Anche a Roma sbarca la “Parade” per «reddito, casa e diritti»

Da liberazione del 30 Aprile

Appuntamento domani, ore 12, Porta Maggiore. La MayDay sbarca a Roma. Che con la “metropoli originaria” Milano e con Palermo, quest’anno, forma il triangolo italiano dell’EuroMayDay 09. Come recita l’appello unificante delle MayDay italiane, anche dalla capitale si fa «Rotta verso il futuro». Com’è naturale che sia, sulla scia d’una esperienza viva che indica una tendenza: «Nella city di Londra e nelle strade di Atene, nelle università e scuole che cavalcano l’Onda dei movimenti per il diritto al sapere e alla formazione, l’Europa si solleva contro il neoliberismo e i suoi disastri». La linea di condotta da sollecitare in parade nella giungla metropolitana e aggregando la sua fauna invisibile, anche quella del “concertone” confederale in Piazza San Giovanni cui pure si rivolgeranno gli “imput” maydayani, dunque, è la stessa anche a Roma: «Abbandoniamo la nave liberista!». Che poi significa una piattaforma più che concreta: «La sicurezza che vogliamo si chiama reddito, diritti nel lavoro e oltre il lavoro, cittadinanza per i migranti, diritto alla casa, scuola e sanità pubbliche e di qualità, trasporti gratuiti, conoscenza e formazione libere e condivise, tutela della salute sui luoghi di lavoro».
Così, la MayDay esordisce sulla scena romana. Il che vuol dire una convergenza di tutte le realtà “di movimento”, in quest’appuntamento: reti di precari, certo, ma in senso esteso centri sociali occupati e autogestiti, collettivi di scuole e università, movimenti di lotta per i diritti all’abitare, coordinamenti di migranti e occupanti indigeni e migranti di case. Un processo unitario che si ritrova su quella piattaforma comune e generale e rilancia la sfida della nona MayDay nello specifico romano: cioè nella Roma del sindaco Alemanno. Con un percorso della “parade” più che significativo: perché muove da territori fortemente percorsi dall’interazione fra economia della conoscenza (università e centri di ricerca) e flussi del lavoro migrante (come la condensazione tra Esquilino e Pigneto). E si conclude in un appuntamento propriamente storico, nella vicenda dei movimenti metropolitani di resistenza sociale: il 1° maggio «del non lavoro» al Forte Prenestino, la più antica e grande delle occupazioni di centri sociali nella capitale.
Perché l’estensione della MayDay da Milano a Palermo e, stavolta, a Roma, tutto è fuor che un percorso parallelo e scisso, alienato dall’agenda dello scontro politico e sociale generale nel Paese. Anzi, è l’ambizione di interpretarlo e protagonizzarlo in modo radicalmente alternativo, persino indicando la «soluzione». Come recita ancora l’appello: «In questo 2009 italiano, all’orizzonte scorgiamo più precarietà, vessazioni contro i migranti, paura del futuro, intolleranza sociale. Eppure il consenso dei sudditi nei confronti dell’imperatore aumenta». Così, dice la c”hiamata” maydayana, «ancor più urgente una battaglia europea, oltre che italiana, per l’accesso a un reddito sociale incondizionato, sotto forma di denaro e anche di accesso a un pacchetto di servizi e beni comuni essenziali». Contro, invece, «la risposta di Tremonti (Dio, patria e famiglia)», un «abile modo di non toccare i veri problemi» mentre già «il governo ha attaccato il contratto nazionale, limitando il diritto di sciopero». E mentre «il “Piano casa” del governo è un regalo alla speculazione, non offre risposte alla crisi abitativa, soprattutto ai precari – giovani, single, migranti – che rivendicano il diritto all’abitare». Ancora, mentre «il centrodestra propone meno diritti e qualche aggiustamento degli ammortizzatori sociali» e «il centrosinistra, capitanato da Franceschini detto Cuor di leone, ne propone l’allargamento» quando la realtà è che «gli ammortizzatori che si applicheranno solo a una piccola percentuale dei lavoratori servono di più alla propaganda confindustriale che ai precari»

di Anubi D’Avossa Lussurgiu

30/04/2009

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