Giovedi 14 Marzo | Territori Ingovernabili: le lotte per i beni comuni e la difesa dei territori

Arrivati in Sicilia bisogna attraversare chilometri di basi militari, bunker, rotatorie e antenne per arrivare sul promontorio di Niscemi da cui si lanciano colorati parapendii su pascoli e campi coltivati.

“Da Chiomonte a Niscemi: ora basta coi veleni!” si legge sui muri.

Gli Stati Uniti vogliono installare proprio qui, sulla Riserva naturale dell’insughereta, una delle quattro antenne satellitari di ultima generazione, MUOS, che permetteranno copertura globale alle guerre ultratecnologiche condotte attraverso droni radiocomandati.

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Nel decennale dell’assassinio di Dax

16 MARZO 2013: CORTEO NAZIONALE ANTIFASCISTA E ANTICAPITALISTA

 

16 MARZO 2003: LA NOTTE NERA DI MILANO. I fascisti accoltellano a morte Davide Cesare, detto Dax. Subito dopo la polizia ed i carabinieri picchiano a sangue gli amici ed i compagni accorsi all’ospedale San Paolo per avere sue notizie. Squadrismo fascista e brutalità poliziesca.
Lame e manganelli.

MARZO 2013: nel decimo anniversario dell’assassinio di Dax, ucciso perché militante antifascista, Milano si prepara a ricordare i fatti della notte nera e a opporsi ad ogni tentativo di rigurgito fascista, con una tre giorni di controinformazione, lotta, musica e sport popolare.

15 MARZO, GIORNATA INTERNAZIONALE: dibattito e confronto fra esperienze di diversi paesi, perchè la solidarietà è un’arma contro chi ci governa e reprime. Interverranno Antifascist Network of South Athens, Jabalia Youth Activity Center Gaza, Marcha Patriottica Colombia, Antifascisti
Russi.

16 MARZO, CORTEO NAZIONALE: le lotte sociali attraverseranno Milano per ricordare Dax, contro la repressione, e per affermare il valore dell’antifascismo e dell’anticapitalismo come filo conduttore contro un modello di sviluppo economico neoliberista . Per questo si darà visibilità alla lotta per la casa, alla lotta studentesca, allo sport popolare.

17 MARZO, SPORT POPOLARE: giornata di attività sportive, interamente promosse, gestite e praticate dal basso. Perché è importate riappropriarsi e concepire lo sport come pratica sociale sempre aperta e percorribile da chiunque ne abbia la volontà.

Contro il fascismo, da sempre schierato a difesa degli interessi delle classi dominanti. Contro il capitalismo, responsabile dello sfruttamento e dell’oppressione che attanaglia il pianeta. Un modello in crisi endemica da abbattere dalla fondamenta, per costruire un’alternativa basata su giustizia sociale, solidarietà e rispetto di tutti gli esseri viventi.

16 MARZO 2013: DAX VIVE NELLE LOTTE DEL PRESENTE.

NELLA MILITANZA ANTIFASCISTA E ANTICAPITALISTA.

UNITI SI VINCE!

INFOPULLMAN SOLO PER GIORNATA CORTEO:  3333666713 – COSTO 30€ DA ROMA

Manifesto delle iniziative a sostegno delle spese per i pullmann: http://www.facebook.com/events/475632285819330/# [1]
www.daxvive.info [2]

I compagni e le compagne di Dax

Links:
——
[1] http://www.facebook.com/events/475632285819330/
[2] http://www.daxvive.info/

Ordinaria follia della legge – nella notte di due ragazzi di Acrobax

 Martedì 26 febbraio – Notte – Ponte Marconi – Acrobax

 Nella notte due ragazzi escono dall’ex cinodromo con il motorino e si imbattono in una pattuglia della polizia. Mentre sono fermi al semaforo rosso la volante sbatte il suo muso sul bauletto posteriore, da lì la situazione degenera in un attimo: i due provano a girarsi e
vengono ripetutamente colpiti dal muso della pattuglia fino a cadere in terra.

 

Come nella migliore delle banlieu i due idioti in divisa scendono
dall’auto e si accaniscono sui ragazzi i quali invece di essere
soccorsi vengono aggrediti, gli vengono sottratte le chiavi del
motorino e il telefono cellulare.

Quello che i due energumeni in divisa non hanno considerato è che non
sempre i soprusi incontrano ragazzi da soli e indifesi nel cuore della
notte, come è accaduto al giovanissimo Federico Aldovrandi, la cui
memoria solo ieri è stata di nuovo offesa dai poliziotti che hanno
applaudito il suo assassino. In questo caso gli eroi in divisa hanno
incontrato la rabbia di chi non tollera gli abusi e le prepotenze
degli sceriffi de noantri.

