Morire per un pantalone rosa. A 15 anni. Nel 2012. Italia

Si chiamava Andrea, ma i compagni, per offenderlo, lo chiamavano il “ragazzo dai vestiti rosa”.

Andrea è morto. Si è ucciso.

Non ce l’ha fatta più a sopportare quegli insulti che lo perseguitavano da troppo tempo. I compagni lo denigravano da quando si era iscritto al liceo Cavour, in una zona centrale della capitale. Un tormento quasi quotidiano. A scuola.

Ma anche sul web: avevano persino creato una pagina facebook, in cui lo prendevano continuamente in giro per i suoi modi di fare e anche per l’abbigliamento, per il suo colore preferito, il rosa. Quella pagina era là, visibile a tutti, da tempo.

E questo Andrea lo sapeva bene, forse si era anche rassegnato. E la settimana scorsa, giovedí 22 novembre, quando si è presentato a scuola con lo smalto alle unghie, lo hanno deriso ancora e apostrofato “frocio”, “ricchione”. E dopo che una professoressa lo aveva ripreso per lo smalto, dicendogli che “non era il caso”, è tornato a casa e si è impiccato con la sua sciarpa poco dopo le 17. A 15 anni.

Il fatto che parenti e compagni, dopo la sua morte, neghino a tutti i costi che Andrea potesse essere omosessuale ritenendo la cosa una diffamazione, fa capire il clima di intolleranza in cui viveva il ragazzo. Quel che è certo e che Andrea voleva solo essere se stesso. Voleva essere semplicemente Andrea, un ragazzo con i pantaloni rosa.

Visioni dal mondo

VISIONI DAL MONDO – (ATTRA)VERSO GAZA: forme di resistenza quotidiana in Palestina e per la Palestina. Intervengono: Giovani Palestinesi in Italia / BDS Roma/Italia – campagna internazionale di Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni / Freepalestine Roma / Progetto Moviengtogaza in partenza per Gaza. Collegamenti con Egitto e Gaza.
Conoscere Gaza e la Palestina tutta significa conoscere una storia di resistenza quotidiana che va oltre i confini delineati dal tentativo di colonizzazione israeliana e che superi la volontà di cancellare la storia e il futuro di milioni di persone. Significa rompere l’assedio permanente di quella che è la più grande prigione a cielo aperto esistente attraverso il superamento delle bariere della comunicazione massmediatica che vorrebbe relegare da sempre la Palestina e la sua popolazione in un atroce oblio. Eppure, dopo più di 60 anni di occupazione militare con milioni di palestinesi resi profughi, uccisi e carcerati, le forme di resistenza quotidiana in Palestina e per la Palestina si moltiplicano e si re-inventano in nuove pratiche di lotta ed esperienze di autorganizzazione.

 

COS’E’ VISIONI DAL MONDO ?

Il Mondo gira intorno alle lotte di chi lo abita. Ed è a queste lotte che daremo voce, animando una serie di iniziative dedicate ai movimenti sociali e al loro opporsi alle forme di potere ognuno con la propria specificità.

VISIONI DAL MONDO propone letture, filmati, dibattiti e voci nel tentativo di comporre una mappatura dei conflitti: racconti diretti fatti da donne e uomini che attraversano i confini portando la propria narrazione. Uno scambio di informazioni che non accetta la mediazione giornalistica preconfezionata e che non delega la propria volontà di sapere, per cambiare il presente verso la costruzione del proprio futuro.

VISIONI DAL MONDO vuole tracciare, attraverso lo scambio diretto, un racconto non calato dall’alto ma partecipato, che permetta ai partecipanti di declinare liberamente una propria narrazione che abbia come traccia comune i seguenti punti:

– un’introduzione al contesto del paese di cui si parla, non accademico/storica, ma politica, e rappresentativa del contesto attuale.

– una narrazione delle forme del conflitto praticate, le modalità organizzative, i metodi di lotta, le strategie di comunicazione e le storie di repressione e controllo a cui chiunque contesti le
varie forme di autorità

Le singole iniziative saranno composte da un aperitivo o una cena, dei racconti diretti, una presentazione di video/foto o libro e una discussione finale. Invitiamo collettivi, singoli e associazioni a contattarci per costruire assieme eventuali nuovi momenti di incontro, confronto e attivazione.

