LIBERI TUTTI, LIBERE SUBITO!

Ancora una volta il tribunale di Torino, si pronuncia contro la libertà di chi manifesta per difendere la Valle dallo scempio del treno ad alta velocità.
Lo ha fatto durante l’udienza del tribunale delle libertà che la scorsa settimana ha discusso della liberazione dagli arresti domiciliari del nostro compagno Giorgione.
La corte ha atteso 3 giorni per pronunciarsi e  negandogli infine la libertà. Giorgione dunque si trova ancora agli arresti domiciliari.
Tutto questo solo per aver partecipato alle iniziative contro il cantiere dello scorso 24 agosto. Tutto questo solo per aver portato, come altre migliaia di persone in questi mesi e anni, la sua solidarietà alla popolazione della Val di Susa.
Ancora una volta,  l’unica risposta che arriva alle popolazioni in lotta per la difesa dei territori, da parte dello stato è la repressione.
Denunciando ciò mandiamo anche la nostra solidarietà a Nina e Marianna che dopo la mobilitazione dello scorso 9 settembre si trovano ancora in stato di arresto presso il carcere delle Vallette.
Inoltre rifiutiamo con forza le dichiarazioni di quei politicanti che da mesi definiscono le mobilitazioni contro il tav come iniziative di assassini contro la democrazia,  offendendo e minimizzando così una lotta che dura da anni, una resistenza popolare  contro le nocività, volta a difendere i propri territori e i propri  spazi come beni comuni per tutt@.

Ancora una volta, sempre con rabbia e con amore
solidarietà alla lotta no tav solidarietà alle compagne arrestate

*Nina  Marianna  e Giogione liberi subito!
 
Laboratorio Acrobax Project – Coordinameto cittadino di lotta x la casa – Roma

 

Nina e Marianna libere subito!

Dopo il presidio di lunedì a Torino diventato poi corteo che ha percorso il centro cittadino, anche la Val di Susa vuole scendere in piazza per chiedere l’immediata liberazione di Nina e Marianna.
Con il comunicato delle donne No Tav del movimento riunitesi nel Coordinamento dei Comitati martedì scorso, ecco un’altra iniziativa per stringerci attorno a loro e per testimoniare come la Val di Susa non si lascia intimidire e, addirittura, rilancia.

Tra pochi giorni il tribunale delle libertà deciderà se scarcerarle oppure no, noi le vogliamo libere…subito!

Lunedì tutti in strada per una fiaccolata che partirà alle 20,30 dalla stazione di Chiomonte.
Nina e Marianna non sono sole!
Giù la mani dalla Val Susa!

Appello per la libertà di Nina e Marianna.

Le donne sono l’anello forte e dolce del Movimento NO TAV; quando entrano nelle lotte, lo fanno perché sentono in pericolo le radici stesse della vita, il diritto al futuro.

Nina e Marianna sono donne del movimento NO TAV.

Nina è un’operaia, madre di tre figli, impegnata nel sociale, volontaria del 118. Marianna è una ragazza ventenne, una dei tanti giovani che si sono avvicinati alla lotta NO TAV per generosità, senso di responsabilità e speranza.

Venerdì sera erano con noi, alla Maddalena di Chiomonte, lungo le recinzioni del fortino dove stanno asserragliate le “forze del disordine” a difendere un cantiere che non c’è e grandi sporchi interessi che invece sono ben presenti e mettono a repentaglio il futuro sociale, ambientale, economico non solo del territorio Valsusino, ma dell’intera collettività.

Andammo alle reti in tanti, almeno un migliaio di uomini e donne di tutte le età; fummo immediatamente accolti dal lancio fitto di lacrimogeni, sparati ad altezza d’uomo per intossicare e ferire meglio. L’aria si fece presto irrespirabile, una nebbia fitta e velenosa contro cui poco potevano i fazzoletti inzuppati di Malox e le maschere antigas. In questi casi il respiro si inceppa, le gambe diventano pesanti, occhi e polmoni in fiamme.

Quando gli uomini in armi uscirono dai cancelli per caricare la folla che resisteva ai lacrimogeni, non tutti riuscirono a mettersi in salvo; questa volta le prede furono due donne: Marianna e Nina, intervenuta con lo zaino del pronto soccorso a prestare la prima assistenza ad un ferito.

Nina e Marianna ora sono in carcere, alle Vallette: il loro arresto è stato convalidato ieri, nonostante fossero incensurate.

Come Nina e Marianna, altri giovani sono stati in precedenza arrestati, incarcerati, cacciati col foglio di via o accompagnati agli arresti domiciliari.

In un Paese nel quale sono ormai saltate tutte le garanzie democratiche e costituzionali, dove la militarizzazione dei territori e lo stato di polizia costituiscono lo strumento repressivo di quel partito trasversale degli affari che siede in Parlamento e nelle istituzioni, la generosità, la solidarietà, la difesa dei più deboli , la sete di giustizia e umanità diventano un crimine da punire col carcere. Di questo crimine sono colpevoli, come tutti noi, Nina e Marianna.

