Difendere i beni comuni per combattere la precarietà di vita

[La crisi, l’acqua e il diritto all’insolvenza]
Nell’era della crisi infinita, praticare l’insolvenza significa non pagare l’austerity.
Pratiche individuali già ne esistono nella società italiana che presenta tassi di evasione fiscali altissimi, in cui aumenta a dismisura il numero dei protestati, di chi non paga più le multe, il canone rai, il biglietto dell’autobus e così via.
Ciò che è necessario mettere in campo sono pratiche di rivendicazione collettiva di pezzi di reddito che ci spettano e che dall’alto non cadrà mai.
Ancora una volta, ribadiamo che il reddito di base universale è un obiettivo da conquistare per garantirsi il diritto all’esistenza in un mondo quasi completamente mercificato e che vogliamo cambiare.
Il reddito per noi ha sempre significato per esempio, a partire dalle nostre vite precarie, occupare casa e così non pagare l’affitto e, così, non solo potersi mantenere ma addirittura poter lavorare meno, accettare meno lavori di merda e persino fare una vita politicamente attiva.
La casa è un pezzo di reddito ma da sola non può bastare!
“La crisi non la paghiamo” gridavamo 2 anni fa e, invece, ce l’hanno completamente scaricata addosso aprendo non solo una frana dell’economia ma una ben più larga e profonda crisi di un sistema di rappresentanza, di modello sistemico e culturale e di quell’incrollabile fede nell’ultima ideologia rimasta: il capitalismo.
Ma questo rappresenta oggi uno dei dati più interessanti, proprio perchè questa crisi ha aperto la possibilità, anche semantica, di immaginare una possibile alterità.
Uno degli esempi più forti è quello del referendum di giugno. Improvvisamente una popolazione da molti anni disabituata e disillusa afferma chiaramente che l’acqua non si tocca. E fino a qui va bene perchè l’acqua, emotivamente, è elemento madre: intuitivo e emozionale.
Ma in realtà qualcosa in più c’è.
C’è una campagna fatta dal basso, strada per strada, ci sono spazi di comunicazione guadagnati metro per metro, ci sono ragionamenti lunghi anni che conquistano e si diffondono veloci; l’acqua diviene un paradigma nella società italiana. Non solo tra cittadini ma anche nel dibattito pubblico. I beni comuni sfondano e divengono elemento semiotico riconosciuto, una linea. Forse una barricata.
Le persone dicono infatti con il loro voto che non sono più disposte a sacrificare tutto sull’altare del mercato; la religione neoliberista vacilla anche da noi.
I privatizzatori, bipartisan, si trovano improvvisamente sconfitti e, con loro, anni di beni pubblici saccheggiati a man bassa, ricette in cui le persone sono divenute risorse umane, in cui il mercato del lavoro doveva essere flessibile fino a divenir eprecario, l’innovazione e la garanzia passava per le formule innovative del profitto privato.
Ma ancor di più accade: si forma un ragionamento collettivo sul superamento tra pubblico e privato e che afferma il comune.
In questo contesto chi governa la crisi continua ad affermare che c’è un debito, e c’è, a carico di tutta la società. O meglio a carico di quella parte della società, enormemente maggioritario, che non lo ha contratto.
E questo rientra chiaramente in un circolo vizioso: chi ha fatto profitti sulla nostra vita ha prodotto la crisi e ora vuole che paghiamo il suo debito aumentando esponenzialmente lo sfruttamento della nostra vita stessa.
Per questo, ad oggi, non hanno ancora applicato il referendum e fanno di tutto per aggirarlo. Esattamente come ignorano volutamente le strenue resistenze che molti territori in tutta Italia, a partire dalla Val di Susa, fanno alle così dette grandi opere in cui si ignora completamente quello che è il bene comune e si opta per il profitto privato.
Ma il movimento dell’acqua ci offre un’ulteriore riflessione, quella della contrapposizione diretta con quelli che di volta in volta abbiamo definito privatizzatori, sfruttatori, precarizzatori. Infatti Il Forum italiano dell’Acqua sceglie di lanciare una campagna per l’applicazione del secondo quesito referendario, proprio quello sulla remunerazione del capitale: profitti garantiti in bolletta. E proprio in questa proposta noi vediamo una delle possibilità di non pagare, ancora una volta, di sottrarci al pagamento della crisi generata dal capitale, di poter praticare il diritto all’insolvenza. Il diritto a scegliere il non pagare il debito altrui perchè, quel debito, è una parte del profitto del mercato.
Perchè scegliere di non pagare non è solo una sottrazione dal mercato e dallo sfruttamento di quello che è di tutti ma è anche, implicitamente, una provocazione ed una presa di parola ben chiara.
Una forma conflittuale di praticare contenuti radicali, una delle possibili affermazioni del nostro: “Noi la crisi non la paghiamo” . Che da slogan diventa pratica concreta.
Scegliamo di condividere la nuova campagna lanciata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua perché, quella del diritto all’insolvenza, deve essere una pratica quotidiana, perché se il piano individuale diventa coordinato e quindi collettivo, se diventa riproducibile e capillare sui territori potrà veramente fare male al sistema.
Questa è la forza che leggiamo nella campagna “Obbedienza Civile”, che volendo rispettare la volontà popolare chiede l’immediata eliminazione dalle tariffe della percentuale che garantisce i profitti procedendo, nel caso in cui questo non avvenisse, all’autoriduzione collettiva delle bollette.
Scegliamo di condividere questa campagna perché non si limita a contrastare le privatizzazioni, in una fase storica in cui più nessuna mediazione è possibile, perché utile solo a riprodurre il sistema che ci ha portato fin qui, ma anzi propone pratiche concrete dell’alternativa e della partecipazione.
E in questo ci ricorda tanto la proposta insita nello sciopero precario visto come sciopero politico e non come momento di precipitazione vertenziale per chiedere aumento del salario o garanzie di alcun tipo rispetto ad un determinato settore o contratto, ma che pone al centro il punto di vista precario e mostra la potenza dei precari non la loro debolezza, la complessità della precarietà non il suo atomismo, rilancia per tutti e non per qualcuno.
Come precarie e precarie abbiamo scelto da tempo che volevamo sottrarci allo sfruttamento del mercato e che volevamo stabilire forme di cooperazione e cospirazione per organizzarci al di fuori di contesti sindacali o politici che difficilmente riescono a leggere la precarietà. In questo il movimento si addice maggiormente, secondo noi, ad affrontare concettualmente e praticamente l’attacco che viene mosso a tutti noi.
Perchè la difesa dei beni comuni è un piano di ricomposizione nel quale riconoscersi e riuscire a superare quella divisione forzata di ognuno di noi, delle nostre storie e delle nostre vertenze. Esattamente quello che è rappresentato dalla parcellizzazione a cui sono sottoposte le nostre vite precarie.
Ma anche perchè sappiamo che sono alla base della nostra stessa vita e, dunque, anche della stessa lotta.
Per questo difendiamo i beni comuni e combattiamo contro la precarietà.
Per conquistare il nostro futuro. Diverso dall’esistente e, quindi, tutto da costruire.
Acrobax
Punti San Precario_Roma

