E’ arrivata anche la sentenza del tribunale dei diritti dell’uomo di Strasburgo a schiaffeggiare l’Italia davanti al mondo per la quotidiana vessazione in cui versano le decine di migliaia di prigionieri nelle carcere italiane piene di gente comune, spesso di esclusi, emarginati, immigrati, prigioni sovraffollate, dense di storie di vita, di ingiustizie, soprusi, pestaggi, quasi tutti detenuti in attesa di sentenza, vite vissute nell’inferno delle carceri italiane. Storie di precari nelle metropoli franate ai tempi della crisi economica.
E ultimamente, nuovamente almeno da quando era a regime lo stato di emergenza degli anni 70 e 80, le carceri italiane cominciano ad essere riempite anche con decine di compagne e compagni, giovani, rivoltosi, presi durante scontri con la polizia, per occupazioni di case o sgomberi di centri sociali, per iniziative di antifascismo militante, per manifestazioni di riappropriazione o di contestazione alle politiche economiche o alle grandi opere come il Tav nella Val di Susa. E’ da tempo che stiamo assistendo ad un evidente inasprimento delle misure repressive con un susseguirsi continuo di misure cautelari ogni qualvolta quel minimo di rabbia che portiamo dentro prova ad organizzarsi ed a scendere in piazza. Nella giornata dell’altro ieri pesantissime condanne sono state inflitte a 5 compagni (4 di Teramo ed 1 di Roma) per aver partecipato alla manifestazione dello scorso 15 ottobre 2011 a Roma contro le politiche di austerity. Sei anni di reclusione e trentamila euro di risarcimenti al comune di Roma che costituendosi come parte civile ha legittimato l’utilizzo del reato di devastazione e saccheggio come dispositivo di punizione contro ogni forma di dissidenza sociale in nome della sua essenza storicamente fascista.
Lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo con forza, come ricorda Davide Rosci nella lettera aperta scritta dopo la sentenza dell’altro ieri, non ci sentiamo dei perseguitati poiché da lunghe notti fatte di anni abbiamo scelto di configgere con lo stato di cose presenti e abbiamo messo in conto tutto nella nostra convinzione, anche quella della vendetta dello Stato che promuove impoverimento e tanta polizia come unico nuovo sistema di welfare ai tempi dell’austerity.
Uno su tre di noi è senza lavoro, senza casa e senza futuro, i due su tre che rimangono sono precari, spesso si trova il reddito nell’illegalità e in un paese di banditi in doppio petto, con 60 miliardi di euro persi nella corruzione della Pubblica amministrazione, con 120 miliardi persi nell’evasione dei grandi patrimoni, con il tasso di disoccupazione record e livelli di impoverimento della popolazione complessiva, mai vista dal dopoguerra ad oggi, ribellarsi è necessario, legittimo, per noi lecito. E a fianco di tutta la popolazione carceraria dobbiamo far vivere la denuncia della svolta autoritaria che aumenterà nei prossimi mesi come penalizzazione, delinquentizzazione, interdizione delle lotte sociali, che in questi anni hanno dato grandi prove di resistenza, dignità e determinazione.
Dobbiamo fare nostra senza bandiere di appartenenza dal basso la necessaria battaglia per il diritto di resistenza e coniugarla con la libertà di movimento che per essere affermata come diritto costituente deve necessariamente essere strappata. In tempi di elezioni e campagne elettorali, oggi più che mai dobbiamo tracciare una distanza necessaria con la rappresentanza politica per fare di ogni battaglia una sfida senza inganni e menzogne a partire dalla conquista di una piena e legittima agibilità politica. Se un’amnistia come chiedono tutte le associazioni di detenuti ed ex-detenuti sarà necessaria anche solo per cominciare ad immaginare un mondo diverso, sarà nostro compito farla vivere e sedimentare come una battaglia di principio non sindacabile, per la democrazia reale, per la libertà.
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