cassintegrati, chiunque si batte per affermare i propri diritti e per la difesa dei territori. Uniti contro le prospettive di impoverimento e sfruttamento imbastite dalla troika e dall’obbedienza di un governo tecnico che, tra decreti del “Fare” e “Service Tax”, favorisce i ricchi per togliere ancora di più ai poveri: barattando l’Imu con nuovi tagli alla spesa ed una nuova aggressione al diritto alla casa e all’abitare; favorendo la speculazione edilizia, il consumo di suolo e i processi di valorizzazione utili alla rendita, mentre vi sono centinaia di migliaia di case sfitte; delegando i servizi e il welfare ad una governance locale che, per far quadrare i conti aumenterà le tasse e produrrà ancora tagli e privatizzazioni. Tutto questo mentre preparano una nuova guerra “umanitaria” dalle conseguenze incalcolabili.

Contro questo orizzonte di miseria, intendiamo costruire una grande manifestazione di massa che ponga con forza la questione del reddito e del diritto all’abitare, per questo vogliamo l’immediato blocco degli sfratti, il recupero del patrimonio pubblico e la tutela della ricchezza collettiva e comune, anche per combattere la precarietà e la precarizzazione generale delle condizioni di vita e del lavoro che ci stanno sempre più imponendo.

La manifestazione del 19 ottobre giungerà al culmine di una settimana di mobilitazioni, dentro e fuori il paese: il 12 ottobre, con una giornata di lotta a difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuseper il diritto all’abitare; il 15, con azione dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 con una manifestazione congiunta dei sindacati di base e conflittuali.

Vogliamo rovesciare il ricatto della precarietà e dell’austerity in processo di riappropriazione collettiva. Per rilanciare un movimento che affermi l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!

Assemblea “Dalla valle alle metropoli”

Venaus, campeggio di lotta no tav, 1 settembre 2013

Reddito garantito e contropotere nella crisi – Dibattito nel movimento

 

Il 2013 è giunto al suo autunno, il sesto anno da quando formalmente è dato l’inizio della crisi economica che attraversa il sistema finanziario e le politiche economiche dell’occidente euro-atlantico, che ha travolto regimi trentennali e ridefinito le geografie della ricchezza globale. In Italia questa crisi, nella sua materializzazione come crisi di produttività e dei consumi si è sovrapposta, radicalizzandolo, ad un processo di frammentazione del mercato del lavoro che ha assunto ormai caratteristiche strutturali. La traduzione, ormai sotto gli occhi di tutti è dequalificazione, disoccupazione generalizzata, marginalizzazione, impoverimento. Il ruolo storico del sindacato viene sfibrato dalla progressiva scomparsa di un soggetto stabile non solo contrattualmente, ma nella sua disponibilità alla conflittualità a tutto tondo nell’ambito dei diritti sociali: da parte loro, le organizzazioni sindacali hanno ratificato questa condizione candidandosi a gestire le briciole del sistema degli ammortizzatori sociali con insostenibile arrendevolezza.

I movimenti sociali sono dunque chiamati a riprendere l’iniziativa dentro il quadro di una  rappresentanza svuotata di valore formale al di là del basso compito di gestire poche e maldistribuite risorse secondo le indicazioni della Troijka e del mercato. A noi spetta far emergere rivendicazioni e strumenti per l’esplosione di quelle soggettività ancora in divenire, apparentemente ancora in bilico tra tensione conflittuale e regressione conservatrice. Partiamo da un’articolazione di lungo periodo, per quanto discontinua, della rivendicazione di reddito garantito come leva di energie liberatrici verso un nuovo modo di intendere i rapporti tra le persone e il loro tempo di vita, nel pieno riconoscimento della loro capacità di autodeterminazione contro il ricatto della precarietà e l’apologia restauratrice del lavoro, anche quando nocivo, dequalificato, malpagato.

Ripartiamo da qui:

 

Conflitti metropolitani contro la precarietà. Reddito, riappropriazione, futuro!

Verso ed oltre l’autunno>Venerdì 11 Ottobre Roma ore 17,30

 

L’egemonia del biopotere finanziario non ha perimetri formali, né spaziali né temporali è dentro ogni sfera produttiva e riproduttiva della vita, dei territori del welfare dei beni comuni, ormai è strutturalmente legata a doppio filo alle forme dell’odierna valorizzazione capitalistica. Accumulazione e valorizzazione che possiedono come solido prerequisito quello della precarizzazione della forza lavoro e del controllo politico sulla nuova composizione sociale, controllo sui corpi, sulle aspettative, affetti, sui bisogni e sulla loro autodeterminazione. Controllo politico sulla produzione e riproduzione di soggettività, delle forme di vita incarnate nella precarietà in un processo strutturale di impoverimento complessivo del paese e delle condizione reali di milioni di persone, nel loro progressivo indebitamento.

Qui comincia lo scollamento, la divaricazione tra la crisi economica e la crisi della rappresentanza politica, tra la costituzione formale e quella materiale, dentro il controllo politico della moneta, della sua emissione e circolazione e nel controllo sociale delle soggettività precarie e indebitate sulla cui produzione di ricchezza comune si basa il fondamento dell’espropriazione sistematicamente orchestrata dalla rendita finanziaria.

Le decennali trasformazioni nella produzione e nel lavoro, l’impatto epocale delle tecnologie sul processo di accumulazione, l’aumento esponenziale del lavoro autonomo escluso da qualsiasi protezione sociale sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. La crisi ha accentuato le dinamiche di “frammentazione del lavoro”, della sua forma giuridica come individualizzazione dei  rapporti di lavoro – si pensi alla “balcanizzazione contrattuale” presente nella normativa italiana – ma anche delle conseguenti e molteplici narrazioni soggettive, la cui linearità risulta infatti frantumata, apparentemente non ricomponibile. Ma la crisi ha agito anche come un dispositivo di “livellamento verso il basso”, (facendo regredire le garanzie sociali e i diritti acquisiti nel novecento), seppur con un intensità diversificata e stratificata, rendendo la precarietà una condizione sociale generalizzata. I processi di precarizzazione coinvolgono anche chi vive una situazione lavorativa stabile e garantita, comunque incerta in quanto potenzialmente instabile a seguito di un processo di ristrutturazione, delocalizzazione o anche chiusura delle attività produttive. Indicativi in questo senso sono i dati che indicano la durata media dei contratti a tempi indeterminato (2 anni) e l’aumento dei working poor, lavoratori che seppur in condizioni stabili a livello contrattuale, vivono intrappolati nella povertà ed in situazioni di vulnerabilità economica a causa dei bassi salari, scarsa qualità del lavoro e frequenti discontinuità.

In un mercato del lavoro completamente precarizzato il governo dei comportamenti si esercita attraverso la costante insicurezza. Le forme della frammentazione e della scomposizione del lavoro producono conseguenze sulle soggettività precarizzate nella capacità di riconquistare tempo di vita, tempo liberato. Il tempo diviene la vera moneta della contemporaneità. Intrappolati in un eterno presente in questo orizzonte temporale compresso, bisogna ri-significare e ri-modulare continuamente i progetti di vita.