(Video) Il nostro 15 ottobre: un punto di vista precario

1. [La giornata]

Dopo tanta immeritata e non proprio lusinghiera fama, dopo aver lungamente discusso all’interno della nostra comunità umana, territoriale e delle lotte che attraversiamo e contribuiamo ad animare, sentiamo l’irrefrenabile esigenza di dare un contributo ancorché parziale sulla dirompente giornata del 15 ottobre contro la crisi e l’austerity.

Una giornata il cui percorso di costruzione è per noi iniziato 3 mesi fa, quando con decine di precari/e degli Stati generali della precarietà riuniti a Genova, abbiamo deciso di raccogliere l’appello che stava girando per l’Europa e rilanciare l’impegno e la volontà di condividere e connettere a livello europeo le lotte contro l’austerity con le forme indipendenti di organizzazione e di lotta alla precarietà: lo sciopero precario. Un percorso che si sta costruendo da più di un anno.

Tempi lunghi, i tempi del sociale, frammentato e disconnesso, sicuramente molto diversi da quelli delle organizzazioni sindacali o partitiche che d’altronde, sulla precarietà, riescono a fare e capire molto poco.

A metà settembre siamo quindi stati all’Hubmeeting di Barcellona per conoscere, costruire e confrontarci con le piazze euro-mediterranee che da oltre un anno si stanno mobilitando e accampando, stanno occupando e resistendo. Il loro “non ci rappresenta nessuno” è un nodo di riconoscimento fondamentale dei nostri percorsi e della volontà di prendere la parola in prima persona, come precari e precarie.

Allo stesso modo, sin dal primo appuntamento, abbiamo partecipato al coordinamento 15 ottobre, scegliendo il piano del confronto e con la reale intenzione di fare di quella una giornata un momento dove si potessero far convivere le pur diverse sensibilità, scelte e prospettive dentro e oltre la dimensione corteo.

Il 15 mattina ci siamo trovati a Piazza della Repubblica intorno al camion della rotta indipendente verso lo sciopero precario con tanti e tante venute da tutta Italia. Insieme a noi tutta la rete e altre realtà da tutta italia (come la delegazione NoTav o le reti migranti di Brescia) che avevano scelto di condividere il punto di vista precario di quella area di corteo.

Il nostro modo di iniziare la giornata è stato quello di calare uno striscione delle precarie “Inconciliabili” dall’Hotel 5 stelle Exedra-Boscolo, simbolo del lusso e delle ricchezze precluse a noi e invece garantite con il nostro sfruttamento ad una ristretta parte della società. Perché la crisi non è uguale per tutt@. Quando, da sotto la piazza, abbiamo visto la security prendere le nostre compagne siamo entrate in massa a riprendercele: prima dieci, poi venti, poi trecento persone, soprattutto donne, sono salite dalla hall fino sul tetto, allegre ma determinate a non lasciare indietro nessuna. Il 15 ottobre era cominciato.

Andando avanti su via Cavour, dietro a San precario e Santa Insolvenza si sono radunate migliaia e migliaia di persone confluite verso una testa del corteo senza bandiere di partiti o sindacati che parlava di indipendenza e di autorganizzazione delle lotte dei precari, di diritto all’insolvenza e al reddito incondizionato e di base.

All’ingresso di via dei Fori Imperiali, abbiamo scelto di evitare ogni provocazione delle forze dell’ordine schierate in massa prima di Piazza Venezia, a protezione di un potere sempre più isolato, e che già nei giorni precedenti avevano dichiarato di puntare a spezzare il corteo. Abbiamo dunque girato a sinistra, e non perché non ritenessimo comprensibile la volontà di molti di dirigersi verso i palazzi del potere, quanto piuttosto perché non abbiamo mai voluto mettere a repentaglio non solo il nostro spezzone, ormai larghissimo, ma il corteo tutto.

Il nostro obiettivo era un altro, e qui sveliamo la “regia occulta”: poco dopo infatti siamo entrati, prima alla spicciolata poi in massa, dentro il Foro romano, senza pagare i 14 euro e dando vita ad un’occupazione (temporanea?) della suggestiva ed evocativa agorà di duemila anni fa aprendo lo striscione “Whose history? Our history!” (La storia di chi? La nostra storia!)

Volevamo regalare ai precari uno spazio pubblico in cui esprimere il proprio punto di vista, in connessione ideale e materiale con i tanti che nella stessa giornata sono partiti da Plaza Catalunya, a Barcellona, per diverse direzioni per dar vita ad occupazioni di case, ospedali e università. Per riprendersi ciò che non trova altro modo per esprimersi ed affermarsi che quello delle lotte.

Qui avremmo sicuramente voluto sostare di più, provando ad offrire ad un nuovo movimento contro la crisi, la precarietà e l’austerity uno dei luoghi di riconoscimento e un terreno di riconquista.

Ma purtroppo altre tensioni premevano sulla coda della nostra area di corteo a causa delle prime auto andate a fuoco.

La pressione dell’enorme massa del corteo ci ha dunque spinto a proseguire e percorrere molto velocemente anche Via Labicana quando ci siamo resi conto che, alle nostre spalle, la situazione si era decisamente “infiammata”.

A quel punto non siamo riusciti a far altro che constatare la pioggia di lacrimogeni e proseguire a passo svelto nell’unica direzione non bloccata da centinaia di agenti, quella verso piazza San Giovanni, dove siamo arrivati di corsa inseguiti dai blindati e dagli idranti che hanno letteralmente disperso poi l’intera piazza.