 

25/26/27 Maggio | I. MUSIC FESTIVAL

i.music
indipendent festival
#reclaim the groove

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Il 25/26/27 Maggio si svolgerà a Roma, all’interno dell’ex-cinodromo occupato, i.music festival.
Un festival di musica dal vivo, con performance suonate, immaginato come strumento e veicolo di cultura indipendente.

Saranno tre giornate ognuna con un suo colore musicale ma che sono intrinsecamente legate dalla ricerca del suono, dall’indipendenza di artisti, musica e contenuti.
Un’unico discorso che si svilupperà lungo tutto il fine settimana e che proporremo a tutta la metropoli romana e non solo.

Perchè la musica è per molti di noi una passione, per tutti/e un linguaggio e uno strumento politico.
Perchè vogliamo una presa di parola per affermare la nostra proposta politica nell’organizzazione dal basso.
Per dimostrare quale capicità ci sia nella nostra ricchezza sociale.
Perchè, fondamentalmente, non è l’unione di capitali e di star system per costurire una offerta commerciale ma la riappriazione e la produzione di cultura indipendente, di alterità e di conflitto.

Questa la scaletta
Venerdì 25 (ingresso 10€)
Into the groove

* Citizen kane (ITA)
* Rancore (ITA)
* Low frequency (ITA)
* Crome hoof (UK/USA)
* Asian Dub Foundation (UK)

Sabato 26 (ingresso 10€)
Let’s groove

* Monkey ceers (ITA)
* The singers ( ITA)
* Mombu ( ITA)
* Dub Inc. (FRA)
* Ojos de brujo (SPA)

Domenica 27 (ingresso gratuito)
Power groove

* Bonnot & M1
* Justacase
* Rico e Rocco Hunt
* ill nano
* SignorK

Sul 15 ottobre: le lotte per i diritti non si possono fermare

Roma, 21 aprile. Ieri mattina all’alba un ingente spiegamento di Polizia e Carabinieri (Digos e Ros), ha fatto irruzione nell’occupazione abitativa di via del Casale De Merode a Tormarancia, nell’ambito di un’operazione su scala nazionale relativa agli avvenimenti di piazza del 15 Ottobre scorso.

Ne è seguita la notifica di due ordinanze di misure cautelari, nello specifico obblighi di firma, e perquisizioni in altrettanti alloggi all’interno dell’occupazione che hanno portato, come unico risultato, al sequestro di uno zainetto da bambino.

Nelle stesse ore in diverse città si svolgevano perquisizioni e si notificavano misure cautelari tra arresti domiciliari ed obblighi di firma che hanno raggiunto complessivamente 14 persone in tutta Italia.

Nelle ore seguenti altri tre occupanti ed attivisti del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa e dei movimenti per i diritti sociali di Roma, vengono segnalati come coinvolti nelle indagini (con nomi e cognomi sbattuti in prima pagina senza che fosse stato notificato nulla di ufficiale), dentro un impianto accusatorio che per tutti appare a dir poco fumoso.

In realtà si colpiscono persone “colpevoli” soltanto di aver scelto di essere presenti in una piazza importante come quella del 15 Ottobre così come ogni giorno si ritrovano nelle tante e necessarie battaglie contro le grandi lobby del mattone o della finanza, per la difesa dei territori, contro la precarietà.

Probabilmente opporsi alle politiche neoliberiste dei governi che hanno guidato e guidano oggi il nostro paese è un reato insopportabile per chi difende le ingiustizie e le ruberie di una classe politica e dirigente che concentra nelle mani di meno del 10% della popolazione la maggior parte delle ricchezze da noi prodotte e che continua, con inaudita testardaggine e determinazione, a difendere i propri privilegi e a distruggere le condizioni di vita della stragrande maggioranza delle persone.

