Comunicato stampa sui fatti di Casalbertone del 23 marzo – Libertà di movimento per tutti gli antifascisti

Nell’attuale contesto di campagna elettorale sembra evidente che i neofascisti di Casapound, nel tentativo maldestro di ripulirsi l’immagine, riescano anche a legittimare il lavoro degli zelanti magistrati su quanto accaduto a marzo a Casal Bertone. Il comunicato stampa dei “ribelli del terzo milennio”, pubblicato a seguito della comunicazione di conclusione delle indagini notificate in questi giorni a sei compagni antifascisti e nove esponenti di CasaPound Italia, “appoggia” pienamente l’operato di magistratura e questura.

Non avevamo dubbi sulle collusioni che persistono tra questa organizzazione neofascista e gli apparati di polizia. Ma gli abitanti del quartiere di Casal Bertone conoscono bene i fatti, visto che il loro territorio negli ultimi anni è stato oggetto di tentativi poco riusciti di insediamento sociale e politico di un fantomatico Circolo Futurista. Ma quando non si hanno né contenuti né consenso sociale l’unico strumento rimane la provocazione. Ed è così che sono andati i fatti.

Il 23 marzo 2012, nel primo pomeriggio a Casal Bertone un gruppo di neofascisti, provenienti dalla sede di Casapound in via Orti di Malabarba, tentava di assaltare lo spazio sociale Magazzini Popolari. Tale iniziativa oltre ad essere stata preventivamente organizzata, vista la presenza di caschi e bastoni, vedeva la copertura visibile dei carabinieri. Nonostante i numeri sfavorevoli i compagni presenti in quel momento nella sede dei Magazzini Popolari, prontamente allertati dai residenti del quartiere, sono riusciti a respingere il gruppo dei neofascisti. Poche ore dopo si riunisce un’ assemblea pubblica davanti ai Magazzini Popolari che decide di denunciare quanto avvenuto realizzando una manifestazione che ha attraversato il quartiere raccogliendo, durante il percorso, la solidarietà degli abitanti del quartiere, infastiditi dall’ennesima provocazione e dalla militarizzazione del territorio. Tutti a Casalbertone, infatti, conoscono il lavoro quotidiano dei Magazzini Popolari e della Rete sociale. La scelta degli antifascisti di muoversi in corteo è stata la necessaria risposta per denunciare lo squadrismo che ciclicamente torna a manifestarsi in città. E infatti di lì a poco, sottolineiamo in un pomeriggio infrasettimanale, una settantina di neonazisti si radunava in via Orti di Malabarba, a pochi metri dall’ingresso della locale caserma dei Carabinieri, con caschi, mazze e pietre ben visibili. Durante il percorso il corteo antifascista viene attaccato ed esercita una legittima resistenza per le strade del quartiere di Casal Bertone.

Negli ultimi anni sono evidenti le contiguità politiche che legano esponenti dell’attuale amministrazione cittadina e della ex giunta regionale di Renata Polverini con attivisti di CasaPound. Basti pensare ai ruoli di responsabilità assegnati ai neofascisti “impresentabili” nelle municipalizzate e nei servizi locali balzati agli onori della cronaca. Nel contesto di spending review e di taglio dei servizi socio-assistenziali il comune di Roma ha speso 12 milioni di euro per acquistare il palazzo di via Napoleone III in cui “i ribelli” hanno la loro sede. La scelta di coinvolgerci in questa iniziativa repressiva, oltre a cercare di delegittimare attraverso la declinazione degli opposti estremismi il diritto di resistenza degli attivisti delle lotte sociali della città, diritto che rivendichiamo in pieno di fronte alla violenza squadrista che torna ad affacciarsi a Roma come ad Atene, Budapest e nelle altre capitali dell’Europa schiacciata tra crisi e misure di austerità, rimette al centro del dibattito la questione della restrizione dei margini di libertà: per gli attivisti come per l’intera società.

Nella nuova fase del governo tecnico è sempre più difficile scendere in piazza senza incorrere in divieti, denunce, intimidazioni fisiche e giudiziarie: lo abbiamo sperimentato nelle piazze studentesche dello scorso 5 ottobre, lo vivono sulla loro pelle i centinaia di attivisti che ancora scontano dei provvedimenti cautelari per aver manifestato contro la macelleria sociale dell’austerity, lo hanno subito gli operai dell’Alcoa, costretti in una “gabbia militare” ogni qualvolta vengono a Roma per reclamare un futuro. Ci sembra urgente riprendere in mano il tema della libertà di movimento e per questo proponiamo di incontrarci in assemblea cittadina il 30 Ottobre alle ore 18 presso i Magazzini Popolari Casalbertone via Orero 61. Sono invitate a partecipare tutte le reti, i collettivi e le soggettività antifasciste di Roma.

