Russia, l’insurrezione di ceti medi senza futuro

Era l’inizio del 2000 quando il primo presidente della Federazione Russa Boris Yeltsin decise di lasciare la carica e passare tutto il potere a Vladimir Putin. Boris Yeltsin è ricordato per la terapia shock che lui e il suo team di economisti misero in campo all’inizio degli anni ’90. E’ ricordato per le massiccie e ingiuste privatizzazioni, che hanno aiutato molte persone, parte della vecchia burocrazia sovietica, a diventare estremamente ricche e potenti. Sarà anche ricordato come un “democratico” difensore del parlamento quando gli ufficiali filo-sovietici volevano impedire il crollo dell’URSS.
E anche come un dittatore quando Yeltsin diede ordine ai tank di sparare sul parlamento nel 1993. Il parlamento voleva farlo decadere per le misure economiche che lui e altri economisti neoliberisti, noti come “Chicago Boys”(avevano tutti studiato negli USA come allievi di Milton Friedman) avevano messo in campo. Gli anni 90 saranno anche ricordati per l’estrema povertà, l’altissima attività criminale e la recessione economica, specialmente nel settore industriale. Yeltsin è anche responsabile della prima guerra cecena e delle sue vittime. E stato un alcolista, un vizioso e un manipolatore. Ma all’inizio i Russi lo hanno visto come una nuova speranza per un paese democratico e libero nel quale volevano vivere. Ma quando minacciò i suoi sostenitori di far bombardare il parlamento, la società Russa venne sommersa dall’apatia totale. Enormi manifestazioni di migliaia di persone divvennero storia dal 1993.
Ed ora, dopo 18 anni di indifferenza una nuova generazione di persone ha deciso di nuovo di riprendersi le strade. Ma chi sono? che tipo di futuro vogliono? Proviamo a vedere.

La fase dal 2001 al 2008 può essere considerata un periodo di crescita economica. Ma molto è dovuto all’alto prezzo del petrolio più che alle decisioni del governo. Durante questa fase Vladimir Putin ha costruito la sua gerarchia nell’establishment. Alla fine aveva preso i suoi contorni e dei suoi amici, vecchi partner d’affari e colleghi dell’ex KGB. Era un periodo di stabilizzazione nell’elite e nell’economia. Le persone confrontando con i caoitici anni 90 erano soddisfatti con l’era Putin. Ma durante i 2000 non fu fatto un solo passo per ricostituire l’economia e la crisi finanziaria del 2008 ha provato che l’economia russa è completamente dipendente dall’esportazione di materie prime. Ha provato che l’assunzione di un modello capitalistico come lo abbiamo è di tipo periferico come nel caso di alcuni paesi Latinoamericani.

Durante questa fase solo una volta le autorità si sono sentite minacciate.
Nel 2005 prese piede la “monetarizzazione dei benefit”. Molti pensionati e militari erano economicamente devastati da queste riforme. Migliaia di persone, per lo più quei pensionati prendevano parte a manifestazioni in tutto il paese. Ma di nuovo la protesta si depotenziò fino a finire. Questo è accaduto perchè le pensioni vennero aumentate in proporzione ai benefici persi dalle persone. Le autorità lo fecero per prevenire la crescita della protesta. Ea la prima volta che il governo Putin fu veramente spaventato dalla sua stessa gente. Dopo ci sono state alcuni tentativi di produrre battaglie politiche. Cittadini extraparlamentari, movimenti di destra e di sinistra non hanno mai portato più di un migliaio di persone in strada per protesta. Solo la cosiddetta “Marcia Russa”-una specie di manifestazione che viene annualmente messa in piedi dall’estrema destra e dai neonazisti dal 2005, porta un paio di mila persone. Ma non hanno nessuna proposta sociale. Solo populismo, xenofobia, intolleranza. Tutto questo fino alla fine del 2011. Poi ci sono state le elezioni del 4 dicembre…
Molta gente che potremmo chiamare cittadinanza attiva, così come differenti tipi di attivisti di ONG sapevano dei vari brogli che sarebbero avvenuti alle elezioni. Molti di loro si sono proposti come osservatori nei distretti elettorali per controllare il voto. E’ andata a finire con un paio di video su Youtube, dove si vede varia gente mettere schede con il segno sul partito di governo “Russia Unita” nell’urna. E sono accadute anche varie storie divertenti nella sera dello stesso giorno. Una è andata in onda alla televisione nazionale. Durante il telegiornale l’annunciatore dichiarava che secondo conteggi preliminari Russia unità arrivava al 58,99%, il Partito Comunista al 32,96%, i liberl-democratici al 23,74%, “Russia giusta” al 19,41%, Jabloko (Mela in russo, partito democratico russo) 9,32%, i patrioti Russi 1,46%, “La giusta causa” 0,59%. E’ solo matematica, ma la somma arriva a 146%…in analogia con lo slogan “siamo il 99%”, i dimostranti russi ora usano “Siamo il 146%”.
Circa 300 persone si sono raccolte in una delle piazze centrali di Mosca per protesta con le elezioni la sera stessa. Molti di loro erano noti attivisti politici. La manifestazione è stata brutalmente dispersa dalla polizia. Non molta gente è scesa in strada il 4 dicembre perchè il risultato ufficiale sarebbe stato annunciato il giorno dopo.
Il 5 dicembre, liberali indipendenti e altri gruppi politici hanno organizzato un appuntamento che sarebbe stato cruciale in quel momento. Le autorità autorizzarono solo 300 persone a partecipare ed effettivamente era il numero di persone che gli organizzatori si aspettavano. Ma arrivarono circa 8 mila persone. La zona era affolatissima. Ci fu un piccolo scontro con la polizia quando la manifestazione arrivò al termine. La gente voleva marciare senza autorizzazione fino alla commissione elettorale centrale ma non ci riuscirono. Sembra che pochi gruppi di persone fossero pronti a scontrarsi quella notte. la maggior parte della gente, compresi molti giovani che erano alla loro prima manifestazione politica, erano riluttanti o semplicemente impauriti dal prendere parte all’azione. circa 300 persone vennero arrestate dalla polizia. Alcuni di loro sono stati detenuti per 15 giorni.

La sera del 6 dicembre circa 1000 persone si sono raccolte in piazza Triumfalnaya. due giorni prima le elezioni gli attivisti pro-Putin erano stati portati a Mosca da tutto il paese e si erano stabiliti a Mosca dal 2 dicembre.
Tutti loro erano a piazza Triumfalnaya il 6 dicembre. circa 500 membri del cosiddetto movimento “Nashi” (“i nostri) cercavano di mostrare alla società russa che c’erano ancora dei giovani che supportavano i progetti di Putin. Ma alla fine a tutti loro erano stati dati dei soldi per partecipare alla protesta. Questo è risaputo rispetto le organizzazioni giovanili a favore del cremlino. Il sito naziwatch (naziwatch.noblogs.org) mostra come anche tifosi di estrema destra fossero presenti tra i Nashi, aggressivi e pronti a difendere il “lato oscuro”. Alcuni di loro sono stati pagati 80 euro a sera. Sono avvenuti un paio di fronteggiamenti durante la protesta. La gente sputava in faccia agli attivisti procremlino, alcuni membri della “Putin-Jugend” sono stati anche picchiati. Sono state bruciate bandiere pro-kremlino e ci sono stati scontri con la polizia.

