Roma. Ondata di occupazioni. comunicato STUDENTATO/CASA DEI PRECARI –ALEXIS

Ieri abbiamo occupato lo stabile in via Ostiense 124 e lo abbiamo chiamato Alexis, perché quando diciamo che i compagni/e vivono nelle lotte, ci crediamo veramente.

Infatti la giornata di ieri è stata una grande giornata di lotta, una giornata di cortei, di occupazioni e di risposta reale .

Lo avevamo detto, scendere in piazza a consumare le strade non ci basta più, cominciamo a portare elementi di proposta, luoghi dove sperimentare il comune e le possibilità oltre l’esistente, oltre il capitalismo.

Alexis vuole essere uno spazio aperto alla città, vuole essere una risposta abitativa per gli studenti che non hanno alcuna agevolazione da parte delle università dal punto di vista di alloggi che vengono messi in affitto e nei quali l’accesso è sempre più limitato se non sconveniente, visto il decentramento degli alloggi che spostano il problema abitativo con quello della mobilità, oltretutto concepiti come mini-caserme (documenti all’entrata).

Ma Alexis vuole anche uscire dalla situazione prettamente studentesca in quanto poi parlare di soggettività studentesca oggi è qualcosa di molto difficile, preferiamo parlare di precari in formazione, essendo questo soggetto inserito da subito nella totale  precarietà, e quindi pensare ad una casa anche dei precari e delle precarie in un contesto sociale e con un mercato del lavoro non solo disastroso, ma sempre più portato verso il baratro da parte delle misure di austerity messe in campo per il mantenimento del sistema economico-politico.
Tutti noi siamo già da tempo nella giungla della precarietà e ci ritroviamo nel “gioco” delle 47 modalità contrattuali o a nero a dover accettare lavori sottopagati e prese in giro varie, qualcosa di sempre più diffuso, ma la necessita di non accettare questa condizione si fa
sempre più forte.

Alexis quindi si colloca in uno spazio cittadino, di una citta dove l’abuso edilizio e la speculazione sono altissimi, dove  sono più le case senza persone che le persone senza case, ma anche direttamente nello spazio territoriale dove a pochi metri si compie una grandissima speculazione su quello che era l’ex “quartier generale” acea tenuto in affitto al costo di un miliardo e mezzo l’anno da parte della regione , vuoto e frutto delle speculazione di più privati, aziende , costruttori noti e in un territorio che subisce fortemente in maniera
negativa la presenza di una grande fabbrica, la fabbrica del sapere di Roma3.

Allo stesso tempo Alexis vuole collocarsi in uno spazio transnazionale ed Europeo, perché sente forte il bisogno di una connessione e di generalizzare il conflitto in tutti gli ambiti sociali, sente il forte bisogno di cambiamento e di alterità, vuole darsi come tendenza lo
sciopero sociale.

Rivendichiamo reddito, perché non vogliamo piegarci al ricatto del lavoro sottopagato e dello sfruttamento e lo facciamo riprendendocene un pezzetto, smettendo di pagare l’affitto e le case, i soldi che buttano, con cui speculano, devono cominciare a darli alle persone.

Stamattina hanno sgomberato l’occupazione di Sette Camini e, mentre scriviamo, sappiamo essere in atto altri tentativi di sgombero, ma anche conseguenti mobilitazioni per rispondere subito ad ogni intimidazione; noi portiamo la nostra vicinanza e complicità e sappiamo tutti e tutte che anche se sgomberati, non finisce qui.

Oggi pomeriggio invitiamo tutte le realtà di movimento, tutti soggetti singoli, gli abitanti del quartiere, studenti e chiunque voglia, ad intervenire e a prendere parola con noi in un’ASSEMBLEA PUBBLICA CITTADINA e a sentirsi complici di un progetto ed una prospettiva, che tende al cambiamento non solo possibile ma necessario.

L’appuntamento è venerdì 7 dicembre ore 18 in via Ostiense 124, nel nuovo studentato/casa dei precari Alexis

La libertà non cade dal cielo, si strappa giorno per giorno

Puntuali come un orologio svizzero, a soli tre giorni dall’imminente mobilitazione di sabato prossimo a Lione, arriva su tutto il territorio nazionale l’ennesima vile operazione repressivo-mediatica nei confronti di 19 attivisti No Tav.

I fatti contestati nell’operazione scattata all’alba di oggi riguardano l’occupazione simbolica degli uffici della GeoValsusa del 24 agosto 2012, impresa complice della devastazione e militarizzazione del territorio della Val Susa, nonchè i fatti avvenuti il 29 febbraio 2012 durante il blocco autostradale realizzato in quei giorni a Chianocco, quando giornalisti del Corriere della Sera presenti con tanto di furgone attrezzato, non solo per le riprese ma anche  per le intercettazioni, sono stati cacciati dagli attivisti che hanno smascherato il ruolo di una informazione embedded inviata come arma di propaganda di massa contro la verità di chi lotta in difesa del proprio territorio.

Per l’ennesima volta, e a dieci mesi dall’ignobile inchiesta firmata dal Procuratore-capo di Torino, Giancarlo Caselli, i poteri forti tentano la carta della criminalizzazione volta a intimidire chi ogni giorno si mobilita contro la becera retorica strumentale di un governo liberista che utilizza il tema della crisi economica per sostenere lo scempio ambientale ed economico del Tav. Per tutelare l’operazione si è ricorsi nuovamente alla pratica dell’occupazione militare: centinaia di uomini hanno letteralmente bloccato l’accesso al centro abitato di Chiomonte, violato e rimosso il presidio dei No Tav, sancendo che l’unico modo di colpire il movimento è l’imposizione di un vero e proprio stato d’eccezione.