Nel giro di pochi minuti, man mano che il resto della manifestazione raggiungeva la piazza finale, migliaia di persone hanno dato vita ad una tenace resistenza verso le forze dell’ordine. Mentre altri mantenevano la calma e permettevano a quelli più impauriti di passare, si difendeva collettivamente lo spazio comune. In modo spontaneo e con un moto di rabbia sociale diffusa si è difesa una collettività ed il suo diritto a non essere spazzata via dalla polizia. Una potenza critica nuova del precariato metropolitano che, come accade nella storia quando esplodono movimenti di massa senza plausibili mediazioni o fantasiose retoriche rivoluzionarie, determinano forti rotture, scompaginano tattiche e facili semplificazioni. Per noi questo è un dato politico, se volete non scontato, anzi dirimente.

Noi eravamo in quella massa insieme a tante e tanti.

2. [Con occhio critico]

La nostra non vuole essere un’epica della giornata, né l’apologia facile della violenza, perché sarebbe una visione molto limitata e sicuramente diversa dalla nostra definizione di radicalità e determinazione che crediamo di aver contribuito a definire negli anni della nostra attivazione sociale e sui terreni delle lotte che abbiamo praticato e che vogliamo continuare.

Vogliamo invece affrontare i nodi critici a partire dai limiti che sicuramente abbiamo avuto.

Però, con lo stesso dovuto rigore, vogliamo sottoporre all’attenzione di tutti/e l’inadeguatezza politica dei movimenti proprio in questa fase in cui così diffusi e condivisi sembrano essere il desiderio e la necessità di una “global revolution”.

Non dobbiamo nascondere che a noi, come acrobati ed acrobate, è mancata la comprensione lucida di alcuni passaggi del corteo e la capacità di gestirne i rapidi ed imprevisti sviluppi.

La tensione che sentivamo crescere intorno al nostro pezzo di corteo ci ha fatto, per esempio, percorrere l’ultima parte di via Cavour e l’inizio dei Fori imperiali in una forma troppo inquadrata, entrando in contraddizione con la natura comunicativa dell’occupazione temporanea del Foro che noi stessi ci accingevamo a fare e contribuendo non poco alla confusione di quel momento.

Per chiarezza ripetiamo che non volevamo in alcun modo finire la nostra giornata a piazza san Giovanni ma che allo stesso tempo non c’era nessuna volontà di determinare l’impossibilità di farlo, per chi lo avesse voluto; all’altezza del Colosseo tutto questo è stato più che evidente alle centinaia di attivisti e compagni che intorno al camion, e nel tam tam di informazioni, provavano a condividere mete alternative, che di fatto sono state impedite da un dispiegamento di polizia inaudito.

L’escalation dello “Stato” di polizia è andata poi aumentando fino ad accanirsi per ore contro chiunque fosse nella piazza San Giovanni girando all’impazzata con le camionette e arrivando persino a sparare lacrimogeni all’interno della Basilica dove decine di persone cercavano riparo.

Crediamo che intorno a questa reazione contro la manifestazione sia più utile per i movimenti fare un’attenta controinchiesta piuttosto che leggere i giornali.

Ora qui emerge un altro nodo problematico che riguarda tutto il movimento, quello consolidato e radicato nelle lotte sociali che certo non si esauriscono con la ‘novità’ degli indignados. Tale percorso nel nostro paese, a differenza di altre realtà internazionali, deve ancora trovare le giuste interconnessioni con le lotte sociali che pure si stanno dando.

Il nodo sta nel difendere lo spazio politico del conflitto nell’era della crisi permanente che ha decretato la fine di ogni mediazione possibile. Ovvero di come, e se, tutelare l’agibilità di movimento per una radicale ed efficace massa critica contro l’austerity e chiunque pretenda oggi o domani di imporla sulla nostre vite già precarie.

Non stupisce che Maroni, o gli organi di informazione lottizzati e al servizio dei poteri forti del paese, mettano sotto accusa chi, già nei comunicati precedenti al 15, così come nella comunicazione sociale in piazza, ha esplicitato l’intenzione di fare di quella giornata, non solo un passaggio costituente o di accumulazione, ma anche di “rottura del quadro di compatibilità”. Ma del resto come oppositori e contestatori determinati di questo governo, e dei suoi ministri, non ci aspettavamo altro.

Sorprende invece, e di più amareggia, quando la critica, tra l’altro formulata come accusa, viene da alcuni ambiti interni ai movimenti e che a volte sembrano condividere l’importanza e il senso delle pratiche di rottura (di qualunque natura) solo se collocate in qualche altro luogo e in qualche altro momento.

Di questo dovremmo discutere a lungo, dentro e oltre il movimento, in un ampio e franco dibattito sulle pratiche che non può prescindere da un ragionamento sulla centralità della produzione di conflitto indispensabile.

Oggi lo riteniamo un orizzonte irrinunciabile dei nuovi movimenti contro l’austerity, la crisi e la precarietà come quelli che proviamo a costruire come rete per lo Sciopero Precario, o quelli contro la devastazione dei territori, come avviene in Val Susa, per la difesa e salvaguardia dei beni comuni, come il percorso fatto dai movimenti per l’acqua, per citarne solo alcuni.

Crediamo ancora che, al centro degli obiettivi di tutte le componenti di movimento, anche tra quelle che investono sulla rappresentanza sindacale e politica, rimanga centrale e strategico il conflitto sociale. Sennò dal nostro punto di vista, sarebbe questo un dibattito problematico e de facto un arretramento dannoso per tutte e tutti.

Certo, è necessario un dibattito sulle pratiche, da fare a 360° gradi e senza facili sintesi e soluzioni poiché capiamo, come è evidente a tutti, che il tema è più che complesso e che la giornata del 15 mette a nudo i limiti di ognuno, senza scorciatoie o linciaggi mediatici e politici.

E proprio sulle pratiche: per come la vediamo noi, è chiaro che, in una giornata di mobilitazione di queste dimensioni, i livelli messi in campo possono anche essere differenti ma devono mantenere la tensione ad inserirsi in un contesto comunemente definito e puntare ad avere la maggiore comprensibilità e consenso possibile.

Quello che abbiamo visto, invece, soprattutto con le macchine incendiate al centro di via Cavour e i luoghi in fiamme accanto a persone palesemente distanti da quelle pratiche come a via Labicana, ci sembrano azioni irresponsabili ed escludenti, poiché di fatto hanno ottenuto il duplice risultato negativo di isolare la prima parte dal resto della manifestazione e, contestualmente, impedire al resto del corteo di procedere. Come, del resto, ci sembrano insensate e pericolose le bombe carta esplose contro altri spezzoni della manifestazione. Anche noi, come tanti altri, abbiamo subito questa sovradeterminazione.

Tuttavia la dinamica della discussione dovrebbe gravitare secondo noi  sull’opportunità o meno di una pratica o di una scelta politica e, mai, nei termini di un “cancro da estirpare” o nella infinita e parziale diatriba tra buoni e cattivi.