L’operazione di oggi va ad aggiungersi ai già numerosi arresti e ai procedimenti sommari che negli ultimi mesi hanno portato a condanne spropositate elargendo anni di carcere a ragazzi per lo più giovanissimi, ad uno stillicidio oramai quotidiano di fermi, denunce, negazione del diritto a manifestare. Nell’era Monti, le ricette neoliberiste destinate a portarci al vero default cui vogliono arrivare, quello dei diritti, vanno difese “manu militari” criminalizzando la rabbia e le lotte sociali, chiudendo ogni spazio di espressione del dissenso e di partecipazione, come sta accadendo con il tradimento dei plebisciti referendari che hanno portato 27 milioni di italiani ad esprimersi contro la privatizzazione dell’acqua e dei servizi essenziali.

Non accetteremo mai supinamente, i diktat imposti dai grandi gruppi dell’economia e della finanza globale e con essi il presente ed il futuro che ci vogliono consegnare: fatto di suicidi per motivi economici, sacrifici, precarietà infinita.

Per questo oggi abbiamo il dovere, tutti e tutte, di denunciare ciò che sta accadendo, di mobilitarci contro questo prepotente scippo di democrazia e diritti, di continuare a costruire dal basso processi di opposizione ed alternativa.

Rivendicare libertà di movimento per tutti e tutte significa affrontare con la più grande solidarietà e vicinanza la repressione che colpisce e con la più grande determinazione le tante battaglie di giustizia sociale che vogliamo continuare a sostenere ed alimentare… liberare tutti vuol dire lottare ancora!

Invitiamo tutte le persone interessate e solidali, le realtà sociali della città, gli/le attivisti/e del supporto legale e della comunicazione indipendente a partecipare ad un’assemblea presso il L.O.A. Acrobax Via della Vasca Navale, 6

lunedì 23 aprile ore 18.30

 

Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa

Laboratorio occupato e autogestito Acrobax

La riforma Fornero (da Uninomade)

di GIANNI GIOVANNELLI

Il disegno di legge governativo elaborato, dopo innumerevoli compromessi, dal ministro Fornero sarà esaminato dalla Commissione Lavoro del Senato a partire dal 18 aprile, in sede cosiddetta referente (e non deliberante, ovvero dovrà necessariamente passare al vaglio delle due Camere, con possibili modifiche: segnale questo, non equivoco, di un qualche conflitto, perché ove il tripartito che sostiene Monti fosse stato totalmente d’accordo si poteva procedere all’approvazione già in Commissione). La commissione è di 25 membri; ci sono tre sindacalisti di professione (e di lungo corso: Nerozzi, Troilo e Passoni), per il resto la rappresentanza imprenditoriale domina la scena (anche nel PD: Ichino è un avvocato delle grandi aziende; Rita Ghedini è una funzionaria di vertice delle cooperative emiliane; Adragna e Blazina sono dirigenti). Non potevano mancare in un simile consesso un vecchio industriale come Pininfarina, il consueto Sacconi e la mitica Rosi Mauro. Interessante è sapere chi siano i relatori nominati: Tiziano Treu (consulente datoriale oltre che professore) e Maurizio Castro (abile ed esperto dirigente d’azienda, la controparte storica dei lavoratori nelle trattative cui partecipava prima dell’elezione). I lavoratori italiani non possono certo dormire sonni tranquilli, fra le grinfie di costoro!

 

Oltre alle questioni continuamente dibattute (la cancellazione o meno dell’articolo 18) si celano dentro la riforma Fornero una serie di disposizioni sfacciatamente aggressive e volte a determinare un incremento geometrico del processo di precarizzazione e di controllo sociale dell’intera esistenza della fascia debole.

 