Ma il popolo NO TAV non arretra, la lotta non si arresta, la resistenza continua e si allarga ovunque ci sono ingiustizia e repressione.

A Nina e Marianna giunga il nostro abbraccio affettuoso, forte e solidale: le vogliamo libere subito!

Libertà e giustizia per tutti i compagni arrestati ed inquisiti.

 

Il Movimento NO TAV

da www.infoaut.org

La minaccia dell’articolo 8

di Luciano Gallino, la Repubblica, 15 settembre 2011

I commenti all’articolo 8 del decreto sulla manovra finanziaria hanno insistito per lo più sul rischio che esso faciliti i licenziamenti, rendendo di fatto inefficace l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori allorché si realizzino “specifiche intese” tra sindacati e azienda. È stato sicuramente utile richiamare l’attenzione prima di tutto su tale rischio, di importanza cruciale per i lavoratori.

Tuttavia un’attenzione non minore dovrebbe essere rivolta ad altre parti dell’articolo 8 che lasciano intravvedere un grave peggioramento delle condizioni di lavoro di chiunque abbia o voglia avere un’occupazione alle dipendenze di un’azienda.

Vediamo dunque che cosa potrebbe succedere ad un lavoratore (o lavoratrice) che già è occupato in un’azienda, oppure stia trattando la propria assunzione, laddove associazioni dei lavoratori rappresentative sul piano nazionale o territoriale abbiano sottoscritto con quell’azienda le “specifiche intese” previste dall’articolo 8. Sappia in primo luogo l’interessato che – se ci sono state delle intese in merito – ogni suo movimento sul lavoro sarà controllato istante per istante da un impianto audiovisivo. L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori lo vieterebbe, ma l’articolo 8 del decreto permette di derogarvi. Gradirebbe forse, quel lavoratore, un orario intorno alle 40 ore? Se lo tolga dalla testa. In forza di un’altra “specifica intesa”, entro quell’azienda l’orario normale è di 60 ore, il limite massimo posto da una direttiva della Commissione europea, limite che per particolari mansioni può salire a 65; però, in forza della stessa intesa, può in qualche mese scendere a 20. Vorrebbe essere classificato come operaio specializzato, come lo è da tanti anni? Gli viene fatta presente un’altra intesa, stando alla quale quell’azienda può attribuire a uno specializzato la qualifica di operaio generico: prendere o lasciare. Può anche accadergli, dopo qualche tempo, che l’azienda gli proponga di convertire il contratto di lavoro a tempo indeterminato in un contratto da collaboratore a progetto rinnovabile, se garba all’azienda, di tre mesi in tre mesi.

Un contratto grazie al quale si ritroverebbe a lavorare nella veste di un autonomo – tali essendo i collaboratori a progetto – che deve effettuare la sua prestazione con tutti i vincoli del lavoratore subordinato, a partire dall’orario e dai controlli audiovisivi, ma senza fruire dei benefici che questi hanno, tipo avere per contratto le ferie retribuite.

Le situazioni lavorative sopra indicate non sono illazioni gratuite. Se le parole del decreto hanno un senso, sono tutte situazioni rese materialmente e immediatamente possibili, nel caso in cui l’articolo 8 diventi legge, dai punti che vanno da a) (concernente gli audiovisivi) fino ad e) (riguardanti le modalità del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni) del comma 2 dell’articolo in questione. Con un minimo impegno se ne possono individuare innumerevoli altre; quale, per dire, un’organizzazione del lavoro che abolisca del tutto le pause sulle catene di produzione, o introduca operazioni di dieci secondi da ripetere seicento volte l’ora.

La giungla di situazioni lavorative in cui qualsiasi lavoratore o lavoratrice potrebbe trovarsi sommerso è resa possibile dal comma 2-bis (o 3 che sia, nell’ultima versione). Tale comma costituisce un mostro giuridico quale la Repubblica italiana non aveva mai visto concepire dai suoi legislatori. Infatti esso permette nientemeno che di derogare, ove si siano stipulate le suddette intese tra associazioni dei lavoratori o le loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, dalle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2. Non qualcuna: tutte. Al riguardo la formulazione dell’articolo 8 non lascia dubbi: esso mira a stabilire per legge che è realmente possibile derogare da tutte le leggi che hanno finora disciplinato le materie sopra elencate. Dette leggi comprendono non soltanto lo Statuto dei Lavoratori del 1970, il pacchetto Treu del 1997, la legge 30 del 2003 con il successivo decreto attuativo (emanati dalla stessa maggioranza di governo), ma pure le centinaia di disposizioni legislative introdotte dagli anni 60 in poi che si trovano citate in calce a ogni manuale di diritto del lavoro (si veda ad esempio quello del compianto Massimo Roccella).

Oltre che ignorare, ma per il governo attuale son piccolezze, gli articoli 3 e 39 della Costituzione.