Lo andiamo sostenendo da anni e solo la peggior retorica della sinistra politica e sindacale continua a difendere l’incondizionato e generico sussulto per il lavoro, l’occupazione ad ogni costo con conseguenze ambientali e sociali devastanti, invocazioni retoriche e senza strategia di fantomatici piani industriali, vecchi e datati, dando sempre più forza al ricatto che lega il diritto al reddito, al lavoro precario, al suo salario impoverito, e alle sue molteplici nocività, alle inutili grandi opere come il TAV.

Nella crisi delle forme della rappresentanza sociale e politica il nuovo ruolo che si è dato il  sindacato, esaurita consapevolmente da decenni la mission della difesa dei diritti, si caratterizza sempre più esclusivamente nella concertazione e co-gestione degli ammortizzatori sociali ordinari ed in deroga (ormai diventati la norma), una vera e propria filiera di burocrazie di servizio (sindacati, agenzie tecniche della PA, enti formativi) utilizzate dalla governance per organizzare e gestire le politiche di welfare to work nel nostro paese. Un welfare condizionale iniquo ed arretrato che crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori dove dietro la retorica dell’attivazione si nascondono tecniche di controllo, monitoring individuale e gestione dei conflitti, non sono altro che parcheggi temporali in cicli formativi inutili che danno a loro volta lavoro a migliaia di precari della pubblica amministrazione. In questo quadro di concertazione e dipendenza alle imprese si inserisce la recente sigla de  Patto per il lavoro sottoscritto da Confindustria e sindacati confederali all’interno della festa nazionale del PD di Genova. Un segnale chiaro di appoggio incondizionato al governo delle “basse intese”, una risposta forte e chiara che si inerisce nella traccia dell’autunno di ri-conciliazione.

Questo poi a sostegno dell’altrettanto generica e strabica difesa della costituzione. Una “narrazione tossica”  che prova a distogliere l’attenzione sui reali problemi che stiamo attraversando e sulla necessità della rottura che dovremmo costruire. L’operazione politica riesce a mettere insieme tutto ciò che caratterizza la peggiore sinistra, quella che rivendica insieme il primo articolo costituzionale svuotato ormai di ogni suo significato del retorico diritto al lavoro, a quello del pareggio in bilancio appunto ormai costituzionalmente sancito sotto il dettame della commissione europea, nella piena dittatura dei mercati e della Troijka. Il lavoro non è un bene comune e le generazioni precarie lo hanno capito da tempo vivendo in uno stato di ricatto permanente da alcuni decenni, ma esemplare in questo quadro è la recente sentenza della Consulta sul caso dell’Ilva di Taranto. La Corte Costituzionale ha stabilito l’equivalenza tra diritto al lavoro e diritto alla salute esaminando le questioni di legittimità costituzionale sollevate dagli uffici giudiziari di Taranto, in riferimento alla legge 231/2012, per intendersi quella volgarmente definita come “salva Ilva. Sull’altare della retorica del diritto al lavoro ad ogni costo e con ogni mezzo necessario sono stai sacrificati l’ambiente, il territorio, la salute. E noi dovremmo difendere  principi costituzionali vuoti e arretrati che vengano utilizzati strumentalmente per imporre delle scelte economiche che attentano alla nostra vita? 

La condizione precaria in prima istanza è legata ai diversi dispositivi di assoggettamento e controllo sociale della società neoliberista contemporanea. Questo è il punto. Non solamente una questione di costi e risorse finanziarie quanto invece la precarizzazione e l’indebitamento divengono dispositivi politici di controllo sociale sul lavoro vivo – è sufficiente dare un veloce sguardo ad alcune statistiche come quella sulle tipologie contrattuali utilizzate: il tempo determinato (il più usato tra quelli a termine) ha costi effettivi equivalenti a quelli del tempo indeterminato. La precarizzazione sociale è sostanzialmente un dispositivo di comando, di esercizio predatorio nei confronti di coloro che vivono il lavoro precario ma ovviamente anche ai suoi margini come il lavoro nero non proprio un dettaglio, il 40% della forza lavoro “disponibile” ma così detta inattiva, una cosetta come quindici milioni di persone. Così come l’Italia detiene il primato mondiale del sommerso sul PIL questo secondo autorevoli stime della misura neoliberista come l’Economist o rilevazioni campionarie (peraltro fatte dai precari) dell’Istat e non certo di sovversivi centri studi. Cosa che ovviamente incrociando le variabili fa raddoppiare i formali tassi di disoccupazione. Più che di mercato del lavoro dovremmo parlare di mercati del lavoro. E’ il caso di dire che dentro lo spazio politico europeo esiste una peculiarità tutta italiana che assume contorni effettivamente specifici e rilevanti. Questo avviene al cospetto di una progressiva mutazione del quadro politico formale al netto dell’ultima tornata elettorale e della nuova pelle che si è data la classe politica nel quadro dell’instabilità e di ingovernabilità formalmente gestita con l’opzione disperata che l’oligarchia nostrana ha trovato come sintesi e dittatura soft del governo targato larghe intese.

A fronte di un ciclo di crisi economica ultima dirompente, al sesto anno della sua evoluzione e dentro questo inedito quadro politico si dovrebbe fare un’approfondita riflessione sullo stato dell’arte delle lotte ma anche sulle relative occasioni di superamento e generalizzazione fallite, delle recenti reti metropolitane a carattere nazionale ed europeo. Andrebbe fatto un bilancio anche al netto dei percorsi intrapresi dai movimenti, reti e collettivi di precar*, lotte spesso settoriali e resistenziali eppure certamente legittime nella difesa alle estremità del diritto formale del lavoro di quel minimo “sindacale” che spesso nella giungla della precarietà rappresenta in ogni caso resistenza, rottura, delle volte anche solamente un sussulto di dignità, capacità anche sottili e parziali di rivalsa, vendetta precaria, come la pratica sempre attuale del cash & crash, vertenza e riappropriazione. Abbiamo alle spalle più di un decennio di esperienze, di lotte, mayday, azioni di riappropriazione, ma anche di autogestione di fabbriche occupate, organizzazione metropolitana di sportelli di lotta, punti di informazione e cospirazione precaria, reti sociali contro la precarietà che sotto la potenza immaginifica di san precario e santa insolvenza hanno affermato negli anni nell’evocazione e nelle lotte nuove ricombinazioni sociali, nuovi spazi mentali e materiali di ricomposizione, immaginari, allusioni e simbolismi potenti di virale diffusione tra le moltitudini precarie.

Abbiamo affermato e organizzato la rabbia precaria, non solo come estemporanea azione antagonista, ma come processo di soggettivazione autonoma ed indipendente dentro questa dimensione e protagonismo in alcune vertenze, nelle piazze e negli spazi politici di insorgenza dei movimenti sociali, nelle piazze degli studenti, del precariato metropolitano. Abbiamo animato rotture e barricate per affermare la condizione precaria nella sua egemonica centralità all’interno della nuova composizione sociale.