L’articolo 3 del Disegno di Legge (mantenuto nel silenzio) modifica la normativa che regola i contratti a termine e quelli di somministrazione (gli interinali per capirci) lasciando campo libero; in spregio delle regole comunitarie potranno essere arruolati mediante contratti da un giorno fino a sei mesi studenti, immigrati, giovani, donne, disoccupati ed emarginati, senza alcuna motivazione, senza limiti percentuali, senza prospettive e senza tutele, a totale discrezione e piacimento del più forte. La modifica tocca proprio il terreno in cui i precari avevano ottenuto i maggiori risultati (per esempio in Telecom, in DHL, nella logistica e nei servizi) e rade al suolo qualsiasi opposizione; qualche mese di sfruttamento intensivo e qualche lista di proscrizione contro i ribelli ottengono l’effetto di costruire un bacino di manodopera pienamente succube e costretta dalla necessità a piegarsi. Altro che contributo alla crescita e creazione di occupazione (come si legge nella premessa del ministro); questa è una delle modifiche più violentemente reazionarie (non solo ultraliberiste) che siano mai state concepite in danno dei lavoratori. La flessibilità in entrata viene concepita come un metodo che conduca a domare una popolazione giudicata riottosa e indocile; brevi contratti e apprendistato sottopagato (la percentuale fra apprendisti e stabili era di 1 a 1, ovvero al massimo un operaio poteva formarne un altro: con la riforma il rapporto è di 3 a 2, aumentando la quota a bassa retribuzione); riduzione dell’assistenza ai licenziati (a regime la quota massima di 48 mesi di sussidio scende a 18 mesi anche per l’accompagnamento alla pensione). Quanto ai lavoratori a progetto la riforma prevede un forte incremento del costo contributivo, a carico dei lavoratori, fino al 33% della retribuzione quando le modifiche andranno a regime. Ed anche la Cassa Integrazione (antico ammortizzatore sociale italiano fin dal 1944, con il Decreto Luogotenenziale Badoglio) viene drasticamente ridotta. Avevano cominciato sostenendo che la liberalizzazione del licenziamento sarebbe stata affiancata da un incremento della tutela di chi era colpito dalla crisi; mentivano (e, come teorizzava Joseph Goebbels, sapendo di mentire, con il fine di cancellare l’inevitabile dissenso connesso alla verità) e nel disegno di legge viene ridotta un’assistenza ai disoccupati che già era la più miserabile concessa ai lavoratori dell’area industrialmente avanzata (il G8). Al tempo stesso non vengono toccati i santuari del ceto che sostiene il potere (politico, burocratico, finanziario, militare). Non si tocca l’appalto illecito di manodopera, lasciato in gran parte alla criminalità organizzata; e nessuna norma sanziona il lavoro nero cui il capitale finanziario non intende certo rinunziare (e l’assenza di sanzioni incoraggia di fatto la sua diffusione). Le due omissioni rafforzano il disegno di precarizzazione a tappe forzate.

 

Come noto la tutela contro i licenziamenti, in Italia, riguarda una sostanziale minoranza della popolazione attiva. Sostanzialmente si limita ai dipendenti pubblici (compresi i dirigenti, ma esclusi i precari che sono in costante aumento percentuale) e ai dipendenti privati stabili che lavorano in società con oltre 15 dipendenti (purché non di cooperativa, grazie ad una brillante realizzazione del centrosinistra nel 2001). I giornalisti li hanno definiti privilegiati chiedendo a gran voce di mettere rimedio alla disuguaglianza. La campagna mi ha ricordato la celebre vignetta di Wizard of Id; il popolo chiedeva pane e lavoro ed il re, invocando il principio di mediazione al 50%, concede il lavoro (forzato e con le catene) ma non il pane! Nel nostro caso l’idea di Elsa Fornero (come mediazione, naturalmente) era quella di concedere la parità (tutti licenziabili) negando l’assistenza ai parificati (licenziati). Una soluzione cortese e sadica, secondo la tradizione sabauda piemontese; ma rivelatasi impraticabile a fronte di un necessario equilibrio fra le tre formazioni che appoggiano il governo.

 

Ovviamente la direzione del partito democratico sarebbe stata ben lieta di cancellare la protezione di stabilità; ma rendendo esplicita una simile posizione si sarebbe esposta a rischi seri di sconfitta elettorale, alla concorrenza di SEL e IDV. D’altro canto la guerra ideologica per imporre il controllo del sistema mediante l’abbattimento delle residue tutele è un punto irrinunciabile per l’intero assetto di comando. Lo stratagemma adottato, consueto peraltro nella nostra penisola, è stato quello di organizzare una rappresentazione della trattativa, a toni forti, con la costante minaccia della rottura. Camusso ruba il ruolo a Fiom annunciando lo sciopero generale; Bersani e Raffaele Bonanni si affrettano a mediare; Napolitano invia il fermo monito intimando l’accordo; il consiglio dei ministri approva il compromesso; Confindustria si indigna e chiama alla lotta. Nessuno fa sul serio; il compromesso era la partenza, non l’arrivo.