A questo si aggiunge l’ignobile tentativo di pochi giorni fa di stigmatizzare i genitori che portano i propri figli alle manifestazioni NoTav, denunciandoli ai servizi sociali.

Come troppo spesso accade, non possiamo che constatare come i poteri dello stato e i suoi esecutori stiano sperimentando e sedimentando pratiche repressive per cui, in questo contesto di crisi gestito a colpi di austerity, la sistematica svolta autoritaria sta diventando prassi quotidiana. Il ministro Cancellieri solo pochi giorni fa ha nuovamente invocato uno strumento di repressione preventiva, una sorta di Daspo, che impedisca agli attivisti di partecipare ai cortei più significativi.

Le cariche selvagge, le identificazioni di massa e gli arresti scattatati il 14 novembre, nuova giornata di sperimentazione di uno sciopero sociale coordinato a livello europeo, si sommano al susseguirsi di misure cautelari per chi il 15 ottobre 2011 ha partecipato ad un corteo esprimendo legittimamente solo una minima parte della rabbia che ci portiamo dentro. Questi sono solo alcuni esempi di come la penalizzazione delle lotte sociali e la riduzione dell’agibilità politica dei movimenti indipendenti non siano nient’altro che dispositivi di controllo volti ad imporre un’analitica, capillare e strutturata prevenzione di ogni dissidenza sociale.

“Tutti insieme facciamo paura”: l’abbiamo gridato in migliaia nelle ultime manifestazioni e lo sanno bene i signori chiusi nei palazzi. Questa consapevolezza pone però la necessità di articolare un discorso politico ampio e comprensibile che rompa l’isolamento della repressione, che sappia trovare meccanismi e dispositivi di cooperazione dentro e fuori i movimenti in grado di mettere la solidarietà al centro delle nostre pratiche per spazzare via la delazione e il giustizialismo diffuso.

Nel governo dell’austerity e della paura, non solo gli/le attivist* ma tutt* dovremo aver ben chiara l’urgenza di guadagnare una piena agibilità, una vera libertà di movimento, oltre le continue limitazioni delle libertà personali e collettive che hanno reso l’Italia un enorme e insostenibile recinto.

Libere/i tutte/i

La nostra libertà non si paga. Si strappa!

Mentre scriviamo veniamo a conoscenza della riconquista del presidio di Gravella a Chiomonte: pensate davvero di poter vincere contro il popolo della montagna?

“La zappa degli studenti sovversivi” da “comune-info.net”

Secondo anno per la «Scuola del Giardiniere sovversivo e di Permacultura». Teoria e pratica sul campo al centro sociale Acrobax, con il gruppo di guerrilla gardening romano Giardinieri sovversivi. L’unica scuola al momento dove i tagli sono ben visti da allievi e docenti. Quelli delle erbacce.

Sabato primo dicembre suona la campanella: alle 17,30 presso Acrobax a Roma (via della Vasca Navale 6), verrà presentata la Scuola del Giardiniere sovversivo e di Permacultura. Il corso è organizzato dai Giardinieri Sovversivi Romani (gruppo di guerrilla gardening antifascista ed antirazzista di Roma) ed affronterà anche quest’anno argomenti come giardinaggio d’assalto, nozioni di base di fitobiologia applicata e tecniche di coltivazione naturale, con lo scopo di aumentare nei cittadini una coscienza «verde», lasciando ad ognuno il libero arbitrio di far poi, di questo piccolo bagaglio culturale, ciò che meglio crede.

Gli aspiranti giardinieri sovversivi faranno palestra sul campo ovvero presso il Laboratorio occupato autogestito Acrobax, centro sociale con i suoi dieci anni di storia (nel sito si legge «Era il 2001, tornavamo tutti/e dai giorni del G8 di Genova. Anche chi non ci era stato/a. Perchè quella è una data spartiacque per molti/e della nostra generazione….) che ha sede nell’ex-cinodromo di Roma, uno stabile enorme nel quartiere Marconi, un tempo del tutto abbandonato e recuperato in questi ultimi anni come laboratorio del precariato metropolitano e come importantissima opera di riqualificazione per l’intero quartiere e la città.

In questo spazio sono presenti diversi laboratori, Acrobax Expo, All Reds Rugby, All Reds Basket, Circolo Anpi Renato Biagetti, Laboratorio Aion, Progetto Ansa del Tevere, Barriot e Cucinodroma, La Popolare Palestra Indipendente, Renoize e ovviamente anche il laboratorio dei Giardinieri sovversivi. Il centro è un spazio culturale, impegnato in lotte sia sociali che politiche, con un occhio di riguardo per il precariato, il diritto alla casa, il carcere, le lotte contro la repressione e il neofascismo.

Il gemellaggio tra Giardinieri sovversivi (Gs) ed Acrobax è nato nel 2011 quando con zappe e rastrelli in mano si è data vita a un’opera di riqualificazione e condivisione degli spazi verdi dell’ex Cinodromo: il CinOrto Sinergico Sovversivo, un piccolo vivaio dove si conservano le piante donate da vivai e cittadini per le azioni di guerrilla gardening, progetti di sistemazione del verde come la grandissima opera di terrazzamento iniziata con l’aiuto dei ragazzi del Servizio civile internazionale, il parco dei bimbi al Baricadero e la sistemazione della grossa e grassa aiuola dell’entrata.

Grazie all’entusiasmo di lavorare a un comune progetto, è stata aperta in questi spazi la scuola di Gs, in modo da far conoscere a quanta più gente possibile un luogo storico romano purtroppo ai più sconosciuto con l’intenzione di valorizzare i numerosi spazi verdi che vi sono presenti in un progetto condiviso con la città.