Tutti i compagni e le compagne di Acrobax, riuniti per l’assemblea,
sono usciti in strada e la pattuglia si è data alla fuga. Pochi
istanti dopo la pattuglia si ripresenta, ferma i blindati della celere
che passano in continuazione in una città militarizzata per le
elezioni, le dimissioni del Papa, o forse solo per la “paura” della
perduta coesione sociale, pronti a reprimere il dissenso ovunque si
annidi.

I blindati diventano due, poi tre, le volanti sei, poi sette. La
celere si schiera con caschi, scudi e manganelli. Dalla nostra parte
si organizza immediatamente un workshop di “scienza delle barricate”,
quella in cui ognuno è maestro.

Arrivano compagni e compagne a sostegno da tutti gli spazi occupati di
zona e l’ingombrante presenza delle forze del disordine a si sposta
dalla strada di accesso al cinodromo ed infine se ne va.

Oggi, alle pecorelle senza pastore, non chiediamo scuse o numeri
d’identificazione sulle divise ma vogliamo indietro ciò che ci hanno
rubato.

Ancora una volta fascisti e polizia da San Paolo sono stati cacciati via…

ACAB.

Laboratorio del Precariato metropolitano Acrobax

– “…pure la polizia che sta in giro, mica sta là per pestarvi, sta
là per proteggervi.”
– “Come no. E da voi chi ci protegge?”
(da L’Odio)

Nuovo sgombero a Bologna, rioccupiamo la città!

Questa mattina Hobo è stato sgomberato. Dopo Bartleby, un altro spazio universitario di produzione comune di saperi e di iniziativa politica contro la crisi e la precarietà è stato chiuso con la forza. É un fatto grave, perché su mandato del Rettore, le camionette della polizia e dei carabinieri sono state fatte entrare all’interno di una facoltà. Un episodio che accomuna la “democratica” amministrazione universitaria, guidata dal rettore Dionigi – tesserato Pd – alla giunta greca dei colonnelli. Ma Dionigi si illude e ha paura. L’uso della forza e delle denunce non sarà sufficiente ad arrestare la potenza del sapere vivo. Esprimiamo la nostra solidarietà agli occupanti denunciati questa mattina dagli sgherri del rettore. C’è un’unica strada che possiamo percorrere nella crisi economica e dell’università, contro questa classe dirigente ormai al palo, che tenta di governare l’ingovernabile e per difendersi ha bisogno di dispiegare scudi, manganelli e camionette. Quella, al loro tempo, tracciata dagli hobos, gli inarrestabili lavoratori nomadi e precari che all’inizio del 900 diedero vita alle più importanti lotte operaie negli Stai Uniti d’America. Quella della lotta alla precarietà, della conquista di spazi di autonomia nell’Università contro la corruzione dei baroni di ogni risma. Come dicevano gli hobos e gli wobblies: “An injury to one is an injury to all”.

10 anni senza di te, 10 anni con te Roma x Dax

SABATO 9 MARZO A L.O.A. ACROBAX
Via della Vasca Navale, 6
Metro B San Paolo

Iniziativa a sostegno dei pullman per Milano.

ORE 20 – TRATTORIA SOCIALE

ORE 22 – MUSICA E LOTTE SOCIALI

KAOS FOR CAUSE (Kombat – Terni)
VORTEX KLASH Feat C.U.B.A KABAL + IL NANO (Punk/Electro/HipHop/ – Bologna_Pescara_ Roma)

A seguire SERATONE TRASH con la ROTAS – ROMA TRASH ALL STARS

SPECIAL GUEST DJ BREGA (Milano)

Riflessioni per la rottura politica, un contributo alla discussione prima della tornata elettorale

La governance capitalista è allo sbando, non ha un piano strategico, si muove sulla tattica e sulla rapina sistematica, usa strumentalmente la crisi, la costituisce come fondamento e la risignifica come dottrina.

Il gioco di specchi è tra l’uso politico della crisi attraverso il ruolo vincolante della troika e il comando politico e militare sull’austerity, con le polizie usate sovente come truppe di occupazione dei territori.

Dentro lo sviluppo e la trasformazione radicale della realtà sociale e produttiva, lo stato contemporaneo, snello o postmoderno o come lo si voglia definire, è ancora lì esistente, con la sua scienza della polizia a difesa dell’autoregolazione del mercato, sovrano unico e incontrastato. La macchina dello stato è ancora il potere politico a guardia dell’esercizio sistematico del profitto per mezzo dello sfruttamento capitalistico, nella sua permanente dinamica di espropriazione e cattura.

La moneta in crisi, ovvero l’Euro – questo enorme campo di forze a regime intensivo di sfruttamento del lavoro vivo sotto l’egemonia del capitale renano – diviene un nuovo stato, oltre lo stato. Potremmo dire che la moneta – ma anche la finanza globalmente intesa – diviene sovra stato produce legge senza bisogno della legge, decide permanentemente sull’eccezione e sulle nostre teste, disponendo sistematicamente del futuro delle nostre vite.