 

Per il momento non sono toccati dalla riforma i dipendenti pubblici (stabili ovviamente; quelli precari vivono una situazione che non era tecnicamente possibile peggiorare ulteriormente); Cisl e Uil vanno sostenute e quello è il loro bacino di tessere. Inoltre il rapporto fra ceto politico e dirigenza pubblica costituisce una rete clientelare che in questo momento è di grande utilità per l’avvento del pensiero-governo unico. E non si sfiora neppure il massiccio pacchetto che consente le maxiliquidazioni ai grandi dirigenti privati, ai protagonisti della comunicazione (stampata e radiotelevisiva); infatti il consenso alla riforma è plebiscitario, con uso disinvolto della menzogna per argomentarlo. Ci ricorda Bonanni (Il tempo della semina, pagina 142, Milano, 2010): “Non mi nascondo come forze disgregatrici da non sottovalutare siano al lavoro. Né mi sfugge di essere considerati nemici per la nostra volontà di non arrenderci al caos…..per salvare le imprese bisogna mobilitarsi anche per salvare l’Italia”. Questa è l’ideologia del consenso di cui il capitale finanziario ha bisogno; questa è la filosofia politica ed economica che ha portato al varo del Governissimo con il sostegno di destra e sinistra, ala scelta autoritaria di cui questa alleanza è portatrice con la benedizione del presidente della Repubblica e delle grandi banche.

 

Il bersaglio della riforma (oltre ai precari) sono i lavoratori stabili del privato ritenuti a profitto ridotto. Nelle grandi imprese (finanziarie, metalmeccaniche, siderurgiche, chimiche, farmaceutiche, della comunicazione, della logistica e del trasporto) vanno espulsi i cinquantenni ormai logori, troppo costosi e poco disponibili alla cessione del tempo di vita nella sua totalità; vanno sostituiti con giovani precari, ricattati e ricattabili, già espropriati delle loro speranze, senza sogni per il futuro. Ed ancora vanno eliminati, con interventi radicali, tutti i lavoratori che si presentano a capacità lavorativa ridotta per ragioni fisiche, psichiche o psicofisiche; mediante le modifiche si vuole facilitare questo processo che già da tempo era in atto, e non di rado con l’aiuto delle strutture sindacali interne, sempre più corrotte e/o indebolite.

 

Con le nuove norme sparisce (salvo che per i licenziamenti cosiddetti discriminatori) la certezza della reintegrazione, anche in caso di accertata illegittimità del licenziamento. Sarà il Giudice, di volta in volta, a decidere se reintegrare (ma con il limite di dodici mesi quanto al danno) o assegnare il solo risarcimento, cancellando il rapporto di lavoro (da 12 a 24 mesi); e lo potrà fare solo se il lavoratore dimostri (con prova a suo carico) che il licenziamento non solo sia illegittimo, ma che lo sia in modo davvero clamoroso (il disegno di legge recita: manifesta insussistenza). In buona sostanza si prepara il terreno (fertile) per rendere la reintegrazione una ipotesi soltanto residuale.

 

Mentre nei paesi industriali la prova della inesistenza della discriminazione è a carico delle imprese (il lavoratore deve solo affermarla), l’Italia è l’unico paese che impone alle vittime di provare di essere discriminate; e mentre in USA non esiste limite al risarcimento in caso di accertata discriminazione qui da noi si riduce in tutte le maniere il costo per le imprese. Anche i tempi della giustizia sono posti a carico del lavoratore; se lo Stato ci mette dieci anni ad accertare che ti hanno fatto un torto, se ne rifonde uno solo (due ma se perdi anche il posto, e devi anche provare di avercela messa tutta a trovarne un altro)!

