Assemblea cittadina per lo spezzone della cultura indipendente il 19 Ottobre

4 OTTOBRE 2013 ORE 19.00
CINE TEATRO VOLTURNO OCCUPATO
ASSEMBLEA PER CREARE UNO SPEZZONE PERFORMATIVO DELLA CULTURA
INDIPENDENTE ALL INTERNO DEL CORTEO DEL 19 OTTOBRE

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ELABORIAMO INSIEME LA PARTECIPAZIONE A QUESTA SETTIMANA DI MOBILITAZIONI CON IL NOSTRO METODO DI LOTTA..LA CULTURA INDIPENDENTE E RESISTENTE…

L’APPELLO è RIVOLTO A TUTTE QUELLE PERSONE CHE HANNO VOGLIA DI MANIFESTARE IL LORO DISSENSO ATTRAVERSO LE PRATICHE QUOTIDIANE DELLA PROPRIA ARTE; A CHI HA FATTO O DECIDE DI FARE DELLA PROPRIA ARTE UN MEZZO DI LOTTA PER COMUNICARE IN UNA FORMA DIRETTA E ISTANTANEA LA CONTESTAZIONE CONTRO LO STATO DI CRISI CHE OGNI GIORNO CI INVESTE E LE DEVASTAZIONI TERRITORIALI CHE PROLIFERANO ATTORNO A NOI, PORTANDOSI DIETRO LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE E LA SPECULAZIONE ECONOMICA.
| IL COLLETTIVO DEL TEATRO DE MERODE E DEL CINE TEATRO VOLTURNO OCCUPATO |
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DI SEGUITO INFO SULLA SETTIMANA DI MOBILITAZIONI DEL 12-19 OTTOBRE….

Ogni giorno, migliaia di persone lottano in questo paese: per arrivare a fine mese, difendere il diritto ad un tetto, affermare la propria dignità, difendere territori e beni comuni da devastazioni e saccheggi. Si tratta, il più delle volte, di percorsi separati che non riescono a tradursi in un discorso generale. Intendiamo rovesciare l’isolamento delle singole lotte e la precarietà delle nostre esistenze, per dare vita a una giornata di lotta che rilanci un autunno di conflitto nel nostro paese, contro l’austerity e la precarietà impostaci dall’alto da una governance europea e mondiale sempre più asservita agli interessi feroci della finanza, delle banche, dei potenti.
Il 19 ottobre vogliamo dare vita ad una sollevazione generale.
Una giornata di lotta aperta, che si generalizzi incrociando i percorsi, mettendo fianco a fianco giovani precari ed esodati, sfrattati, occupanti, senza casa, migranti, studenti e rifugiati, no tav e cassintegrati, chiunque si batte per affermare i propri diritti e per la difesa dei territori. Uniti contro le prospettive di impoverimento e sfruttamento imbastite dalla troika e dall’obbedienza di un governo che, tra decreti del “Fare” e “Service Tax”, favorisce i ricchi per togliere ancora di più ai poveri: barattando l’Imu con nuovi tagli alla spesa ed una nuova aggressione al diritto alla casa e all’abitare; favorendo la speculazione edilizia, il consumo di suolo e i processi di valorizzazione utili alla rendita, mentre vi sono centinaia di migliaia di case sfitte; delegando i servizi e il welfare ad una governance locale che, per far quadrare i conti aumenterà le tasse e produrrà ancora tagli e privatizzazioni. Tutto questo mentre preparano una nuova guerra “umanitaria” dalle conseguenze incalcolabili.
Contro questo orizzonte di miseria, intendiamo costruire una grande manifestazione che ponga con forza la questione del reddito e del diritto all’abitare, per questo vogliamo l’immediato blocco degli sfratti, il recupero del patrimonio pubblico e la tutela della ricchezza collettiva e comune, anche per combattere la precarietà e la precarizzazione generale delle condizioni di vita e del lavoro che ci stanno sempre più imponendo.
La manifestazione del 19 ottobre giungerà al culmine di una settimana di mobilitazioni, dentro e fuori il paese: il 12 ottobre, con  una giornata di lotta a difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuse per il diritto all’abitare; il 15, con azione dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 con una manifestazione congiunta dei sindacati di base  e conflittuali.
Vogliamo rovesciare il ricatto della precarietà e dell’austerity in processo di riappropriazione collettiva. Per rilanciare un movimento che affermi l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!

Avvisi a i/le naviganti (1) per Sovvertire il presente

*Passignano dal 5 all’8 Settembre 2013

Cominciamo a dire: Europa.