Il programma del corso prevede quest’anno ben due moduli: Modulo 1: giardinaggio sovversivo (una parte teorica in cui verranno spiegate le nozioni di base del giardinaggio come botanica, terreno e concimazione, moltiplicazione delle piante, le malattie, tecniche di potatura ed una pratica di guerrilla gardening, tecniche varie per la moltiplicazione e la cura delle piante). Modulo 2: permaculura sovversiva (dove impareremo come fare un piccolo orto domestico, come coltivare con poca terra e in verticale, come trasformare gli scarti alimentari in risorse agricole e tutta la «magia» dell’agricoltura naturale e sinergica, facendo pratica con zappa alla mano nella terra che costeggia il campo da rugby tra le altre terreno analizzato in laboratorio come ottimo e non inquinato).

Il corso insegnerà quindi le basi per il giardiniere e contadino sovversivo perfetto, per poter costruire «le armi del mestiere» (come le bombe di semi, lattine volanti, moss graffiti) e tutto quello che occorre per coltivare in maniera salutare i prodotti che troviamo sulla nostra tavola. Le lezioni della Scuola del Giardiniere sovversivo si terranno il sabato dalle ore 15 alle 18 e avranno durata fino alla fine di giugno. La Scuola è gratuita, ma verrà chiesta una quota di partecipazione, valida per l’intero corso, di soli 10 euro per studenti e disoccupati, 15 euro per i lavoratori e/o per chi è più fortunato.

Il ricavato verrà devoluto alla «Sacra» Guerrilla Gardening, sia per l’acquisto dei materiali per le lezioni (come piante, attrezzi da giardino, concime) sia per il materiale didattico distribuito durante le lezioni (carta e toner). La prima classe a intraprendere questa avventura lo scorso anno ha avuto la partecipazione di 63 allievi giardinieri, ma per il nuovo corso si conta di dilagare il «Verbo Verde»…

Per conoscere meglio la scuola e come ogni inaugurazione che si rispetti dopo la presentazione sarà offerto uno squisito aperitivo vegano (grazie a VeganRiot!) e chi vorrà potrà restare alla videoproiezione del film «Gli Equilibristi» (regia Ivano De Matteo, 2012), insieme al regista e Valerio Mastandrea.

Per avere un’idea di cosa è possibile combinare una volta frequentato il corso suggeriamo di dare un’occhiata al foto-reportage Il suono dei tulipani. Per arrivare invece preparati alla scuola consultate un po’ di archivio qui.

La prima foto di questa pagina è di Matteo Micalella e riguarda l’iniziativa promossa a Roma domenica 4 novembre  da Giardinieri sovversivi: dell’iniziativa si parla in questo articolo. Nella seconda foto, lezione della scuola dei giardinieri dello scorso anno (tra i più attenti gli allievi a quattro zampe).

E se infine pensate che guerrilla gardening, permacoltura e orti urbani siano materie e pratiche che dovrebbero entrare nelle scuole (ammeterete che siete un po’ fuori di testa) allora dovete leggere questo articolo, Proposta ai ragazzi/e delle scuole in movimento, e darvi da fare nel farlo rimbalzare in rete.

>>> da http://comune-info.net/2012/11/la-zappa-degli-studenti-sovversivi/

Ci siamo ripresi ciò che è nostro e abbiamo trovato l’America nel cuore di Trastevere!

Pubblichiamo un appello di appoggio e solidarietà all’occupazione permanente del Cinema America di Trastevere, lanciata dall’Assemblea Giovani al Centro e dai residenti del rione domenica 18 novembre, durante l’assemblea conclusiva di Ri_Pubblica.
 
Il Cinema America è stato per anni lasciato all’incuria di una gestione privata il cui unico interesse è stato quello di far approvare un progetto di abbattimento per costruire una palazzina fatta di appartamenti e parcheggi interrati.
 
Con anni di mobilitazione gli abitanti di Trastevere hanno ottenuto la bocciatura di un primo progetto che prevedeva 36 mini-appartamenti. Ma la minaccia di abbattimento non è scomparsa: è stato presentato un nuovo progetto, al momento bloccato, che prevede di fare 20 abitazioni e due piani di parcheggio.
 
L’occupazione di domenica ha lanciato una settimana di “work in progress”, fatta di assemblee e incontri pubblici, destinati a organizzare una programmazione a lungo termine che risponda alle esigenze culturali, sociali e politiche degli abitanti del rione XIII e degli studenti di zona.
 
Il Cinema America diventerà un polo multifunzionale, un laboratorio di esperienze di attivazione culturale, politica e sociale per studenti, residenti e chiunque vorrà partecipare al progetto.
 
In vista di questi obiettivi,  contro la minaccia di abbattimento della storica sala trasteverina, supportiamo l’occupazione a tempo indeterminato del Cinema America, rilanciando l’assemblea pubblica di domenica 25 novembre alle 19:00.
 
Con il Cinema America Occupato, contro le speculazioni sulla cultura e sul territorio!
 
 
Per inviare adesioni lasciare un commento o inviare una mail ad assembleagiovanialcentro@gmail.com

 

 

Ri-pubblica Occupa: I beni comuni hanno trovato l’America!

Oggi una larga alleanza sociale, riunite nel percorso chiamato “Ri_Pubblica, ha occupato il cinema America, a Trastevere, in via Natale del Grande, nella città di Roma.

Qualche mese fa alcuni comitati, realtà sociali, collettivi, cittadini/e hanno immaginato uno spazio pubblico di discussione, all’interno del quale, camminare insieme per comprendere le reciproche differenze e, soprattutto, per cercare i nessi e il senso condiviso delle battaglie sui beni comuni nel territorio di Roma.

A questo spazio abbiamo dato il nome di Ri_Pubblica perchè vogliamo aprire una possibilità di riappropriazione dei beni comuni e dei servizi pubblici per tutti/e.

Ci siamo incontrati unendo le battaglie per l’acqua, quelle sui rifiuti, sui saperi, sulla difesa del territorio con l’ambizione di superare la semplice sommatoria di singole esperienze ed individuare delle possibili azioni su nodi comuni.