Di pari passo dentro la condizione precaria l’unica rivendicazione unificante che progressivamente ha assunto un’egemonia ricompositiva è stata la richiesta di reddito di autonomia, garantito, sociale, di esistenza.

Oggi in questo senso è cambiata la fase: dopo l’affermazione della condizione precaria nell’immaginario collettivo con l’aumentare della stretta sociale delle politiche di austerity, con il divenire mainstream della stessa rivendicazione di reddito, l’orizzonte si sposta necessariamente, cambiano le priorità. Certamente fin’ora non è stata sufficiente la densità, la capacità auto-riproduttiva, la continuità di movimento e di sedimentazione necessaria e l’esercizio di autocritica collettiva è sempre un sano e rigenerante meccanismo per i militanti e gli attivisti che si vogliono cimentare in campagne e battaglie adeguate. Quindi bisogna ripartire anche da alcuni fallimenti collettivi di reti e coalizioni sociali come ad esempio gli Stati generali della precarietà o la Rete dello sciopero precario, anche per cogliere comunque alcuni spunti di azione e intuizioni ancora validi per la contemporaneità dei movimenti e della loro agenda futura.
Crediamo oggi che il nostro compito sia quello di spostare l’asticella, l’orizzonte del conflitto, immaginare un processo di generalizzazione biopolitica delle lotte contro la precarietà e la disoccupazione di massa, di dare corpo alla potenza della soggettività precaria metropolitana anonima, queer e moltitudinaria, sprigionare energia e conflitto, nuova organizzazione e sedimentazione sui territori. Spazio e tempo della lotta, afferrare la possibilità, l’evento possibile che può rompere l’accerchiamento. E’ necessario costruire dal basso spazi di soggettivazione che mettano in discussione insieme e dentro reti sociali eterogenee, il modello di accumulazione e governo dei territori, la decisione politica basata sul ricatto del debito, pubblico e privato, nella torsione autoritaria della governance europea e del FMI che si dispiega dentro l’esercizio di comando della società indebitata, sulle nostre vite precarie. Dobbiamo costruire gli spazi politici necessari per rimettere in radicale e complessiva discussione le politiche economiche, energetiche, digitali per una diversa, altra cittadinanza e affermazione di diritti comuni e salvaguardia dei beni comuni come la difesa dell’acqua e del suolo contro la devastazione dei territori, contro tutte le nocività del sistema capitalista marcio e intriso di contraddizioni e disuguaglianze sociali ormai insopportabili. Ci dobbiamo interrogare dunque quale via di fuga sia possibile. Qual’ è il tempo delle lotte per aprire un varco, una breccia di generalizzazione del conflitto per una rottura complessiva all’altezza della dimensione e altitudine politica che stiamo incarnando, nel nuovo scontro di classe che stiamo vivendo.

Il tema oggi è come far vivere la leva del reddito garantito come proposta e tensione centrale, sempre aperta alla dimensione del conflitto e delle pratiche della riappropriazione eppur immaginata dentro un possibile nuovo architrave istituente che rovesci l’alchimia negativa di quel fantasma che oggi è il diritto al lavoro formalmente e costituzionalmente riconosciuto. Reddito garantito e di esistenza incondizionato dal ricatto del lavoro, come riconoscimento diretto della produzione sociale e della ricchezza permanentemente prodotta. Reddito di esistenza come spazio di autodeterminazione del tempo di vita come riappropriazione del bottino di quella rendita finanziaria, per una reale redistribuzione del plusvalore socialmente prodotto. Reddito di esistenza per conquistare indipendenza. Su questo chiamiamo a dibattito le realtà sociali che hanno animato le lotte in questi anni, le esperienze, collettivi e soggettività che possono anche in vista delle mobilitazioni prossime dell’ottobrata romana riprendere un cammino comune e definire un percorso di lotta autonoma e indipendente del precariato metropolitano con la tensione necessaria verso la costruzione dal basso delle giornate del 15 Ottobre, con l’indizione di sciopero sociale europeo e transnazionale e del 19 Ottobre, con la manifestazione nazionale a Roma indicazione già assunta anche dall’agenda europea, a partire dalla Spagna. Per costruire una settimana di lotta per la riappropriazione e rivendicazione  di  reddito garantito e del diritto all’abitare contro le politiche di austerity promosse e sostenute dalla tecnocrazia, difesa dagli eserciti polizieschi della governance neoliberista che dobbiamo al più presto destituire, contro la quale dobbiamo al più presto insorgere per le nostre vite e l’auto-determinazione del nostro futuro.




Sono invitati a partecipare:

Frenchi, San Precario Milano – Raffaele Sciortino, Infoaut– Gianluca Pittavino, csoa Askatasuna Torino – Fulvio Massa, Lab. Crash Bologna– Francesco Festa, Zero81 Napoli – Renato Busarello, Lab. Smaschieramenti Bologna – Mario Avoletto, Area antagonista campana – Degage Roma  – Luca Fagiano, Coordinamento cittadino lotta x la casa Roma  – Alexis occupato Roma – Bartleby Bologna – Vag 61 Bologna – Lab. Bios Padova – Villa Roth occupata Bari – Comitato cittadini liberi e pensanti Taranto

promuove Laboratorio Acrobax

www.indipendenti.eu

 

Presidio Antifascista per Pavlos Venerdì 20 settembre ore 17.00 Piazza dell’Immacolata (San Lorenzo)

Nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2013, vicino Atene, un gruppo di neonazisti di Alba Dorata ha ucciso Pavlos Fyssas, altrimenti noto come Killah P, un rapper e militante antagonista. Le modalità della vigliacca aggressione, condotta in 15 – e con i coltelli – contro un uomo solo e disarmato, ci ricordano fin troppo bene il tipico stile ed il “coraggio” dei fascisti in ogni angolo del globo. Alcuni media hanno provato a minimizzare l’accaduto con vergognose bugie, classificandolo come “lite tra tifosi di calcio”, mentre le autorità inquirenti – preoccupate per la tenuta dell’ordine pubblico – sembrano voler perseguire solo colui che, tra gli assassini, ha vibrato materialmente la coltellata che ha fermato il cuore di Pavlos. Per quanto ci riguarda, ci sentiamo di denunciare a voce alta la verità e la responsabilità politica dell’accaduto. Si tratta di un omicidio fascista, che ha colpito un nostro fratello e che colpisce tutti noi due volte: in quanto artisti e in quanto militanti. A chi condivide il nostro messaggio e la nostra lotta, chiediamo di farsene portavoce sui palchi, nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro. Questo messaggio non porta volutamente nessuna firma, in modo che chiunque lo condivide possa farlo suo, leggendolo e condividendolo. Ai nostri quartieri e a chi li ama, chiediamo di stringersi intorno a chi combatte e di intensificare la vigilanza antifascista più rigorosa ed inflessibile. Agli autori di questo gesto infame, e a chi li spalleggia anche all’interno delle istituzioni di ogni Paese, vogliamo infine comunicare che, mentre scriviamo, le canzoni di Pavlos vengono diffuse e tradotte in tutte le lingue, si organizzano concerti, cortei e momenti di lotta condivisi. All’alba del 18 settembre 2013, il microfono di Killah P è stato idealmente raccolto da tutti noi. “E’ morto un partigiano, ne nascono altri cento.”

