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Chi ha occupato l’ambasciata svedese?

Cervelli in fuga? Antimonarchici svedesi? Situazionisti stravaganti? Niente di tutto questo, sono precari e precarie, studenti e migranti, giovani e meno che hanno richiesto asilo politico per avere garantiti diritti sociali e di cittadinanza. E per attestare che hanno ragione di reclamarli, perché qui e ora non ne godono, hanno portato i loro “curricula”.

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Siamo grafici pubblicitari, giornalisti free lance, collaboratori a progetto, fonici, ricercatori ed insegnanti precarie, operatori sociali, operatori di call center, tecnici dell’industria dello spettacolo e della comunicazione, studenti e disoccupati.
In Italia, il welfare state è una delle ultimissime voci di spesa e però la prima da tagliare anno dopo anno, demolendo così ogni garanzia e diritto di cittadinanza ma, soprattutto, compromettendo ogni possibilità di futuro. Infatti oggi in Italia il mercato del lavoro è precarizzato, polverizzato e sfruttato; si lavora più ore dei padri e si hanno meno diritti. Ma questa precarietà va oltre le mura del lavoro, si è precari in tutto, 24 ore al giorno. Le garanzie sociali come un reddito, una casa, la formazione o la semplice mobilità sono completamente negate.
Con un sistema di protezione sociale tutto legato al lavoro, sempre più precario ed intermittente che non copre la stragrande maggioranza dei lavoratori, l’Italia si candida a rimanere il fanalino di coda nel welfare e nelle politiche sociali, condividendo con la Grecia questo primato negativo. Un mondo del lavoro diviso tra garantiti durante e dopo il lavoro, e precari in continuo e progressivo aumento numerico, senza tutele e garanzie sia durante che dopo il lavoro. Un’asimmetria sociale e lavorativa che vede crescere sempre di più il bacino di lavoratori precari ed atipici con percentuali che parlano chiaro: solo un terzo degli assunti nel 2008 è a tempo indeterminato e solo un quarto della complessiva forza lavoro attualmente impiegata ha diritto di accesso agli ammortizzatori sociali o a forme di protezione sociale e di welfare. Per questo abbiamo deciso di chiedere asilo politico alla Svezia, paese nord europeo a welfare state avanzato. Qui, come in molti altri paesi europei, esiste uno stato sociale in cui il cittadino, considerato come tale e non come una spugna da strizzare, è garantito dallo stato e non vincolato alla famiglia. Invece qui in Italia si è scelto da anni di inchiodare i giovani all’unica rete di salvataggio possibile: mamma e papà, eventualmente nonna e nonno… E non contenti hanno pure voluto chiamarci, da sinistra a destra, mammoni, bamboccioni e fannulloni.
Chiediamo asilo politico per lasciare il cadavere di questo sistema liberista in crisi perenne ed infinita, per dichiarare la nostra ribellione allo sfruttamento della precarietà di vita, per lasciarci indietro la politica economica ecumenica tremontiana, che declama la quaresima della crisi contando sempre sugli stessi agnelli sacrificali, noi.
Salpiamo per fare rotta verso il futuro e partiremo domani dalla MayDay!

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