Il 10 dicembre ha avuto luogo una manifestazione storica, con circa 80.000 persone.E’ stata la prima volta dai primi anni 90 che un così alto numero di persone si radunava. La polizia  non ha reagito a cose che avrebbero immediatamente creato attenzione, come striscioni provocatori ecc. Il raduno è andato avanti in maniera pacifica e tranquilla. Niente di speciale è stato però detto dai comizi.

Il raduno successivo ha avuto luogo il 24 dicembre. Circa 100.000 persone si sono radunate sul viale Sakharov. E’tutto andato seguendo lo stesso schema, ma con due differenze. Primo-quasi tutti i politici e un paio di star del “glamour” che volevano giocare il “gioco della Rivoluzione” sono state fischiate dal pubblico. Ksenya Sobchak, una sorta di Parsi Hilton russa era tra loro. E’ la figlia del defunto Anatoly Sobchak, in passato sindaco di San Pietroburgo. E in quel periodo Vladimir Putin fece parte del suo staff. Sobchak è noto per la sua corruzione. Si dice che un gran numero di inchieste per reati siano state aperte nei confronti di Putin e Sobchak. circa 10-12 casi, ma naturalmente nessuno, dopo che Putin è divenuto presidente, ha più sentito parlare di queste. Così, si potevano vedere in piazza, il 24 dicembre, anche gente come Ksenya Sobchak, che prendeva parola per raccontare come anche le loro vite fossero sconvolte dal sistema di corruzione. Molto divertente…Si avrebbe avuto un secondo problema dopo che i nazionalisti hanno tentato di salire sul palco. Ma alla fine non ci sono riusciti.

Dopo questo raduno, il presidente Medvedev ha iniziato a parlare di riforme. Putin ha dichiarato che le proteste erano il frutto della sua politica era pienamente soddisfatto di ciò. La retorica è cambiata molto. Il primo giorno le autorità volevano usare la forza. Dicevano che la minoranza delle persone protestava veramente e che la maggior parte voleva solo divertirsi e infrangere la legge. Ma quando migliaia di persone si sono raccolte la polizia ha dovuto lasciarli fare, rinunciando a riprendere il controllo delle manifestazioni o interromperle. C’è un detto popolare sulla polizia al momento: se ci sono 300 attivisti, li sfondiamo, se ce ne sono 10.000, guardiamo, se sono 500.000, siamo dalla loro parte.

Queste proteste sono state completamente organizzate via Internet, ma il problema ora è che alcuni liberali che hanno fatto parte del sistema negli anni ’90 e che successivamente hanno perso le loro posizioni ora vogliono guidare le proteste nonostante la maggior parte delle persone che partecipano non si fidi di loro. Le persone si sono riunite contro le elezioni e il regime di Putin ma sono anche molto scettici rispetto alla cosiddetta opposizione extraparlamentare i cui membri sono particolarmente filo-occidentali con frequentazioni continue dell’ambasciata statunitense.

L’altra questione è che viviamo in un’era post-ideologica. La maggior parte delle persone hanno paura anche di parlare di politica, di discutere differenti punti di vista. Vogliono solo vivere come in Occidente o in Nord Europa. Non capiscono che le persone sono anche escluse dai processi decisionali. Non vogliono la rivoluzione, non vogliono la violenza, non vogliono altro che stare in una piazza per un paio di ore, gridare slogan e comportarsi come Gandhi o Luther King. Si ispirano a loro, ma ciò potrebbe avere conseguenze disastrose poichè gente come Putin non cederanno mai il potere come ha fatto, ad esempio Pinochet (anche se questo fu grazie alle pressioni americane). Putin sa che molto probabilmente potrebbe avere lo stesso destino di Slobodan Milosevic. Non ha dove ritirarsi, a parte, forse, gli Emirati Arabi Uniti.

La terza questione è che anche i nazionalisti vogliono una “fetta della torta”. Neonazisti, razzisti, forze conservatrici, nazionalisti radicali-tutto loro ora provano a mascherarsi da “nazionalismo civile”. Sono ispirati in questo dall’esempio di alcuni paesi europei dove partiti di estrema destra si definiscono nazional-democratici e la questione della migrazione sembra essere la sola importante per loro. Ma sembra che vengano anche considerati come una forza residuale dalla maggior parte dei partecipanti alle manifestazioni politiche.

La spiegazione è molto semplice. La maggior parte dei dimostranti rappresenta la nuova classe media che è emersa durante il potere di Putin. Sono anche chiamati classe innovativa o creativa. Molte di queste persone hanno stipendi ragguardevoli. Possono comprare una macchina, possono viaggiare all’estero almeno due volte l’anno, hanno l’iPhone e denaro da spendere. Non sono colpiti da povertà, ma sentono che qualcosa sta avenenedo nel paese. Oggi sono imprenditori con un buon profitto, domani i loro guadagni potrebbero essere presi da funzionari corrotti. Potrebbero schiantarsi durante uno dei loro viaggi a bordo di aerei fatiscenti.

Potrebbero anche morire in un attacco terroristico nella metro di Mosca o in un aeroporto. Sono stanchi di pagare tangenti ai funzionari ad ogni occasione- quando vengono fermati sull’autostrada o se vogliono mandare i propri figli all’asilo. Sono anche irritati dagli immigrati perchè sono esclusi dalla società. Le tensioni interetniche stanno crescendo e cresce l’aggressività verso la classe media delle persone che vengono dal Caucaso del Nord, o che condividono principi islamici fondamentalisti. Così la nostra classe media è unita da due questioni: corruzione e xenofobia. Alcuni politici scaltri come Alexey Navalny, blogger famoso e conosciuto per le battaglie contro la corruzione hanno iniziato a strumentalizzare questa tendenza della gente. si definisce un nazional-democratico preoccupato per le politiche migratorie e non ha risposte per i problemi sociali. Uno dei suoi slogan è “Basta sfamare il Caucaso”. Intende le donazioni in denaro che arrivano dalla capitale federale a regioni che non producono nulla e sono completamente dipendenti dagli stanziamenti del Cremlino.