Prime adesioni: Magazzini Popolari Casalbertone, Loa Acrobax Project, Palestra Popolare Valerio Verbano, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, All Reds Rugby Roma, Assemblea cittadina degli studenti medi in mobilitazione, Laboratorio Filosofico “SofiaRoney.org”, Assemblea Giovani al Centro, Collettivo fuorilegge giurisprudenza rm3, Laboratorio Aion lettere rm3, Ardita San Paolo

Ci Scusiamo Per Il Disagio!

Lo scorso fine settimana si è svolto, ad Acrobax, un festival che ha unito diverse espressioni artistiche. Installazioni, perfomance di danza, visual e musica elettronica hanno caratterizzato la terza edizione di “Provocazioni”, festival indipendente organizzato dal progetto Cromedrop. 7.000 persone in due giorni hanno potuto accedere ad un evento culturale poliedrico con un costo popolare, potendo usufruire di una ricca produzione culturale.

Nell’organizzazione di questa 2 giorni abbiamo avuto, purtroppo, una mancanza di attenzione tecnica per la gestione di uno dei 3 sound che suonavano; nello specifico venerdì notte. Il risultato è stato un volume troppo alto che sappiamo ha infastidito parecchie persone nel territorio. Di questo non possiamo che scusarci e assicurare che cerchiamo e cercheremo, sempre, di porre attenzione a questi aspetti. Tanto è vero che il sabato, la seconda giornata, è stato effettuato un intervento tecnico e di conseguenza, il suono non è stato più invasivo.

Scriviamo queste righe non perché dobbiamo convincere qualcuno o passare per bravi ragazzi. Sappiamo che, chi ha in testa preconcetti sulla nostra esperienza, difficilmente verrà convinto con poche righe. Quello che ci interessa è, invece, parlare a un territorio che ha imparato a conoscere la nostra esperienza, le nostre lotte e la nostra chiarezza. A loro vogliamo dire che noi non siamo un “divertimentificio”, che la nostra proposta culturale passa dalla musica al teatro, ha costruito negli anni un’importante attività sportiva, dal rugby alla palestra popolare fino al campo da basket. E molto altro passa negli spazi dell’ex-cinodrmo occupato, qualche centinaio di persone lo frequenta quotidianamente e lo fa vivere . Vogliamo ribadire che Acrobax è un’esperienza che ha liberato e restituito un pezzo di città, per tutti/e. Negli anni non abbiamo mai abbandonato la lotta contro la precarietà e la miseria sociale che produce. Non ci siamo mai sottratti e ci abbiamo sempre messo la faccia. Lo facciamo anche in questo caso.

LA NOSTRA ASSEMBLEA è IL MARTEDI’ ALLE 21.

CHI VOLESSE è INVITATO A CONFRONTARSI.

Intervista ad Hanno Balz, professore di Storia contemporanea presso la Leuphana Universität Lüneburg (Germania)

Nel tuo lavoro sui movimenti sociali e culturali negli anni 80 ti concentri sulla diffusione di prospettive individualiste. Come si concilia questa tendenza con il cambiamento dei modelli di produzione, la frammentazione della classe operaia e la progressiva soppressione dei sistemi di welfare?

Prima di tutto dobbiamo distinguere: il più grande arretramento del regime neoliberale ha avuto luogo nel Regno Unito della Tatcher e nell’america di Reagan. In Germania, per esempio, il sistema di sicurezza sociale è rimasto relativamente intatto durante gli anni ’80, – qui l’agenda neoliberale è riuscita ad imporsi negli anni ’90. La ragione per questo è che, ad un meta-livello, la competizione tra Germania Est e Ovest imponeva al governo di Kohl di difendere un certo standard di sistema di welfare sociale e una classe relativamente privilegiata di lavoratori qualificati con lavori sicuri.

La diffusione della nozione di un primato dell’individuo dai tardi anni ’70 in poi ha espresso una cultura del soggetto post-moderno e certamente è stato un prodotto dei cambiamenti della società durante la crisi degli anni ’70. Non solo la Sinistra si è concentrata sempre di più sul personale ma anche la reazione politica che avrebbe trionfato alla soglia degli anni ’80 ci si riferiva sempre di più.

Margaret Thatcher, per esempio, ha ripetutamente asserito il primato dell’individuo e nella sua campagna, come fece Reagan subito dopo, ha usato un vocabolario che deve essere suonato familiare ai membri delle sub-culture: ora, autorealizzazione, libertà, fantasia e soprattutto avventura e rischio erano i concetti chiave della loro versione di un capitalismo indomito che divenne noto come neoliberismo.