Comunicato finale dell’Hubmeeting 2013 Barcellona

During the Hub Meeting we shared the need to build a struggle process ( #SocialStrike ) able to synchronize the different territories from the local to the global level. We consider #15O just as the launch date of this process aiming to connect and empower different people to strike against financial capitalism and austerity.

To achieve this, we have not only to design #SocialStrike actions, but to explain whom and what these actions aim to target. Furthermore why it is worth to take the risk of making a step further and go beyond classical demonstrations and labor strikes towards a form of struggle that is inclusive and effectively harming the capitalist economic system. A social struggle that changes the balances and the relationships imposed on the contemporary productive system, introducing a new form of wealth distribution and the claim for a universal basic income.

People and groups attending the Hub Meeting have agreed on a common strategy, starting a week before the 15th of October and individuating this date as a general test to present the #SocialStrike process and spread information about it. We have also developed a strike practices catalogue that can be used to simultaneously implement actions on different spaces, according with the singularity of each location and its resources

The strength of the actions is not going to be based on their size, but on how distributed and coordinated they will be. Therefore, their force will rely on our capacity of coordinating and synchronize them. We see the #19O global demonstration against financial capitalism and austerity as an important further step to enforce our independent coordination network towards further actions.

With love,

Hub Meeting 2013

 

Assemblea cittadina*Roma verso il 15 e 19 Ottobre

Le nostre vite negli ultimi anni si sono sempre più trasformate in una corsa a ostacoli per arrivare alla
fine del mese, schiacciate da politiche economiche che hanno cancellato diritti, compresso salari e tagliato redditi, moltiplicato
precarietà e sfruttamento del lavoro, della vita e del territorio.

I provvedimenti inseriti dal “governissimo” in carica nel recente “Decreto del Fare” dimostrano obbedienza infinita ai diktat della Troika. Chi governa questo paese, chiuso dentro palazzi e salotti, è sempre più incapace di dare risposte a chi ha pagato già per intero il prezzo della loro crisi, continua invece a perseguire le stesse politiche di saccheggio dei territori e delle nostre vite: derubare molti per dare a pochi.

Sprofondano le condizioni di vita di tutte e tutti noi, ma non cambiano le politiche di una governance sempre più asservita agli interessi delle banche, delle lobby finanziarie, degli speculatori, dei potenti.

Mentre si addensano le nubi di una guerra dagli esiti catastrofici e dalle conseguenze incalcolabili, è necessario determinare sin da ora momenti di costruzione comune e di lotta in grado di chiamare tutti e tutte ad alzare la testa, a sollevarsi e a mettere in movimento un nuovo processo di riappropriazione collettiva che rovesci il ricatto dell’austerità e della precarietà.

Abbiamo già dimostrato in questi mesi che siamo in grado di animare lotte importanti, che parlano di riappropriazione diretta
di reddito, spazi e tempi di vita. Lotte per la difesa e la riconquista di diritti sul lavoro; per la scuola e l’università pubblica e la
libera circolazione dei saperi; per il diritto all’abitare con l’occupazione di numerosi stabili in cui hanno trovato casa migliaia di
persone; le lotte dei migranti e dei rifugiati, quelle per la difesa del territorio contro le cosiddette grandi opere, le fonti di
nocività, le basi ed i dispositivi militari dell’imperialismo.

Ora è necessario che queste lotte si incontrino, costruiscano pratiche e percorsi comuni in grado di rompere l’isolamento in cui vorrebbero costringere le nostre esistenze, coinvolgano nuovi soggetti, allargando e generalizzando il conflitto. Per questo da alcuni mesi numerose realtà in lotta, soggettività, movimenti, stanno lavorando attraverso forme di confronto ed organizzazione – orizzontale e dal basso – ad una settimana di mobilitazione e conflitto che culminerà con la manifestazione nazionale che si terrà a Roma SABATO 19 ottobre.

Settimana che prevede il 12 ottobre una giornata per la difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuse per il diritto all’abitare; il 15, azioni dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 una manifestazione congiunta dei sindacati di base e conflittuali.

Di questo e di molto altro vogliamo ragionare insieme Giovedì 19 al Volturno occupato, in un’assemblea che immaginiamo possa tenere insieme l’aspetto del ragionamento politico, con quella dell’organizzazione pratica e concreta delle mobilitazioni, che -ci auguriamo- possano dare il via ad un autunno di conflitto e di cambiamento radicale dell’ esistente.

Non è più tempo di aspettare, assediamo precarietà e austerity!
Un’unica grande opera: casa e reddito per tutti e tutte!

Dalla valle alle metropoli, per un autunno di conflitto

Movimenti di lotta per la casa e per il diritto all’abitare, centri sociali e spazi occupati, collettivi studenteschi e precari, militanti del movimento no tav  e di altre lotte a difesa del territorio, ci siamo incontrati al campeggio di lotta di Venaus – tra cariche nei boschi e momenti di lotta e condivisione – per costruire un percorso comune che guardi avanti, verso un autunno di conflitto di cui tutt* condividiamo l’urgenza.

Abbiamo individuato nella data del 19 ottobre (già indicata dalla 2 giorni sull’abitare a Porto Fluviale) un’occasione utile per mettere a verifica un percorso e intrecciarne molti altri. Una giornata in cui assediare i Ministeri che traducono le direttive della troika in leggi e decreti che distruggono le nostre vite. Un punto di partenza dunque e non di arrivo. Non una scadenza ma un processo in costruzione, da articolare  nei differenti territori da cui proveniamo.

 

Raccogliamo la proposta uscita dagli incontri avvenuti al campeggio del Monte Amiata di una mobilitazione diffusa sul territorio in occasione del 12 ottobre sul tema del colonialismo sui territori, attendiamo la conferma di una giornata di mobilitazione transnazionale dall’Hub Meeting di Barcellona per il prossimo 15 ottobre e c’impegnamo nella costruzione di iniziative territoriali di avvicinamento, sostenendo lo sciopero del sindacalismo conflittuale e di base del 18 ottobre. Non una data ma una settimana di mobilitazione.

 

Una riflessione comune ha registrato una necessità che è anche un auspicio: c’è bisogno di un salto di qualità nell’agire dei movimenti; non si può continuare a condurre battaglie divise che si consumano nel proprio ciclo fisiologico o nella separatezza della propria specificità, quando il comando che ci governa dall’alto impone ogni giorno nuove misure di austerità che decidono le finanziarie di interi paesi. Lottare contro il Tav non è diverso dall’occupare una palazzina per dare un tetto a chi non ce l’ha, difendere uno sfratto, lottare per l’erogazione di un reddito dignitoso per tutt*, difendere servizi essenziali alla persona o sostenere attivamente le lotte che si producono nel mondo del lavoro.