 

Da ultimo. Il processo del lavoro dovrebbe durare circa sessanta giorni; sono vietati i rinvii che non abbiano un motivo. E’ un processo rapido, sulla carta. Ma, per esempio, a Matera una causa di licenziamento iniziata nel 2001 (esatto: 2001) non è ancora terminata in primo grado. Non ci sono sanzioni; al massimo è possibile (ma grazie all’Unione europea) ottenere un (modestissimo) risarcimento per denegata giustizia. La riforma Fornero (sempre senza sanzioni) introduce un rito processuale veloce che tutti gli addetti ai lavori non esitano a definire pazzesco, ingestibile, destinato ad una rapida abrogazione (come già era accaduto a suo tempo per il rito societario). Ma in questo caso siamo nell’ambito dell’incapacità e della follia; non sono solo governanti reazionari e autoritari, sono anche (come i generali fascisti della seconda guerra mondiale) inguaribili pasticcioni.

http://uninomade.org/la-riforma-fornero/

Albano contro l’inceneritore: cariche e arresti

Sabato 14 Aprile è stata una grande giornata di partecipazione, di  mobilitazione e di lotta. Le strade di Albano si sono riempite di cittadini,  comitati di quartiere,  rappresentanti dei Comuni dei castelli romani, collettivi studenteschi e reti sociali che si battono su tutto il territorio laziale contro un piano regionale dei rifiuti basato su discariche e inceneritori. È stata la risposta migliore a chi da giorni dava definitivamente persa una battaglia che nonostante la sentenza del Consiglio di Stato ha dimostrato tutta la sua vitalità e determinazione a continuare il percorso fin qui intrapreso. Per tutto il corteo molti sono stati gli interventi e le testimonianze di chi vive intorno a Roncigliano: lo scempio del settimo invaso, l’allargamento della discarica, l’inquinamento delle falde acquifere. La volontà popolare lo ha ribadito ancora una volta: basta con discariche e inceneritori, né qui né altrove, differenziata subito e netta contrarietà al  piano regionale dei rifiuti proprio in questi giorni al centro del dibattito  con l’intervento dello stesso ministro Clini. Lo stesso che aveva anticipato la sentenza del Consiglio di Stato che sbloccava l’inceneritore di Albano.
Purtroppo prima che l’assemblea conclusiva del corteo iniziasse, le migliaia  di persone che man mano arrivavano a Piazza Mazzini, hanno trovato un ingiustificabile schieramento di forze dell’ordine, come sin dalla prima mattinata per tutte le strade di Albano. In prossimità di Villa Doria, quando il corteo continuava il suo percorso, è partita una  carica delle forze dell’ordine, tra l’altro creando panico e paura. Una  signora, a cui va tutta la nostra totale solidarietà, ha avuto una frattura alla caviglia. Oltre a numerosi contusi.
Come se non bastasse, l’ingiustificato nervosismo delle forze dell’ordine si è  manifestato anche a conclusione del corteo. Mentre quattro studenti, di cui due  minorenni, stavano tornando a casa, sono stati fermati e aggrediti dalla Digos  di Roma, con la giustificazione di un normale controllo. In realtà la reale intenzione era mettere in stato d’arresto uno dei due studenti minorenni, a loro  dire responsabile di aver lanciato pietre contro le forze dell’ordine e responsabile del ferimento di un agente.
Il tutto si è consumato sotto gli occhi increduli di tanti cittadini di  Albano. Un presidio spontaneo sotto il commissariato di Albano per richiedere  l’immediato rilascio dello studente, dopo pochi minuti si è trasformato in una nuova caccia ai manifestanti. Quasi trenta membri del nostro coordinamento sono stati accerchiati da blindati di Polizia e Carabinieri per poi essere identificati. Anche alcuni giornalisti presenti, hanno ricevuto lo stesso trattamento e alla fine la Polizia ha confermato l’arresto per uno dei due ragazzi minorenni fermati, in attesa del processo che dovrebbe tenersi mercoledì.
Inoltre è da sottolineare come la stampa, nella giornata di Domenica, abbia diffuso in modo uniforme le stesse notizie, prese direttamente dalle veline della Questura, riportando anche gli stessi errori.
Nessuno di noi ha mai pensato di fare una marcia di almeno 5 kilometri verso “la Nettunense”.
Solo chi non consoce il nostro territorio può scrivere queste cose! La risposta è chiara. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato il segnale è  quello di creare intimidazione e paura. Si cerca così di criminalizzare chi si batte a difesa del proprio territorio, dipingendolo come chissà quale pericoloso sovversivo. Oggi l’unica colpa che abbiamo avuto è stata quella di aver
manifestato ancora una volta con determinazione contro la devastazione  ambientale, a difesa della salute e dell’ambiente di tutti noi.
Continueremo a lavorare e ad informare la cittadinanza come sempre, attraverso ricorsi legali, assemblee, sit-in, per bloccare la folle costruzione dell’inceneritore di Albano.
LIBERI TUTTI!!