Dal 15 al 18, in questa occupazione collettiva e temporanea, ci saranno momenti di incontro e discussione sui beni comuni, le battaglie per difenderli e dei processi che li stanno sottraendo a tutti/e noi. Siamo convinti, infatti, che un processo di mercificazione e di finanziarizzazione dei beni comuni sia uno dei frutti delle politiche neoliberiste. Una produzione di valore continua su beni che non devono essere proprietà di nessuno perchè sono garanzia di esistenza per tutti.

Scegliamo di aprire questa esperienza oggi, alla vigilia del 14 Novembre, giornata di sciopero e mobilitazione generale e sociale, perchè la difesa e la ripubblicizzazione dei beni comuni è una risposta alla crisi generata da questo sistema e dalla sua voracità che genera sfruttamento, profitto e precarietà sulle nostre vite e sull’ambiente.

Perchè siamo parte di quella alternativa contro l’austerità e l’imposizione delle ricette neoliberiste.

Perchè difendiamo i beni comuni per riprenderci il futuro.

 

>>> per info: www.ripubblica.org

Ri_Pubblica – Difendere i beni comuni, riprenderci il futuro.

Qualche mese fa alcuni comitati, realtà sociali, collettivi, cittadini/e hanno immaginato uno spazio pubblico di discussione,  all’interno del quale, camminare insieme per comprendere le reciproche differenze e, soprattutto, per cercare i nessi e il senso condiviso delle battaglie sui beni comuni nel territorio di Roma.
A questo spazio abbiamo dato il nome di Ri_Pubblica e qui ci siamo incontrati unendo le battaglie per l’acqua, quelle sui rifiuti, sui saperi, sulla difesa del territorio con l’ambizione di superare la semplice sommatoria di singole esperienze ed individuare delle possibili azioni su nodi comuni.

Dal nostro primo incontro siamo cresciuti e ci siamo arricchiti di consapevolezza e conoscenza che sono frutto di una processo di riconoscimento e di ricerca di una prospettiva comune. Le sequenze del nostro processo non sono state lineari ma, inaspettatamente, ricche come solo i processi sociali sanno essere!  Siamo arrivati ad un punto che, forse, non avevamo intravisto all’inizio del nostro percorso.  Siamo arrivati alla prima tappa di Ri_pubblica.

Da giovedì 15 a domenica 18 Novembre: saranno quattro giorni di approfondimento, autoformazione e dibattito su dei temi che attraversano in modi diversi tutte le nostre lotte, ovvero Democrazia, Finanza, Territorio e Saperi. Delle lenti con cui analizzare la mercificazione e la finanziarizzazione dei beni comuni e la progressiva e crescente esclusione dei cittadini nelle decisioni che li riguardano. Delle chiavi per proporre prospettive alternative per il nostro futuro, in connessione con le mobilitazioni contro la crisi che, dal 14 Novembre, si attiveranno in tutta Europa.

Discuteremo di questi temi in un’occupazione temporanea di uno dei tanti spazi vuoti e abbandonati di questa città, un gesto simbolico che allude alla necessità di riprendersi degli spazi collettivi, di sottrarre pezzo per pezzo la nostra città al profitto ed alla speculazione. Un primo passo comune per intraprendere la strada della ripubblicizzazione contro la crisi di questo sistema.

Si tratta di un processo aperto, in continuo divenire, per questo invitiamo tutte e tutti a contribuire, sostenere, partecipare e diffondere, perchè niente è scritto e tutto è da conquistare.

Per riappropriarci insieme del nostro territorio, delle nostre risorse, dei nostri saperi: Ri_Pubblica!

Join us! 
Segui aggiornamenti ed indicazioni su:
www.ripubblica.org 
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Luca Abbà ritorna in Clarea, la polizia usa idrante sui notav

da www.infoaut.org

Sotto una pioggia battente migliaia i notav che hanno accompagnato Luca Abbà
sotto quel traliccio dal quale cadde, per colpa della polizia, il 27 febbraio
scorso. Il ritorno di Luca in Clarea dimostra la sua tenacia, di chi da sempre
si oppone allo scempio di una valle, contro le lobby affaristiche del tav.

Una passeggiata pacifica ma determinata per dimostrare che il movimento notav
non si fa intimidire dai tentativi di criminalizzazione della magistratura, per
denunciare la militarizzazione della valle, contro un cantiere che ha devastato
un intero territorio.

Una volta giunti in Clarea, un primo momento fatto di interventi nei quali si
ribadivano l’importanza di continuare ad esserci, un momento per ribadire la
necessità di resistere e continuare a lottare; in un secondo momento i notav si
sono avvicinati alle reti del cantiere per l’ormai consueta battitura per
esprimere il dissenso verso un cantiere installato manu militare, contro la
militarizzazione della valle. Appena il movimento ha iniziato la battitura le
forze dell’ordine, in maniera gratuita, ha scaricato l’idrante addosso alla
gente rimasta ferma continuando, per quanto fosse possibile sotto i forti getti
d’acqua, la battitura alle reti del cantiere. Un’ azione quella delle forze
dell’ordine in linea con la loro vigliaccheria. Senza farsi turbare troppo da
questo gesto, il movimento notav è andato a posare, in prossimità delle zona
delle vasche, un menhir in pietra a perenne memoria di tutti i caduti della
resistenza partigiana nelle vallate alpine piemontesi.

Una giornata che seppur all’insegna del maltempo è stata molto partecipata,
un ritorno al futuro per Luca che in quel luogo a rischiato di non avere più, un
momento di rilancio per il movimento notav che si appresta ad affrontare un
altro inverno di lotta.