 

Il tema della riappropriazione è emerso con forza come necessario corollario alla difesa dei territori dalla valorizzazione capitalistica. La parole d’ordine del “Non pago!” e dell’“Occupiamo tutto!” le poniamo come metodo e programma, da agire nella quotidianità dei nostri percorsi. Battaglie concrete da iniziare a proporre e attivare dentro quella composizione sociale fluida di nuovi poveri che vede sempre più simili nelle condizioni di vita e nei bisogni precari, migranti, studenti fuori sede, operai e ceti medi. Riprendendoci le case di cui abbiamo bisogno per vivere, auto-riducendoci le bollette del gas, dell’acqua e della luce, per iniziare a ridurre il ricatto di un lavoro salariato sempre più esiguo e costretto in una competizione al ribasso.

 

Su tutti questi temi, nella costruzione di questa settimana di mobilitazioni, verso e oltre il 19 ottobre, invitiamo tutti quei soggetti, quei collettivi e quelle singolarità che non abbiamo ancora avuto modo o occasione di incontrare a raggiungerci e confrontarsi con noi, aperti nella discussione e nel confonto, con la discriminante precisa di mantenere il profilo di indipendenza e autonomia di un percorso che si vuole sganciato da interessi partitici e di rappresentanza istituzionale. C’impegnamo quindi fin da ora a costruire momenti assembleari e di organizzazione nei singoli territori di provenienza e una giornata di assemblea generale da costruire a Roma nella seconda metà di settembre.

 

 

Assemblea “Dalla valle alle metropoli”

Venaus, campeggio di lotta notav, 20-21 luglio 2013

Costruiamo l’assedio all’austerity e alla precarietà

_Verso la sollevazione generale del 19 ottobre_

Assemblea di movimento – sabato 28 settembre h 10 @ Università La Sapienza, Roma

Ogni giorno, migliaia di persone lottano in questo paese: per arrivare a fine mese, difendere il diritto ad un tetto, affermare la propria dignità, difendere territori e beni comuni da devastazioni e saccheggi. Si tratta, il più delle volte, di percorsi separati che non riescono a tradursi in un discorso generale. Intendiamo rovesciare l’isolamento delle singole lotte e la precarietà delle nostre esistenze, per dare vita a una giornata di lotta che rilanci un autunno di conflitto nel nostro paese, contro l’austerity e la precarietà impostaci dall’alto da una governance europea e mondiale sempre più asservita agli interessi feroci della finanza, delle banche, dei potenti.

Il 19 ottobre vogliamo dare vita ad una sollevazione generale.

Una giornata di lotta aperta, che si generalizzi incrociando i percorsi, mettendo fianco a fianco giovani precari ed esodati, sfrattati, occupanti, senza casa, migranti, studenti e rifugiati, no tav e cassintegrati, chiunque si batte per affermare i propri diritti e per la difesa dei territori. Uniti contro le prospettive di impoverimento e sfruttamento imbastite dalla troika e dall’obbedienza di un governo che, tra decreti del “Fare” e “Service Tax”, favorisce i ricchi per togliere ancora di più ai poveri: barattando l’Imu con nuovi tagli alla spesa ed una nuova aggressione al diritto alla casa e all’abitare; favorendo la speculazione edilizia, il consumo di suolo e i processi di valorizzazione utili alla rendita, mentre vi sono centinaia di migliaia di case sfitte; delegando i servizi e il welfare ad una governance locale che, per far quadrare i conti aumenterà le tasse e produrrà ancora tagli e privatizzazioni. Tutto questo mentre preparano una nuova guerra “umanitaria” dalle conseguenze incalcolabili.

Contro questo orizzonte di miseria, intendiamo costruire una grande manifestazione che ponga con forza la questione del reddito e del diritto all’abitare, per questo vogliamo l’immediato blocco degli sfratti, il recupero del patrimonio pubblico e la tutela della ricchezza collettiva e comune, anche per combattere la precarietà e la precarizzazione generale delle condizioni di vita e del lavoro che ci stanno sempre più imponendo.

La manifestazione del 19 ottobre giungerà al culmine di una settimana di mobilitazioni, dentro e fuori il paese: il 12 ottobre, con  una giornata di lotta a difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuse per il diritto all’abitare; il 15, con azione dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 con una manifestazione congiunta dei sindacati di base  e conflittuali.

Vogliamo rovesciare il ricatto della precarietà e dell’austerity in processo di riappropriazione collettiva. Per rilanciare un movimento che affermi l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!

 

Assemblea “Dalla valle alle metropoli”

Venaus, campeggio di lotta no tav, 1 settembre  2013

4 Settembre giornata di mobilitazione nazionale dei precari della scuola

Appuntamento a Roma dalle ore 15 sotto Il Provveditorato via Pinaciani 

Intervista a Massimo del Coordinamento Precari della Scuola

 Il Governo ha tentato di far credere all’opinione pubblica che poco più di 11mila assunzioni nella scuola rappresentano una novità nel quadro della crisi attuale? qual è la realtà attuale nel mondo della scuola? quali sono i punti critici del decreto e quali le vostre proposte?

1. La realtà, quella vera, è di dieci a uno. Voglio dire che le 11.000 assunzioni vanno confrontate con i 100.000 incarichi annuali che vengono assegnati non come supplenze, ma su cattedre vuote, e questo ogni singolo anno scolastico. Perché non assumere allora se i posti ci sono? Semplice, per poter licenziare. La scuola viene da un periodo di tagli fortissimi realizzati con la famigerata legge 133 e la cosiddetta riforma Gelmini. In questi anni cioè sono stati licenziati circa 100.000 precari, con l’impoverimento che ne consegue per la scuola pubblica, insieme all’aumento degli alunni per classe, il taglio delle ore, il licenziamento anche del personale ATA. I numeri della Carrozza sono persino inferiori all’ultimo piano assunzioni Gelmini, e sempre vincolati dal Tesoro e dalla riforma delle pensioni Fornero. Non accettiamo quindi la logica del “si salvi chi può”, del “siete l’unico comparto pubblico in cui si assume”: lo si fa perché la popolazione scolastica in Italia cresce e non si possono lasciare le classi scoperte e, soprattutto, perché su 1 assunto gli altri 9 sono pronti per essere licenziati. Le voci sul rinnovo del CCNL infatti sottobanco lasciano riaffiorare l’idea dell’aumento dell’orario di lavoro, che peggiora le condizioni di chi è dentro e permette di licenziare chi non è stabilizzato. Le richieste che facciamo sono quindi molto semplici: sui posti vacanti si deve assumere, non darli come supplenze mantenendo il precariato; la riforma Gelmini va ritirata. Solo così si può dare una speranza a chi ancora adesso si prepara per diventare insegnante: le nuove abilitazioni non possono essere fatte solo per finanziare l’università e poi lasciare i neo abilitati ad ingrossare un esercito che conta già 200.000 persone.