La Tatcher espresse il credo della sua politica nel 1987: “Penso che abbiamo attraversato un periodo in cui troppe persone hanno creduto che se loro hanno un problema, è compito del governo risolverlo. ‘Ho un problema, prenderò un sussidio’, ‘Sono senza casa, il governo me ne deve dare una’. Loro stanno spostando il loro problema sulla società. E la società non esiste. Ci sono uomini e donne individuali, e ci sono le famiglie. E nessun governo può fare niente se non attraverso le persone, e le persone devono prima guardare se stesse

La parola chiave qui è “auto-determinazione”. Come un’ideologia post-materialista è stata adottata per la flessibilizzazione dell’accumulazione capitalista è stato mostrato dai lavori di Boltanksi e Chiapello, soprattutto nel loro libro: “Il nuovo spirito del capitalismo”. Questa flessibilizzazione nel luogo di lavoro (gruppi, gerarchie livellate, outsourcing) consisteva in una maggiore insicurezza e, in ultimo, a un maggiore sfruttamento del lavoro umano, mentre prometteva maggiore autonomia e autodeterminazione. Questo è ciò che Michel Foucault esaminò nei suoi lavori sulla governamentalità e chiamò “Tecnologie del sé”. Alla fine ci si sente meglio ad essere responsabili per il proprio sfruttamento che sentire la frusta del padrone sulla schiena. Questo è il capitalismo 2.0.

Il fascino verso la responsabilità individuale da allora è accompagnato da politiche di crescente pressione sociale nella forma di un sistema di welfare mutilato, alti tassi di disoccupazione, maggiore carico di lavoro. Non sorprende che in questo periodo la discussione su una “società del rischio” (Ulrich Beck), rispetto ai rischi individuali (sociali) che dovevi accettare, ha guadagnato importanza.

Certamente il collasso del socialismo Est-europeo si è aggiunto al processo che è evoluto attraverso gli anni ’80 ma è giunto a pieno compimento solo quando un tipo differente di società è scomparso dalle cartine geografiche.

Guardando al 2001 (G8 di Genova, la repressione brutale e l’inizio della politica della guerra al terrore), è possibile considerare questo evento come una sorta di pietra miliare per i movimenti sociali? In che maniera ha determinato una qualche sorta di discontinuità per la cultura politica autonoma dei due decenni precedenti?

Tra la “Battaglia di Seattle” 1999 e le dimostrazioni anti-G8 a Genova la sinistra transnazionale sembrava essere forte e crescente. Ma è ovvio che dopo il 2001 c’è stato un certo declino nelle capacità di mobilitazione di una sinistra radicale. Penso, che questo non ha necessariamente a che fare con la repressione, ma con il fatto che con la guerra in Iraq è sorto un grande movimento per la pace di carattere liberale. Come si può osservare in altri tempi, un movimento così vasto ha spesso l’effetto di emarginare le voci e i movimenti più radicali. Questo, ad esempio, è stato il caso durante il grande movimento per la pace nei primi anni ’80 in cui il movimento autonomo inizialmente è stato una parte importante ma poi è stato messo da parte dal movimento tradizionale tramite la negazione di solidarietà.

Inoltre ci sono stati cambiamenti interni nei movimenti, essendo spesso autocritici verso la scena e la sua storia, per esempio quando si tratta di relazioni di genere e di attitudini chauviniste. Forse in questo troviamo anche un cambio generazionale nei movimenti, con il vecchio attivista che lascia le nuove modalità della politica alle spalle.

La recente crisi economica è stata accompagnata da un’esplosione di dissenso in tutto il mondo: sembra che la scelta della “sottrazione” (“drop out”) stia venendo sostituita da rivendicazioni collettive di carattere sociale e politico. Che opinione ti sei fatto?

Tutto sommato, oggi sembra essere più duro “sottrarsi”, perchè il sistema di welfare, come “rete di salvataggio”, non è lo stesso degli anni ’80 e’ 70 per molte parti d’Europa. D’altra parte, il concetto di sottrazione si è trasformato se guardiamo alla scena techno (specialmente a Berlino).

Le droghe sono cambiate, ma c’è sempre una tendenza alla rinuncia in questa scena. Se parli con gli attivisti più anziani, spesso esprimono l’incapacità di comprendere la voglia che hanno le giovani generazioni di studiare, tendere ad una carriera accademica o cose simili.

In generale, una attitudine anti-sistemica degli attivisti è più difficile da trovare rispetto a 20 o 30 anni fa. Ciò è evidente se guardi alla generale ricerca di consenso del movimento “blockupy”, ad esempio, che potrebbe essere all’origine di una mancanza di analisi radicale in questo movimento. La storia mostra che i tempi di crisi di solito non conducono ad una crescente radicalizzazione piuttosto ad una svolta conservatrice nella società, espressione di incertezza o anche di paura. E’ ancora più chiaro se guardiamo alla Germania o alla Grecia.

