«Il G8 alla Maddalena? Il conflitto vero in Italia si vedrà a ottobre»
Luca Casarini: «Da Londra e dalla Francia solo avvisaglie. In Italia
pensiamo a battaglie sociali contro una crisi epocale»
«La ribellione sociale si sta diffondendo. Londra e Strasburgo sono solo
le prime avvisaglie». Luca Casarini, volto noto del movimento no-global,
non ha dubbi. Vede nelle rivolte di questi giorni «l’inizio di un
percorso»: «C’è un sentimento diffuso di non rassegnazione e la volontà di farla pagare a chi ha generato questa crisi».
Anche in Italia arriverà questo vento?
In questo Paese le cose, storicamente, ci mettono di più a partire, ma
quando scoppiano hanno durata più lunga. In Francia, ad esempio, il ’68 è iniziato prima ma si è affievolito nell’arco di un mese; da noi, invece, è finito quasi dieci anni dopo. Inoltre il nodo è un altro. La crisi è epocale, non si può immaginare che questo sconvolgimento si giochi su tempi brevi. Parliamo di pezzi di storia dell’umanità, non di fasi.
Comunque sono convinto che assisteremo a un autunno caldo: a ottobre finiscono i soldi della cassa integrazione, molti lavoratori saranno disoccupati e poi si riproporrà il tema della scuola.
Prima ancora a luglio ci sarà il G8 alla Maddalena… Non è che
assisteremo a una riproposizione di Genova 2001?
A Genova abbiamo avuto l’intuizione di assediare i potenti, di rovinare lo spettacolo a quei criminali, seduti intorno allo stesso tavolo, che
proiettavano la potenza del capitalismo. Adesso è diverso: bisogna
trasformare le resistenze ai controvertici in battaglie sociali. I potenti
della Terra sono in difficoltà, non hanno le ricette necessarie per uscire
dalla crisi.
Quindi?
È anche giusto assediarli, ma dobbiamo esser consapevoli che le zone rosse da violare sono aumentate. Oggi sono rappresentate anche da una banca, un istituto finanziario o un territorio dove si lotta per i beni comuni. Con questo spirito potremmo guardare al G8 della Maddalena.
Il sanzionamento degli istituti finanziari con azioni dirette caratterizza
questo nuovo movimento.
Con un’ottica nuova però. Il punto non è più colpire i simboli del
capitalismo ma creare meccanismi di protesta contro i nodi della crisi.
Nell’azione diretta c’è un elemento concreto di lotta. Basta pensare ai
sequestri dei manager francesi. Nella stessa Londra – sorprendente per
l’eterogeneità dei soggetti che si sono riversati nella City – i 10mila
manifestanti sono riusciti a ottenere un incredibile consenso intorno alle loro pratiche.
Ma dietro alle barricate questo movimento nasconde una progettualità?
È sotto gli occhi di tutti. E non è il progetto politico della nuova
sinistra ma di un altro mondo, di una rivoluzione permanente che passa per la quotidiana costruzione di alterità sui territori. Di forme di vita indipendenti. L’obiettivo del movimento dev’essere stare dentro ad un conflitto che c’è e che ha una ragione per esistere e continuare.
Assumerà pratiche radicali simili a quelle viste in questi giorni o in
Grecia?
La radicalità non è esercizio estetico – e chi lo pensa sbaglia di grosso
– ma è un progetto politico. È andare alla radice della crisi perché in
questa fase non c’è riformismo possibile che può salvarci. Da
Franceschini a Tremonti vedono la crisi solo nella finanza cattiva ma
salvano il resto, senza capire che sistema finanziario e produzione vanno a braccetto. Il liberismo in toto sta collassando, non ci sono mediazioni possibili.