I compagni hanno preso parte alle proteste? che ruolo hanno avuto?
Bene, alcuni hanno criticato seriamente le manifestazioni. C’è anche un’opinione diffusa come “Questa rivoluzione è sbagliata e non vogliamo prendere parte”. In qualche maniera questa gente esclude se stessa dal processo storico e preferisce stare a casa a scrivere documenti polemici che nessuno leggerà mai. Alcuni gruppi neo-marxisti che ricordano le piccole sette hanno iniziato ad agire differentemente. Molti di loro provano a prendere parte alle proteste e diffondere la loro propaganda ma hanno sbagliato nel diventare parte dei Comitati che si sono autorganizzati subito dopo le proteste. Molti degli attivisti non vogliono sedere con liberali o nazionalisti di destra perchè effettivamente è solo il sentimento anti-putin a unire le forze politiche coinvolte. Gli anarchici provano anche loro a diffondere contenuti durante le proteste, ma sono i più disorganizzati.

Dall’altra parte dobbiamo ammettere che i compagni al momento non hanno nulla da offrire alla gente che è scesa in strada. Libere elezioni, le dimissioni di Putin e meno corruzione-questi sono i punti principali promossi dai comizi ed è effettivamente quello che la gente vuole. Il discorso di un compagno che chiede un sistema educativo gratuito, cure mediche gratuite, tassazione progressiva o proponendo altre questioni sociali confliggerebbe con i discorsi dei liberali. I liberali non vogliono agire su queste questioni perchè all’occorrenza proporranno la stessa agenda di questo governo. Ed ora nessuno sa come i liberali andranno a risolvere la questione della corruzione. Così in questa circostanza la cosa migliore da fare è stare da una parte, accumulare forza, partecipare alle manifestazioni ma attendere il momento di esplosione. Non è il caso di costituire partiti di estrema sinistra perchè non è proprio il momento. E questo obiettivo-unire i militanti di sinistra in una struttura operativa- è già fallita in passato dopo numerosi sforzi. Forse, allora è meglio aspettare il momento in cui inizieranno i cambiamenti veri. E allora, se la tensione salirà in un processo rivoluzionario, si costituirà un soggetto rivoluzionario, un partito o un movimento che saprà raccogliere membri e numeri. Sono posizioni che possiamo trovare in Lenin o Che Guevara.
Crediamo fortemente che dopo febbraio arriva ottobre. Il nostro tempo non è arrivato. e questo è un corso naturale della storia.

Le future elezioni presidenziali ci saranno il 4 marzo e saranno seguite da imponenti proteste. E’ sicuro. Sembra certo che Putin vincerà al secondo turno le elezioni presidenziali. E’ il primo a preoccuparsi di elezioni “regolari”. Ha ordinato webcam da piazzare in tutti i seggi elettorali. Ma è anche certo che il voto verrà falsato e qualsiasi voto a favore di Putin aumenterà l’attenzione e incoraggerà la protesta. Allora, la cosa più sicura da fare da parte sua sarà di simulare un’elezione democratica, non vincendo al primo turno, facendo credere alle persone che la democrazia in Russia esiste, con una competizione corretta. E’ovvio che a competere con Putin sarà il leader del “Partito Comunista”, che non ha nulla di sinistra e comunista. Il leader del partito Genady Zuganov ha già vinto le elezioni nel 1996, ma ebbe paura del potere e ha ceduto la sua posizione al primo presidente della Russia-Boris Yeltsin. Da allora ha svolto una grottesca opposizione. Lui e il suo partito vengono usati per screditare la sinistra e i movimenti. Così anche se Zuganov vincesse le elezioni grazie al voto di protesta (quando la gente vota per chiunque non sia Putin) sarebbe il primo a cedere dietro le quinte il passo a Putin e congratularsi con lui sulla televisione nazionale.

In ogni caso tutti aspettiamo le elezioni di marzo. Anche i liberali più pacifici lanciano richiami alle barricate, perchè sarà l’ultima occasione per chiunque per abbattere Putin e cambiare il corso della storia. Altrimenti, ci aspettano altri 6 anni di regime autoritario.

Vladimir Petrov

No Tav in lotta anche dentro il carcere

da infoaut.org

La lettera che abbiamo ricevuto dai detenuti No Tav delle Vallette, oggi trasferiti d’urgenza in altre carceri, costituisce un importante segnale politico. Arrestati il 26 gennaio e da allora immersi nelle difficili condizioni del sovraffollamento carcerario, i nostri compagni non si sono dati per vinti. La soppressione dell’ora d’aria, le limitazioni inaccettabili delle ore di socialità (i 120 minuti in cui i prigionieri possono passeggiare nei corridoi interni e comunicare con gli altri detenuti) e l’indegno trattamento (con una temperatura che ha sfiorato i venti gradi sotto lo zero, la prigione non ha a tutt’oggi un riscaldamento degno di questo nome) non sono stati dati per scontati dai No Tav.

Come recita la loro lettera-comunicato, “i banchieri cercano di far pagare la crisi ai lavoratori, in carcere si cerca di far pagare il sovraffollamento ai detenuti”. Hanno messo in atto svariate proteste, l’ultima in concomitanza con il presidio-concerto sotto il carcere di martedì pomeriggio, rifiutandosi di tornare nelle loro celle. Più in generale, come denuncia anche l’infame sindacato della polizia penitenziaria, hanno in questi giorni discusso con gli altri detenuti del braccio C iniziative di lotta da portare avanti e, una volta convocati dal direttore della struttura, hanno avanzato rivendicazioni per tutti i detenuti rifiutando qualsiasi miglioramento o privilegio individuale.

Avevamo scritto fin dalla mattina degli arresti che sapevamo che i nostri compagni non avevano paura. Troppo facile immaginarlo, perché li conosciamo. Sono loro che ci insegnano che ogni luogo, ogni pezzo di città e di società – anche il più oscuro e oppressivo – è un campo di battaglia. Senza alcun eroismo, con la pazienza e la forza della gente ordinaria che ha dei valori, li difende e li afferma, li abbiamo visti negli anni rifiutare ogni compromesso con questo mondo che non accettiamo, e custodire gelosamente il senso della scelta militante: una scelta difficile a volte, ma per questo tanto più bella. Oggi sono stati puniti con il trasferimento coatto per il loro coraggio, per aver fatto tremare con un altro “No!” la fragile autorità di chi comanda un carcere pieno di sofferenza e, giustamente, di odio per chi la provoca.

I prigionieri No Tav hanno deciso di proseguire e lanciare un messaggio al mondo di fuori. “La lotta non si fermerà”, dichiarano a conclusione della loro lettera. Soltanto insistendo testardamente sulla strada dell’incompatibilità, della proposta, della condivisione politica e del conflitto sarà finalmente possibile svegliare questo paese; è questo che ci dicono. Queste azioni sono un invito a pensare a ciò che può fare ciascuno di noi, oggi, nelle condizioni e nel luogo in cui si trova, per far tremare le sbarre visibili e invisibili dell’Italia contemporanea, come stanno cercando di fare loro, dalle loro celle. Sembrano volerci dire che nulla è impossibile e che tutti possiamo compiere gesti importanti, se riusciamo ad evitare che abbia il sopravvento la paura che tutto pregiudica. E allora gridiamolo forte: in alto i pugni per i prigionieri No Tav in lotta… dovranno alzarsi anche nelle piazze italiane!