Il volto politico della governance attraverso gli esecutivi tecnici e autoritari che si alternano alla guida di molti paesi della comunità europea – tecnicizzazione, vecchia passione dell’autorità – assume sembianze sempre cangianti, diversificate e articolate che sintetizzano sul territorio la rappresentanza del complesso snodo di lobbies e agenzie, apparati e gruppi di expertise. Snodi di potere che sul territorio si diffondono e si moltiplicano progressivamente proprio per il loro ruolo strategico all’interno della stessa catena di comando.

Sostenuti ed eterodiretti dai gruppi di interesse del capitalismo contemporaneo, ormai attraversato e verticalmente costituito dal processo di finanziarizzazione dell’economia, basato sulla stessa produzione biopolitica del comune.

E’ in corso, nella grande transizione e diaspora del moderno, una nuova accumulazione originaria del capitale attraverso la gestione e il controllo proprietario della banca dei dati sociali, il nuovo grezzo immateriale, la nuova energia come lavoro vivo, sottomessa e risucchiata dal regime capitalistico contemporaneo.

La produzione del capitale sociale e i nessi tra le forme della nuova valorizzazione cognitiva, digitale, affettiva, l’evoluzione delle tecnologie della comunicazione e del linguaggio che nella rete si dispiegano sono lo spazio per la nuova accumulazione capitalistica. Le reti sociali virtuali ad esempio rappresentano lo spazio della cooperazione sociale diffusa e nel contempo della nuova cattura: siamo di fronte alla sussunzione reale non solo del processo lavorativo formalmente costituito ma dell’intera vita nella sua produzione e riproduzione reale. Le multinazionali oligopolistiche che gestiscono i big data e le infrastrutture informatiche sono evidentemente i nuovi padroni.

Ciò non significa aver individuato l’unica contraddizione nello sviluppo del capitale, quanto invece aver segnalato una delle tendenze più avanzate sotto il profilo delle nuove forme dello sfruttamento della vita e della sua riproduzione.

E però queste forme di accumulazione e sfruttamento intensivo non sono le uniche del comando capitalista. La speculazione immobiliare, la cementificazione del suolo, la rendita immobiliare rappresentano, nelle continue interconnessioni con il processo di finanziarizzazione, altre e altrettanto decisive forme dello sfruttamento e estrazione di valore.
Così come anche dentro le stesse politiche neoliberiste del pareggio in bilancio e della privatizzazione dei servizi del welfare, dello sfruttamento dei cosiddetti beni comuni, come appunto il suolo e l’acqua, si determina un processo intensivo di sviluppo e accumulazione di profitto ed estrazione di plusvalore.

Da qualche parte abbiamo letto che il ceto capitalista è in un certo qual modo foucaultiano, ogni sua categoria definitoria è categoria pratica, ipotesi di trasformabilità rapporto tattico e strategico e con questo siamo profondamente d’accordo.

Le politiche dell’austerity e la misura del debito devono però come sempre essere imposte e governate con la forza, con quella coercizione propria della “spada che sostiene la legge”. Le decisioni dei governi che hanno adottato le indicazioni della commissione UE sono di profonda e drammatica portata nei termini di costi sociali e questo in nome della dittatura dei mercati e del neoliberismo.

Il governo autoritario della crisi prova a gestire la grande transizione con un’asimmetrica guerra civile non dichiarata. Gli eserciti del neoliberismo contro i nuovi poveri del neoliberismo. Nella crisi della misura del valore, si rompe anche il piano-sequenza della politica come mediazione e governo dei conflitti. La crisi della rappresentanza politica relega la governance al ruolo di una nuova scienza della polizia in un progressivo, voluto e disinteressato distacco dalla realtà, dalla sua costituzione materiale, dalle leve concrete della precarizzazione. L’unico welfare realmente visibile nella vita delle persone è la polizia.

La particolarità del momento preelettorale che sta attraversando il nostro bel paese, vive un passaggio complesso che si dispiega su un vero campo di forze, su una tensione polarizzata che terminerà evidentemente in uno scontro e ulteriore conflittualità sociale, starà a noi capire però in quale direzione politica.

I rigurgiti della teppa neofascista, con il populismo del ritorno sovranista alla casa dello stato regolatore o, peggio, alla più retrogada cultura nazional popolare sono dietro l’angolo di ogni dibattito sulla crisi. Non ci sorprenderebbe affatto un risultato discretamente pericoloso per le organizzazioni neofasciste e neonaziste candidate ovunque tra elezioni politiche e amministrative.
Per non parlare della scelta del movimento cinque stelle di farsi i salutini con i fascisti del terzo millennio ammiccando qua e là, ovviamente, anche nel mondo dei centri sociali, vantando l’internità, magari anche specificatamente genuina, in alcuni movimenti popolari noti come il No Tav, i movimenti per l’acqua pubblica o quelli sui rifiuti.