Premettendo che noi siamo stati all’interno del coordinamento che ha organizzato il corteo, e dunque ne abbiamo condiviso i limiti, riteniamo che debbano essere assunte delle responsabilità che non sono di poco conto.

Il coordinamento “15Ottobre” non si è mai minimamente sforzato di diventare uno spazio pubblico di dibattito, visto che le riunioni si sono svolte nella prima mattina in sedi dove molto pochi hanno potuto partecipare. A livello internazionale la giornata del 15 Ottobre, nelle oltre 900 città in cui si è svolta, è stata costruita con assemblee di centinaia di soggetti vittime delle politiche di austerity.

Questo per dire che oltre le realtà sociali, sindacali e associative organizzate, c’era bisogno di creare uno spazio pubblico di cooperazione ed informazione sui contenuti della manifestazione, sulle differenti pratiche e sui molteplici contenuti. Perché era evidente che quella giornata era di tutti e di tante differenti forme di espressione. Nello stesso metro quadrato e nella stessa volontà politica è stato invece compresso ciò che molti, giustamente, sostengono che non possa convivere. Si è scelto di dare vita ad una pentola a pressione.

Si è dato da subito un corteo blindato e militarizzato (oltre 3000 agenti schierati), deciso dalla questura di Roma e accettato dal Coordinamento 15 ottobre. E’ stato un errore non opporsi pubblicamente ai veti della questura sul percorso della manifestazione del 15 Ottobre. Tali limitazioni della libertà di movimento e di dissenso si stanno rendendo espliciti in questi giorni anche nei confronti di organizzazioni come la Fiom.

Ora, visto che tutto è pubblico, comprese le successive prese di posizione, riteniamo grave questa scelta e l’abbiamo ripetuto fino alla nausea in quel consesso. Dunque, visto che quello era anche il nostro corteo, abbiamo deciso di partecipare in una forma che tutelasse il nostro spezzone, la partecipazione di tutti/e al corteo e ci garantisse di poterne uscire.

Purtroppo così non è stato e non è dipeso solo da noi. Per ultimo ci è sempre sembrato ridicolo e privo di prospettiva politica costruire percorsi in contrapposizione a qualcuno.

Per questo abbiamo costituito in Italia un percorso politico pubblico, quello degli Stati generali della Precarietà, che affermasse i nostri contenuti.

Per questo abbiamo contribuito a costruire quella stessa giornata in cui centinaia di migliaia di persone si sono mosse in Italia e milioni nel mondo.

Per questo ci pare ridicolo pensare, con cinismo, che qualcuno abbia operato per far attaccare una piazza inerme semplicemente per fare torto a qualcun altro.

Per noi non esistono traditori della causa, esistono solo opzioni e prospettive politiche diverse.

3. [Il partito della paura]

Dopo di tutto però, sta accadendo qualcosa di ancora più grave che vogliamo mettere al centro della discussione. E’ evidente che, oltre ad una gogna mediatica, in cui la nostra e alcune altre realtà vengono additate come responsabili con accuse decisamente fantasiose e confusionarie, si sta passando alla produzione di un paradigma.

Quello del partito della paura.

La manifestazione sembra diventata espressione solo di un dualismo, esasperato nella contrapposizione, e spariscono non solo i tanti contenuti e soggettività presenti, ma persino l’inoppugnabile verità dei numeri. Pare essere scomparso tutto: il prima, tutte le piazze internazionali che da mesi (o come nel caso greco da anni) si stanno mobilitando, la precarietà, la disoccupazione o la cassa-integrazione.

Ma soprattutto, sembrano essere scomparse le politiche di austerity che la crisi porta con sé.

Si produce oltre a tutto questo, una strategia della tensione tirata fuori ad arte, con “terroristi urbani”, richiami a leggi speciali e chiusura incondizionata di spazi di libertà. C’è un violentissimo attacco alle libertà personali e collettive di tutti noi come cittadini, che viene giustificato oltretutto con la delazione di massa. Orwell non sarebbe riuscito a raccontarlo meglio. Tutto questo è pericoloso, inaccettabile e condanna la società del nostro paese ad un nuovo impotente silenzio. Esattamente come il divieto a manifestare che per punizione Alemanno ha inflitto alla città e al paese tutto.

La spasmodica attenzione repressiva sulle legittime proteste della Val di Susa ci consegna un dato chiaro sulla chiusura di ogni spazio di possibile mediazione tra i territori e la cittadinanza da un lato e la politica e le istituzioni dall’altro.

E tutto questo, guarda caso, in previsione di una stagione dove i cittadini, i precari e le precarie, sono sotto un’altissima pressione sociale e stanno appena adesso iniziando a chiedere una trasformazione vera. Non solo verso un governo di colore diverso, e forse questo è uno dei problemi esplosi in seno agli indignados italiani, ma per la trasformazione radicale di un sistema economico e sociale. Non vogliamo più continuare a riprodurre, nel nichilismo (qui ci vuole) dell’avvitamento su se stesso, il sistema capitalistico e la tragicommedia nel suo epilogo decadente che, in Italia, assume tinte da basso impero.

Ma riteniamo che siano fondamentali momenti di discussione collettiva perché ogni contributo lanciato nella rete, a partire dal nostro, sarà sempre una parzialità. In questo momento c’è, secondo noi, la necessità di uno spazio di confronto diretto, in cui la parola sia all’interno di una condivisone, altrimenti tutti rimarremo nell’ambito del proclama che, molto probabilmente, fuori dal movimento interesserà pochi/e.

Siamo convinti che stia iniziando una nuova fase per i movimenti e che ci sia spazio per diverse prospettive in campo, con la premessa che tutti dovremo rimetterci in discussione per essere, diciamo così, all’altezza della complessità dei nostri tempi e della nuova fase che stiamo tutti attraversando.

Per questo riteniamo fondamentale che si apra un confronto pubblico largo, che possa confrontarsi non solo sulle pratiche del 15 ottobre ma anche e soprattutto sui contenuti, sulla capacità comune di prendere parola e porre con forza percorsi di agibilità politica e pratica delle nostre libertà.

Nei movimenti, giorno dopo giorno.

Un caloroso abbraccio a quant* ancora sono detenut*. Libere tutti.

Laboratorio Occupato Autogestito

Acrobax Project

San Precario vince contro Rinascita…e quando vince festeggia!

Quando San Precario vince, festeggia!