Redazione InfoAut
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Continuiamo a scrivergli:
Giorgio Rossetto a Saluzzo
CASA RECLUSIONE loc.so Cascina Felicina, 12037 SALUZZO CN

Matteo Grieco (Mambo) ad Alessandria
Casa di Reclusione “San Michele” di Alessandria. Strada Statale, 31, Alessandria.

Tel.             0131-361785       fax: 0131-361785;

Luca Cientanni ad Ivrea
Casa Circondariale di IVREA. corso Vercelli, 165 -10015 IVREA (TO)

tel.             0125-614311      .

Tobia Imperato a Cuneo
CASA CIRCONDARIALE v. Roncata, 75 12100 CUNEO CN

Jacopo ad Alba
Casa Circondariale di Alba (CN) Via Toppino Sandro, 12051 Alba.

Tel:             0173-362228       Fax: 0173-363643

 

http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/3944-no-tav-in-lotta-anche-dentro-il-carcere

 

Presentazione libro “Interminabili Disordini” // Interminabili Trash Tour 2012

INTERMINABILI TRASH TOUR 2012
NON è UNO SCHERZO!!!

L’ass. Culturale antifascista Dax16MArzo2003 sostiene:

– Presentazione del libro “INTERMINABILI DISORDINI” di ALEX ALESI

– Proieione del video  “VIVA DAX LIBERO E RIBELLE” della ASS.DAX16MARZO2003

A SEGUIRE SERATA ALLEGRIA E LOTTA CON:
INTERNAZIONALE TRASH RIBELLE E I SUOI DJ’S

IL TUTTO PER SOSTENERE 130MILA:
130mila volte… NON DIMENTICHIAMO IL 16 MARZO!

NON PERDONIAMO IL SAN PAOLO!

130mila e’ la moneta che due compagni devono dare allo Stato per la notte del 16 marzo 2003.
Quella notte è morto Davide, assassinato da lame fasciste, mentre ai suoi compagni ed amici accorsi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo toccarono le cariche di polizia e carabinieri.
130mila rappresenta la condanna con cui la Cassazione conferma l’impunità per le forze dell’ordine e le condanne per i compagni: lo Stato da marzo 2011 affonda il colpo, mirando alle possibilità di vita di uno dei compagni attraverso il prelievo diretto di 1/5 dello stipendio.

130mila è la campagna in sostegno attivo a chi è stato colpito a seguito della notte nera di Milano e per riportare alla luce la reale dinamica dei fatti di quella notte con le responsabilità in campo.
130mila sostiene economicamente questa persecuzione e promuove una rete di solidarietà con serate musicali, cene senza sfruttamento animale, presentazione di libri e ogni tipo di iniziativa che ricordi Davide e diffonda con video e dibattiti quanto successo. 130mila vuole inserire i fatti del 16 marzo in una visione più ampia di criminalizzazione dei movimenti e del disagio sociale, politiche repressive attuate attraverso una precisa e sistematica articolazione della pressione giudiziaria connessa con il controllo securitario, oltre le aule di Tribunale.
130mila ha quindi due proposte immediate:
– diffondere il materiale che stiamo producendo, come per esempio adesivi, spille o magliette con questi loghi, ecc.
– raccogliere autoproduzioni artistiche (fumetti, adesivi, disegni, banner, foto, graffiti, ecc) dedicate espressamente alla campagna 130mila, da poter usare per mostre o altre iniziative benefit.
Per le serate benefit organizzate nei Vostri spazi preferiti, possiamo contribuire con il materiale d’informazione dell’Associazione Dax 16Marzo2003, con il video “Viva Dax libero e ribelle” e con un nostro intervento.
Il processo San Paolo in breve:
Il 7 maggio 2009 si chiude il capitolo giudiziario per i fatti del 16 marzo 2003. Quella notte è morto Davide, assassinato da lame fasciste, mentre ai suoi compagni ed amici accorsi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo toccarono le cariche di polizia e carabinieri.
Le indagini avevano portato alla sbarra quattro compagni e tre esponenti delle forze dell’ordine. Il 15 febbraio 2008 la sentenza d’appello aveva stabilito da una parte la condanna ad un anno ed otto mesi per due compagni e il risarcimento complessivo di oltre 130.000 euro e dall’altra l’assoluzione delle forze dell’ordine che in primo grado erano state condannate: un poliziotto a quattro mesi per abuso d’ufficio (ripreso da un video amatoriale mentre manganellava una persona a terra) e un carabiniere a sette mesi per il possesso di una mazza da baseball (reato caduto in prescrizione).
La Cassazione conferma l’impunità per le forze dell’ordine e le condanne per i compagni. Si tratta di una prassi consolidata in cui Stato e Magistratura colpiscono chi si ribella attraverso capi d’imputazione gravissimi, fondati su accuse fragili e prive di fondamenta, mentre chi indossa la divisa ha la piena certezza di non essere toccato. Da marzo 2011, con il prelievo diretto di 1/5 dello stipendio, lo Stato affonda il colpo, mirando alle possibilità di vita di uno dei condannati.

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Sulla sostenibilità, costo e finanziamento di un reddito di base incondizionato in Italia.

Questa relazione si divide in due parti. La prima stima il costo dell’introduzione di un reddito di base incondizionato (RBI) pari a 7200, a 8640 euro e 10.000 euro l’anno, utilizzando sia i dati Istat che i dati Caritas. La seconda parte analizza le fonti dei possibili finanziamenti. Seguirà una breve conclusione. Da leggere con cura e maneggiare prima dell’uso. Materiale copy-left: Quaderni San Precario, Bin-Italia. Andrea Fumagalli

Apri la relazione completa in formato PDF

Intervista a Stefano Giusi, presidente Atdal

Il 20 Gennaio L’Associazione ATDAL OVER40 ha organizzato un presidio di fronte alla sede centrale del Ministero del Lavoro, in Via Veneto 56, per consegnare una lettera al Ministro con la richiesta di incontro.

– Quali sono le richieste che volevate porre al Ministro?
La nostra richiesta di incontro voleva portare alla luce la condizione di tante persone che perdono il lavoro dopo i 40 anni e hanno possibilità quasi inesistenti di ritrovarlo, perché il mercato del lavoro o li rifiuta completamente o, se li assorbe, lo fa in condizioni di estrema precarietà e insicurezza sia lavorativa che salariale. Lo slogan della nostra ass.ne è sintomatico di quello che pensiamo “troppo vecchi per lavorare, troppo giovani per la pensione”. Tutte le iniziative prese fino a questo momento da questo governo e da quelli che li hanno preceduti non hanno mai minimamente affrontato il problema. Molte di queste persone che perdono il lavoro non hanno nessun ammortizzatore sociale, e dall’oggi al domani si trovano senza lavoro, senza reddito e senza nessuna possibilità di riaverne uno dignitoso.