I movimenti sociali devono confrontarsi con nuovi modelli politici e sociali. Nell’agenda politica dei movimenti è tornata centrale la prospettiva del futuro: non è riduttivo guardarla solo dal punto di vista della delega?

Al momento vedo una scarsità di ragionamenti utopici. Se si chiedesse agli attivisti, che parlano di rivoluzione, cosa succederà il primo giorno dopo questa rivoluzione, non si avrebbero molte risposte. D’altro lato ci sono stati modelli elaborati di politiche riformiste, come per la Tobin-tax e iniziative sulle politiche globali. Qui ci troviamo davanti ad una tendenza realista/riformista che rispecchia una cultura politica degli “esperti”. Abbiamo idea della società nella quale vogliamo vivere e come raggiungere questo obiettivo in un mondo globalizzato, complesso e altamente industrializzato?

I movimenti si sono sempre confrontati con un approccio duplice alla sua storia: prima cosa, nella dinamica a cambiare il movimento ed emanciparlo dal proprio passato, c’è una tendenza al “disapprendimento”, come possiamo vedere nella scena punk degli anni 70 e più tardi in quella “autonoma” (in senso tedesco, ndt). Dall’altra un movimento deve studiare le proprie origini e vecchie analisi per non fare gli stessi errori di 20 anni prima. Tra questi due aspetti dovrebbe manifestarsi un nuovo movimento.

In linea generale i movimento dovrebbero chiedersi: che impatto hanno le azioni, siamo in grado di disturbare l’ordine egemonico prevalente? Siamo in grado di persuadere porzioni sempre più ampie di popolazione o desideriamo essere un blocco nell’ingranaggio? Come possiamo evitare di essere sussunti?

Una lezione che è stata appresa negli ultimi 40 anni di movimento è che il capitalismo non è come immaginato dalla vecchia sinistra ortodossa, un colosso dai piedi d’argilla che basta spingere per farlo collassare in 100 pezzi. Per la capacità del capitalismo di assorbire o modificare una certa ampiezza della critica (come dopo il “1968”) dovremmo piuttosto parlare di colosso dai piedi di gomma (o anche di schiuma)-puoi spingerlo, ma assorbe la pressione…

Tenendo questo in conto, i movimenti odierni possono imparare (o disimparare) molto.

Precari a scadenza contestano la Polverini e il cda di Sviluppo Lazio: rappresaglia tutti dispensati dal lavoro

Con uno striscione che recitava “Il vostro sviluppo la nostra disoccupazione, noi senza lavoro voi senza vergogna” un gruppo di precari/e ha interrotto ieri un convegno su etica e reti di impresa organizzato da sviluppo lazio e con la presenza della presidente regionale Renata Polverini.

Motivo della contestazione la mancata stabilizzazione contrattuale per una decina di precari a tempo determinato che “scadono” il 30 giugno prossimo. Quella di precari che perdono il posto non sarebbe neanche una notizia degna di nota, accade ogni giorno nel silenzio più assordante, spesso i precari stessi rinunciano ad ogni rivendicazione introiettando la loro condizione di precarietà ed assumendola a dato di fatto ineluttabile nell’attuale contesto di crisi.

In questo caso non è andata così: i precari di Sviluppo Lazio aderenti alla rete dei precari indipendenti per la PA insieme ai punti san precario di Roma (che già avevano contestato l’”innovazione” di Brunetta e le politiche di Sacconi) hanno vissuto sulla propria pelle una contraddizione insopportabile: non solo la perdita del posto di lavoro a cui in anni e anni si erano dedicate tante energie ma anche la beffa di essere considerati costi insostenibili dentro un processo di ristrutturazione aziendale che invece chiude gli occhi sugli stipendi di manager e consulenti, spesso con doppi e tripli incarichi, o sulle decine di milioni di euro di fondi strutturali europei persi per l’incapacità di assegnarli e spenderli.

Per questo chi per anni è stato spremuto nelle proprie competenze, svilito dalla burocrazia della spartizione politica, misconosciuto tanto nei percorsi professionali quanto nella vita che su quel lavoro pur precario comunque è andata avanti, non può sopportare di andarsene come un insalutato ospite.

I precari e le precarie hanno cominciato a distribuire volantini con i volti e le storie di ciascuno di loro (insieme al testo che trovate di seguito) interrompendo il cerimoniale autocelebrativo su etica e reti di impresa. A quel punto una parte della sala ha cominciato ad applaudire e solidarizzare ma il presidente di Sviluppo Lazio Maselli e la presidente Polverini sono andati avanti nei loro interventi elargendo al massimo consigli di buona educazione ai futuri disoccupati che avevano l’ardire di protestare. L’ex sindacalista Polverini ci insegna che non si fanno così le lotte, che lei non avrebbe mai interrotto un convegno così importante, e poi mica avete vinto nessun concorso!! Proprio lei che dall’inizio del suo mandato ha contratto 1,5 consulenze al giorno per sistemare i tanti amici e parenti: noi senza lavoro voi senza vergogna.