Di fronte a una simile mostruosità, eventuali accordi tra i sindacati confederali che si impegnassero a rifiutare ogni deroga di quella parte dell’articolo 8 riguardante i licenziamenti senza giusta causa del comma 2 sarebbero evidentemente scritti sull’acqua (a parte l’amenità di sottoscrivere di corsa una deroga a un decreto millederoghe). Per un verso perché rappezzare il vulnus dell’articolo 18 dello Statuto sarebbe certamente utile; ma al prezzo di accettare il gravissimo stravolgimento di tutte le regole concernenti l’organizzazione del lavoro e della produzione che il decreto pretende di introdurre. Per un altro verso, l’ambiguo comma 1 spalanca palesemente la porta a ogni genere di degrado dell’attività dei sindacati: dalla contrattazione sindacale al ribasso (nota fattispecie del diritto del lavoro), alla formazione di mille sigle locali, alla concreta possibilità che anche rappresentanze sindacali delle maggiori confederazioni cedano sul piano locale a pressioni, lusinghe, o calcoli di convenienza. A sommesso avviso di chi scrive, l’articolo 8 del decreto sulla manovra economica non è in alcun modo emendabile o assoggettabile a pattuizioni. Se non si vuole far fare un salto indietro di mezzo secolo alla nostra civiltà del lavoro, va semplicemente cancellato.

(15 settembre 2011)

 

Roma Bene Comune: all’ex deposito Atac l’assemblea nazionale

L’assemblea nazionale realizzata a partire dall’appello proposto da Roma Bene Comune, che si è tenuta oggi 10 settembre 2011, ha raccolto nella struttura dell’ex deposito Atac di San Paolo a Roma una partecipazione che non si vedeva da tempo di collettivi, associazioni, movimenti, realtà del sindacalismo conflittuale e di base; una partecipazione ampia ed attiva soprattutto di moltissimi attivisti e persone che hanno deciso di prendere parte ad un momento di confronto realmente orizzontale e partecipativo, offrendo la propria disponibilità a mettersi in gioco dentro una nuova stagione di conflitto e trasformazione dal basso.

Vai alla pagina completa con audio degli interventi e foto su coordinamento.info

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No Tav: repressione e arresti

Nella notte di venerdi, il movimento no tav, con la partecipazione di nutriti gruppi di compagn@ da diverse città, ha portato a termine una significativa iniziativa volta a smantellare le reti dello pseudo cantiere-fortino, nella zona della baita della Clarea, alla Maddalena, proprio sotto il tratto di autostrada. L’unica reazione che le forze di occupazione hanno avuto è stata, come sempre, la repressione più becera e cieca, tramite arresti e lanci di lacrimogeni. Due compagne, della zona, sono state arrestate, e tutta l’azione è stata definita, dai nostri politicanti di entrambe le fazioni, come iniziativa di assassini contro la democrazia dello stato, minimizzando così una lotta che dura da anni, una resistenza popolare contro le nocività, volta a difendere i propri territori e i propri spazi come beni comuni per tutt@.

Solidarietà alla lotta no tav

Solidarietà alle compagne arrestate

Nina, Marianna e Giorgione liber@ subito!

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METRO PER METRO: 4 GIORNI NOTAV! CAMPEGGIO E INIZIATIVE

Quattro gioni di campeggio e iniziative prima dell’inizio della stagione autunnale, nell’asse tra Chiomonte-Giaglione-Venaus.