– Avete ottenuto un incontro?
Fino ad ora non abbiamo ottenuto nessuna risposta.

– Se si,siete soddisfatti della risposte?

-Cosa pensate dei disegni di legge (Ichino, Nerozzi-Boeri, Damiano) che stanno ispirando la riforma del mercato del lavoro ?
Non ce ne piace nessuno, perché alla base tutte hanno l’idea che bisogna togliere i diritti a qualcuno per redistribuirli ad altri. Già in passato ci hanno martellato dicendo che la flessibilità avrebbe aumentato l’offerta di lavoro: ebbene dopo oltre 15 anni di mercato ampiamente flessibilizzato i numeri stanno lì e dicono chiaramente una cosa: ad aumentare è stata solo la precarietà. I diritti vanno ampliati a tutte le categorie, non tolti a qualcuno per darli a un altro. In quelle riforme c’è solo la volontà di smontare pezzo per pezzo il diritto del lavoro e mettere contro la generazione dei padri e quella dei figli, rompendo  il patto sociale che ha portato avanti fino ad oggi la nostra società.

-Cosa pensate delle varie proposte di riordino degli ammortizzatori sociali: reddito di disoccupazione, sussidio di disoccupazione e reddito di base e incondizionato?
E’ un problema quello del reddito che nessuna forza politica ha fino ad oggi seriamente affrontato. I dati parlano chiaro, negli ultimi dieci anni la gran parte della redistribuzione dei redditi ha premiato rendite e profitti a scapito dei salari. Bisogna entrare in un ottica diversa da quella in cui abbiamo ragionato fino ad oggi con una equazione diretta lavoro=reddito. Per varie questioni non può più essere così e allora bisogna impostare un modello diverso, anche di società, dove il reddito garantito al cittadino sia sganciato dal lavoro, un reddito che consenta a chi non lavora di non cadere nella miseria e nella rincorsa a “lavori” che sembrano più vicini alla schiavitù che ad altro per mettere insieme un misero salario. E smettiamola pure di dire che non ci sono i soldi: i soldi si possono trovare sia unificando i vari ammortizzatori sociali esistenti, sia colpendo sul serio l’evasione fiscale ma soprattutto applicando una vera tassazione sulle transazioni finanziarie, quello che oggi è il vero mercato del denaro.

-Cosa pensate della proposta della cgil di investire sopratutto sul finanziamento CIG?
E’una visione limitata. Ma lo sanno i sindacati che la gran parte dei giovani precari il sindacato non sa nemmeno cos’è perché lavora in microimprese da cui possono essere cacciati in qualunque momento?

-Vi sentite rappresentati e tutelati dai sindacati?
Non rappresentati ne tantomeno tutelati. Il sindacato in gran parte ignora o fa finta di ignorare questo problema, ma soprattutto non riesce a intercettare quella che è la mutata situazione sociale.

-Cosa pensata dell’attuale dibattito sull’art.18?
Come dicevamo prima è il solito tentativo di scardinare lo stato sociale partendo da un elemento simbolico. Una sorta di presa di posizione “machista”, come quella sull’innalzamento devastante dell’età pensionabile, da utilizzarsi in Europa in termini politici. In queste misure non vi è nulla di realmente utile in termini concreti rispetto alla crisi nel nostro paese, sono decisioni di tipo ideologico attraverso le quali si vuole recuperare la credibilità perduta nei confronti dell’UE.  E’ chiaro che se lo guardiamo in termini di cifre assolute l’applicazione dell’articolo 18 non riguarda oggi (purtroppo) la maggioranza dei lavoratori, ma abolirlo è il solito modo di fare: intanto smonto la pietra più grande, poi facciamo venire giù tutto il palazzo. E’ semplicemente pazzesca l’idea che, lavoratore e imprenditore siano sullo stesso piano paritario di forza. Il lavoro, le persone diventano merce che possono essere liquidate tramite indennizzo rimborso e tanti saluti. Da sola questa cosa mostra tutto il progetto di macelleria sociale che c’è dietro. Vogliono tornare a un mercato frammentato in cui ogni lavoratore rappresenti se stesso e si contratti la sua pagnotta contro un altro lavoratore.

-Qual è stata la composizione sociale che ha partecipato alla giornata. Hanno partecipato altre associazioni e/o reti di precari e/o disoccupati?
La manifestazione è stata organizzata da Atdal Over 40 e dall’Associazione Pensionandi con l’adesione dell’Associazione Lavoro Piemonte Over40 (ALP) e dei Comitati Esodati e Precoci.

-Come è stata costruita la manifestazione?
Attraverso la rete e il contatto con le persone, non solo associati, coinvolgendo giornali e media.

-Chi è iscritto e/o partecipa attivamente alla vostra associazione?
In gran parte disoccupati Over 40 ma anche persone che pur lavorando (chi precario, chi no) capisce che il problema non è solo personale ma sociale.

-Avete già in mente prossime iniziative?
Per ora no ma certo non staremo ad aspettare il silenzio del Ministro. Abbiamo posto domande, vogliamo delle risposte.

Anche ieri notte l’Egitto è sceso in piazza

Dopo la partita di calcio a Port Said tra Port Said e al-Ahly (una delle squadre più seguite in Egitto insieme a al-zamalek, come Roma/Lazio per intenderci) ci sono stati scontri.
I racconti riportano che a  fine partita con la vittoria del Ahly la sicurezza interna abbia fatto uscire i tifosi del Port Said e poi chiuso lo stadio con le transenne. Dopo sono iniziati gli scontri con gli Ultras del Ahly.

Gli Ultras hanno un ruolo cruciale negli avvenimenti della rivoluzione, sono ragazzi dall’età media che va dai 16/17 ai 24/25 circa, sono sempre in prima linea, sono molto uniti fra di loro, hanno i loro cori che ovviamente non sono solo da tifoseria da stadio, ma di lotta e rivendicazione.
Sono gli stessi ragazzi che erano in prima linea insieme agli altri durante gli scontri di Mohammad Mahmud, e si incontrano in ogni angolo della città dai cortei alle manifestazioni ai presidi.
Quando hanno aperto i cancelli e li hanno fatti uscire dallo stadio c’erano ormai oltre 70 morti e circa mille feriti.
I feriti gravi sono rimasti negli ospedali di Port Said i feriti lievi sono tornati dalla trasferta al Cairo intorno alle 03.30 ora locale.
Ad attenderli c’erano circa mille persone, tra familiari e ragazz* e le ambulanze per i soccorsi. Uno dei cori più urlato è stato: “Ya negib haohom ya nmut zayohom= O gli rendiamo giustizia o moriamo come loro”.
I racconti dei feriti sono agghiaccianti. Molti erano soltanto feriti e nel ricevere i primi soccorsi dalle ambulanze di Port Said sono stati presi e massacrati fino alla morte.
Sono state usate pochissime armi da fuoco, per lo più spari per aria e la maggior parte di loro è stata pestata selvaggiamente a morte, alcune foto atroci sono la testimonianza di ciò che raccontano.