Il convegno si blocca i toni si alzano, i lavori non potranno proseguire finché non si formalizzerà un incontro per i precari con i consiglieri di amministrazione della società. Tirati per la giacchetta alla fine l’incontro viene fissato per l’ora di pranzo al termine del convegno ma si rivela l’ennesima occasione persa: la dirigenza sceglie la linea dura, accusa “i ragazzi” (tutti per lo più over 40) di aver esagerato rovinando definitivamente la festa… e chi ha detto che non fosse proprio quello l’obiettivo? La rete dei precari indipendenti per la PA ha più volte denunciato le mission e le finalità tradite delle agenzie pubbliche o simil tali che invece di favorire crescita e occupazione producono privilegi, clientelarismi e precarietà.

Questa mattina inoltre ai lavoratori in scadenza viene fatto sapere che saranno  “dispensati” dal proseguire le loro attività fino a fine contratto. La rappresaglia della dirigenza di Sviluppo Lazio e del suo mentore politico Renata Polverini è degna del peggior comportamento antisindacale e contro i lavoratori… altro che lezioni su come si conducono le battaglie per i diritti.

Quindi non finirà qui! continueremo a rovinare la festa di questi indegni e incompetenti governanti, continueremo a rivendicare i nostri diritti e con dignità perseguiremo su tutte quelle strade possibili e necessarie, per difendere i posti di lavoro e le nostre vite sempre più precarie, ma finalmente e decisamente in lotta contro un intero sistema di corruzione, inadempienza, autoritarismo e negazione generale dei diritti sociali e sindacali.

Continueremo la lotta… Continueremo a rovinarvi la festa!

Chiediamo a tutte le forze sindacali, sociali e politiche di esprimere la propria indignazione verso la giunta Polverini e contribuire attraverso la solidarietà a costruire le prossime mobilitazioni.

Rete precari indipendenti per la PA

Punti San Precario Roma

Contatti: 3485548152 – 3927765677

Video:

>> Video de IlFattoQuotidiano

>> Meridiana Notizie

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>> Servizio sul Tg3 delle 14 del 19/6

Rassegna Stampa:

>> Corriere Della Sera

>> Libero

>> Paesesera

>> Dazebaonews 

>> MeridianaNotizie

>> Romacapitale

>> IlFattoQuotidiano

>> Dichiarazioni di Montino sulla protesta

20 Giugno @ Acrobax – Desmontaje4F – Storie di ordinaria repressione

Quello del 4F è uno dei più gravi casi di corruzione accaduti nella città di Barcellona negli ultimi anni. Coinvolti polizia, giudici e governo.

Il 4 febbraio del 2006 qualcuno lanciò un vaso di fiori da una casa occupata di Barcellona durante una festa, ferendo gravemente un agente di polizia. Il Comune e la polizia, non potendo verificare chi avesse effettivamente lanciato il vaso scelsero dei capri espiatori incolpando persone innocenti che non si trovavano dentro la casa e altre che nemmeno si trovavano nei paraggi.

Questi furono i risultati di alcuni anni di processi e farseschi dibattimenti:

– Álex Cisternas e Juan Pintos hanno scontato due anni di custodia cautelare e altrettanti in prigione e semilibertá.

– Rodrigo Lanza ha trascorso tre anni in prigione in custodia cautelare ed attualmente gode di un regime di semilibertà.

– Álex, Rodrigo e Juan furono torturati durante la detenzione da parte della polizia: ma la loro denuncia per torture non fu mai accolta.

– Patricia Heras, detenuta durante un rastrellamento all’Ospedale dove era andata a causa di un incidente in bicicletta accaduto quella stessa notte ha trascorso due mesi in prigione e 4 mesi in terzo grado fino a che, il 26 aprile del 2011, non sopportando piú la pressione, ha deciso di togliersi la vita.

Il primo appello si svolse con molteplici irregolarità, non furono accettate le prove della difesa e l’unica prova dell’accusa fu la testimonianza di due poliziotti: Bakari Samyang e Víctor Bayona.

Fu presentato un ricorso alla Corte Suprema che ratificò la sentenza e aumentò le condanne. Attualmente aspettiamo una risposta dal Tribunale Costituzionale di fronte al quale è stato presentato un altro appello. Ma da qualche mese, per smontare questa messinscena della polizia e dell’Ayuntamento di Barcellona abbiamo un dato nuovo.