NO ALLA VENDITA DEL PATRIMONIO PUBBLICO 1.10.12 Manifestazione a Roma

NO ALLA
VENDITA DEL PATRIMONIO PUBBLICO

LUNEDì 1 OTTOBRE

ORE 13.30
CONFERENZA STAMPA
ORE 15.30 MANIFESTAZIONE IN
CAMPIDOGLIO

Il 1 ottobre sarà una giornata decisiva per il destino di Roma. In questa giornata,
infatti, il Campidoglio è chiamato a votare la delibera sulla vendita del
patrimonio pubblico: una lunga lista di beni comuni che rischiano di essere
sottratti alla collettività per essere (s)venduti al miglior offerente o a chi –
sull’onda lunga delle tante «parentopoli» romane – avrà meglio saputo
intrallazzare con i nostri amministratori.

manifestazione in campidoglioPurtroppo sia la maggioranza che l’opposizione sono convinte che
cedere il patrimonio comunale sia inevitabile per far fronte al disavanzo delle
casse romane, devastate dal malaffare e dal nepotismo. Invece si tratta di
un’idea inaccettabile, un insulto per tutti i cittadini e l’ennesimo regalo ai
«signori del mattone».

Con le
mille persone salite al Campidoglio giovedì 27 Settembre, i MOVIMENTI PER IL
DIRITTO ALL’ABITARE hanno già fatto sentire la loro voce, esprimendo il dissenso
nei confronti della giunta Alemanno e ottenendo un incontro con l’assessore al
Patrimonio e la maggioranza, fissato per LUNEDI 1 OTTOBRE alle 12, mentre alle
16, in aula, inizierà la discussione, con l’obbiettivo dichiarato di una veloce
approvazione di un provvedimento assolutamente antipopolare.

I
MOVIMENTI PER IL DIRITTO ALL’ABITARE si mobiliteranno ancora, sia per opporsi
con tutte le loro forze alla vendita incontrollata dei «gioielli di famiglia»,
sia perché – come confermato da un incontro con i rappresentanti
dell’opposizione, ottenuto giovedì scorso grazie alla pressione della piazza –
la novità di un fondo per l’edilizia residenziale pubblica da prevedere nel
bilancio deve assolutamente diventare realtà. Solo una simile voce, infatti,
potrebbe dare finalmente sostanza alle 6000 case popolari che, da marzo 2010,
esistono soltanto sulla carta di una delibera approvata dal consiglio comunale.
Perché non bisogna dimenticare che, con questi investimenti, si potrebbe tornare
a parlare di alloggi pubblici e di sostegno alle iniziative di autorecupero:
necessità vitali per una città sul quale aleggia minaccioso lo spettro della
perdita della casa per quote sempre più ampie della sua popolazione.

Siamo solo
all’inizio di un processo difficile, condizionato da una  campagna elettorale
alle porte. Dobbiamo strappare dentro il bilancio che sta per essere approvato
le risorse necessarie per finanziare politiche abitative degne di questo nome.
Per questa ragione i MOVIMENTI PER IL DIRITTO ALL’ABITARE torneranno in
Campidoglio LUNEDì 1 OTTOBRE ALLE
15.30 per manifestare i bisogni autentici di una Roma devastata dal cemento e
dalla precarietà.

Movimenti per il diritto all’abitare

Se rimani neutrale nelle ingiustizie, hai scelto di stare dalla parte dell’oppressore. # Anonymous

Il nodo redazionale indipendenti.eu ritiene fondamentale l’op. #Italy e #OperationGreenRights (svolta ad Agosto 2012 e pubblicata sul sito: http://anon-news.blogspot.it/), perché ha prodotto un livello di trasparenza e controinformazione in merito alla devastazione e contaminazione ambientale realizzata dall’ILVA GROUP sulla vita di migliaia di persone nella città di Taranto.

Per continuare a dare il massimo sostegno e contributo alle lotte del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti, pubblichiamo, diffondiamo e re-interpretiamo i risultati dei dati estratti dai database dell’ILVA.

 

 

#Italy e #OperationGreenRights hanno dimostrato che l’ILVA di Taranto supera i limiti permessi dalle leggi in materia di sostanze inquinanti emesse

Anonymous è penetrato nel server dell’Ilva di Taranto, ha estrapolato i valori degli inquinanti riportati nei database dell’ILVA e del Gruppo Riva  (www.ilvataranto.com e www.rivagroup.com) ed ha dimostrato che nel mese di Maggio i valori di furano (conosciuto chimicamente come furfurano o ossido di divinilene, un pericoloso contaminante ambientale) immesso nell’atmosfera siano usciti dai limiti di legge.

Il furano (C4H4O) e’ un composto organico inquinante che persiste nell’ambiente e che si trasforma in condizioni ambientali naturali (decade naturalmente) in policlorodibenzofurani (PCDF), un composto associato alle diossine (policlorodibenzodiossine, PCDD). Il furano e’ volatile a temperatura ambiente e le concentrazioni rilevate nelle prossimità dell’ILVA sono comparabili a quelle di un disastro ambientale. Tale composto non solo e’ cancerogeno, ma puo’ anche causare sindromi respiratorie croniche, disordini immunologici atipici e neoplasie. Il furano e’ inoltre anche un teratogeno ovvero può causare di malformazioni fetali.

I dati di Anonymous pubblicati su: http://pastebin.com/RrcF5RqW mostrano come questo composto sia prodotto al di sopra del limite. Tali dati sono suddivisi per valvola (di scarico). Ogni valvola è distinta con un codice, ad esempio, CK2SO2 giornaliero – il che dovrebbe indicare il tipo di furano monitorato (una a base SO2, biossido di zolfo) e la frequenza, sebbene i controlli in alcuni casi siano mensili. Anonymous ha presentato diversi valori che mostrano una generale tendenza in crescita di alcuni contaminanti.