Migliaia di persone hanno atteso l’arrivo del treno degli ultras del Al Ahly, per accogliere i feriti e i superstiti, di seguito il video

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Ieri notte manifestazione di solidarieta’ appoggiata anche dagli UWN (ultras white knights), i tifosi dello zamalek, l’altra squadra del Cairo, che appena saputo quello che succedeva a Port Said hanno dato fuoco allo stadio al Cairo e sono scesi in strada: gli ultras delle due squadre, insieme a migliaia di altri attivisti che respingono la questione posta nei termini di “violenza tra tifoserie”.

E’ chiaro che quello che e’ successo ha altre ragioni, non vorrei ripetere cose gia’ ovvie, ma ricordo che le tifoserie del Al Ahly e dello Zamalek sono un fenomeno particolare che li vede riconosciuti come eroi della rivoluzione, in quanto hanno rappresentato una forza organizzata in grado di resistere alla brutalita e alle continue violenze che la piazza rivoluzionaria ha subito.

Gli ultras, gemellati in chiave “rivoluzionaria” sono sempre nelle prime linee delle delle barricate e hanno cominciato ad identificarsi in maniera forte come i difensori della piazza. Come dicono alcuni di loro “abbiamo fatto sognare la gente egiziana che insieme a noi ha capito che dopo tanti anni di soprusi indiscriminati da parte delle forze di Mubarak era possibile rispondere e respingere la violenza poliziesca”.
Per questo adesso vengono accolti come eroi dalle migliaia di persone che poco o nulla sapevano fino ad un anno fa di questi gruppi di giovanissimi abituati a scontrarsi con la polizia.
Per questo quello che e’ successo viene visto da molt@ come una vendetta verso “l’esercito popolare della rivoluzione”.

In questo momento ci sta’ un corteo che e’ andato verso il ministero degli interni e piazza tahrir mentre per domani sono previste diverse manifestazioni che in maniera forte continuano a chiedere la testa di Tantawi…

I tifosi di queste squadre hanno continuato in questo anno a portare dentro lo stadio le rivendicazioni della piazza, scandendo cori e ricordando i morti ammazzati oltre alle persone imprigionate nelle carceri egiziane.

Di seguito alcuni link:

Una coreografia con le facce degli arrestati per i quali chiedono la liberazione:

“Freedom for ultras”

http://www.youtube.com/watch?v=mosHc3fAwCE&list=UUNIupLY7xOXQAXIjv91h8bg&index=41&feature=plcp

Un articolo, in inglese, che cerca di analizzare il fenomeno degli ultras egiziani oltre la semplice classificazione di Hooliganismo:

“The Ultras White Knights: Football hooliganism or social movement?”

http://thedailynewsegypt.com/football/the-ultras-white-knights-football-hooliganism-or-social-movement.html

Infoaut sui fatti di ieri:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/3889-egitto-73-morti-nella-carneficina-dello-stadio-di-port-said

Nel frattempo ieri sera sia l’esercito anche i fratelli musulmani (che fino ad oggi non sono certo stati la prima fila della piazza) hanno cominciato a puntare il dito verso altri responsabili, nella polizia.
Di seguito anche la loro :

Muslim Brotherhood blames police for Port Said disaster. Brotherhood spokesperson launches a scathing attack on the interior ministry in the wake of the deadly clashes following the Masry-Ahly football match in Port Said

http://english.ahram.org.eg/NewsContent/1/64/33478/Egypt/Politics-/Muslim-Brotherhood-blames-police-for-Port-Said-dis.aspx

Mentre lo SCAF si e’ affrettato correre ai ripari dopo aver permesso il massacro ha mandato due aerei per recuperare i morti e i feriti “assicurando” che i responsabili saranno puniti. 50 disgraziati sono stati arrestati a port said e probabilmente tutta la gogna per quello che e’ successo sara’ riservata a loro.

Come gia’ noto, nessun responsabile per le centinaia di morti ammazzati in questo anno e’ stato individuato e la sete di giustizia della piazza si fa sentire in maniera forte. Il capo della polizia di port said e’ stato arrestato ma sicuramente i veri mandanti del massacro sono ancora spasso.
A.C.A.B., non il film, sta’ diventando una sigla riconosciuta e rivendicata dalla piazza, non sappiamoo quanto e in che modo questo arricchisca il processo rivoluzionario ma sicuramente ne fa’ parte a pieno titolo.
non a caso il 25 gennaio, giornata della polizia, era stata scelta come data per occupare la piazza che ha cambiato un pezzetto di mondo.

Non a caso il 25 di quest’anno l’esercito ha cercato di rivendicare quella giornata come giorno della rivoluzione e della polizia, come a dire che tutt@ sono dalla stessa parte.

Lo streaming dalla piazze del cairo che mentre scriviamo sono in rivolta:

http://www.ustream.tv/Egypt

Gli Ultra, la Piazza e la Rivoluzione
http://invisiblearabs.com/?p=3906

questo invece e’ di oggi dalllo stesso blog
Non é solo Calcio
http://invisiblearabs.com/?p=4274

questo invece in inglese, un buon articolo su aljazzera dello stesso periodo

Egypt’s ‘Ultras’ pitch in at Tahrir protest
http://www.aljazeera.com/indepth/features/2011/11/201111284912960586.html

Reddito minimo, è arrivata l’ora delle scelte

Da il Manifesto del 28 gennaio 2012:

«Entro il mese di marzo»: questa la scadenza fornita da Mario Monti per riformare il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Nei primi giorni di gennaio 2012 sono partite le consultazioni del ministro del Welfare Elsa Fornero, che poche settimane prima si era dimostrata favorevole all’introduzione di un reddito minimo garantito anche nel nostro Paese. Visto il modo di operare fin qui svolto dall’attuale governo nel comunicare le iniziative politiche e viste le poche informazioni in circolazione al momento, non abbiamo ancora compreso cosa significhi in concreto riformare gli ammortizzatori sociali e quali siano le opzioni realmente in gioco.

Nel frattempo i dati diffusi da enti statistici e centri di previsione economica certificano l’aumento della disoccupazione, una precarizzazione sempre più selvaggia, l’abbassamento dei salari e il conseguente, generale, scivolamento verso il basso dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, giovani e vecchi, precari o garantiti che siano. In tutto questo, le politiche di austerity creano pressioni inedite su quelle forme di “welfare familistico” a cui per anni e fino ad ora, è stato delegato di risolvere le storture del welfare pubblico italiano e fornire una sorta di compensazione per l’assenza di una qualsivoglia misura universalistica di sostegno al reddito.