Magari scopriremo che la burla del comico torna comoda come ultimo estremo tentativo di una parte della governance e dei suoi apparati per il recupero, la cattura della rabbia, nell’ultimo disperato tentativo di neutralizzare e normalizzare il malcontento ormai diffuso che, nel biennio 2010/11, qualche fiammata di indignazione l’aveva manifestata nelle strade di questo paese.

Meglio dare il sussulto alla legalità e al richiamo confessionale alla costituzione e rimandare i giovani rivoltosi a casa o, ai più cattivelli, e sprovveduti un po’ di galera.
E speriamo non sia solo un addomesticamento quello delle istanze anche più avanzate, come quella sul reddito di cittadinanza – che poi figurarsi scavalcano le pozioni micragnose della sinistra con l’orecchino sotto l’ala del PD.
Proprio su questo tema si dovrebbe aprire una profonda riflessione su quello che i movimenti sono stati in grado di produrre in questi anni e della capacità che hanno avuto di imporre una questione nell’agenda politica di questo paese. Eppure, da sempre convinti che il reddito sia uno strumento, sappiamo anche che, come tale, può essere utilizzato per approfondire quella condizionatezza e controllo sei sistemi di workfare che, negli ultimi anni, abbiamo visto nel resto di Europa.
C’è da compiere una scelta: rivendicare un reddito incondizionato perchè in aperta rottura con le dinamiche di precarizzazione, o scegliere di rimanere imprigonati nelle maglie del contenimento sociale.

Un sistema bloccato, circolo vizioso, nella coazione a ripetere.

La nostra generazione per vivere e non sopravvivere può fare solo la rivoluzione, non c’è altra strada.
C’è bisogno della rottura politica col quadro della compatibilità voluto anche dalle sinistre parlamentari o aspiranti tali, chi col PD, chi con quella magistratura che sostituendosi alle opposizioni sta aprendo un varco pericolosissimo dentro lo stesso esercizio del potere.
Per tre volte la Repubblica Italiana ha fatto ricorso, per supplire alla mediocrità della politica, alla via giudiziaria. Prima, con lo stato di emergenza e le leggi speciali evocate ed applicate per annichilire la spinta rivoluzionaria nel decennio caldo che è seguito in Italia al maggio francese, poi per disarcionare una classe politica corrotta nello scandalo tangentopoli, poi per reprimere l’asse di potere del Cavaliere congiuntamente alle pressioni e successivi ultimatum dei vertici della Trojka che a loro volta hanno imposto d’autorità e nello stato di emergenza il governo dei tecnici.

La rottura non può che essere generalizzata, aperta e di massa critica. Quella trasformazione può essere compiuta solo se i soggetti precarizzati e impoveriti riusciranno a connettere le loro singole attivazioni in un processo più ampio e liberare il campo dagli orticelli delle organizzazioni precostituite anche di movimento.
Evidentemente negli ultimi anni si è costruito, con lo sviluppo e l’acuirsi di vertenze più o meno grandi, un segno di insubordinazione, un arcipelago, un’idra dalle molte teste; il punto sostanziale oggi però è generalizzare, comprendere un quadro differente, in cui dovremo essere in grado di mettere in campo non più rappresentazioni del conflitto quanto invece la giusta forma della rottura con un’organizzazione sociale fluida e sufficientemente attestata sulla trasformazione, all’altezza della fase.
Questo molto più che le elezioni, sono il centro delle nostre prospettive e relazioni.

Le condizioni, attualmente, non possono essere univoche, perchè la crisi ha prodotto un’enorme frammentazione ed è difficile ritrovarsi nello stesso luogo e nello stesso tempo, la ricomposizione nella lotta.

Riuscire ad immaginare una trasformazione radicale dell’esistente è l’unica via di fuga dalla retorica e dal senso di responsabilità e sacrificio mortifero del capitalismo. Nell’insopportabile violenza prodotta sulle nostre vite sta la prima leva in cui rivoltare il macigno, la seconda è l’organizzazione della rottura oltre i partiti, le sigle sindacali o le reti di scopo, ma nella condivisione reale di un processo, in cui sia chiara e trasparente la relazione tra i singoli territori, che siano essi fisici o mentali, ma in cui si produce lo sfruttamento delle nostre vite e dove è necessario concentrare energie e conflitto.
La terza è l’individuazione delle strategie della soggettività di movimento adeguate al conflitto nel cosi detto mercato del lavoro, nello sfruttamento dei beni comuni contro le dinamiche della precarizzazione, normalizzazione e cooptazione che spesso compongono quell’ingranaggio di potere, prerequisito e dispositivo nelle strategie della governance neoliberista.