Il Santo sarà presente con una processione all’isola pedonale del Pigneto per un brindisi con le lavoratrici di Rinascita che dopo una lunga e travagliata trattativa sono giunte ad una conciliazione con il datore di lavoro, ottenendo importanti risultati,coadiuvate dal team legale dei punti san precario.

Si vuole rilanciare con un aperitivo in cui verrà raccontata l’esperienza della cospirazione, del potere che ha di ribaltare la percezione della precarietà in un moto di consapevolezza di un rapporto di forza ancora tutto da agire.

Giovedì 10 novembre a partire dalle 19, invitiamo tutt@ a brindare con noi da Tuba a un aperitivo musicale, perchè se nelle nostre vite precarie c’è il motore che muove il mondo è ora che cominciamo a prenderne il comando.

Insieme, la cospirazione precaria prosegue!

Firmata la conciliazione.

Alcuni mesi fà, i Punti san precario di Roma effettuarono un’incursione comunicativa alla presentazione d’un libro nella Libreria Rinascita dove fra i relatori sedeva la segretaria nazionale della CGIL.

Precarie e precari chiesero a Susanna Camusso di prendere parola contro la precarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori delle Librerie Rinascita, già denunciata pubblicamente in precedenza: lavoratrici e lavoratori che erano impiegati al nero, non pagati da mesi, talvolta licenziati senza preavviso.

In quell’occasione Camusso non intese prendere parola rispetto alle condizioni sottolineate dall’iniziativa, chiudendosi in una risposta (“Non mi interessa niente, con voi non parlo”) che la dice lunga rispetto all’impegno e alla tutela che il sindacato esprime nei confronti dei precari.

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A seguito delI’azione,  il team legale dei punti san precario in collaborazione con alcune precarie della libreria, avviarono una vertenza nei confronti del datore di lavoro. La vertenza riguardava il ricorso a rapporti di lavoro in nero, licenziamenti illeggittimi, mancato pagamento di mensilità arretrate (in alcuni casi due anni di arretrati) e gli altri diritti maturati in corso di rapporto di lavoro quali TFR, tedicesime mensilità e ferie.
Il primo risultato ottenuto dai punti san precario è stato il reintegro immediato di una librai licenziata in modo illeggittimo.
Dopo una lunga e travagliata trattativa il team legale dei punti san precario è giunto ad una conciliazione con il datore di lavoro, ottenendo degli importanti risultati, quali il pagamento delle differenze retributive, le ferie, i riposi, lavoro straordinario, festività, tredicesima e quattordicesima mesilità e i ratei del TFR .

Presto vi comunicheremo il luogo e la data dell’apertivo che festeggierà questa vittoria invitando le reti dei precari a brindare con noi.

Verso lo sciopero precario

ALTRE APPARIZIONI DI SAN PRECARIO:

I Punti San Precario sostengono i giornalisti precari del quotidiano Terra

San Precario nella moltitudine della giornata globale contro l’austerity

San precario sanziona la sede di Equitalia!

Primo risultato del comitato licenziati ItaliaLavoro e Punti San Precario

Sacconi contestato al Cnel da licenziati d’Italia Lavoro e Punti San Precario

PUNTI SAN PRECARIO

Roma, 15 Ottobre 2011

Il 15 ottobre è stata una giornata fatta vivere da centinaia di migliaia di persone che si sono mobilitate contro la crisi e l’austerity. In questa partecipazione emerge la volontà determinata di cambiare, di trovare strade alternative alle ricette della banca europea e un tentativo di prendere parola in prima persona.

San Precario

La parte di corteo sotto le “insegne” di San Precario e Santa Insolvenza è stata costruita in assemblee pubbliche con centinaia di persone, con delegazioni di 15 città, dal nord al sud dell’italia, con migliaia di precarie/e, migranti e studenti. Immaginata e realizzata all’interno della rete degli Stati Generali della Precarietà che sta puntando alla realizzazione dello sciopero precario, di cui l’Hub Meeting di Barcellona è stato un momento fondamentale (leggi la dichiarazione finale del meeting); rete che ha anche preso posizione dopo il 15 ottobre in solidarietà con il movimento italiano.

Leggi: Que se vayan todos! *15 Ottobre giornata globale contro l’austerity: Dal diritto all’insolvenza allo sciopero precario Il punto di vista precario e la Global Revolution* Il 15 Ottobre tutti a Roma!

San Precario, a cui molte realtà si sono unite direttamente in piazza della Repubblica, ha dato vita ad alcune iniziative di comunicazione, da quella all’albergo Exedra-Boscolo fino all’occupazione del Foro Romano, ma di certo non ha avuto nessuna regia di una presunta escalation del livello di scontro raggiunto dalla manifestazione.

San Giovanni

Da parte delle forze dell’ordine c’è stata una gestione intenzionalmente mirata a dividere definitivamente il corteo, con cariche generalizzate da via Labicana dove il nostro spezzone è stato caricato alle spalle, fino a piazza San Giovanni, con l’accanimento su manifestanti inermi e caroselli dei blindati lanciati addosso alla gente. A questo migliaia di persone hanno risposto opponendo una tenace resistenza esprimendo una parte sostanziale di quella rabbia che vediamo ogni giorno crescere di fronte ad una insopportabile precarietà della vita intera.

Le reazioni

Nei mezzi di comunicazione, nei giorni successivi, è partita una superficiale lettura di questa giornata a cui, purtroppo, molti esponenti politici danno conferma costruendo sulle spalle di alcuni un capro espiatorio. Una gran confusione che crea un mostro mediatico da sbattere in prima pagina. Un clima che ancora oggi permette che gli arrestati restino in carcere preventivo per reato di “legittima resistenza” (vai alla petizione “15 ottobre: liber* tutt*“)

Repubblica: “I nuovi brigatisti”Su Maroni che riferisce alla cameraRepubblica su AcrobaxAcrobax rettifica Repubblica.it Catarci presidente XI municipio

Comunicati e prese di parola nel movimento

Il nostro 15 ottobre: un punto di vista precarioLaboratorio Acrobax – Intervista di Acrobax al Manifesto Sono un acrobata… –  Coordinamento cittadino di lotta per la casaTimeOut Bologna  – San PrecarioOfficina 99 e antagonisti campani Attivisti indipendenti di BariMilitant Centri sociali di MilanoL38 SquatAll Reds RugbyRetelettere RomaTre Collettivo Fuorilegge RomaTre  –  Generazione PrecarianEXt EmersonReality Shock Connessioni PrecarieHub Meeting, comunicato al movimento italianoRadio Onda RossaKnowledge Liberation FrontSofiaRoney laboratorio filosofico

Altri interventi e dibattiti

Roma, il racconto di un autonomo: “Niente comizi, la piazza si conquista”

Una generazione nata precaria, mentre scompare la mediazione

Intervento di Valentino Parlato

Dietro il passamontagna del 15 ottobre, di L. Caminiti

La forma corteo è finita, ce ne vuole un’altra di Girolamo de Michele | il Manifesto

Distruggere la paura, affermare il comune (di Uninomade)

Note sul 15 ottobre, di Toni Negri

Dibattito su Giap! di wumingfoundation

 

No Tav

Una raccolta di articoli sulla lotta No Tav:

VERSO IL 15 OTTOBRE VAL SUSA CHIAMA ITALIA

No Tav: repressione e arresti

METRO PER METRO: 4 GIORNI NOTAV! CAMPEGGIO E INIZIATIVE

La Valle Ribelle, un’alternativa per l’utopia concreta!