Per questo oggi il tema del reddito garantito diviene centrale, ineludibile, urgente. L’urgenza è data non solo dal peggioramento spaventoso della condizioni sociali, ma anche dall’emergere di una nuova aspettativa da una parte sempre più viva e larga di popolazione, che vede nel reddito garantito una concreta opportunità di garanzia e tutele. È testimonianza di ciò la straordinario risultato della legge regionale del Lazio in tema di reddito garantito, che ha portato nel 2009 all’emersione di oltre 120.000 domande di sostegno, totalmente inattese e largamente superiori alle previsioni, da parte di coloro che non arrivano a 8000 euro l’anno.

In questo periodo che ci porterà alla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, la parola d’ordine del reddito garantito può e deve diventare al più presto occasione di confronto per tutti i soggetti sociali che subiscono la crisi in maniera oppressiva. Far emergere la necessità del diritto al reddito significa ridare corpo e voce a quella “folla solitaria” in cerca di opportunità di lavoro e di sopravvivenza. Una folla solitaria fatta di milioni di pensionati o anziani, cassaintegrati senza più cassa, precari di prima generazione (quelli tra i 35/50 anni), di seconda generazione (tra i 20/35 anni), componenti della generazione Neet (tra i 16/25 anni), donne, famiglie con un solo stipendio, immigrati, figure operaie ormai in dismissione, lavoratori over 50 non più spendibili sul mercato, working poors diffusi anche tra il lavoro autonomo e la lista potrebbe allungarsi.

Sul tema del reddito si possono unire tutte le singolarità che subiscono, spesso in silenzio, nuove forme di povertà, per ricostruire una solidarietà intra-generazionale, tra chi ha perso un lavoro e non riesce a ricollocarsi, e chi, un po’ più giovane, è costretto a svolgere un lavoretto precario cui non riesce a dire di no, pur di racimolare qualche soldo a fine mese. Sul tema del reddito si possono unire coloro che pensano sia necessario coltivare forme di autonomia, di autodeterminazione, di libertà di scelta, anche della vita professionale, senza per questo dover continuamente sottostare ai ricatti del lavoro purché sia. Sul tema del reddito si possono unire studenti, giovani, ai quali non piace il futuro che si offre loro perché subiscono un presente senza diritti. Sul tema del reddito possono e debbono prendere parola tutti i cittadini di questo Paese convinti che al centro delle politiche di contrasto alla crisi debba esserci una misura di distribuzione delle ricchezze.

Auspichiamo insomma una presa di parola capace di unire, di definire un obiettivo comune, indipendente dalla miriade di storie private ed individuali, che in verità ormai raccontano una storia unica fatta di povertà, ricatti e privazioni. Una presa di parola sul reddito garantito per tornare a guardare con fiducia al “futuro” a partire dal presente, per immaginare un orizzonte oltre la crisi, con maggiore giustizia sociale, in cui sia possibile una distribuzione delle ricchezze, in cui non sia più accettabile che alcuni percepiscano compensi superiori di oltre 500 volte quelli di un lavoratore medio. Occorre una presa di parola per dare visibilità al rischio di “default sociale” che stiamo vivendo e far si che intorno al tema del reddito garantito prendano parola i senza diritti insieme a chi i diritti rischia di perderli quotidianamente.

Insomma, in questa fase così strategica ci sembra necessaria una presa di parola larga, in grado di unire la frammentazione sociale, per lanciare una proposta politica concreta nel pieno del dibattito sulla riforma degli ammortizzatori sociali, affinché il tema del reddito garantito venga preso in considerazione in maniera seria, forte, concreta, urgente come nuovo diritto fondamentale per la realizzazione di vite degne.

Auspichiamo che a questa richiesta di presa di parola sul tema del reddito ne seguano altre di singoli cittadini e soggetti collettivi, personalità scientifiche e culturali, esponenti della politica locale e nazionale; di tutti coloro che insomma ritengano non sia più possibile rimandare un tema così importante per la coesione sociale, la libertà e dignità delle persone. Con la convinzione che questa presa di parola individuale e collettiva possa trasformare l’attuale frammentazione, solitudine e disagio sociale, in una massa critica verso l’obiettivo comune del reddito garantito.

Basic Income Network – Italia

(http://www.bin-italia.org)

Fuori i profitti dall’acqua | Roma 3 febbraio

Anche a Roma parte la campagna di Obbedienza Civile

3 Febbraio ore 10.00 Piazzale Ostiense

Togliere il profitto per rispettare la democrazia!

Con i referendum del giugno scorso abbiamo cancellato il profitto dalla gestione dell’acqua, ma le istituzioni e i gestori non stanno rispettando la volonta’ popolare.
Il referendum ha sancito un principio chiaro: nella gestione dell’acqua non ci devono essere profitti! E la risposta dei cittadini (95,8% a favore della cancellazione del profitto) non lascia alcun dubbio sull’opinione, praticamente unanime, del popolo italiano.
Oggi, a distanza di 6 mesi, in tutto il territorio nazionale, nessun gestore ha applicato la normativa, in vigore dal 21 luglio 2011, diminuendo le tariffe del servizio idrico. In altre parole tutti i gestori del servizio idrico italiano hanno finora ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referendario.

Questo non può essere accettato!

Visto quindi che le istituzioni non stanno rispettando la volontà popolare, lo facciamo noi eliminando la “remunerazione del capitale investito” che, ricordiamo, è pari al 7% del capitale investito ma incide sulle nostre bollette per una percentuale che oscilla, a seconda del gestore, fra il 10% e il 20%.

Per questo sta partendo in tutta Italia la campagna di obbedienza civile: ovvero il rispetto della volontà popolare attraverso l’eliminazione del profitto dalle bollette.

La campagna di “obbedienza civile” consiste nel reclamare al gestore il rimborso delle quote di profitto già pagate dal 21 luglio 2011 in poi ed eliminare la medesima quota (la “remunerazione del capitale investito”) nei pagamenti delle prossime bollette.

Il prossimo 3 febbraio a Roma ci ritroveremo davanti ad ACEA a partire dalle ore 10 per lanciare ufficialmente la campagna anche nella nostra città e per consegnare i primi reclami firmati dai cittadini.

Già numerosi sportelli sono stati aperti nei municipi e altri apriranno nelle prossime settimane, perchè lo scopo principale della campagna di “obbedienza civile” è quello di ottenere l’applicazione del risultato referendario attraverso la mobilitazione attiva di centinaia di migliaia di cittadini: ci proponiamo di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai diktat dei poteri forti di turno.
La campagna è gia partita in tutta Italia!

Perciò chiediamo a tutti i cittadini utenti del servizio idrico, alle associazioni, ai movimenti, ai comitati presenti sul territorio di Roma e del Lazio di aderire alla campagna di “obbedienza civile” e di attivarsi ancora una volta in difesa dell’acqua e della democrazia.

Unisciti anche tu!


Fuori l’acqua dal mercato fuori i profitti dall’acqua

Roma 3 febbraio ore 10 Piazzale Ostiense (Metro B Piramide)

La crisi è la nostra università. Manifesto delle lotte transnazionali contro l’università finanziarizzata.