Dibattiti, socialità, campeggio libero e inziative contro il Tav a difesa del territorio.
FERMARLO E’ POSSIBILE! FERMARLO TOCCA A NOI!
PROGRAMMA TEMPORANEO IN CONTINUO AGGIORNAMENTO
mercoledi 7 settembre
ore 21 Giaglione piazza campo sportivo ASSEMBLEA POPOLARE NO TAV (Sarà la vera apertura della quattro giorni in cui si andrà a discutere la fase politica del movimento facendo un primo bilancio dell’estate e si andranno a definire le iniziative dei giorni a venire)
giovedì 8 settembre
ore 17,30 Chiomonte presidio centrale: merenda Sinoira nelle vigne dell’Avanà (proseguiremo qui l’importante discorso della vendemmia e delle vigne ostaggio del fortino si tav. Da ormai tre mesi il solo piazzamento delle recinzioni ha di fatto massacrato la microeconomia locale legata al territorio di Chiomonte impedendo l’accesso ai contadini e alle famiglie e ponendo delle serie ipoteche sul futuro raccolto. Rompere questo blocco in massa e invadere le vigne è un’azione che ormai il movimento no tav porta avanti a cadenza settimanale andando a fare leva su uno degli aspetti centrali del consumo di territorio).
Ore 21 a Chiomonte: presentazione libro: “Storia popolare dell’impero americano”, a dieci anni dalla strage di Ground Zero, la versione a fumetti del best-seller con cui Howard Zinn ha rivoluzionato la storiografia americana. Dai pellirossa a Bush, i momenti salienti dell’espansionismo statunitense, come li hanno vissuti i protagonisti. Disegni di Mike Konopacki, testi di Paul Buhle.
venerdì 9 settembre
ore 19 cena a Venaus.
ore 20,30 partenza da Giaglione e Chiomonte verso la baita Clarea per passeggiata notturna al non-cantiere. Si prosegue nella dimensione di pressione all’apparato militare occupante che da tre mesi il movimento no tav cerca di impegnare il più possibile nell’arco delle giornate e dei turni.
sabato 10 settembre
dalle ore 10 baita Clarea: polentata in Clarea (Sarà una giornata popolare, per tutti, famiglie comprese in cui tutto il movimento tornerà a sfilare sulla sua terra, a dimostrare che qui la paura non è di casa e che la resistenza popolare la si fa tutti insieme. Come già fatto il 30 luglio dimostreremo a chi gufa sul movimento no tav che la storia è un’altra da quella raccontata sui media a pagamento, la storia vera è quella che scriviamo noi, di persona)
domenica 11 settembre
Giaglione ore 17: dibattito “Dal No Tav al No Debito”con Ugo Mattei (tra i promotori dei referendum sull’acqua) e Andrea Fumagalli (economista, promotore della rete San Precario e Uninomade.2) .
Dopo la primavera referendaria la lotta No Tav ha acceso l’estate dipanando sul campo il filo dei beni comuni e anticipando il nodo del debito sotteso alle grandi opere. Con la tempesta finanziaria in pieno corso e le misure del governo contro i soliti noti il tema è oramai questione di tutti/e, di più: una questione di sopravvivenza della società contro la rapina del finanzcapitalismo. E allora: come si difendono, conquistano e producono i beni comuni nella vita dentro la crisi? Come si ricompongono in un piano comune istanze e diritti di soggetti differenti, dal lavoro all’esistenza? È possibile una vita oltre e senza il debito, oltre e senza la precarietà? Domande tanto più urgenti sia in vista delle mobilitazioni europee di questo autunno sia all’indomani dello sciopero malgré soi proclamato dalla Cgil la cui promettente riuscita non può e non deve insabbiarsi nelle secche di false (non)soluzioni già viste…
INDICAZIONI LOGISTICHE E CARTINA CON INFO
Come sempre la locazione sarà molto spartana ma riuscirà comunque a fornire i servizi minimi di cui tutti necessitano (entrambi i presidi hanno docce servizi e cucina in grado di far fronte a presenze numerose). Come da sempre in val di Susa l’obiettivo è la lotta no tav a cui dedichiamo molte energie e a volte le comodità vengono un pochino trascurate ma pensiamo che il clima e la cordialità di questi posti possano colmare questi piccoli disagi.
x maggiori info:
 

Appello per una assemblea a Bologna verso i meeting transnazionali di Barcellona e Tunisi

Dal 15 al 18 Settembre a Barcellona, dal 29 Settembre al 2 Ottobre a Tunisi, sono in programma due meeting transnazionali. Due importantissimi appuntamenti per provare a stringere sempre più reti transnazionali di lotta in un percorso iniziato già qualche anno fa in varie assemblee e momenti di conflitto attorno al Bologna Process, sparsi in tutta Europa e non solo.

In questa fine estate, in cui gli effetti della crisi globale iniziata quattro anni fa hanno subito una accelerazione improvvisa, diventa sempre più chiaro che possibilità di salvatori della patria non ce ne possono più essere nello spettro della rappresentanza nazionale: quando la moneta viene stampata a Bruxelles, i fondi monetari hanno sede a New York e la Borsa e’ legata agli indici di Londra, Francoforte e Parigi l’unica risposta per iniziare a riappropriarci dei nostri bisogni e desideri e’ quella di combattere sullo stesso piano della finanza globale.

Uno spazio transnazionale nel quale costruire campagne comuni per il diritto alla bancarotta, sul nuovo welfare, il reddito, i saperi e percorsi di trasformazione radicale del presente. I Signori della crisi proseguono nel voler applicare le ricette neo-liberiste responsabili della crisi stessa, che si traducono immediatamente in macelleria sociale, e in Italia una manovra lacrime e sangue viene approvata in maniera assolutamente bipartisan.

Al contempo dall’altro lato troviamo sempre più lotte e rivolte che si accendono a ciclo continuo. Dallo scorso Ottobre le mobilitazioni studentesche e precarie in Italia e Inghilterra, le nuove forme di sciopero in Francia e Grecia, la primavera araba, gli Indignados, le lotte sui beni comuni come la No Tav, hanno iniziato a creare un tessuto comune in espansione di opposizione alla crisi. Le metropoli inglesi in fiamme di poche settimane fa e l’inarrestabile continuità della conflittualità degli studenti cileni che assediano la capitale da mesi, le banlieue parigine sempre pronte a riesplodere e la continuità delle insurrezionali nel Maghreb pur nell’ambivalenza della fase in cui reazione e movimenti si scontrano anche e soprattutto nei post rais, continuano a muoversi in questo solco e ad approfondirlo. Una lunga scia che ha visto l’emersione di una nuova composizione di classe in formazione composta in prima fila
dal precariato cognitivo e da giovani proletari delle metropoli. Un messaggio è ormai evidente: di fronte alla logica del saccheggio imposta dalla finanziarizzazione vi sono intere generazioni pronte a battersi, nell’eterogeneità delle lotte, per riconquistare il proprio futuro.