Lunedi 2 settembre si è svolta l’occupazione del provveditorato in via Pianciani a Roma, quali sono le rivendicazioni del coordinamento dei precari della scuola?

2. Lunedì 2 settembre come Coordinamento Precari Scuola abbiamo occupato il CSA di Roma innanzitutto per fare opera di contro-informazione. Era necessario far aprire all’opinione pubblica che le assunzioni di cui tanto si parla sono in effetti una briciola nel mare delle cattedre vacanti assegnate ogni anno ai precari. Abbiamo quindi chiesto di incontrare il Ministro Carrozza per avere un confronto pubblico proprio su questo, dopo che tre di noi l’avevano già intercettata in un tour promozionale dei provveditorati, chiedendole di incontrarla come lavoratori e ricevendo le solite risposte che non dicono nulla. Durante l’occupazione di lunedì intanto una delegazione è stata ricevuta dalla dott.ssa Novelli, la direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, quello che si è segnalato nei media gli ultimi giorni per essere il fanalino di coda nell’espletamento delle procedure del concorso beffa. Tutto rimandato al 2014/2015. La Novelli, oltre al fastidio per pratiche che ha definito demodé quali le occupazioni, non potendo giustificare il clamoroso ritardo nel concorso, ha d’altro canto difeso in toto il piano politico del Ministero, ripetendo la solita litania sulle assunzioni “meglio questo che niente”. Per questo la giornata di lunedì, tutt’altro che essere un rituale ripetitivo, ha avuto il merito di svelare la falsità delle dichiarazioni propagandistiche e di rilanciare la mobilitazione a partire dal 4 Settembre, quando alle 15,00 davanti al Provveditorato ci sarà un presidio nel quale le nostre coreografie ribadiranno il rifiuto di essere usati e gettati via ogni anno, con la richiesta del ritiro dei tagli e delle assunzioni.

Quali sono le prossime tappe della mobilitazione? ci racconti l’appuntamento che è stato indetto domani davanti ai provveditorati in diverse città?

3. Lo stesso presidio avverrà in altre città di Italia, tutte con la stessa parola d’ordine. So ad esempio che a Ravenna sono state preparate magliette tipo calciatore, in cui il numero indica gli anni di precariato e altri elementi di carriera. Ieri una assemblea di lavoratori della scuola è stata fatta a Milano e adesioni ci sono anche da Napoli e altre città, mentre a Firenze alcuni colleghi precari hanno incontrato il Ministro Carrozza, che ha riservato loro un trattamento simile al nostro. Noi oggi vogliamo essere tanti. Far capire ai colleghi che il precariato non è casuale, né una ferrea necessità. La diminuzione delle assunzioni aumenta le potenzialità di licenziamento e questo è rischiosissimo a ridosso della discussione del rinnovo del contratto. Una contrattazione che avverrà dopo che gli ultimi anni hanno mortificato il potere d’acquisto dei salari, quindi in una situazione di forte ricattabilità dei lavoratori. Oggi pomeriggio dobbiamo essere tanti, per dire che non siamo disposti a essere usati e gettati via. Che noi lavoro e scuola pubblica li difendiamo.

Appello internazionale contro la criminalizzazione del movimento NoTav

Appello internazionale di docenti e intellettuali contro la criminalizzazione del movimento No Tav

Ringraziamo con calore tutte le firmatarie e tutti i firmatari, e in particolare Silvia Federici (della Hofstra University, New York) per aver promosso questo appello.

Pubblichiamo la traduzione italiana dell’appello e di seguito la versione originale.

Movimento NO TAV di nuovo sotto attacco

Da vent’anni nelle montagne del nord-ovest Italia, non lontano da Torino, un potente movimento è cresciuto, resistendo al piano del governo italiano di costruire una linea ferroviaria ad alta velocità che, oltre ad essere molto costosa ed economicamente inutile, distruggerebbe certamente l’ambiente montano. Più e più volte il movimento NO TAV, ormai ben conosciuto in tutta Europa, è stato oggetto di attacchi da parte delle forze dell’ordine e dell’esercito, oltre ad essere oggetto di una campagna denigratoria da parte dei politici di praticamente ogni colore. Tuttavia, così forte è stata la determinazione del popolo della Val di Susa e dei suoi numerosi sostenitori nel resistere a questo attacco alla loro terra e alle loro vite, che finora nessuna vera costruzione ha avuto luogo e tutto ciò che le aziende responsabili del progetto hanno raggiunto è stato quello di recintare migliaia di ettari di terra, appartenenti alla popolazione locale, con filo spinato e poliziotti.

È ormai generalmente riconosciuto, anche a livello dell’UE, che la costruzione della linea ad alta velocità sia inutile, al punto che alcuni  dei paesi partecipanti si sono già ritirati dal progetto. Tuttavia, il governo italiano ha ulteriormente intensificato il suo attacco contro la resistenza al TAV, con la piena militarizzazione della Val di Susa. Come hanno più volte denunciato gli abitanti di questa bellissima valle storica, situata vicino al confine con la Francia e centro della resistenza partigiana al Fascismo e al Nazismo negli anni ’40, nessuno sforzo è stato risparmiato per reprimere ideologicamente e fisicamente la legittima protesta dei residenti della valle, la quale dovrebbe sopportare ogni giorno le conseguenze del TAV. Il territorio della Val di Susa è già stato interamente ricoperto di gas lacrimogeni, e molti sono stati arrestati, feriti, e alcuni sono addirittura morti a causa della scandalosa determinazione del governo nel completare questo lavoro indipendentemente dalle sue conseguenze devastanti per la popolazione della valle.

Ora un nuovo violento attacco contro il movimento No Tav è in corso, il che richiede una risposta chiara da parte di tutti coloro che, dentro e fuori l’Italia, credono che la distruzione sistematica del nostro ambiente e la violazione dei bisogni e delle esigenze più elementari della gente siano crimini che riguardano tutti e tutte noi e che non dobbiamo tollerare.

Lunedì mattina, 29 luglio, la DIGOS – il ramo politico della polizia – ha fatto irruzione in decine di abitazioni a Torino e in Val di Susa. Dodici compagni e compagne sono stati costretti ad aprire le loro case agli agenti, che hanno poi proceduto nella ricerca di materiali compromettenti, presumibilmente legati alla loro protesta contro la recinzione dei terreni della valle con reti di filo spinato. Incaricata di cercare esplosivi e altre armi, la polizia ha fallito in questo obiettivo, ma ha sequestrato tutti i materiali audiovisivi e atti alla telecomunicazione che potevano trovare, chiaramente il vero obiettivo della ricerca. Come ha detto uno degli attivisti perquisiti: “Sono venuti per le armi, se ne sono andati con i computer e telefoni”.