Individuiamo, con più precisione, l’oggetto specifico del nostro lavoro – piuttosto, lo spazio d’analisi a partire dal quale produrre lavoro politico. Cominciamo dunque a dire: Europa. Perché? Per il semplice fatto – semplice e duro come un sasso – che la struttura centrale del comando si è ormai definitivamente fissata altrove dal piano nazionale e da ogni corrispettivo livello istituzionale repubblicano – piuttosto a Francoforte che a Berlino. E’ dunque sull’asse che stringe le lotte e le resistenze di classe e moltitudinarie al comando monetario europeo che intendiamo soffermarci, nella nostra discussione. Si discuterà dunque di cosa significhi assumere l’Europa come spazio specifico e punto focale delle lotte per la democrazia e per il comunismo. Non sarà facile collocarsi a quell’altezza concettuale e politica: crediamo, però, che se riusciremo a stabilire una propedeutica per l’approccio al tema lotte/Europa, molte cose nei prossimi anni diventeranno più chiare e, forse, facili da fare. Nella nostra esperienza la definizione del luogo da cui parlare, è sempre stata fondamentale per ricostruire movimento.

Che cosa vuol dire lottare contro la Banca Centrale? Portare la nostra esperienza e la nostra teoria a rispondere a questa domanda – attraverso la lotta metropolitana sui temi del reddito e del comune, attraverso la costruzione di istituzioni del comune – bene, questo è quanto cominceremo a fare a Passignano e continueremo a fare poi. Naturalmente si tratterà di parlare di politica in maniera nuova. Di politica: e cioè di tutti gli strumenti (anche di leggi) utili a costruire un programma di lotte sull’Europa, subordinandogli ogni iniziativa. Se diciamo: “in maniera nuova” è per sottolineare la nostra sete di conoscenza comune, il desiderio di costruire concetti che afferrino il reale e capovolgano il dispositivo di comando. Perciò formazione, non potrà più essere – se mai qualcuno l’avesse pensato – sinonimo di una qualsivoglia tradizione: ma lavoro comune per imparare a guardare il mondo.

Sia chiaro: nell’attuale panorama istituzionale europeo, il livello della rappresentanza può essere solo riconosciuto come impedimento oggettivo allo sviluppo dei movimenti. La discussione sulle prossime elezioni europee finisce così con l’essere corruttiva del punto di vista sovversivo che urge e pressa il presente. In questa fase intendiamo separare radicalmente composizione tecnica e composizione politica delle moltitudini. Delle istituzioni esistenti (e delle competizioni elettorali) possiamo produrre solo critica. Quel resto di socialismo europeo che affoga nella morsa del pareggio di bilancio, non saremo certo noi a salvarlo. Delle forze tecnocratiche, dei passacarte di Francoforte e dei sacerdoti della Troika, come del contro effetto nazionalista che le loro politiche inevitabilmente produrranno nelle prossime scadenze elettorali possiamo solo dire: ecco il volto del nostro prossimo avversario.

In questo contesto, e solo a partire dal livello europeo, intendiamo certo porre in questione lo scenario italiano. Ancora una volta: è di critica, che si tratta. Leggere la rottura dei poteri istituzionali in Italia attraverso le lenti della critica radicale del diritto repubblicano, proporre una via di fuga dallo scontro tra gli alti gradi della magistratura e i vertici della rappresentanza politica, decostruire l’ideologia di tutte le soluzioni giudiziarie messe a servizio della mediocrità stessa della politica e delle sue istituzioni. La soluzione non si trova tra i banchi di Montecitorio, né siederà tra gli scranni del Parlamento Europeo. Ma dentro la crisi istituzionale che si apre, i movimenti possono subentrare duramente con un discorso chiaro e senza ambiguità – anche a partire dal dibattito “a sinistra” – e porre in evidenza senza inchini e salamelecchi un tema fondamentale, ovvero la trasformazione e ridefinizione della carta costituzionale. L’Italia è stata una repubblica fondata sul lavoro. L’Europa sia il continente di una democrazia assoluta fondata sul lavoro vivo, sulle donne e gli uomini che producono saperi, cura di sé, forme di vita. Ogni generazione ha diritto alla sua costituzione.

Per noi si tratta di costruire strumenti di lotta che rivendichino questo diritto. Allora innanzitutto dobbiamo individuare le nuove enclosures nell’economia della conoscenza ed abbatterle; riappropriarci del comune; definire una legge di stabilità del reddito universale di esistenza come premessa anticapitalista del riconoscimento della produzione permanente di cui siamo portatori; rivendicare come reddito quella produzione di valore che viene estratta dalla rendita finanziaria. Questo è il nostro costruire concetti: definire un potere costituente per salvaguardare, dentro il dispositivo formale, una strategia incrementale del conflitto.