E’ dunque oramai imprescindibile strutturare relazioni e connessioni tra i vari conflitti globali, anche a partire dalle nostre università per una formazione legata alla cooperazione e non alla competizione, per l’autodeterminazione del percorso formativo e di vita, nel momento in cui vediamo che questo significa direttamente la costruzione di lotte sul piano dei bisogni materiali. Nuove povertà aumentano giorno dopo giorno quando invece la ricchezza della messa in comune di saperi, abilità e capacita’ può aprire ad un mondo nuovo dove non esistano più la deprivazione e la mancanza di futuro e possibilità.

Per questo proponiamo un appuntamento per discutere di questi temi. Una assemblea nazionale all’università di Bologna il 13 Settembre pensiamo sia un decisivo primo passaggio per affrontare un autunno che si preannuncia molto caldo anche nelle nostre città. Il meeting di Barcellona è per il
Knowledge Liberation Front l’occasione per organizzarsi insieme al movimento delle acampadas spagnole e alle altre reti europee per la costruzione di una grande giornata di mobilitazione transnazionale per il 15 ottobre. Dopo il momento costituente del Klf a Parigi a Febbraio che ha lanciato il meeting di Tunisi in una assemblea in festa per la caduta di Mubarak e la settimana transnazionale di mobilitazione contro le banche di fine Marzo, un nuovo passo per discutere ed organizzare percorsi di opposizione alla crisi all’altezza dell’autunno alle porte.

Oggi ci sembra più che mai necessario dotarci collettivamente di un orizzonte condiviso per affrontare nel modo migliore possibile le macerie che crollano di questo ancient regime e da lì riaprire al cambiamento radicale della realtà che abbiamo di fronte. Nella crisi non c’è più spazio per le mediazioni: o si sta con le lotte, o si sta con il governo dei sacrifici. Noi abbiamo già scelto, perché noi siamo la loro crisi!

L’assemblea si terrà martedì 13 Settembre alle ore 16 alla facoltà di
Lettere e Filosofia, via Zamboni 38

Realtà promotrici del Knowledge Liberation Front

per info scrivi a knowledgeliberationfront@gmail.com

Il punto di vista precario e la Global Revolution* Il 15 Ottobre tutti a Roma!

Il punto di vista precario e il 15 ottobre.
Da Genova, il 23 luglio, avevamo scritto che avremmo partecipato all’hub meeting proposto da Democracia Real Ya dal 16 al 18 prossimi a Barcellona contribuendo così alla “preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre, quando scenderemo in piazza contro le politiche di austerity, a partire dalla legge di bilancio appena approvata e contro la gestione autoritaria e bipartisan della crisi che i poteri finanziari e i governi trasversali del neoliberismo ci vorrebbero imporre nel silenzio”. E scrivevamo, anche, che in autunno avremmo lanciato “una campagna popolare di respiro europeo per il diritto al reddito incondizionato e di base, che ridia voce alle rivendicazioni delle generazioni precarie”. Soprattutto, annunciavamo che ci saremmo rivisti “il 24 e il 25 settembre a Bologna per la Costituente dello sciopero precario, una grande assemblea aperta a tutti i lavoratori e le lavoratrici, nativi e mi granti, così come a movimenti, sindacati, attivisti”, per “discutere insieme di come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà”, su obiettivi chiari: “un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro”.

E’ quello che faremo.
Stiamo per incontrarci a Barcellona con un numero crescente di reti di movimento: ad oggi Democracia Real Ya, ovviamente, l’Acampada delle e degli indignad@s di Puerta del Sol di Madrid e quella di Plaça Catalunya di Barcellona, la piattaforma ormai planetaria Take the Square che interfaccia tutte le promozioni locali della #globalrevolution del 15 ottobre, Attac globale, l’International Student Movement che comprende lo straordinario movimento cileno, il Knowledge Liberation Front che in Italia sarà in assemblea il 13 prossimo a Bologna, la rete globale di azione per la libertà di movimento e migrante NoBorder, quella continentale dell’EuroMayDay, il Pan African Student Movement, la rete britannica di azione contro le politiche di austerità UkUncut, il Movimento 23 Febbraio del Marocco, Universidad Nomada, UniNomade italiana e il collettivo trasnazionale Edu-Factory, e altre ancora. Per noi questa ricchezza di presenze e di voci significative rispecchia una coerenza di contenuti e un’innovazione di metodo e linguaggio.