Le nostre catene continuano ad essere sempre più salde e noi non abbiamo che perdere solo quelle.

Conoscete il detto “capire di che morte morire”? Si usa in condizione di frustrazione e rassegnazione, aspettando che qualcuno palesi le proprie volontà perché determini anche il nostro di futuro.
Esattamente il punto di vista opposto. E’ questo quello che abbiamo provato a costruire e continueremo a fare cercando altri con cui respirare e cospirare assieme.

Determinare le nostre vite, creare legami per riprendere il presente e poter decidere un futuro, diverso:
scegliere di che vita vivere.

Que se vayan todos, no algunos
Laboratorio Acrobax

Ben scavato, vecchio Hobo! nuova occupazione a Bologna

Lavoratore nomade e migrante, continuamente in movimento e irriducibile alla disciplina di fabbrica: ecco chi era Hobo all’inizio del Novecento. Ed ecco che Hobo rinasce nel cuore del capitalismo cognitivo: la mobilità è il suo tratto costitutivo, la fabbrica è quella dei saperi. Hobo non si vuole piegare, costruisce linee di fuga, produce in comune le proprie forme di vita. Hobo non ha carta di identità perché ha tanti volti ed è sempre giovane. Hobo è studentessa e precario, disoccupato e attivissima, povera di potere e ricco di potenza. Hobo è lavoratore di #IkeaInLotta e militante di Occupy, insorge in Tunisia ed Egitto e resiste alle politiche di austerity in Grecia. Hobo rifiuta la guerra perché vive di lotta. Hobo è No Tav e per la riappropriazione del reddito, perché la crisi e il debito non li vuole pagare e si organizza per farli pagare a chi li ha imposti.
Hobo infatti non è inorganizzabile: è così solo per i partiti
che cercano di rappresentarlo. Hobo è sprezzantemente estraneo alle elezioni perché è ingovernabile ed è troppo impegnato a organizzarsi con i molti. Hobo non ha nostalgia dell’università pubblica, perché sta costruendo la propria università e le proprie istituzioni autonome. Hobo non si fa catturare dalle discipline accademiche, perché pratica l’inchiesta militante e la conricerca. Hobo coopera con il compagno Dracula, morde i baroni e ha sete di vita. Dopo che anche i papi hanno abdicato, proclama che ogni re-ttore può perdere la testa. Hobo non ha Patria e non ha Dio(nigi): meglio Donatella. Hobo odia la puzza di morte del feudalesimo aziendale perché è il sapere vivo.
Oggi Hobo si è ripreso una piccola parte di ciò che le appartiene e ha aperto un laboratorio dei saperi comuni. La riempirà di iniziative di autoformazione e discussione, di socialità e reti di comunicazione, di libera circolazione delle conoscenze e delle lotte. La riempirà di autonomia, gioia e cooperazione. Hobo è uno spazio aperto e costituente, è singolare e collettivo, è fuga e dentro e contro. Hobo è uno stile della militanza. Ecco perché Hobo è nomade: perché non ci prenderete mai.
Vieni a trovare Hobo, divieni anche tu Hobo nel Laboratorio dei Saperi Comuni Giardini di Via Filiipo Re
H. 12.30: Conferenza stampa H. 16.30: Assemblea aperta
Prossimi appuntamenti…
mart 19
– h12.30 Conferenza stampa; – h16.30 Assemblea di presentazione
merc 20 – h17.00: Commonware, percorso di autoformazione: Stili della militanza. Dal movimento operaio a Occupy,
1° incontro con Sandro Mezzadra e Adelino Zanini.
giov 21 – h16.30: Pomeriggio di comuncazione No Tav in
prepaparazione della presentazione A sarà düra! (zamboni 38 h18)
ven 22 – h18.00: Dentro e contro l’università della crisi:
riapriamo il dibattito.
sab 23 – h15.00:
Verso lo sciopero del settore merci e logistica: assemblea con studenti precari e lavoratori in lotta.
dom 24 – h17.00:
Politica e soggettività femminili: l’attualità di Carla Lonzi con Vincenza Perilli e Giovanna Zapperi.
lun 25 – h19.00: Vota Django.
mart 26 – h18.00:
Avete pagato caro non avete pagato tutto.
Presentazione di Rosso (DeriveApprodi 2007), con Valerio Guzzardi e Tommaso De Lorenzis.
merc 27 – h18.00:
Presentazione di Diritto del comune (ombre corte 2012) sarà presente il curatore Sandro Chignola.
giov 28 – h18.00:
Sì, sono paranoico: ma lo sono abbastanza?
Controllo, dipendenza, spettacolo, tennis, televisione e altre cose più o meno divertenti secondo David Foster Wallace, a cura di Girolamo De Michele.
ven 1 – h18.00:
Dégagé. Insorgenze e controrivoluzione in Egitto e Tunisa, con Paolo Gerbaudo e Fulvio Massarelli