Come si vede, non crediamo affatto che le figure della rappresentanza politica, in qualunque forma e in qualsiasi luogo siano prese in considerazione, possano oggi essere utili a risolvere i nostri problemi. Avrebbero il solo effetto di spostare l’attenzione critica e militante su elementi secondari e spesso opportunistici – comunque decentrati rispetto alla realtà ed al programma specifico dell’élite egemonica europea. Quello che ci interessa è piuttosto confrontarci con la nuova consistenza del governo capitalista, come contropotere espresso dal nuovo proletariato. Abbiamo bisogno di identificare sul livello europeo punti di scontro nella misura e nella dimensione di Rio o di Taksim. Su questo terreno convocare alla discussione tutte le forze – sì proprio tutte – che in Italia hanno vissuto gli anni del disfacimento della democrazia postbellica, ci sembra necessario e utile: non certo per costruire scenari elettorali. Chi sente il bisogno di esercitarsi in piccole tattiche e minuscole strategie per le elezioni europee non troverà nulla di interessante nella nostra discussione. E neppure coloro che pensano di rievocare attraverso un logoro sindacalismo di base, vecchi fantasmi gruppettari: le moltitudini europee non difettano di organizzazione. Le forme di vita e i conflitti che attraversano le metropoli sono ricchissime di capacità politica. Si tratta di non disperderla, di leggerla e interpretarla.

https://europassignano2013.wordpress.com/

Recensione di A sara dura!

Centro sociale Askatasuna (a cura di), A sarà düra. Storie di vita e militanza no tav, DeriveApprodi, Roma 2012

E’ una storia molto più profonda di quanto avremmo immaginato. E’ una questione di vita e di morte, di vivere meglio e morire serenamente, sapendo di averci provato”

Ai compagni di Askatasuna va il merito con questo libro di proporre al movimento una riflessione sugli strumenti metodologici e teorici che abbiamo a disposizione per definire, raccontare e promuovere i percorsi di lotta.

Riprendendo in mano gli attrezzi della ricerca sociale hanno definito un possibile campo sul quale muoversi guardando ai futuri possibili per nuovi orizzonti di conflitto.

Partendo dall’“inchiesta”, proposta di lavoro immancabile in ogni ambito militante dell’ultimo decennio come bussola nella navigazione “a vista” in cui siamo costretti dalle profonde ridefinizioni nel plurisecolare divenire “classe” da parte dei subalterni, gli autori dalle prime pagine la riprendono come strumento che “produce conoscenza” (p.11), inoltrandosi nel complicato terreno della “conricerca”.

Questa pratica che “è costruzione di conoscenza e al contempo governo della conoscenza, inteso come indirizzo, scelta, decisioni, sottese da fini di parte” (p.17), abbandonata dagli ambienti antagonisti da almeno tre decenni, rappresenta uno scarto ulteriore nel lavoro epistemologico dell’inchiesta: è il farsi pratica rivoluzionaria da parte di un sapere altrimenti a rischio sussunzione anche negli ambiti accademici e scientifici ufficiali. La conricerca mette questo sapere al servizio delle lotte, produce soggettività, o in parole più semplici “fa prendere coscienza”. Delle condizioni proprie e della controparte, “di classe”. Con la nettezza che li contraddistingue i compagni torinesi definiscono anche il campo dei saperi utili alle lotte rispetto ai saperi che favoriscono il sistema capitalistico nella “sua stabilizzazione e il suo sistema di dominio” (p.33). Così propongono di distinguere tra una funzionalità delle scienze sociali e pedagogiche alle lotte rispetto a quelle economiche o giuridiche, dalle quali il capitalismo riproduce se stesso. Su questo potremmo anche non essere d’accordo perché una critica al sistema economico e alle sue forme politiche, allo Stato e alle forme del diritto passa necessariamente attraverso un impegno teorico dentro queste discipline. Ma è giusto che nella definizione dell’orizzonte di conflitto proposto dai compagni ci si nutra anche di scarti netti.

La conricerca si realizza nel momento in cui permette di indicare il “soggetto” come colui che “definisce e sostiene un punto di vista, assume una posizione di parte, si differenzia e costruisce una sua autonomia praticando una contrapposizione” (p.21) e coerentemente gli autori del libro riconoscono nella figura del militante il centro della narrazione della lotta no tav. La centralità che viene data al militante è rappresentativa delle posizioni più salde e articolate, dell’incontro di aspettative individuali e collettive intorno ad un processo di conflitto. Non a caso quindi le interviste, non solo quelle pubblicate (le altre sono consultabili sul sito www.saradura.org), sono state raccolte tra gli attivisti più noti del movimento, tra quelle figure che nella loro biografia politica hanno attraversato i momenti fondativi della lotta no tav o i passaggi più importanti della sua storia recente. Questo anche a scapito di una rappresentatività degli intervistati, che a parte poche eccezioni fanno parte di una generazione anagraficamente compresa tra i 40 e i 70 anni.