Le stesse che rendono possibile l’indizione globale del 15 ottobre contro la governance della crisi – e la giornata di avvicinamento, contro banche e banchieri, il 17 prossimo con epicentro a Wall Street.

Una coerente chiarezza e una capacità innovativa nelle quali riconosciamo il punto di vista precario, che è prevalente nella composizione sociale produttiva e che ha bisogno di affermarsi in maniera autonoma e indipendente, per riuscire ad attaccare concretamente i flussi di quella produzione capitalistica finanziarizzata che pretende l’invisibilità delle precarie e dei precari, indigen* e migranti, sul cui lavoro e sulle cui forme di vita oggi si fonda.

Qual’è la coerente chiarezza?
Quella di andare fino in fondo alla verità riassunta nello slogan “non ci rappresenta nessuno”, pur risuonato anche in Italia nelle fiumane della rabbia studentesca, giovanile e precaria degli ultimi anni. E dunque concepire la presa di parola condivisa delle resistenze ai governi della crisi come spazio costituente, necessariamente e immediatamente produttivo di nuove istituzioni comuni contrapposte alla violenza distruttiva della divisione e del saccheggio delle nostre vite. Appunto la democrazia reale, contro la corruzione d’una democrazia rappresentativa svuotata di senso dalla trasversale sottomissione dei poteri e dei ceti politici al bio-potere finanziario.

Qual è la capacità innovativa?
Quella di andare fino in fondo alla pratica costituente offrendo a tutte e tutti, in una composizione sociale produttiva sempre più reticolare e singolarizzata e fondamentalmente ordinata intorno alla messa a valore
delle nostre stesse vite, la possibilità di riconoscersi e attivarsi in una metodologia di condivisione, orizzontalità, reciproco riconoscimento delle differenze, decisionalità assembleare e non delegata, superamento di ogni separazione temporale tra sociale e politico e tra mezzi e fini. Un po’ come avviene nella Val di Susa e nel suo territoriale sedimentarsi di pratiche conflittuali e di resistenza popolare, da dove ancora una volta dobbiamo saper ripartire per costruire la giornata del 15 ottobre rendendo chiaro che nella difesa dei beni comuni l’incipit del referendum va riaffermato e difeso con le unghie e coi denti in ogni territorio.
Al tempo stesso, andare fino in fondo alla presa di coscienza che le resistenze collettive e singolari agli attacchi di un potere tanto più aggressivo quanto più in crisi non possono opporre alternativa se non portandosi al livello sul quale esso si struttura : dunque, messa in rete delle resistenze su dimensioni quanto meno continentali e intorno alla
pretesa comune di ribaltare l’ordine della decisione politica e con esso l’uso delle risorse finanziarie e della moneta.

Adesso noi vediamo che la rivendicazione del diritto all’insolvenza viene in Italia praticata anche da altri e anche durante una giornata di sciopero generale, come quella del 6 settembre che continua a non rispondere alla domanda fondamentale: come sciopera chi non può scioperare, come si sciopera la precarietà?
Vediamo che la bandiera del reddito d’esistenza incondizionato si diffonde, anche quando al contempo si sostiene l’indizione Cgil dello sciopero generale nella cui piattaforma la sola risposta alle precarie e ai precari è il rafforzamento dell’apprendistato.

E vediamo che sul 15 ottobre globale crescono gli appelli alla costruzione di una giornata di opposizione all’austerity e di mobilitazione per il cambiamento anche in Italia, pur se inseriti dentro una battaglia su elezioni primarie o nella traduzione del rifiuto di pagare il debito in uscita dalla dimensione europea, che non condividiamo. In verità, di questa differente proliferazione di contenuti e della nostra stessa agenda non possiamo che compiacerci, noi che abbiamo sempre avversato la riduzione ad uno e i recinti di movimento buoni solo per il ceto politico, inabitabili per la moltitudine precaria.