Gli agenti della Guardia Urbana che furono gli elementi chiave del caso, Samyang e Bayona, sono stati condannati per tortura. La sentenza mette in evidenza come simularono un delitto e falsificarono documenti, fatti che mettono in discussione la credibilità delle loro dichiarazioni come testimoni del caso 4F.

Amnesty International e la difesa denunciarono le torture subite dagli accusati del 4F ma la giudice del Tribunale 18 di Barcellona, Carmen García Martinez (tornata alla ribalta in questi giorni per aver comminato un mese di prigione preventiva agli studenti arrestati il 29 Marzo, giorno dello sciopero generale), si rifiutò di indagare e di aprire un fascicolo per fare luce su questi abusi.

Questo è parte dell’appello che la campagna Desmontaje4F (Smontiamo il 4F) ha lanciato in tutte le città europee. Noi lo accogliamo con tutto la solidarietà e la consapevolezza che abbiamo anche perché conosciamo bene le “storie di corruzione, torture, sequestro e morte”.

Il prossimo 20 giugno vorremmo raccontare altre storie di “ordinaria repressione”. La storia di Lander Fernandez Arrinda un giovane attivista basco residente a Roma, che pochi giorni fa è stato letteralmente “catturato” da una squadra di poliziotti italiani ma sotto mandato di un feroce governo spagnolo. Vorremmo raccontare di una ferita ancora aperta, quella di Genova 2001. Oggi dopo 11 anni, ci troviamo con chi vorrebbe che di quelle giornate rimanessero solo delle sentenze dei tribunali: l’assoluzione per lo Stato e i suoi apparati e la condanna di 10 persone accusate di devastazione e saccheggio. 10 persone a cui vorrebbero far pagare il conto, con 100 anni di carcere.

Con quest’iniziativa, in una prospettiva plurale e solidale, iniziamo il nostro racconto fatto di reti e di patti di “mutuo soccorso”. Reti che abbiano mezzi e strumenti di contrasto alla repressione, che sappiano leggerla, ma che siano principalmente il luogo della solidarietà comune.

 

 

Desmontaje4F – storie di ordinaria repressione

Serata di approfondimento, solidarietà e dibattito sul caso 4F di Barcellona

interverranno:

Mariana Huidobro (Madre di Rodrigo Lanza)

Hibai Arbide (avvocato)

– Dibattito con

Simonetta Crisci (Avvocato AED)

Madri per Roma Città Aperta

Esponenti della Campagna 10×100 – GENOVA NON È FINITA.

Irati per http://uncasobascoaroma.noblogs.org

Proiezione video di 15MBCNTV e reading

 >>>Apericena benefit per le spese legali<<<<<<

Concerto reggae rock latino:

Jahmila

Carloforte Cotillon

A seguire djset a cura di Sister is Blooming

FIRMA LA PETIZIONE PER LA LIBERAZIONE DI LANDER!

APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI LANDER FERNANDEZ

 Ci appelliamo alle forze politiche e sociali democratiche italiane per richiedere l’immediata scarcerazione di Lander Fernandez, attivista basco arrestato questa mattina a Roma, dopo un anno di domicilio pubblico continuato nella Capitale.

Segue descrizione dell’accaduto e il riferimento al blog in costante aggiornamento.

Mercoledì 13 giugno, verso le 8:30 di mattina, Lander Fernandez è stato arrestato con una spropositata operazione di polizia: circa 20 agenti della digos romana, coperti da passamontagna e armati di pistola, lo hanno prelevato dalla sua abitazione, portato in Questura e in seguito tradotto nel carcere di Regina Coeli. Su di lui pesa un mandato di cattura internazionale spiccato dal governo spagnolo.

E’ evidente che si tratta dell’ennesima operazione politica, volta a colpire coloro che si battono per i diritti sociali e politici del popolo basco; l’arresto di Lander si verifica in una fase di grande avanzamento del processo di pace sostenuto da personalità e organizzazioni internazionali. Rigettiamo con forza tutte le accuse mosse nei confronti di Lander, poichè viveva a Roma da circa un anno alla luce del sole e senza nascondersi.

Denunciamo inoltre la persecuzione a cui è sottoposto già da qualche anno, da parte delle forze di polizia basche e spagnole. Lander infatti è stato oggetto di un sequestro nella sua città natale e di pedinamenti sia in Italia che nello stato spagnolo.

Chiediamo che:
– sia immediatamente scarcerato e che cada la folle accusa di appartenenza a ETA;
– che i media italiani non si appiattiscano sul processo mediatico che è già iniziato in Spagna, e che informino in modo serio e corretto;
– che lo Stato italiano non sia subalterno alla legislazione speciale spagnola, che è in contrapposizione con le nostre norme costituzionali;
– che le forze che nel nostro Paese si battono per il rispetto dei diritti umani promuovano e si facciano carico del processo di pace nei Paesi Baschi come richiesto, tra l’altro, da Kofi Annan, Gerry Adams e altri mediatori internazionali con la Dichiarazione di Aiete.