Conflitto sociale e Libertà di movimento – i bi/sogni non si arrestano – verso Teramo

Il 15 Ottobre del 2011 le moltitudini indignate e in lotta contro il neoliberismo si mobilitarono globalmente. In Italia nella preparazione di quella giornata, durante il suo svolgimento e dopo sono avvenute cose degne di un bilancio politico e più approfondito da parte dei movimenti: partiamo anzitutto da noi, ma dovrebbe essere un’incombenza sentita anche e soprattutto da coloro che quel giorno e nei seguenti gridarono al lupo e cercarono il nemico interno – abitudine brutta e antica, ahinoi, di chi a sinistra ricorrentemente giustifica i propri tatticismi mascherandoli per grandi strategie e poi cerca di scansare l’implacabile giudizio dei fatti. Abbiamo sentito in quei giorni quindi dare fiato alle trombe, fin sulle pagine dei giornali, con lucido risentimento: ritrovandoci così, noi insieme alla cospirazione precaria, ad essere tra i pochi alleati della sana disponibilità al conflitto che quel giorno ha dispiegato ciò che si andava concatenando da tempo.

Ostinatamente continuiamo a rivendicarlo come nostro punto di forza e di resistenza: essere variabile indipendente, volere e aprire un possibile varco per una necessaria rottura politica, un odio di classe come motore costituente che per noi è desiderante espressione di potenza e non di superficiale rancore tra gruppi. A cooperare per il conflitto e la praticabilità di un’opzione rivoluzionaria siamo tutt’oggi disponibili, ma con la chiarezza politica necessaria, chiedendo sempre – anzitutto a noi stessi, a partire proprio dalle lezioni di quel 15 ottobre – di giocare a carte scoperte nelle alleanze e nelle pratiche di relazione politica.

Andremo a Teramo prima di tutto per chiedere l’immediata e incondizionata libertà per i fratelli e le sorelle, i/le compagn* rastrellat*, pedinat*, seguit*, ricattat* e minacciat* dallo stato o dai suoi solerti funzionari in divisa o in doppiopetto. Da quella giornata di rivolta e di rabbia precaria, che ha tenuto piazza San Giovanni per ore resistendo alle cariche e ai caroselli di polizia, carabinieri, finanza e polizia in borghese, lo Stato per come ha reagito nell’immediato e deciso di vendicarsi nel medio e lungo termine dimostra di aver avuto paura della sollevazione quale mezzo di partecipazione. Ci hanno preso troppo sul serio, verrebbe da dire nell’indagare i limiti in seguito espressi dalle soggettività di movimento.
Ora in tante e tanti stiamo subendo la repressione a suon di processi e di sentenze che già hanno accumulato un ammontare spropositato di anni di carcerazione somministrati, proprio mentre il nostro bel paesello viene redarguito davanti al mondo dal tribunale dei diritti dell’uomo di Strasburgo per la vessazione e disumana condizione in cui versano le patrie galere – e, verrebbe da aggiungere, le celle dei commissariati e dei CIE che quotidianamente praticano la tortura fisica e psicologica su tutti i malcapitati; la maggior parte, come si dice in gergo, comuni, cioè cittadini comuni nelle mani dello Stato in balia delle sue prove tecniche di governo autoritario.
Perciò non basta dire no alla repressione. Occorre, e lo diciamo da tempo, una più ampia campagna di denuncia del clima insopportabile che prima di tutto il corpo sociale sta subendo in termini di chiusura degli spazi di libertà: a partire da quei particolari laboratori della repressione che si esercitano sugli stadi, i migranti, il precariato delle periferie, e insieme alla progressiva delinquentizzazione delle lotte sociali attraverso la fattispecie di reato di devastazione e saccheggio.

In un paese compresso da politiche di austerity durissime è necessario dunque aprire una vertenza generale per la libertà di movimento, coniugarla alla più estesa battaglia per una democrazia reale, radicale, esercitata dal basso contro le politiche autoritarie inflitteci nella logica del sacrificio e con le armi della precarizzazione e dell’esclusione sociale. Da qui nasce l’esigenza non solo di sottolineare il paradosso della traduzione della conflittualità sociale in “probema di ordine pubblico”, ma soprattutto di ri-significare la parola libertà.

Parlare di libertà di movimento significa anzitutto mettere a fuoco il cambiamento di paradigma che sta trasformando le realtà sociali: significa prenderne coscienza delle meccaniche del profitto dentro lo sfruttamento e della disciplina sociale che l’austerity impone. Parlare di libertà di movimento significa rovesciare il senso delle accuse e cercare di creare quelle condizioni sociali per cui siano la devastazione del mercato del lavoro e il saccheggio del nostro futuro ad essere combattuti, con le lotte e il protagonismo sociale.