Riportiamo una nostra elaborazione grafica (indipendenti.eu)di una delle tabelle pubblicate da Anonymous che corrisponde a quello della valvola CK2SO2. Il grafico mostra la prima rilevazione il giorno 15 Maggio 2012, con il limite massimo posto a 640 ng/m3. Il 31 Maggio il valore massimo degli inquinanti viene innalzato a 800 ng/m3.  Qui sorge la prima domanda: come è possibile che un valore limite  fissato per legge possa essere arbitrariamente cambiato? Poiché non ci sono prove che la legislazione al riguardo sia stata cambiata, l’aumento di produzione di questa sostanza e’ illegale. Si può altresì notare che il 31 Maggio 2012, quando il limite massimo di furano rilasciabile era già stato portato arbitrariamente a 800 ng/m3, il valore dell’inquinate supera i 640 ng/m3 dimostrando come L’llva, abbia manipolato i dati in modo da rendere l’emissioni di questa sostanza all’interno dei limiti previsti dalla legge.

I limiti di legge sono stabiliti dalla Legge Regionale della Puglia del19 Dicembre 2008 (firmata da Vendola) la quale riporta, per quanto ci  interessa, i limiti dei gas di scarico (somma di PCDD e PCDF 0,4 nanogrammi  TEQ su metro cubo (ng TEQ/Nm3), soglia limite in vigore dal 31 dicembre  2010). Per quanto riguarda i fattori di equivalenza per le dibenzodiossine e i dibenzofurani la concentrazione TEQ va calcolata mediante  i fattori di equivalenza tossica riportati al punto 4 dell’allegato 1  del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (Diossine e furani (PCDD +  PCDF) 0,1 ng/m3, idrocarburi policiclici aromatici (IPA)  0,01 mg/m3)

Da qui è possibile scaricare in formato .pdf l’allegato n.1 del Decreto legislativo 11 Maggio 2005, n. 133 riguardante le emissioni:  http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/05133dl.pdf

(*) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di diossine e furani, calcolata come concentrazione “tossica equivalente. Nel link riportato ci sono tutti i valori limite delle  singole sostanze prima della somma.

 

Di seguito i comunicati stampa di Anonymous pubblicati su:

http://pastebin.com/jzBzzpNV

 

COMUNICATO STAMPA UFFICIALE

A seguito delle nostre ricerche, emerge che i grafici dei valori delle polveri emesse dall’impianto dell’ILVA sono stati manipolati. Ancora una volta, gli interessi economici e l’avidità di padroni e istituzioni relegano in secondo piano i diritti umani e la questione ambientale. In nome del profitto, la menzogna e l’inganno diventano routine.
Nella maggioranza dei casi, i valori riportati rimangono molto al di sotto della soglia legale ma la variazione è minima. In altre parole, rilevazioni compiute a settimane di distanza l’una dall’altra e in condizioni atmosferiche differenti non presentano variazioni significative degli agenti inquinanti. Ciò chiaramente induce a pensare a una manipolazione dei rilevamenti effettuati.
Nel caso della valvola CK2NO2, invece, vediamo che la rilevazione della concentrazione ambientale di contaminanti sale di giorno in giorno fino ad arrivare a quota 561.3 il 31 di Maggio 2012. Il limite è fissato a 600. I dati estrapolati mostrano inoltre come l’Ilva abbia deliberatamente aumentato il valore della soglia di tolleranza iniziale, che passa da 640 a 800. L’andamento dei dati rende plausibile analoghi incrementi delle emissioni dell’inquinante anche nei mesi successivi (superando, in data attuale, i valori limite di molti punti).
A tal proposito segnaliamo che Ilva ha cancellato dal proprio database la cronologia dei rilasci di contaminanti (furfurani) rilevati dalla valvola CK2SO2 a giugno. Tutto ciò costituisce un indizio del fatto che Ilva ha deliberatamente cancellato dai database dati compromettenti. Possiamo quindi affermare non solo che l’Ilva ha avvelenato i lavoratori e i cittadini di Taranto ma persino che ha anche agito in modo tale da nascondere la verità a spese della salute pubblica e dell’ambiente. Le valvole in questione servono a misurare la concentrazione di diossine, in particolare del furano.
Il furano o furfurano (anche conosciuto come ossido di divinilene) è un contaminate organico ambientale persistente che decade naturalmente in benzofurani policlorurati, i quali sono associati alle diossine. Già allo stato naturale, il furano è volatile a temperatura ambiente e le concentrazioni rilevate sono comparabili a quelle rilevabili in caso di disastro ambientale. L’azione del furano non è solo cancerogena: la sola concentrazione del prodotto volatile basta ad incrementare di una percentuale considerevole il manifestarsi di malattie pneumologiche croniche, disordini immunologici atipici e persino malattie neoplastiche, ma è anche teratogena, ovvero causa problemi fetali.
Invitiamo i lavoratori dell’Ilva a riflettere sui rischi del furano che mette a rischio il futuro dei loro figli oltre che di loro stessi; l’alterazione del genoma può dare origine a deformità, malattie immunologicamente congenite e persino aumentare la probabilità di malattie neoplastiche nei nascituri.
Lottare per difendere non solo il posto di lavoro ma anche la propria salute è un diritto e un dovere allo stesso tempo. Chi ricatta i propri dipendenti obbligandoli a scegliere tra salario o malattia è solo un deplorevole profittatore accecato dal denaro. Continueremo a scagliarci contro i fautori dell’inganno e dell’estorsione e reclamiamo a gran voce, insieme ai lavoratori, il diritto di ogni persona a poter svolgere il proprio lavoro nel rispetto dei diritti.