LINK ALLA PETIZIONE

 

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/

 

 

 

 

 

il video della conferenza stampa con il racconto dell’accaduto:

http://www.youtube.com/watch?v=HGAdyZGQeUQ&feature=player_embedded

Esci dalla tana – AION Lab.

Il laboratorio Aion esce dalla tana e fa la sua apparizione in città… e lascia il segno!

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Con il laboratorio Aion vorremmo organizzarci per fronteggiare l’emergenza abitativa nei quartieri trasformati dalla presenza dell’università di Roma Tre. Crediamo che “prendere casa” senza dover pagare affitti astronomici in quartieri addormentati dalla speculazione e del business del consumo studentesco, sia un diritto fondamentale e il primo passo per riprenderci parte di quel redditto che ci viene continuamente sottratto. Denunciare collettivamente
l’affitto in nero, immaginare forme dell’abitare diverse da quelle imposte e ragionare sul tema della casa dentro il problema più grande della precarietà di vita, sono le sfide che ci siamo posti nei mesi in cui abbiamo pensato il laboratorio.

Riprendiamoci tutto, la casa soprattutto!

Aion Lab

appuntamento sportello “nodo di inform_azione sull’abitare”:

Lunedì 11-13 // Mercoledì 15-17 @ Lettere RM3 Aula6

per info: http://laboratorioabitare.noblogs.org/

 

 

Presentazione libro “Interminabili Disordini” // Interminabili Trash Tour 2012

INTERMINABILI TRASH TOUR 2012
NON è UNO SCHERZO!!!

L’ass. Culturale antifascista Dax16MArzo2003 sostiene:

– Presentazione del libro “INTERMINABILI DISORDINI” di ALEX ALESI

– Proieione del video  “VIVA DAX LIBERO E RIBELLE” della ASS.DAX16MARZO2003

A SEGUIRE SERATA ALLEGRIA E LOTTA CON:
INTERNAZIONALE TRASH RIBELLE E I SUOI DJ’S

IL TUTTO PER SOSTENERE 130MILA:
130mila volte… NON DIMENTICHIAMO IL 16 MARZO!

NON PERDONIAMO IL SAN PAOLO!

130mila e’ la moneta che due compagni devono dare allo Stato per la notte del 16 marzo 2003.
Quella notte è morto Davide, assassinato da lame fasciste, mentre ai suoi compagni ed amici accorsi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo toccarono le cariche di polizia e carabinieri.
130mila rappresenta la condanna con cui la Cassazione conferma l’impunità per le forze dell’ordine e le condanne per i compagni: lo Stato da marzo 2011 affonda il colpo, mirando alle possibilità di vita di uno dei compagni attraverso il prelievo diretto di 1/5 dello stipendio.

130mila è la campagna in sostegno attivo a chi è stato colpito a seguito della notte nera di Milano e per riportare alla luce la reale dinamica dei fatti di quella notte con le responsabilità in campo.
130mila sostiene economicamente questa persecuzione e promuove una rete di solidarietà con serate musicali, cene senza sfruttamento animale, presentazione di libri e ogni tipo di iniziativa che ricordi Davide e diffonda con video e dibattiti quanto successo. 130mila vuole inserire i fatti del 16 marzo in una visione più ampia di criminalizzazione dei movimenti e del disagio sociale, politiche repressive attuate attraverso una precisa e sistematica articolazione della pressione giudiziaria connessa con il controllo securitario, oltre le aule di Tribunale.
130mila ha quindi due proposte immediate:
– diffondere il materiale che stiamo producendo, come per esempio adesivi, spille o magliette con questi loghi, ecc.
– raccogliere autoproduzioni artistiche (fumetti, adesivi, disegni, banner, foto, graffiti, ecc) dedicate espressamente alla campagna 130mila, da poter usare per mostre o altre iniziative benefit.
Per le serate benefit organizzate nei Vostri spazi preferiti, possiamo contribuire con il materiale d’informazione dell’Associazione Dax 16Marzo2003, con il video “Viva Dax libero e ribelle” e con un nostro intervento.
Il processo San Paolo in breve:
Il 7 maggio 2009 si chiude il capitolo giudiziario per i fatti del 16 marzo 2003. Quella notte è morto Davide, assassinato da lame fasciste, mentre ai suoi compagni ed amici accorsi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo toccarono le cariche di polizia e carabinieri.
Le indagini avevano portato alla sbarra quattro compagni e tre esponenti delle forze dell’ordine. Il 15 febbraio 2008 la sentenza d’appello aveva stabilito da una parte la condanna ad un anno ed otto mesi per due compagni e il risarcimento complessivo di oltre 130.000 euro e dall’altra l’assoluzione delle forze dell’ordine che in primo grado erano state condannate: un poliziotto a quattro mesi per abuso d’ufficio (ripreso da un video amatoriale mentre manganellava una persona a terra) e un carabiniere a sette mesi per il possesso di una mazza da baseball (reato caduto in prescrizione).
La Cassazione conferma l’impunità per le forze dell’ordine e le condanne per i compagni. Si tratta di una prassi consolidata in cui Stato e Magistratura colpiscono chi si ribella attraverso capi d’imputazione gravissimi, fondati su accuse fragili e prive di fondamenta, mentre chi indossa la divisa ha la piena certezza di non essere toccato. Da marzo 2011, con il prelievo diretto di 1/5 dello stipendio, lo Stato affonda il colpo, mirando alle possibilità di vita di uno dei condannati.

