Mentre il governo Letta di “solidarietà nazionale per la troijka e i suoi interessi” pensa bene di annunciare strabilianti interventi di natura economica per incentivare il dinamismo nel mercato del lavoro, l’occupazione dei giovani e maggiori opportunità per le imprese, parlando di staffette generazionali ed altre amenità, il lavoro nero continua ad essere una realtà concreta per il 40% dei così detti inattivi copre il primato mondiale del sommerso sul 18% del pil, il tasso reale di disoccupazione si aggira oltre il 25% e quello di disoccupazione giovanile intorno al 50%, dati reali e non quelli edulcorati dalle aggregazioni tecno-ipocrite dell’Istat.
Nel mentre, ci rubano il futuro con contratti di lavoro precari che rappresentano il 75% dei nuovi assunti e un diritto alla pensione da fame per i collaboratori a progetti, i lavoratori autonomi e quanti non rientrano più nella specie tutelata di animali esotici a tempo indeterminato. Governando senza alcuna legittimità, attraverso le forzature del vecchio un po’ ordo-liberale un po’ nazional-stalinista Presidente della Repubblica, Re Giorgio, lor signori occupano le cariche istituzionali per mandato e “concessione” del FMI e della UE, e dagli scranni del governo si permettono pure di parlare di nuova riforma della pensioni, dopo quella targata Fornero che tra le altre accelera la fusione tra i crediti dell’Inps e i debiti dell’Ipdap facendo pagare, ai precari e pensionati poveri, le pensioni d’oro di quei maiali che hanno amministrato dai vertici apicali della PA la corruzione di ben 80 miliardi l’anno, del resto c’hanno famiglia pure loro! E non pensano affrontare minimamente se non con qualche convegno e pacca sulla spalla quella che è la vera emergenza sociale e l’unica grande opera possibile e accettabile, ovvero quella di introdurre immediatamente un reddito garantito per tutte e tutti. Dicono che non ci sono i soldi, ma è falso, manca la volontà politica non la strumentazione tecnica. E ci siamo stufati pure di fare i consulenti gratis per sordi decisori politici. Questi signori che governano con ventimila euro al mese devono e possono riconoscere la ricchezza comunemente prodotta, la produzione sociale di cui siamo portatori e ridistribuire subito reddito e servizi, tutele e nuovo welfare. Esattamente come hanno fatto per ripagare i debiti privati della banche, con i soldi pubblici della collettività, banche private che insieme ai soliti noti e favoriti dal sistema di incentivazione, FSE e clientelismo vivono sulla cresta dell’onda della crisi mentre la maggioranza anche delle tante imprese piccole o individuali muoiono e chiudono i battenti bruciando idee, innovazioni e aspettative della libera attività così detta imprenditoriale che tanto avevano elogiato sospinto negli anni 80/90. La favola è finita e al sesto anno inoltrato della crisi sistemica del valore, nella piena recessione della finanziarizzazione di tutto il processo economico, rimane l’uomo indebitato in uno stato indebitato e l’economia del debito come vero e unico paradigma di governo, pressione e ricatto sulle moltitudini, reprimendo claims e rivendicazioni che ad oggi dovrebbero essere costituenti di un diverso vivere in comune. Siamo sotto la dittatura dei mercati e di questo ormai le popolazioni d’Europa ne sono progressivamente sempre più consapevoli, ne hanno già avuto un assaggio con le politiche di austerity che la Commissione europea e il FMI stanno imponendo in questi ultimi anni con la sfacciataggine che solo i padroni possono avere. In nome della crisi stanno massacrando una società intera, i suoi sogni e bisogni. Per uscire dal ricatto la piattaforma per il reddito e i diritti si rimette in cammino dislocando sui territori nuova forza ed energia sociale per la ricomposizione e il riconoscimento tra i precari, i precarizzati, gli sfruttati e gli emarginati (emarginati prima di tutto dall’accesso al credito) ma anche dai servizi sempre più privatizzati ed escludenti, in alternativa pubblici e decadenti. Riprendiamo parola dunque attraverso cortei nei quartieri e nei territori della metropoli con iniziative dislocate, piazze tematiche per allargare il fronte sociale che lotta, occupando le case, rivendicando i diritti dentro ed oltre il lavoro, difendendo i beni comuni dalla speculazione neoliberista. Scendiamo nuovamente nelle strade per riconquistare reddito, casa, diritti e libertà per cambiare radicalmente modello per costruire insieme una nuova stagione di lotta.
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