Ma avvertiamo il bisogno di fare chiarezza, perché il confronto e la condivisione giungano effettivamente a buon fine.
Una rosa è una rosa è una rosa. La crisi a cui stiamo assistendo non è solo economica, non riguarda esclusivamente la finanza. Si tratta parallelamente della crisi di una funzione storica della modernità: la sovranità statuale . Al contempo, i processi di insorgenza che negli ultimi mesi si sono manifestati in tutta Europa sono stati in grado di mettere in moto forme di cooperazione fra molt* e divers*, la cui potenza e ricchezza politica non possono essere ricondotte alle tradizionali forme di partecipazione: quelle della rappresentanza liberal-democratica. Da un lato quindi la crisi della sovranità, dall’altro la potenza e l’autonomia della cooperazione sociale. Chi pensa che la mobilitazione del 15 ottobre debba servire ad allargare le possibilità di un’alternativa di governo, o d’uno “spazio di rappresentanza”, non ha evidentemente afferrato la portata della crisi.
Ad ogni modo noi intendiamo continuare a lavorare alacremente perché il punto di vista precario si riconosca nella mobilitazione contro l’austerity e se ne renda protagonista nelle forme più estese possibili. E lavoreremo anche affinché il processo dello sciopero precario si estenda e venga condiviso da quanti in questi mesi, non soltanto in Europa, hanno lottato e preso parola contro un sistema che sta usando la crisi per accelerare i processi di precarizzazione. Mai come ora è chiaro che la precarietà è la condizione generale di tutto il lavoro e una condizione sociale oltre il lavoro. Mai come ora è chiaro che si tratta di reinventare forme di lotta dentro al lavoro e oltre il lavoro, realmente capaci di attaccare i profitti, e che saranno tanto più efficaci quanto più si allargheranno oltre i confini nazionali, e saranno all’altezza della mobilità del lavoro e del capitale, della loro dimensione transnazionale.
Perciò ci proponiamo di contribuire con i Laboratori metropolitani e cittadini dello sciopero precario alla costituzione di spazi e momenti effettivamente aperti di confronto sulla costruzione del 15 ottobre, che intendiamo come fondamentale all’interno del processo di costruzione dello sciopero. Per questo porteremo a Barcellona, nel corso dell’hub meeting, la proposta e il progetto dello sciopero precario contro le politiche di austerità e per un reddito di esistenza incondizionato, per un nuovo welfare metropolitano e del comune, per il diritto sociale all’insolvenza, per la libertà di movimento e per il diritto di residenza sganciato dal contratto di lavoro. E contiamo di ritrovarci in piazza il 15 ottobre, arricchite e arricchiti da questo percorso, fra tante e diversi a praticare davvero il desiderio di alternativa, di cambiamento, di liberazione.

Stati generali della precarietà

Giorgione scarcerato, ma ai domiciliari!


Da domenica scorsa, 28 agosto, il nostro compagno Giorgione, si trova ai domiciliari a Roma dopo che il GIP ha stabilito di scarcerarlo in seguito all’arresto che le truppe di occupazione della Val Susa avevano deciso eseguire a margine dell’ennesima giornata di lotta e di resistenza del movimento NO TAV dello scorso 24 agosto, presso il cantiere fortino che dovrebbe permettere alle lobby mafiose e al governo di procedere con la costruzione dello scempio ambientale chiamato Alta Velocità.
Giorgio è accusato di concorso in resistenza, lesioni aggravate e porto di materiale esplodente. Tutte accuse infondate e campate per aria dal chiaro sapore vendicativo e arbitrario degli arresti, dei soprusi e dei pestaggi ai quali ci hanno abituato polizia e carabinieri come unica risposta alle mobilitazioni sociali e di piazza.
Vogliamo denunciarlo con forza, perché questo è quanto accade quotidianamente intorno e a ridosso del fortino di Chiomonte dove centinaia di persone resistono alle truppe di occupazione, in alcune occasioni come quella dello scorso 3 Luglio, insieme a decine di migliaia di persone da tutta Italia e non solo che sostengono il movimento di resistenza popolare contro il TAV.
Inoltre vogliamo oggi ribadire con ancora più forza una semplice verità: ciò che accade in Val Susa in termini di sopruso, violenza e occupazione militare, rappresenta sempre di più ai nostri occhi, il segno dei tempi, di un paese allo sfascio, in preda ad una torsione autoritaria, promossa dalla peggior cricca mafiosa, pidduista e razzista mai vista – e ce ne vuole – al comando del nostro paese. Alcuni anni fa abbiamo cominciato a denunciare con crescente convinzione che ci fosse una svolta autoritaria, una criminalizzazione e penalizzazione della protesta e in generale dell’iniziativa politica su tutti i livelli della presa di parola del conflitto sociale. Se contassimo gli arresti, le denunce, i processi e le misure repressive dal 2001 ad oggi, diciamo dal 17 marzo di Napoli 2001 contro il global forum prima del g8 genovese, raggiungeremmo cifre esorbitanti, ne verrebbe fuori una fotografia dannatamente grave per la cosiddetta democrazia liberale. A fronte di ciò le supposte opposizioni politiche condividono il terreno repressivo apparentemente adottato oggi solo dalle forze di governo, poiché nella crepa mastodontica aperta dalla crisi sulle ingiustizie e ineguaglianze del neoliberismo l’unica risposta da parte delle lobby e delle oligarchie trasversali al potere è la repressione meglio se preventiva, ancor meglio se silenziosa ma se necessario, eclatante e simbolicamente esemplare, come per il processo che vede alla sbarra decine di compagni dopo la mattanza delle piazze genovesi di quel luglio 2001.
A dieci anni di distanza il doppio petto al governo è sempre più sporco di sangue e di menzogne. A dieci anni di distanza il movimento è cresciuto, sedimentato e sta imparando dalla Valle ribelle che è possibile e necessario, praticare e costruire resistenza e sovranità popolare, dal basso, per l’indipendenza sociale, economica e politica, dalla cricca, dagli sporchi interessi, dalle lobby e dal neoliberismo.
Un forte abbraccio lo mandiamo ai compagni e alla gente della Valle che si sono mobilitati subito per la libertà di Giorgio con un arrivederci a presto sulle barricate della libera Repubblica della Maddalena.
Giorgio libero, tutte e tutti liberi!
Sarà dura, sempre più dura, sicuramente per loro!