Coordinamento contro l’inceneritore di Albano

Breve video di una delle cariche

http://www.youtube.com/watch?v=-QBm7Epqj2g

No vendita Acea: DilloadAlemanno.it

E’ online www.dilloadalemanno.it, un sito da cui è possibile far sentire la propria voce e inviare con estrema semplicità una mail al Sindaco di Roma, all’Assessore al bilancio e all’Assessore ai lavori pubblici per chiedere l’immediato stop al piano di privatizzazione.
Invitiamo tutte e tutti ad aderire, a scrivere ad Alemanno e a diffondere quanto più possibile questo sito, in modo da inondare il Campidoglio di lettere di protesta.
Nelle prossime settimane sono previste numerose iniziative contro la svendita di Acea e dei servizi pubblici essenziali, a partire dall’assemblea cittadina di sabato 14 aprile, alle ore 10 al Cine Teatro Colosseo (Roma – Via Capo d’Africa 29/a).
Una vasta coalizione sociale fatta di movimenti e realtà associative, sociali, partiti e sindacati, ha avviato un percorso di mobilitazione per fermare il piano di vendita dei servizi pubblici essenziali e più in generale per bloccare l’approvazione del bilancio del Comune di Roma.

Video. Debito sovrano e diritto all’insolvenza (Fumagalli)

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Il governo precedente come l’attuale governo tecnico, pressati dalla sfiducia dei mercati e dalla speculazione finanziaria, hanno varato una manovra lacrime e sangue dopo l’altra in nome dell’emergenza. Ma i sacrifici che pretendono sono davvero così ineluttabili? Da dove viene questa crisi? Una panoramica sui sitemi di accumulazione finanziaria, per capire meglio chi sono, in realtà, questi fantomatici “mercati”.

Un momento di approfondimento con Andrea Fumagalli sulla crisi del neoliberismo e sul debito sovrano, con un duplice intento, quello di misurare per un verso le soggettività e le reti sociali indipendenti, le intelligenze di movimento, intorno alla riflessione teorica sulla crisi finanziaria, sul biopotere dei mercati, sul debito e il possibile default per poter individuare il moover politico e sociale della trasformazione, sul piano immediato e diretto dell’iniziativa di movimento e quindi anche delle proposte che ne scaturiscono come appunto quella al diritto all’insolvenza.

Navigazione

00:00 Introduzione sul diritto all’insolvenza

24:24 Perché tanta attenzione sull’Italia?

Appello, No vendita Acea e città di Roma

da www.acquabenecomune.org

Lunedì 2 aprile – ore 16.00 – Piazza del Campidoglio Roma

Lancio percorso di mobilitazione contro la scure del bilancio Alemanno in difesa della città, dell’acqua e dei beni comuni, dei servizi pubblici e della democrazia

Lunedì 2 aprile, ore 16.00 in Piazza del Campidoglio, parallelamente al Consiglio Comunale, inizierà il percorso per la costruzione di una grande rete cittadina contro la svendita dei servizi pubblici locali di Roma, a partire dalla vendita di ACEA, in difesa dei beni comuni e della democrazia.

Una vasta coalizione sociale fatta di movimenti e realtà associative, partiti e sindacati, incontrerà la stampa per illustrare il percorso di mobilitazione coordinata che verrà portata avanti nella città di Roma nelle prossime settimane per fermare il piano di vendita dei servizi pubblici essenziali e più in generale per bloccare l’approvazione del bilancio del Comune di Roma.