 

COMUNICATO STAMPA PRECEDENTE 8/8/2012

Oggi, quando entrerete in fabbrica, saranno le 8 del mattino, ma quando ne uscirete sarà già buio. Per voi la luce del sole, oggi, non splenderà (dal film “La classe operaia va in paradiso”)
La spietata logica del profitto non ci lascia scelta, se vogliamo vivere dobbiamo lavorare. Questo non solo è inumano, ma nessuno può chiederci di morire per la nostra sopravvivenza. Nessuno può utilizzare una persona come pedina per far pressione sulla politica al fine di incrementare il profitto. Lo sappiamo, e lo sapete, acciaierie come l’Ilva provocano malattie terribili.
Guardiamoci attorno: le amministrazioni provinciali e regionali hanno abbandonato Taranto; stanno trasformando la città in una discarica a cielo aperto. In pochi anni sono stati costruiti 4 inceneratori. Che futuro possiamo avere in queste condizioni?
OPERAIO!
Nessuno è moralmente autorizzato a chiederti di sacrificare la tua vita, tantomeno tua moglie o i tuoi figli. Nessun ideale o bisogno materiale vale la tua esistenza. Opeai, occupiamo la fabbrica e sabotiamo ogni impianto.
L ‘Ilva di Taranto non è altro che un lager che devasta l’ambiente e laclede il diritto alla vita. Non abbiamo bisogno del loro acciaio!
Costringere un uomo a scegliere tra lo stipendio e la salute è non solo un deplorevole ricatto ma anche una gravissima infrazione del diritto di ogni persona a poter esercitare un mestiere nel rispetto delle normative vigenti (in materia di sicurezza sul lavoro e protezione ambientale). Ci sentiamo offesi innanzitutto come esseri umani perché numerosi lavoratori rischiano la vita ogni giorno, avvelenati dall’alta tossicità di quei luoghi, per portare a casa un misero salario. Siamo fortemente indignati anche come Cittadini: questa fabbrica non si preoccupa minimamente dei suoi dipendenti, trattandoli come merce di scambio facilmente sostituibile.
Come si evince dal cosiddetto ‘Codice Etico’ dell’azienda, la tutela sanitaria non solo è un diritto ma anche una priorità innegabile, un diritto inviolabile. Ecco alcuni passaggi tratti dal Codice Etico della fabbrica dell’Ilva (http://www.rivagroup.com/download/ita/ILVA_CodiceEtico.pdf):
2.1 DIGNITA’, SALUTE, SICUREZZA E PARI OPPORTUNITA’ SUL LAVORO: La Società tutela la dignità, salute e sicurezza sul lavoro, attraverso l’applicazione di tutte le normative vigenti in materia. La Società, essendosi sempre distinta nel campo della protezione della salute umana e della difesa dell’ambiente, promuove e protegge la salute dei propri collaboratori.
7.1.2 RAPPORTI CON GLI OPERATORI SANITARI: La Società si impegna, alo scopo di tutelare la salubrità dell’ambiente in cui svolge la propria attività, a conformare il proprio comportamento alla normativa sanitaria e/o ambientale vigente. A tal proposito, la Società conferma il proprio impegno nel rispetto delle direttive emanate dalle competenti autorità sanitarie locali e nazionali; un trasparente e collaborativo rapporto con le autorità in campo sanitario costituisce un criterio guida nello sviluppo dei propri programmi industriali e commerciali.
Come viene sopracitato, questi diritti di tutela verso i lavoratori dovrebbero essere rispettati poiché conformi alle norme imposte dall’azienda stessa. Invece, come numerose testimonianze e condanne subite dalla società confermano, niente di tutto ciò esiste: la storia dell’Ilva è la storia di una fabbrica perennemente manipolata dagli artigli di chi baratta salari col veleno per ingrassare le proprie tasche.
Già nel 1982, il direttore dell’allora Italsider (l’attuale Ilva) subì una condanna per “emissioni di polveri”; venti anni dopo, il magnate Emilio Riva viene condannato per i cosiddetti “parchi minerali” con l’accusa di getto pericoloso di materiali e violazione dell’articolo 13 del PDR 203-244 del maggio 1988; nel 2007 Emilio Riva viene condannato per estorsione (ricatto occupazionale) e truffa (incasso dei contributi Inps attraverso le assunzioni dalla mobilità); inoltre, sia lui che suo figlio Claudio vengono interdetti dall’esercizio di attività industriale.
Siamo davanti ad una vera mancanza di umanità e responsabilità da parte di questi datori di lavoro. Gli operai sono costretti ad interminabili turni, trattati quasi come bestie, condannati a rinunciare alla salute. Il rispetto e la tutela per la Persona devono essere una priorità, non un optional.
I colpevoli hanno avvelenato le coscienze e i corpi di chi è stato costretto a vivere per lavorare; hanno tarpato le ali a settori occupazionali che avrebbero altrimenti trovato una rigogliosa espansione; hanno obbligato gli abitanti di un’ intera città a respirare la tossicità dell’accumulazione del Capitale sprezzante dei Diritti Umani.
Siamo vicini alle famiglie di chi si è spento, avvelenato dalla sete incondizionata di vili profittatori.
Siamo vicini a chi ancora lotta per sopravvivere e trascina ogni giorno la sua malattia, messo spalle al muro da uno Stato che copre la sua sporca coscienza con miseri indennizzi, e dietro le quinte stringe loschi accordi con i padroni.
Disprezziamo l’operato di chi, con i propri tentacoli, ha elargito ricatti lavorativi e seminato menzogne cavalcando accordi e deroghe in barba alle leggi sulle emissioni: lucrare sulla pelle dei Cittadini, trincerandosi dietro protocolli d’intesa e burocrazia, è una forma di criminalità legalizzata.

We’re Anonymous.

We’re legion.

We don’t forgive.

We don’t forget.

Expect us!

Non ci avrete mai come volete voi, dalla Repubblica Indipendente di Taranto

Vogliamo vivere e non lavorare, non lavorare per morire.