Laboratorio Acrobax

Bartleby è ovunque, siamo tutt* Bartleby

L’hanno murata, la casa di Bartleby a Bologna, stamattina. E’ così che si tratta la produzione di ricchezza comune, di idee e cultura e libera socialità, sotto i governi democratici dell’austerità.
Volevano espellerla dalla città, quella casa, dalla pericolosa promiscuità con i flussi del sapere in conflitto nell’Università da cui Bartleby era spuntato, nato dall’Onda, dicendo ancora una volta quasi quattro anni fa “avrei preferenza di No”.
E anche stavolta ha detto così, Bartleby, come quando per più volte gli avevano violentemente chiuso la sua prima casa: “avrei preferenza di No”, resto in San Petronio, convenzione o non convenzione, non son un tipo convenzionale, ne converrete…
Ora che hanno messo su un muro al posto di una porta e un altro muro di divise e blindati intorno, Bartleby risponde con la sua persona plurale che più preoccupa il Potere: “Dissotterriamo le asce di guerra”.
Noi che con Bartleby abbiamo nel nostro piccolo condiviso moltissimo in questi anni, cose come la pretesa di indipendenza, la costruzione di autonomia, la libertà di tessere reti e immaginare la nostra comune esplosione di precarie e precari in uno sciopero inevitabilmente e sapientemente sociale che infine inizia a divampare nell’EuroMediterraneo, possiamo avere una sola risposta: Augh! Bartleby, fratello e sorella! Le nostre asce con le vostre e sarà terribile la risata che li seppellirà sotto le macerie dei loro muri!
Ogni giorno, ogni notte, con Bartleby che è dovunque perché è moltitudine.
Laboratorio Acrobax –  All Reds – Alexis occupato – America occupato

Ogni Giorno e ogni notte sono per Alexis! RECUPERIAMO L’EX ACEA OCCUPATO!

Per noi la giornata del 6 dicembre scorso è stata una tappa, un
tassello importante di quel processo di cambiamento e attacco alle
politiche di austerity prodotte dalla crisi, un processo che si è
scrostato di dosso l’illusione elettorale e parla di riappropriazione e
sperimentazione del comune. Lo stesso che ha visto nell’autunno uscire
dalle scuole occupate e scendere in piazza migliaia di studenti al grido
“non ci rappresenta nessuno”, lo stesso che ha dato vita all’esperimento
di Ri_pubblica (www.ripubblica.org [1]) e dell’occupazione dell’ Ex
Cinema America.

Abbiamo riscontrato fin da subito un largo consenso sociale: nei
confronti di chi occupa oggi si moltiplicano gli applausi degli abitanti
dei quartieri lasciati al degrado, la solidarietà dei lavoratori che
non arrivano alla fine del mese, la richiesta di partecipazione e
attivazione ai processi di lotta e riappropriazione del patrimonio
immobiliare inutilizzato. Questo è solo l’inizio, la strada da fare è
ancora lunga ma l’esperienza che stiamo vivendo ci restituisce la
consapevolezza che pascolare nei recinti della politica istituzionale
non è sufficiente, che la mediazione al ribasso non ci appartiene.

Noi partiamo da qui, dall’ex acea occupato di viale Ostiense 124!

L’abbandono e il degrado di edifici dismessi e di intere aree sono la
norma in una città che non ha alcuna pianificazione urbanistica se non
quella degli interessi dei costruttori, re di Roma e che nel frattempo
vede grandi opere come il progetto della bretella autostradale di Tor
de’ Cenci ed il G.R.A.bis (per citarne una).
Il quadrante di Via Ostiense, in cui si trova l’ex Acea occupato, ha
perso la sua precedente vocazione operaia legata ai mercati generali,
alle sedi Acea ed Italgas. Ormai in pieno centro metropolitano l’intero
quartiere è oggetto di radicali trasformazioni che puntano a sviluppare
un’economia di servizi. Le luci dei locali notturni riempiono la via di
Libetta, e i cartelli di appartamenti in affitto sono ormai solo per uso
ufficio dove il margine di guadagno è tre volte più alto. Il processo
di gentrificazione, ovvero di espulsione dei ceti popolari in favore
delle fasce più abbienti è ormai largamente avviato.