L’operazione ha incluso il ristorante La Credenza – un nome che in italiano significativamente indica sia ‘fede’ che ‘dispensa’ – un luogo pubblico di incontro e di aggregazione per i No Tav in Val di Susa, dove si trovano anche i sindacati dei lavoratori e le associazioni politiche . Questo è un luogo dove ogni giorno le persone si incontrano per discutere di attualità, soprattutto in riferimento alla lotta, così come per condividere del cibo e un bicchiere di vino. Chiunque vada a Bussoleno, il cuore della lotta NO TAV, vi ci passa, per avere la possibilità di parlare con la gente locale, informarsi sugli eventi in corso e gustare un’ottima cena. Ma i magistrati lo dipingono come un luogo di cospirazione, per sostenere l’accusa che motiva l’operazione: coinvolgimento in “attacchi con finalità terrorista e sovversiva”.

Chiunque sia stato in Val di Susa o abbia seguito la lunga storia della protesta che la sua gente ha lanciato contro il TAV, sa che questa accusa è falsa, oltraggiosa, ed è un classico esempio di come incolpare le vittime. Non sorprende che le “prove” siano fabbricate.

In una delle case perquisite, è stata trovata una mappa della valle con dei marcatori di segno su di essa. La giovane donna che vi abita è un membro del Legal Team per il movimento, e la mappa è parte del materiale che doveva sottoporre alla difesa nei processi che sono già in atto nei confronti di alcuni dei suoi membri. Su di essa sono contrassegnati i luoghi dove nel 2011 diverse persone sono state brutalizzate dalla polizia. Ma, secondo gli inquirenti, la mappa dimostra l’esistenza di un movimento di guerriglia organizzato militarmente.

Allo stesso modo, bottiglie di birra presumibilmente trovate nell’area del cantiere vengono presentate come evidenza della presenza di bombe molotov, senza che vi sia alcuna prova che abbiano mai contenuto altro che birra. Anche le magliette nere sono state sequestrate, anche se è difficile immaginare che cosa potrebbero provare. Ma il significato dell’operazione di polizia viene fuori più sfacciatamente laddove i magistrati affermano che i perquisiti sono indagati come sospettati di “attacchi con finalità terroristica.”

In sintesi, l’obiettivo di questa nuova operazione è quello di aumentare l’attacco al movimento rappresentandolo, legalmente e attraverso i media, come un movimento “terrorista” – una mossa che ha evidentemente l’intento di spaventare i suoi sostenitori, scagliare l’opinione pubblica contro il popolo della Val di Susa e legittimare ogni violenza che lo stato ritiene opportuna per scatenarsi contro di loro.

Non pensiamo che questa operazione avrà successo. Gli abitanti della Val di Susa hanno combattuto i fascisti, hanno combattuto i nazisti e per 20 anni sono stati in grado di respingere il tentativo del governo italiano di distruggere le loro montagne, già attraversato da numerose linee ferroviarie e da una strada di recente costruzione. Tuttavia non dobbiamo sottovalutare la volontà del governo di schiacciare questo movimento. Questo fatto sembra essere l’obiettivo primario di questa operazione, dato che i rapporti indicano che, anche da un punto di vista capitalistico, il progetto TAV è destinato a rivelarsi economicamente irrealizzabile. Perché perseguirlo poi con così tanta ostinazione, fino al punto di calpestare la vita di migliaia di persone? Forse perché il governo italiano non può ammettere che quando la gente lotta in modo unito può vincere? O è che i profitti che le aziende private farebbero avrebbero più importanza del fallimento del progetto di portare alcun beneficio al paese nel suo insieme e inoltre superare così l’immensa agonia e la perdita inflitta al popolo della Val di Susa?

La politica in questi giorni ha un carattere surreale. Menzogne, distorsioni, discussioni motivate ​​esclusivamente dai più stretti motivi economici privati ​​sono all’ordine del giorno. Ma il carattere fittizio delle accuse mosse contro le vittime delle perquisizioni non deve ingannarci circa i danni che possono infliggere. Come minimo questi attacchi stanno costringendo un movimento a ri-incanalare le proprie energie dalla lotta contro il TAV  alla difesa di coloro sotto attacco.

Questo è il motivo per cui dobbiamo sostenere gli attivisti NO TAV sotto inchiesta, dobbiamo allargare il nostro sostegno per la lotta NO TAV e inviare un chiaro messaggio di protesta al governo italiano, chiedendo che cessi la persecuzione degli attivisti No TAV e che ponga fine al progetto del TAV stesso.

Si prega di firmare la dichiarazione-affiliazione seguente solo a scopo di identificazione:

Chiediamo con forza al governo e alla magistratura di:

* Terminare il suo uso arbitrario della legge per perseguitare gli attivisti No TAV;

* Cessare le indagini contro le dodici persone le cui case sono state perquisite;

* Fermare la militarizzazione della Val di Susa;

* Ascoltare la legittima protesta del popolo della Val di Susa e abbandonare il progetto TAV, che ha già causato tante sofferenze a tante persone.

Alexander Anievas, Research Fellow, Cambridge University, Uk

Dr. Dario Azzelini, Johannes Kepler Universität, Linz  (Austria)

Erika Biddle-Stavrakos, York University, Toronto. Canada

Prof. Dusan Bjelic, University of Southern Maine

Werner Bonefeld, University of York, UK

Michaela Brennan, Ann Harbor, USA

George Caffentzis, Professor Emeritus, University of Southern Maine, USA

Chris Carlsson, Shaping San Francisco, San Francisco, CA, USA

Irina Ceric, Osgoode Hall Law School, York University, Toronto

Harry Cleaver, Emeritus, University of Texas, Austin, USA

William T. Cleaver, Austin, Texas, USA

Mitchel Cohen, Brooklyn Greens, Green Party, Former Chair WBAI Radio. N.Y., USA

Laura Corradi, Universita’ della Calabria

Dan Coughlin, New York, USA

Laurence Cox, National University of Ireland Maynooth, Ireland.

Patrick Cuninghame, Sociology Lecturer, Universidad Autonoma Metropolitana, Mexico City

Massimo De Angelis, The commoner.uk, London, UK

Federico Demaria, Universitat Autònoma de Barcelona, Spain

Dagmar Diesner, The commoner.uk, London, UK

Salvatore di Mauro, editor, Capitalism, Nature and Socialism. USA

Anna Dohm, Interventionist Left Germany

Sara R. Farris, Goldsmiths, University of London

Silvia Federici, Emerita, Hofstra University, Hempstead, N.Y.

Jim Fleming, Autonomedia, New York

Michael Hardt, Duke Univerity, Durham, North Carolina

Dr David Harvie, University of Leicester, UK

Conrad M. Herold, Dept of Economics, Hofstra University, Hempstead, N.Y.