La forza del movimento notav!

Ancora una volta la Val Susa non si tocca!

Comitato di lotta popolare di Bussoleno sotto attacco

La Valle Ribelle, un’alternativa per l’utopia concreta!

NoTav: la potenza della valle ribelle

Dalla Val Susa: venite a trovarci

Tra le montagne della Repubblica libera e indipendente della Maddalena

Contro il processo repressivo al movimento 15M

Oggi 3 ottobre a partire dalla prima mattinata sono stati eseguiti in diversi momenti 12 arresti in seguito alla protesta del 15 giugno 2011 alle porte del Parco della Cittadella di Barcellona, non si esclude che il numero possa continuare a crescere.

Vogliamo esprimere la nostra solidarietà a tutte le persone che potrebbero vedersi coinvolte in questa storia e il rifuto totale al processo giuridico-politico che ha iniziato il Tribunale Nacionale.

Il consigliere dell’interno del governo distrettuale Felip Puig e il magistratoEloy Velasco stanno promuovendo un’operazione repressiva, con la collaborazione della Fiscalità Generale della Catalogna, contro il movimento sociale di massa che sta rispondendo alle politiche di tagli in finanziaria, in settori fondamentali come la formazione e la sanità, tra gli altri. Invece di focalizzare l’attenzione sul malessere della cittadinanza in tempo di crisi e ai tagli antisociali, i poteri rispondono con la repressione e la criminalizzazione del dissenso. A questo bisogna aggiungere il ruolo fondamentale che un’entità tanto antidemocratica e poco rappresentativa come Mani Pulite ha svolto in questo processo. Sono stati loro a dare vita a questo processo, presentando una denuncia al tribunale contro il 15M. A questo si aggiunge il processo penale che stanno subendo 6 persone a Barcellona per la stessa protesta.

Aggiungiamo che il tribunale nazionale è un’istituzione erede del “Tribunale pubblico” franchista (TOP), un tribunale speciale utilizzato storicamente in casi di chiara matrice politica.

Le persone che affronteranno questo processo sono accusate di delitti “contro le istituzioni dello stato”, delitti che non sono mai stati applicati alle differenti proteste esplose davanti ai diversi parlamenti autonomi, al Congresso dei Deputati o al Senato. Non era successo nemmeno nel 1984 quando, dobbiamo ricordare, una moltitudine di militanti di Convergenza Democratica della Catalogna, riuniti alla porta del Parlamento, portò avanti una protesta molto più forte di quella del 15 Giugno, in questo caso contro i deputati del Partito Socialista della Catalogna. I dirigenti di Covregenza, in questa occasione, non fecero nessun riferimento all’onorabilità di una delle “massime istituzioni del paese”.

Interpretiamo questa azione non come un attacco solo alle persone specifiche, che in ogni caso sarebbero capri espiatori, ma come un attacco a tutto il movimento del 15M. Un movimento con un consenso sociale altissimo che guida la critica all’attuale sistema di rappresentanza politica, così come alle misure economiche neoliberali di austerity promotori di segregazione e esclusione sociale.

L’appello alla mobilitazione del 15 giugno del 2011 è stato il frutto di un dibattito pubblico, aperto, trasparente e orizzontale che hanno portato avanti le moltitudinarie assemblee di quei giorni. Per questo crediamo che questo processo sia un attacco a tutto il movimento.

Questa protesta è stata strumentalizzata e esagerata dal Consigliere degli Interni Felip Puig e dal governo con immagini abilmente costruite ad hoc, come quella dell’arrivo del presidente del Distretto e altri membri del Governo con l’elicottero che atterra in parlamento. L’obiettivo di Convergenza e Unione (CiU) con tutte queste cortine di fumo è evidente: distrarre l’attenzione pubblica da quello che succedeva dentro il palazzo, dove si discutevano bilanci antisociali assolutamente illegittimi, dato che potevano tradire ogni programma elettorale e non passare per nessun referendum vincolante.

Senza dubbio, domenica 19 giugno una marea umana di più di 200.000 persone ha risposto tanto alla montatura politica come ai gravi tagli alle spese sociali sofferti dalla popolazione catalana negli ultimi mesi, manifestandosi con lo slogan “La strada è nostra, non pagheremo la vostra crisi”.

Riaffermiamo una volta di più il nostro rifiuto alla vendetta giuridica e politica in corso contro il movimento, reiteriamo il nostro appoggio alle persone processate e a chiunque possa essere coinvolto in futuro e annunciamo che non ci spaventeranno e che il movimento 15M continuerà a riempire le strade e a lavorare per affermare chiaramente che “non siamo merce in mano ai politici e alle banche”.

Facciamo appello a mobilitarsi contro il piano repressivo e contro i tagli in Piazza Catalogna, oggi lunedì alle 19.00.

 

Siamo tutt@ 15M

 

# 15mlliure

 

Firme:

Assemblea de Sants, Assemblea de Gràcia, Assemblea del Casc Antic, Assemblea de Poble Nou, Assemblea de Sant Andreu, Assemblea de Clot-Camp de l’Arpa,Assemblea de Drets Socials de l’Eixample, Assemblea de Poble sec, Assemblea de Sarrià-San Gervasi, Assemblea de Sant Antoni, l’Àgora lliure de l’Escala, Ateneu art i cultura de l’Escala.

 Izquierda Anticapitalista, Revolta Global, En Lluita, CAJEI, COS, Endavant, Maulets, Partit Obrer Revolucionari – POR-Catalunya, Confederació General del Treball (CGT) de Catalunya.