Servizi pubblici svuotati di senso si accavallano con speculazioni
private in una risignificazione che vede il territorio e chi lo abita
solo in termini di profitto. A partire da quel mostro di fabbrica del
sapere chiamata “Università degli Studi di Roma Tre” che mette in
produzione tutto il territorio intorno alla propria esistenza con taciti
accordi con costruttori, imprenditori e impicciaroli vari realizzando un
modello di università da intendersi come “laureificio”, privato di
spazi di aggregazione, critica e discussione; che svuota del suo
contenuto essenziale il diritto allo studio non concependo o eludendo
servizi essenziali per gli/le student@, quali mense e alloggi. Non sono
da meno i progetti sugli ex Mercati Generali che dietro l’illusione
della riqualificazione e della fruibilità culturale diventerà
l’ennesimo centro di consumo di merci e servizi. Valanghe di soldi
pubblici (do you remember Italia ’90?) diventano oggi la base per nuovi
lucrosi progetti imprenditoriali come quelli di Montezemolo che si è
preso la fatiscente struttura dell’Air Terminal per farne la stazione
dei suoi treni privati o il nuovo costosissimo Eataly di Farinetti.

Non dubitiamo che la stessa sorte toccherà ad altri eclatanti esempi di
sprechi come la piscina dei mondiali di nuoto di Valco San Paolo per la
quale sono stati spesi 20 milioni di euro senza che sia stata utilizzata
neppure un giorno. Intorno a noi ancora i costruttori pronti ad inondare
di nuovo cemento l’area dell’ex fiera di Roma, il deposito Atac di San
Paolo e così via: decine di delibere urbanistiche pronte ad essere
approvate come ultimo, ennesimo regalo di Alemanno a chi gli ha pagato
la campagna elettorale e verosimilmente gli pagherà la prossima.Nel
frattempo i servizi pubblici fondamentali chiudono: prima la biblioteca
comunale, ora a rischio è un intero ospedale come il CTO di Garbatella.

Tra gli interstizi di questo enorme cantiere che coinvolge un intero
quartiere, l’edificio di Via Ostiense 124 viene regalato da Acea al
Comune di Roma: Acea non ha infatti i soldi per la ristrutturazione che
si rende necessaria dopo l’abbattimento di un palazzo adiacente
sostituito da un moderno palazzetto di uffici e residenze di lusso. Il
destino di questo palazzo sembra già scritto: il Comune che a sua volta
non ha soldi da investire a causa della spending review e dei tagli agli
enti locali dovrà necessariamente cedere l’edificio a chi potrà
permettersi di abbatterlo avvantaggiandosi così del piano casa
Berlusconi (implementato dalla Polverini nel Lazio) che prevede ingenti
premi di cubature per chi trasforma in case vecchi palazzi fatiscenti.
Il guadagno di chi ha già guadagnato tanto rischia di essere enorme.

Ma ora l’ex Acea è diventato Alexis occupato e con tutte le nostre
forze vogliamo opporci a nuove speculazioni per proporre invece un piano
di recupero dal basso, che ci restituisca un diritto all’abitare negato,
una partecipazione alla città da cui vogliono escluderci. Dopo una
tavola rotonda con un team di ingegneri strutturisti, architetti e
geometri siamo giunti alla conclusione che la messa in sicurezza dello
spazio necessita di lavori importanti e con spese altrettnto importanti.
Per giorni abbiamo ragionato sulle possibilità di prosecuzione del
progetto socio-abitativo. Abbiamo infine deciso di rilanciare attivando
una campagna pubblica sul recupero dello spazio. Mettendo in gioco tutti
insieme le nostre competenze e la nostra manodopera possiamo resistere
alla devastazione della città e alla cacciata dei suoi abitanti
realizzando il nostro desiderio di reinventare l’abitare e ridare
dignità agli spazi maltrattati dalla speculazione. Siamo convinti che
solo dal basso, in modo indipendente da promesse elettorali e interessi
specultivi, si possa proficuamente contribuire a salvaguardare i
territori.

Vogliamo costruire e animare un presidio “resistente”, che sia
osservatorio di questa devastazione urbanistica e che abbia
l’aspirazione di essere laboratorio per la costruzione di un’alternativa
a questo modello basato su processi di gentrificazione, dalla
cartolarizzazione della città alla precarietà generalizzata delle
nostre vite. Per questi motivi crediamo che abbia senso rimanere
nell’ex-acea nonostante la denuncia di inagibilità, portare avanti un
progetto di autorecupero partecipato dello stabile. Vogliamo che sia una
casa per uscire dalla condizione di perenne precarietà abitativa ma
anche un luogo di scambio, dibattitto e autoformazione, costruendo
all’interno una sala studio, laboratori che mettano in condivisione
saperi ed attrezzature con chiunque voglia sentire un po’ sua questa
esperienza e voglia sperimentarsi e cospirare ovvero respirare insieme.

Per farlo daremo vita ad una serie di iniziative di informazione ed
autofinanziamento, invitiamo tutt@ a portare le loro proposte e a
condividere questo percorso in un’assemblea pubblica che si terrà ad
Alexis, via ostiense 124 sabato 2 febbraio alle 17:00!

Alexis! Ex Acea Occupato