Era abbastanza evidente da tempo ciò che sia andava
accumulando nel profondo meridione del nostro piccolo paese in declino ed era
abbastanza prevedibile che una scintilla avrebbe cominciato o meglio continuato
a incendiare quella prateria sociale che dopo il movimento dei forconi e degli
autotrasportatori in Sicilia, le battaglie dei contadini e pastori sardi,
avrebbe proseguito dalla Val di Susa in giù sulla strada tracciata dalle tante
resistenze sociali. E che quindi la scintilla nella prateria avrebbe continuato
la sua inarrestabile espansione e sedimentazione arrivando proprio a Taranto
non sorprende affatto soprattutto se un po’ si conosce la decennale battaglia portata
avanti dai comitati popolari e di quartiere che da anni denunciano in città ciò
che oggi anche la magistratura – fin’ora scimmietta sordomuta – ha
(finalmente!) evidenziato con la sentenza di chiusura immediata dell’Ilva.

Dopo decenni di inquinamento in nome del profitto come
forma dello Stato con il nome di Italsider, oggi una città risvegliata e mobilitata
dal basso di prima mattina ha radunato la migliore Taranto

in lotta che ha raccolto un dato politico così’
evidentemente nazionale che non a caso contestava con consapevolezza, chiarezza
e tanta forza proprio il governo Monti che guarda un pò, nella figura dei suoi
ministri, voleva venire ad imporre la legge del potere esecutivo, schierando la
politica e tante guardie, contro il potere giudiziario, contro una magistratura
che per una volta tanto ha

voluto perseguire i corrotti e criminali capitani d’industria, in questo caso
la Family Riva. Tirando le somme con un sol colpo il rispettabilissimo governo
Monti ha abrogato l’equilibrio fondamentale tra i poteri istituzionali della
formale democrazia che tanto vanno sostenendo a piè sospinto e
contemporaneamente decretato che l’unico possibile spazio produttivo e sito
lavorativo per i Tarantini rappresenti anche la loro eterna tomba.

Il governo dei professori senza provare questa volta
nessun rammarico, senza versare nemmeno una lacrimuccia, senza nemmeno battersi
un po’ il petto – quando si parla di soldini, di tanti soldini, non si scherza
più e si sa a quel punto le narrazioni vuote di contenuto si sciolgono come
neve al sole – ha niente di meno che posto in stato emergenza una città intera
minacciando decreti d’urgenza mettendosi frontalmente contro la magistratura
pur di difendere i padroni e un sito produttivo illegale come l’Ilva che nessun
altro paese europeo, permetterebbe di costruire con quelle dimensioni e tali
costi sociali. E non contento ha pensato bene per mezzo del questore e prefetto
di

vietare ogni manifestazione per non turbare la quiete
mortifera che padroni, governo e sindacati avevano ormai accordato. Dopo aver
mappato una nuova geografia dei conflitti ormai sempre più

estesi da una parte all’altra della penisola oggi
abbiamo toccato con mano una città ribelle e consapevole, arrabbiata e
politicamente intelligente pronta ad una lotta lunga, consapevole quindi di
dover resistere alla tentazione di chiudere la partita proprio come vorrebbero
le controparti politiche e aziendali. Rompendo il divieto della questura, la
piazza radunata già dalle prime ore della mattina

ha cominciato a riempirsi fino a tracimare nella
strada principale e in corteo ovviamente non autorizzato ha scelto di
riprendersi le strade per cominciare a riprendersi il proprio futuro.
Irrappresentabilità ed indipendenza della lotta sono state le parole che si
ripetevano maggiormente

dall’affollato palco e si riferivano tanto al governo nazionale che ai governi locali,
come quello del governatore Vendola che ha tradito la cittadinanza di Taranto
riempendosi la bocca fino a pochi mesi fa’ con la sua nuova narrazione ecologista.

Una moltitudine di precariato sociale, che lavora
anche dentro l’Ilva ma soprattutto fuori (ma qui conta poco, la retorica pseudoperaista
la lasciano agli apportunisti) o magari è disoccupato e magari non lavora da anni,
oggi si è incontrato con pensionati, casalinghe, ragazze madri, tifosi, sindacalisti
di base, insegnanti, immigrati, turisti solidali della costa, in migliaia a
rompere il divieto e a dire chiaramente che la lotta a Tanto continuerà fino a
quando l’Ilva non chiuderà. Troppi morti causa questo lavoro. E ovviamente non
sono morti “bianche”, neutre senza responsabili.

A Taranto il tema del reddito garantito, sociale di
esistenza, si respirava per strada e se ne dovranno accorgere anche coloro che uniti-uniti contro
la crisi chiamavano lavoro bene comune la loro istanza fondamentale.

Qui la vicenda del reddito è anche contro il lavoro se
necessario dirlo. Ma sicuramente nella sua funzione principale, è contro il ricatto
che esercita la pressione del ciclo capitalista nocivo e infame che trasuda nelle nostre vite. A Taranto la
ferita aperta dalla nocività, dalla boria padronale, dagli scondinzolamenti
sindacali apre le strada alla ricchezza della vita contro il profitto, si
costituisce movimento per rompere la gabbia, per lottare contro la corruzione
del lavoro. Noi vogliamo vivere e non lavorare per morire,
questo rimbombava nelle strade di Taranto, negli slogan di migliaia di ragazzi che aprivano la
manifestazione senza bandiere e simboli di partito.

Diventa quindi paradigmatica questa lotta perché
diviene comune, nella chiave di volta delle contraddizioni che incarna, al
centro della crisi di sistema, dentro il nervo scoperto della follia
distruttrice del capitalismo.

Ci rivedremo molto presto nelle strade di Taranto

e aridatece le cozze fresche!

Nodo redazionale indipendente – alto Jonio