 

Link Stampa Estera:

http://www.elperiodico.com/es/noticias/sociedad/medio-govern-llegado-parlament-helicoptero-por-bloqueo-los-indignados-1043246

 

 

Da piazza pulita a Que se vayan todos!

Il punto di vista precario interviene nella trasmissione piazza pulita La 7.

Restiamo umani blocchiamo questo paese!

15 ottobre contro l’austerity prima tappa verso lo sciopero precario!

Costruiamo la prima dichiarazione d’indipendenza dei precari.

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Dichiarazione dell’Hub Meeting15S di Barcellona, verso il 15Ottobre a Roma

Dichiarazione del Hub Meeting partecipanti 15S

Noi, reti e persone che hanno partecipato al Meeting 15SHub, riunione svoltasi a Barcellona tra il 15 e il 18 settembre, dichiariamo che

– Rifiutiamo il concetto di austerità per affrontare l’attuale crisi e risolverla, in quanto tale approccio presuppone una gestione autoritaria
 e antidemocratica dei beni comuni.

– Denunciamo le politiche di austerità che si traducono in un aumento della diseguaglianza e in un attacco frontale ai fondamenti del welfare e dei diritti conquistati in anni di dure lotte sociali dei movimenti.

– Sottolineamo come, allo stesso tempo, queste politiche di austerità favoriscano interessi economico-finanziari privati, quegli stessi interessi che sono alla base del modello di sviluppo e che ci hanno condotto all’attuale crisi.

Quella che stiamo osservando non è solo una crisi economica, ma  anche e soprattutto una crisi politica. E’ l’apice del processo di disgregazione del patto sociale europeo e rivela impietosamente l’assoluta incapacità
dell’attuale sistema politico di gestire decentemente il bene comune.

A fronte della condizione di precarietà materiale ed esistenziale sempre più diffusa, reclamiamo un processo di democratizzazione radicale della gestione economica e politica in Europa, che consenta la costruzione di un nuovo modello di welfare che poggi su due pilastri:
l’introduzione di un reddito di esistenza, incondizionato, e l’accesso effettivo e libero ai diritti e ai beni comuni
(sanità, istruzione, casa, ambiente, conoscenza).

Per conseguire questi obiettivi, è essenziale un nuovo modello di politica fiscale europea e un nuovo approccio alla questione del debito. Condizione necessaria ma non sufficiente perché ciò possa realizzarsi è l’introduzione di un nuovo insieme di diritti sociali, tra i quali è prioritario il diritto al fallimento per gli individui.

Salviamo le persone, non le banche.
Consideriamo inoltre necessario garantire l’accesso libero alle reti di comunicazione e la neutralità di queste stesse reti, alla conoscenza e all’istruzione e ci opponiamo a qualsiasi processo di privatizzazione e mercificazione del sapere.

In un quadro in cui precarizzazione e disoccupazione continuano a crescere incontrollate, la condizione migrante è l’esempio più eclatante della distruzione dei diritti del lavoratore e dello svilimento delle condizioni di lavoro.
Consideriamo ciò che sta accadendo nel campo lavoro migrante uno scellerato laboratorio di quel che si intende applicare a tutta la classe lavoratrice in un futuro prossimo. Rivendichiamo con forza e urgenza la necessità di svincolare la fruizione da parte dei migranti dei diritti sociali, politici e di cittadinanza dal contratto di lavoro. Al tempo stesso, riteniamo che l’accesso a tali diritti debba essere garantito anche i familiari dei migranti che lavorano in
Europa. Siamo tutti migranti, nessun essere umano può essere illegale!

Dobbiamo trasformare gli attuali modelli di democrazia e riappropriarci della politica, con la partecipazione diretta a tutti gli aspetti della vita sociale, politica ed economica. L’attuale modello di democrazia rappresentativa è evidentemente superato. Non c’è nessuno che ci rappresenti!

Per tutti questi motivi, convochiamo la cittadinanza per il prossimo 15 Ottobre affinché possa esprimere con forza il rifiuto di questa strategia di uscita dalla crisi e rivendicare una democrazia che sia reale.

Non abbiamo più nulla da perdere ma tutto da guadagnare!

15SHM Statement

18 Sep

Declaración de los participantes del 15S Hub Meeting

Nostras, las redes y personas participantes en el encuentro 15SHub Meeting que tuvo lugar en Barcelona entre los días 15 y 18 de septiembre

Rechazamos el concepto de austeridad para explicar la actual situación de crisis y afrontar su solución ya que supone una gestión autoritaria y antidemocrática de la riqueza común.         

Denunciamos que las políticas de  austeridad producen  un incremento de  las desigualdades y un ataque  frontal contra los pilares del Estado del Bienestar europeos y los derechos sociales que éste ha garantizado como resultado de las múltiples luchas sociales.

Al mismo tiempo, estas políticas de austeridad favorecen los intereses económico-financieros   privados responsables del modelo de desarrollo económico que ha provocado la actual crisis.

Ésta no es tan sólo una crisis económica sino sobre todo una crisis política. Es la culminación de la ruptura del pacto social europeo. Además pone en evidencia el agotamiento del sistema de partidos políticos en la gestión del bien común.

Ante la precariedad material y existencial, reclamamos la democratización de la economía  y de la gobernanza europea que permita la construcción de un nuevo modelo de bienestar social fundado en dos aspectos: la provisión de una renta básica incondicional y el acceso efectivo y libre a los derechos sociales y los bienes comunes (sanidad, educación, vivienda, medioambiente, conocimiento ..)

Para la consecución de este modelo se hace necesaria una política fiscal, presupuestaria y social europea así como la auditoría de la deuda. Condición necesaria pero no suficiente para ello es el reconocimiento de un nuevo catálogo de derechos sociales, entre los cuales se revela prioritario el derecho a la quiebra de las personas: rescatemos a las personas no a los bancos.

También consideramos necesario garantizar la neutralidad y el libre acceso  a la red, al conocimiento y la educación contra las dinámicas privatizadoras y mercantilizadoras del saber.

En una situación de precariedad y desempleo creciente, la condición migrante es el más claro ejemplo de la privación de los derechos laborales y de la desvalorización de la actividad productiva. La condición del trabajo migrante es el modelo que pretende ser impuesto al conjunto de la población trabajadora. Reivindicamos la desvinculación de los derechos sociales, políticos y de ciudadanía del contrato de trabajo. Así mismo reivindicamos la concesión de los mismos al conjunto de los migrantes residentes en los países europeos. Todos somos migrantes y nadie es ilegal.