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Appello per la costruzione di una grande mobilitazione contro la vendita di ACEA e della città di Roma, in difesa dei beni comuni e della democrazia

Solo pochi mesi fa, una grande mobilitazione ha portato alla vittoria referendaria contro la privatizzazione dell’acqua e per la sua gestione pubblica e partecipativa. Con quel voto, 27 milioni di persone hanno inteso sottrarre alla gestione privata anche tutti i servizi pubblici locali, a partire dal trasporto pubblico e dalla gestione dei rifiuti.

La volontà popolare ha chiaramente indicato che i servizi pubblici locali non sono una merce, ma un diritto.

Oggi il Comune di Roma, in linea con le normative approvate dopo il voto referendario dal governo Berlusconi e dall’attuale governo Monti, si appresta a passare come un carro armato sulla volontà popolare.

Vuole infatti mettere in vendita un ulteriore 21% della propria quota in Acea SpA e si prepara a rendere effettivo un piano di privatizzazione e dismissione dei servizi pubblici della città di Roma.

Acqua, gestione dei rifiuti, trasporti, energia, cultura, servizi sociali: le basi per una cittadinanza effettiva, diritti inalienabili da garantire in modo universale, strumenti fondamentali per la riduzione delle diseguaglianze, saranno assoggettate alla pura logica del profitto e della rendita finanziaria.

Ci troviamo di fronte ad un attacco pesantissimo nei confronti della possibilità di costruire un modello di città equa, in cui anche le fasce a basso reddito abbiano accesso ad una buona qualità della vita.

Il piano di saccheggio predisposto da Alemanno è l’estremo tentativo di mettere le mani sulla città, rendendo ancor più drammatiche le condizioni sociali determinate dalla crisi economica. Se a questo si aggiungono il drastico taglio dei finanziamenti alle politiche sociali, contenuto nel prossimo bilancio, e lo svuotamento delle prerogative dei municipi, il quadro è ancora più chiaro: si tratta di una vera e propria aggressione ai diritti collettivi.

In nome di un debito di cui nessuno conosce entità e natura e la cui gestione commissariale è completamente sottratta al controllo democratico, si vuole “fare cassa”, attaccando la vocazione inclusiva e solidale della città.

Per questo occorre prendere parola e mobilitarci per fermare il piano di vendita dei servizi pubblici essenziali e rivendicare una gestione trasparente e partecipativa – attraverso l’ audit ˗ del debito pubblico del Comune di Roma.

La gestione pubblica dei servizi essenziali non va soltanto difesa, ma trasformata in senso democratico e partecipativo: sono i beni comuni la vera base democratica di una città e ai cittadini spetta il diritto e il compito di difenderli e partecipare alla loro gestione. Questo percorso deve iniziare con la ripubblicizzazione del Servizio Idrico di ACEA. La Cassa Depositi e Prestiti deve finanziare questo processo e non, come invece vuole il Governo, far confluire i risparmi dei cittadini nel processo di mercificazione dei loro stessi diritti attraverso l’ulteriore privatizzazione di ACEA e degli altri servizi pubblici. Sottrarre diritti ai cittadini utilizzando i loro stessi risparmi non può che essere definita una truffa di stato!

Non è possibile star fermi a guardare mentre viene calpestata senza alcun ritegno la volontà popolare: per questo chiamiamo tutta le persone e le realtà che hanno sostenuto la battaglia referendaria ad una urgente, forte e determinata mobilitazione cittadina.

Martone, lo sfigato sei tu! Contestazione a Roma Tre

28 Marzo. Contestazione studentesca alla Facoltà di Scienze della Formazione di Roma Tre, con lo striscione “Noi non siamo raccomandati, siamo precar* e ci riprendiamo tutto”, durante un convegno su formazione e lavoro in cui doveva intervenire Michel Martone, viceministro al Welfare, che poco tempo dopo essersi insediato aveva definito sfigati gli studenti ancora all’università dopo i 28 anni.  Martone non si è presentato alla conferenza.

Video.

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