CON IL SANGUE AGLI OCCHI E LA RABBIA NEL CUORE, DAX VIVE!

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Workshop “Networks sociali nei movimenti globali”

Mercoledì 8 Febbraio – ore 18
Networks sociali nei movimenti globali
Verso l’Hubmeeting 2.0
LOA Acrobax

Introduzione:
Punti San Precario Roma

Relatori:

Aitor Tinoco i Girona – Attivista di Democracia Real Ya (DRY), Barcellona.
Vincenzo Carbone –  Ricercatore di sociologia dei processi sociali e comunicativi, Universitá Roma3.
Gigi Roggero – Attivista del Knowledge Liberation Front (KLF).

I networks sociali  hanno avuto un ruolo essenziale nell’organizzazione, nella comunicazione e nella diffusione dei conflitti di questi ultimi anni.
Dalla primavera araba dello scorso anno sembra che il conflitto abbia attraversato il mediterraneo portando con sé delle nuove forme di comunicazione, interattive e orizzontali, in grado di connettere, in qualsiasi momento, “locale” e “globale”. Nel contesto d’estensione dei social networks l’esperienza di Democracia Real Ya (DRY) e “toma la plaza” sviluppata nello stato spagnolo, è stata la prima che in Europa è riuscita a determinare, attraverso un passaggio dalla rete virtuale al conflitto nelle piazze, l’esplosione di quel processo radicale, innovatore e trasformatore conosciuto come movimento 15M. Un movimento che assume un carattere di spazio pubblico di cooperazione transazionale delle lotte grazie all’Hubmeeting 1.0 dello scorso Settembre a Barcellona.

Inoltre altri appuntamenti, quali il meeting transnazionale “Réseau de luttes” in Tunisia dal 29 settembre al 2 ottobre realizzato dal KLF e l’estensione del fenomeno delle Occupy da Wall Street alle centinaia di città negli Stati Uniti, hanno contribuito alla connessione dei conflitti sociali. E’, infatti, dalla cooperazione e comunicazione tra reti indipendenti, che nasce la giornata di azione globale United for Global Change del 15 ottobre: #15O in cui più di 950 città hanno gridato un “determinato no” alle politiche di gestione dell’attuale crisi. Un movimento globale che sta esercitando una forte critica all’attuale sistema di rappresentanza politica praticando e sperimentando nuove pratiche di conflitto contro le misure antisociali di austerity neoliberali. Dal blocco della produzione realizzato attraverso lo sciopero generale del 2 novembre a Oakland, in cui è stato bloccato il quinto porto degli Stati Uniti, alla diffusione di azioni contro i responsabili di questa crisi sistemica: banche, agenzie di rating, multinazionali.

Un movimento globale che non si è fermato, ma che rilancia altri appuntamenti internazionali come quelle di Francoforte del 24-26 Febbraio e dell’Hubmeeting 2.0 dal 30 Marzo al 1 Aprile in Italia. Tali appuntamenti serviranno come trampolino di lancio per le mobilitazioni del 12 e 15 Maggio, che si stanno delineando come giornate di blocco dei flussi-sciopero precario e sociale e del 19 Maggio sotto la Banca Centrale Europea (BCE).

La caratteristica centrale di questo workshop é quella di condividere saperi attraverso l’autoformazione e implementare l’utilizzo consapevole degli strumenti di comunicazione che, nella rete globale, permettono la condivisione di una strategia collettiva!

Il workshop sarà diviso in due sessioni.

Nella prima sessione si svolgeranno gli interventi dei relatori e si aprirà un dibattito sull’utilizzo dei networks sociali nei movimenti globali.

Nella seconda sessione si passerà al lato più pratico del workshop, presentazione degli strumenti e loro utilizzo all’interno delle mobilitazioni globali (si suggerisce di portare Computer portatili e smartphone)

Il workshop si terrà mercoledi 8 febbraio dalle ore 18, presso LOA Acrobax – via della vasca navale, 6

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