Debemos  transformar los modelos de democracia y reapropiarnos de la política a  partir de la participación directa en todos los ámbitos de la vida  social, política y económica.  El actual modelo de democracia representativa está agotado: nadie nos representa.

Por estos motivos convocamos a la ciudadanía el próximo 15 de Octubre para que exprese su rechazo a las políticas de salida de la crisis y reivindique de una verdadera democracia.

 

Nada que perder, todo por ganar

http://bcnhubmeeting.wordpress.com/

 

Renoize_05 *3 settembre 2011

5 anni. Questo il numero che sigla la distanza temporale e formale dall’assassinio di Renato. La morte di Renato è un frutto avvelenato, un germoglio cresciuto nelle strade della nostra città e raccolto da due ragazzi, oggi grandicelli, che con colpevole stupidità e con dieci coltellate hanno colpito la vita di renato. Ma il seme da cui tutto questo è stato generato è stato piantato da una cultura ben precisa che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, si chiama fascismo. E chi ha annaffiato tutto questo sono state, e sono tutt’ora, le organizzazioni neofasciste che della sopraffazione, della violenza e dell’odio per le diversità fanno il baricentro della loro politica. I due assassini hanno una responsabilità personale, le organizzazioni neofasciste e le istituzioni che le tollerano e le supportano hanno una responsabilità politica. Ma 5 anni sono stati anche colmi di iniziative, di azioni e di relazioni; noi, compagni/e ed amici e amiche di Renato, in tutta Roma e anche nel resto di Italia, abbiamo provato a coltivare i sogni di Renato, le sue passioni e le sue idee. Per questo, anche quest’anno, vogliamo organizzare un appuntamento pubblico, Renoize 2011, per il 3 Settembre, dove far suonare musica, dove poter pronunciare parole e guardare immagini e video. Tutto per poter raccontare la verità sull’aggressione di Renato che, come altre, troppe, negli ultimi anni raccontano un paese fatto di ingiustizie e soprusi. Ma vogliamo anche raccontare la giustizia e la libertà che Renato, insieme a noi, costruisce quotidianamente. Per noi 5 anni sono nulla, sono un soffio, perchè nella nostra mano stringiamo forte quella di Renato che continua ad essere con noi giorno dopo giorno.

Con rabbia e con amore.

Una mattina, cinque anni fa: comunicati e articoli di giornale

————————- PROGRAMMA DELLA SERATA ————————–

– NIRJA

– ROCK MCS
(http://www.myspace.com/rmcs)

– MANDRILLOS
(http://www.myspace.com/mandrillos)

– READING RESISTENTE

– VIA DELLE FATE 22
(http://www.myspace.com/viadellefate22)

– RANCORE
(http://www.myspace.com/rancoreband)

– SIGNOR K
(http://www.myspace.com/ilsignork)

– ADRIANO BONO (http://www.myspace.com/adrianobono)
& TORPEDO SOUND MACHINE (http://www.myspace.com/torpedoweb)

featuring

GINKO (http://www.myspace.com/ginkovap)

MANLIO (http://www.myspace.com/manlio1987)

KONTRAMINA (http://www.myspace.com/lakontramina)

BARACCA CREW (http://www.myspace.com/baraccasound)

Parco Schuster (Metro B – San Paolo) INGRESSO GRATUITO

 

L’anno scorso… Renoize 2010

Al Parco Schuster Renoize 2010 per ricordare Renato Biagetti (guarda il video)

Le scimmie combattenti per una Roma meticcia

«Daje forte Renato, spezza le lame», il grande murales su via Ostiense ci accoglie mentre arriviamo a Parco Schuster per ricordare Renato Biagetti, nel quarto anno dal suo assassinio. Siamo in più di duemila al Renoize 2010, insieme a Dario, il fratello e Stefania, la mamma, che sale sul palco per aprire la serata e ci commuove dicendo: «Non bisogna indietreggiare, bisogna credere e andare vanti. Io vi guardo in faccia e vado avanti e vi amo moltissimo». Sono passati 4 anni da quella notte a Focene. Era l’ultimo week end di agosto. Renato usciva da una dance hall reggae sulla spiaggia insieme alla sua fidanzata e a un amico. Da una macchina scendono due ragazzi con le lame in mano urlando: «Ve ne dovete andare a casa vostra». Renato prende 10 coltellate e passa dalla festa alla morte all’età di ventisei anni. L’assassino ha diciannove anni. Si chiama Vittorio Emiliani. Figlio di un carabiniere della stazione di Ostia. Una celtica tatuata sul braccio. Uccide un ragazzo che neanche conosce perché nella sua testa, immigrati, rom, gay, gente di sinistra, diversi, sono tutta una razza inferiore e per cui dare un pugno o una coltellata è lo stesso. Al processo patteggia l’accusa per omicidio volontario e prende 15 anni di galera. Confermati in cassazione. «Dobbiamo continuare a credere», dice la mamma, e Renato credeva nella vita, nella musica, nella lotta per la difesa dei più deboli. Un video con le sue foto viene proiettato a fianco del palco. A mezzanotte è il momento del concerto degli Assalti Frontali, mi metto la maglietta della serata: «Renoize – combat ape». Scimmia combattente. «Quello di chiamarci scimmie era il nostro gioco mentre costruivamo la sala prove dedicata a Renato che oggi sarebbe qui con noi», mi dice Valerio di Acrobax, «nell’anno successivo all’omicidio abbiamo raccolto soldi grazie a tutti i gruppi che ci hanno aiutato, e ora siamo Combat ape – Naturally against fascism». Dal palco cantiamo « Giù le lame e Roma meticcia e lanciamo un messaggio di solidarietà ai rom, che sono l’anello più debole in tutte le società. Anche Stefania, la mamma di Renato, oggi dal suo facebook, invita a partecipare alla manifestazione di sabato a piazza Farnese alle 14.30 sotto l’ambasciata francese. Contro la politica di Sarkozy e contro il piano nomadi di Alemanno che non ha salvato la vita di Marius, morto bruciato a 3 anni nella sua baracca alla periferia di Roma. Con rabbia e con amore, ciao Renà.

di Militant A, voce di Assalti Frontali, per il Manifesto

Guarda i video:

Ill nano e Willy Valanga

http://www.youtube.com/watch?v=-j84HYqtRFg

Assalti Frontali – Mappe della libertà

http://www.youtube.com/watch?v=w7Ts7kkViZc

 

Taxi de brousse

http://www.youtube.com/watch?v=1_NaTmMBCdU

Il Danno

http://www.youtube.com/watch?v=TASaP-cqb-o