Laboratorio Acrobax
www.indipendenti.eu

Una mattina, cinque anni fa

Pubblichiamo un pò di storia dei giorni che seguirono la morte di Renato, le reazioni di amici, amiche, compagni e compagne che non vollero tacere, della verità che con fatica cercarono di far conoscere il più possibile nella convinzione che il silenzio è dei colpevoli e di chi accetta quanto oggi accade. Contrariamente a quanto scrivevano i giornali, con poche eccezioni, non fu una rissa per futili motivi, ma un’aggressione. E non fu un caso sporadico o casuale, ma il frutto di un clima culturale. Per questo pubblichiamo un dossier sulla morte di Renato e sul contesto sociale romano (scritto alla fine del 2006), oltre ad una rassegna stampa dal 28 agosto al 4 settembre 2006. Oggi a distanza di 5 anni la banalizzazione, l’ipocrisia e la falsità degli organi di stampa ci appare con ancora maggiore lucidità.

Comunicato dell’assemblea del 30 agosto 2006

Sabato 27 agosto tre ragazzi sono stati aggrediti a freddo fuori da una dance hall a Focene.

Un ragazzo, Renato è morto. La tesi dei futili motivi e della rissa tra balordi va rifiutata a partire dalle testimonianze raccolte che portano ad individuare l’omicidio di Renato come un’aggressione. L’aggressione fuori un locale gestito da alcuni attivisti di rifondazione comunista, una serata reggae, la modalità rapida dell’esecuzione. Questa è avvenuta all’interno di un contesto e in un territorio che vede la presenza di organizzazioni neofasciste che producono atteggiamenti di emulazione e pratiche che riteniamo fasciste.

Inoltre denunciamo l’inadempienza dei soccorsi e in particolare dell’ospedale Grassi al quale Renato è stato portato.

L’assemblea romana ritiene per questo necessario attivare tutte le forme possibili per costruire un’altra verità che non sia disturbata da elementi esterni a partire dal coinvolgimento stesso dei carabinieri locali.

Il coinvolgimento di due giovanissimi, che per chiarezza, riteniamo di non dover indicare come due militanti organizzati, non ci fa ritrarre dall’inserire questa aggressione all’interno di un contesto più ampio che ormai vede questa città attraversata da episodi che denunciamo da anni. Dagli assalti ai centri sociali alle camionette di camicie nere in campagna elettorale; dai diversi accoltellamenti a giovani semplicemente vestiti in modo diverso ai pestaggi agli immigrati.

I luoghi principe da cui partono queste mode sono le occupazioni non conformi, triste specificità romana, spazi che vengono equiparati in tutto e per tutto agli spazi sociali, la cui unica differenza risiede nell’appartenenza politica: gli opposti estremismi. Ma noi sappiamo che questi spazi sono i bacini di incubazione di batteri che poi si diffondono nella normalità dell’agire quotidiano attraverso la produzione di forme di socialità e di relazione della violenza, della sopraffazione, dell’intolleranza e oggi ne abbiamo la più dolorosa prova.

C’è una porzione di responsabilità politica in quanto è accaduto che tocca a chi crede di poter governare questa città mettendo tutto sullo stesso piano e cercando di rendere compatibile la presenza dei covi neofascisti con la democratica amministrazione della città, anche se il prezzo da pagare è il dilagare della violenza e delle aggressioni ai danni di chi vive la città di Roma.

Il silenzio intorno a questi fatti ha prodotto la legittimazione di queste bande neonaziste e la diffusione di pratiche e azioni che vanno definite come fasciste. Siamo consapevoli che l’arresto di due ragazzi di 17 e 19 anni non ci restituisce nemmeno in minima parte il fatto che Renato non ci sia piu’, così come sappiamo che la nostra idea di giustizia non è assimilabile a quella punitiva della reclusione. Il sapere che gli assassini di Renato hanno un volto, un’eta’, placa certamente un’innegabile ansia di sapere, ma poi?

La manifestazione indetta per sabato 2 SETTEMBRE vuole essere un momento che permetta a tutti di poter esprimere il proprio bisogno di rompere il silenzio, vuole ribadire la necessità di avviare un processo di iniziativa politica che combatta questa barbarie, che denunci il silenzio dentro il quale questo clima cresce, che restituisca chiaramente le responsabilità politiche che rendono possibile la legittimazione di alcune organizzazioni neofasciste che hanno alimentato tale barbarie, che sappia riprendere la parola e che sappia far esprimere tutti e tutte nella totale condanna di forme e pratiche di sopraffazionee violenza fascista.

Dossier “Verità per Renato”

E’ possibile visualizzarlo a schermo intero cliccando sull’icona in basso a destra.

Rassegna stampa divisa per giorni:

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