Noi, il Knowledge Liberation Front, siamo la rete transazionale delle lotte universitarie. Il punto di partenza della nostra esperienza è il meeting tenutosi a Parigi dall’11 al 13 febbraio 2011, “Per una nuova Europa: le lotte universitarie contro la crisi”. Siamo studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori precari di tutta Europa, del Nord Africa, del Nord America e dell’America Latina, dell’Asia.
Lo spazio della nostra azione politica è transnazionale, perché siamo uniti nelle nostre lotte comuni, e contro i nostri nemici comuni: le politiche di austerity e i tagli, l’aziendalizzazione e la finanziarizzazione dell’università, il sistema del debito, la precarietà. Stiamo lottando per una formazione gratuita e autonoma, per la libera circolazione dei saperi e delle persone, per la riappropriazione della ricchezza sociale e il welfare del comune.
Dopo il meeting di Parigi, abbiamo organizzato e partecipato alle giornate di azione contro le banche, i tagli e per il cambiamento globale, abbiamo preso parte alla costruzione dell’Hub Meeting di Barcellona e all’incontro transnazionale “Réseau de Luttes” in Tunisia. Abbiamo una lista per la discussione collettiva, il sito e il giornale Kafca.
Ma soprattutto, siamo tutti impegnati nel nostro principale obiettivo: la costruzione di un nuovo mondo e di una nuova università. Perché noi non vogliamo difendere lo status quo. Non abbiamo niente da perdere. Noi siamo il movimento globale del sapere vivo, e ci stiamo riappropriando del nostro presente e del nostro futuro!

Uniamoci nella lotta! Uniamoci nel Knolwdge Liberation Front!

La crisi è la nostra università!

Manifesto delle lotte transnazionali contro l’università (pubblica-privata) finanziarizzata.
Tesi #1: Il contrario di austerity non è essere contro la crisi, ma fare come in Tunisia.
Tesi #2: Il contrario di globalizzazione capitalistica non è Stato-nazione, ma globalizzazione delle lotte.
Tesi #3: Il contrario di debito non sono i sacrifici, ma diritto all’insolvenza per studenti e precari.
Tesi #4: Il contrario di selezione non è inclusione, ma critica dei saperi e riappropriazione della ricchezza comune.
Tesi #5: Il contrario di tagli non sono i soldi ai poteri accademici, ma fondi per l’autoformazione e l’autorganizzazione della produzione dei saperi.
Tesi #6: Il contrario di precarizzazione non è il lavoro salariato, ma reddito e nuovo welfare del comune.
Tesi #7: Il contrario della corruzione non è arrestare i corrotti, ma indignazione e insorgenza costituente.
Tesi #8: L’opposto della Banca centrale europea non è il sistema della rappresentanza, ma l’organizzazione a rete e l’autonomia del sapere vivo.
Tesi #9: Il contrario di università-azienda non è università pubblica/statale, ma università del comune.
Tesi #10: Il contrario della dequalificazione del sapere non è il mito della sua neutralità, ma il Knowledge Liberation Front.
Tesi #11: Non abbiamo nulla da difendere, un intero mondo comune da costruire

link: http://www.knowledgeliberationfront.org/about-klf.html

Workshop “Networks sociali nei movimenti globali”

Mercoledì 8 Febbraio – ore 18
Networks sociali nei movimenti globali
Verso l’Hubmeeting 2.0
LOA Acrobax

Introduzione:
Punti San Precario Roma

Relatori:

Aitor Tinoco i Girona – Attivista di Democracia Real Ya (DRY), Barcellona.
Vincenzo Carbone –  Ricercatore di sociologia dei processi sociali e comunicativi, Universitá Roma3.
Gigi Roggero – Attivista del Knowledge Liberation Front (KLF).

I networks sociali  hanno avuto un ruolo essenziale nell’organizzazione, nella comunicazione e nella diffusione dei conflitti di questi ultimi anni.
Dalla primavera araba dello scorso anno sembra che il conflitto abbia attraversato il mediterraneo portando con sé delle nuove forme di comunicazione, interattive e orizzontali, in grado di connettere, in qualsiasi momento, “locale” e “globale”. Nel contesto d’estensione dei social networks l’esperienza di Democracia Real Ya (DRY) e “toma la plaza” sviluppata nello stato spagnolo, è stata la prima che in Europa è riuscita a determinare, attraverso un passaggio dalla rete virtuale al conflitto nelle piazze, l’esplosione di quel processo radicale, innovatore e trasformatore conosciuto come movimento 15M. Un movimento che assume un carattere di spazio pubblico di cooperazione transazionale delle lotte grazie all’Hubmeeting 1.0 dello scorso Settembre a Barcellona.

Inoltre altri appuntamenti, quali il meeting transnazionale “Réseau de luttes” in Tunisia dal 29 settembre al 2 ottobre realizzato dal KLF e l’estensione del fenomeno delle Occupy da Wall Street alle centinaia di città negli Stati Uniti, hanno contribuito alla connessione dei conflitti sociali. E’, infatti, dalla cooperazione e comunicazione tra reti indipendenti, che nasce la giornata di azione globale United for Global Change del 15 ottobre: #15O in cui più di 950 città hanno gridato un “determinato no” alle politiche di gestione dell’attuale crisi. Un movimento globale che sta esercitando una forte critica all’attuale sistema di rappresentanza politica praticando e sperimentando nuove pratiche di conflitto contro le misure antisociali di austerity neoliberali. Dal blocco della produzione realizzato attraverso lo sciopero generale del 2 novembre a Oakland, in cui è stato bloccato il quinto porto degli Stati Uniti, alla diffusione di azioni contro i responsabili di questa crisi sistemica: banche, agenzie di rating, multinazionali.

Un movimento globale che non si è fermato, ma che rilancia altri appuntamenti internazionali come quelle di Francoforte del 24-26 Febbraio e dell’Hubmeeting 2.0 dal 30 Marzo al 1 Aprile in Italia. Tali appuntamenti serviranno come trampolino di lancio per le mobilitazioni del 12 e 15 Maggio, che si stanno delineando come giornate di blocco dei flussi-sciopero precario e sociale e del 19 Maggio sotto la Banca Centrale Europea (BCE).

La caratteristica centrale di questo workshop é quella di condividere saperi attraverso l’autoformazione e implementare l’utilizzo consapevole degli strumenti di comunicazione che, nella rete globale, permettono la condivisione di una strategia collettiva!

Il workshop sarà diviso in due sessioni.

Nella prima sessione si svolgeranno gli interventi dei relatori e si aprirà un dibattito sull’utilizzo dei networks sociali nei movimenti globali.

Nella seconda sessione si passerà al lato più pratico del workshop, presentazione degli strumenti e loro utilizzo all’interno delle mobilitazioni globali (si suggerisce di portare Computer portatili e smartphone)

Il workshop si terrà mercoledi 8 febbraio dalle ore 18, presso LOA Acrobax – via della vasca navale, 6

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