Yaiza Hernández Velázquez, CRMEP, Kingston University, London

John Holloway, Professor, Benemérita Universidad Autónoma de Puebla, Mexico

Brian Holmes, art and cultural critic, Chicago

Andrej Hunko, MP for the German Bundestag

Fiona Jeffries, Simon Fraser University, Vancouver, Canada

Lewanne Jones, Autonomedia, New York. USA

Nancy Kelley, HIRC of Harvard Law School, Cambridge, Massachussetts

Sabu Khoso, New York. USA

Peter Linebaugh, Toledo, USA

Federico Luisetti, University of North Carolina at Chapel Hill, North Carolina

Mari Lukkari, journalist, Finland

Caitlin Manning, California State University, Monterey Bay.

Barry Hamilton Maxwell, Cornell University, Ithaca, N.Y., USA

Massimo Modonesi, Coordinador del Centro de Estudios Sociológicos, Facultad de Ciencias Políticas y Sociales

Universidad Nacional Autónoma de México

Donald Monty Neill, Boston, USA

John Malamatinas, Cologne-Germany

Pablo Mendez, University of British Colombia, Vancouver

Cristina Rousseau, Doctoral Candidate, York University, Toronto.

Stevphen Shukaitis, University of Essex, UK

Marina Sitrin, CUNY Graduate Center, N.Y. USA

Konstantine Stavrakos, environmental lawyer, Toronto.

Alberto Toscano, London, UK

Kevin Van Meter, Team Colors Collective & University of  Minnesota (Graduate Student), Minneapolis, MN

Chris Vance, Vancouver, Canada

Dr Peter Waterman Institute of Social Studies, The Hague (retired)

John Willshire-Carrera, HIRC of Harvard Law SchoolCambridge, Massachussetts.

NO TAV movement again under attack

For twenty years in mountains of North West Italy, not far from Torino, a powerful movement has grown that has resisted the Italian government’s plan to build a high velocity railroad, which in addition to being very costly and economically useless would certainly destroy the mountain environment. Over and over, the NO TAV movement, now well-known throughout Europe, has come under attack by the police and the army, besides being the object of a smear campaign by politicians of almost every political stripe. However, so strong has been the determination of the people of Val di Susa and their many supporters to resist this assault on their land and their lives that so far no real construction has taken place and all that the companies in charge of the project have achieved has been to surround thousands of acres of land, belonging to the local population, with barbed wires and cops.

It is now generally recognized, even at the EU level, that the construction of the high velocity railroad is unnecessary, so that some participant countries have already withdrawn from the project. Nevertheless, the Italian government has even further intensified its attack on the resistance to the TAV trains, with the full militarization of Val di Susa. As the villagers of this beautiful historic valley, near the border with France, the center of the partisan resistance to Fascism and Nazism in the ‘40s, have repeatedly denounced, no effort has been spared to repress ideologically and physically the legitimate protest of the residents of the valley who would bear every day the consequences of the TAVS. Already the land of Val di Susa has been drenched with tear gas, and many have been arrested, wounded, and some have even died because of the government’s outrageous determination to complete this work regardless of its devastating consequences for the people of the valley.

Now a new violent assault on the No Tav movement is unfolding that demands a clear response by all those in and out of Italy who believe that the systematic destruction of our environment and the violation of people’s most basic needs and demands are crimes that affect us all and we should not tolerate.

On Monday morning, July 29, the DIGOS – the political branch of the police – has raided dozens of homes in Torino and in Val di Susa. Twelve comrades have been forced to open their houses to its agents, who have then proceeded to search for incriminating materials, presumably related to their protest against the enclosure of the land of the valley with hedges of barbed wire. Instructed to look for explosives and cutters, the police have failed in this goal, but they have confiscated all the audio-visual and telecommunication materials they could find, clearly the real objective of the search. As one of the activists raided put it: “They came for weapons, they left with computers and phones”.

The raid has included the restaurant La Credenza – a name that in Italian significantly means both ‘faith’ and ‘pantry’ – a public place of meeting and aggregation for No TAVS in Val di Susa, where workers’ unions and political associations are also located. This is a place where every day people meet to discuss current events, mostly relating to the struggle, as well as share some food and a glass of wine. Whoever goes to Bussoleno, the heartland of the NO TAV struggle, passes through it, to have a chance to talk to local people, check on current events, and have a great dinner. But the magistrates paint it as a place of conspiracy, to support the charge that motivates the raid: involvement in “attacks with terrorist and subversive intent.”

Anyone who has been in Val di Susa, or has followed the long history of the protest its people have mounted against the TAV knows this charge is false, outrageous, and is a classic example of blaming the victims. Not surprisingly the “proofs” are manufactured.

At one of the houses raided, a map of the valley was found with marker-signs on it. The young woman living there is a member of the Legal Team for the movement, and the map is part of the material that she was to submit to the defense in trials that are already taking place against some of its members. On it, the sites are marked where in 2011 several people were brutalized by the police. But according to the investigators, the map proves the existence of a militarily organized guerrilla movement.

Similarly, beer bottles presumably found on the construction site are presented as evidence for the presence of Molotov cocktails, no proof given that they ever contained anything but beer. Black T Shirts too were confiscated, though it is hard to imagine what they could prove. But the meaning of the police operation comes forth most blatantly where the magistrates state that those raided are investigated as suspects of “attacks with terrorist intent.”

In sum, the goal of this new operation is to escalate the assault on the movement by representing it, legally and through the media, as a ‘terrorist’ movement – a move obviously intended to scare its supporters, turn public opinion against the people of Val di Susa, and legitimize any violence the state will deem fit to unleash against them.

We do not think this operation will succeed. The people of Val di Susa have fought the fascists, have fought the Nazis, and for twenty years they have been able to push back the attempt of the Italian government to destroy their mountains, already traversed by many railroad lines and a recently constructed highway. However, we should not underestimate the will of the government to crush this movement. This in fact appears to be the primary objective of the present operation, as reports indicate that, even from a capitalist viewpoint, the TAV project is turning out to be economically unfeasible. Why to pursue it then with so much obstinacy, to the point of stomping over the lives of thousands of people? Is it because the Italian government cannot admit that when people struggle in a unified way they can win?  Or is it that the profits that private companies would make would outweigh the failure of the project to bring any benefit to the country as a whole and outweigh as well the immense agony and loss inflicted on the people of Val di Susa?

Politics these days has a surreal character. Lies, distortions, arguments motivated solely by the narrowest of private economic motives are the order of the day. But the fictitious character of the charges brought against the victims of the raid should not deceive us about the damage they can inflict. At the very least these attacks are forcing a movement to re-channel its energies from the struggle against the TAV to the defense of those under attack.

This is why we need to support the NO TAV activists under  investigation, we need expand our support for the NO TAV struggle, and send a clear message of protest to the Italian government, demanding it ends the persecution of the No TAV activists and put an end to the TAV project itself.

Please sign the following statement –affiliation for identification purpose only:

We urge the Italian government and judiciary to:

*End its arbitrary use of the law to persecute No TAV activists;

*Cease the investigation against the twelve people whose homes have been raided;

*Stop the militarization of Val de Susa;

*Listen to the legitimate protest of the people of Val de Susa and abandon the TAV project, which has already caused so much suffering to so many people.

www.infoaut.org