Dal tavolo “Beni comuni: che vita sarebbe senza profitto”

Cosa hanno in comune una devastazione ambientale, una speculazione edilizia, la privazione del diritto all’acqua (cioè al 70% di se stessi), la privatizzazione della cultura, l’aziendalizzazione della formazione e delle università, il ritorno al nucleare, la sottrazione dei diritti fondamentali dell’individuo?

Almeno tre cose, secondo questo tavolo/workshop tenutosi all’università di RomaTre, facoltà di ingegneria, nella giornata di apertura di Independence Days, festival dell’indipendenza e della cospirazione:

1. La prima è la legge del profitto. Il principio di massimizzazione dei profitti è l’unica regola che ordina, trasforma e governa i nostri territori e le nostre vite.

2. La seconda è un conflitto di decisione. In altre parole: chi decide sullo sviluppo di un territorio e sulle vite che in esso si svolgono? Chi ha diritto di fare e disfare? Migliaia di speculazioni e migliaia di comitati di lotta e resistenza a tutto ciò. Per la legge dei grandi numeri, non è più dunque questione di partecipazione o di informare i cittadini. E’ un modello di gestione. Sempre più spesso le decisioni, le opere, le trasformazioni vengono imposte, ma non solo: vengono ostacolate e represse le esperienze di autorganizzazione e di autogoverno dei territori. Motivo? Vedi al punto 1.

3. La terza è la precarizzazione della vita nella sua complessità e in tutti i suoi aspetti.

Conclusioni

Se la vita intera è precaria, altrettanto eterogenea dovrà essere la risposta a questo status, e fornire una rappresentazione adeguata della molteplicità di conflitti e resistenze che si muovono contro la sottrazione dei beni comuni.

Per questo ci è piaciuto lo slogan “Che vita sarebbe senza profitto”, perchè traccia una prima, comune, risposta. Perchè identifica un problema centrale dei nostri tempi, tanto più attuale durante la crisi.

Da questo slogan può emergere una campagna comunicativa per rafforzare tutte le parti in una identità molteplice. Non si tratta di fondere le varie esperienze, lotte, collettivi, in un soggetto unico. Tutt’altro: significa trovare una voce collettiva per l’eterogeneità dei toni e dei timbri individuali. Per aumentare la capacità di tutti di essere ascoltati e di essere credibili in quanto parte di un’analisi comune e inizio di possibili soluzioni, seppure ancora esse si limitano ad un livello di comunicazione sociale, di agitazione, di immaginario. Un passo alla volta, è pur sempre un fare comune.

Proposte.

Si è deciso dunque di utilizzare lo slogan per declinare la diversità delle questioni/conflitti attorno ai beni comuni, legando a livello comunicativo la questione della precarietà della vita e del profitto al singolo ambito: cultura, formazione, ambiente e salute, abitare. Si prepareranno immagini per ogni ambito che verranno distribuite durante la manifestazione contro il G14 dei ministri del Welfare in programma a Roma il 28 Marzo. Occasione in più per ribadire che, ancora una volta, i grandi si riuniscono per decidere sopra le nostre vite come rilanciare l’economia dei profitti.

Infine, abbiamo deciso di rivederci e di allargare questa rete ad altre realtà che vogliano unire la loro voce a questo coro.

Presto pubblicheremo le immagini di “propaganda” e quelle del corteo.

Per partecipare alla campagna “Che vita sarebbe senza profitto”, scrivi a indipendenti@autistici.org

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