Gli spunti per una riflessione politica sono molti, ma va sicuramente sottolineato lo sforzo di proporre all’attenzione del lettore, specie se coinvolto in prima persona in processi di attivismo collettivo, la questione della cooperazione come momento costitutivo del comune: il commoning ovvero il processo di definizione dello stato della proprietà di quei beni “che sono stati socialmente riappropriati”(p.226) è una delle suggestioni più potenti che ci viene dalle pagine del libro, sgombera il campo dalle banalizzazioni sull’abusato tema dei “beni comuni” e orienta in avanti il dibattito nello schieramento antagonista.

Muovendosi lungo alcuni assi contenutistici (Contesto, Soggetto, Processi, Mezzi e capacità, Fini) il libro diventa una bussola importante per orientarsi nell’esperienza no tav dentro un quadro storico e sociale coerente. La Val di Susa è un territorio alpino utilizzato da oltre 30 anni come corridoio per le merci da e verso la Francia. E’ già saturata da arterie stradali ad alto scorrimento e trasformata nel suo tessuto economico da che era una propaggine periferica dell’industria torinese agli investimenti turistici dell’Alta Valle (pp.213-226). Per distinguere i contorni della composizione politica che anima il movimento bisogna partire da qui e dal lavoro di lungo periodo svolto da singoli e comitati nel corso degli anni. Per capire la sua forza e l’attrazione che ne deriva dobbiamo cogliere il valore della costruzione di forme organizzative, non date naturalmente ma elaborate con la cura e l’attenzione di chi ha realizzato intorno ad un progetto di lotta “qualcosa di più della somma delle sue differenze” (p.257).

Saper costruire relazioni forti che vanno oltre la comunità locale, trascendere il confine tra legalità e legittimità portando alla condivisione di pratiche al di la della sola e non scontata spontaneità, guardare ad un orizzonte anticapitalista dentro un rinnovato quadro sociale praticando forme di cooperazione che guardano ad alternative di futuro. Sono queste le indicazioni che ci arrivano dalla lettura di questo volume, oltre che naturalmente, dall’esempio quotidiano della lotta no tav.

a cura del nodo redazionale indipendente

Intervista a Matteo Miavaldi autore del libro “I due marò.Tutto quello che non vi hanno detto”

Intervista a Matteo Miavaldi (www.china-files.com) autore del libro “I due marò.Tutto quello che non vi hanno detto”, ed. Alegre, 2013

 

 

 

 

 

 

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Per una rottura politica contro la governance neoliberista, video interventi

 

Presentiamo i video dell’incontro con Maurizio Lazzarato tenutosi ad Acrobax lo scorso 5 Aprile 2013 (http://www.indipendenti.eu/blog/?p=28505) introduzione a cura  del Lab Alexis, intervista a Lazzarato a cura del Lab Acrobax a seguire dibattito con interventi di:

 

 

 

 

 

Benedetto Vecchi del il Manifesto

Gianluca Pittavino del csoa Askatasuna Torino

Dario Lovaglio M15 Barcellona

Marco dello 081 Napoli

Federico Primosig attivista Stoccolma

 

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Giù le mani dal Cinema America

Abbiamo ricevuto da pochi giorni la notizia, da più fonti accertata, di un ordine di sgombero per il Cinema America. Il periodo a rischio andrebbe da giugno alla fine dell’estate. Ebbene sì: questi sei mesi di vita, di riappropriazione, di riqualifica di uno spazio abbandonato rischiano di essere prima bastonati dalle forze dell’ordine poi abbattuti dalle ruspe.

Nell’autunno scorso, mentre migliaia di precari, studenti, disoccupati e senza casa occupavano le strade della città, abbiamo riaperto il Cinema America per portare al centro di Roma le lotte di chi quotidianamente resiste ad una vita colpita dall’austerità.
Abbiamo riaperto un edificio fantasma e l’abbiamo reso vivibile, attraversabile dai bambini, colorato, animato e condiviso con i trasteverini che ogni giorno hanno riempito il Cinema del loro amore verso questo Rione.
Questa esperienza di sei mesi rappresenta per noi un modello di difesa del territorio: in armonia con i suoi abitanti e le loro esigenze, in lotta per la conquista di spazi d’espressione, in conflitto con chi vede i quartieri come una miniera d’oro da profanare a suon di palazzine.

Ma su qualche pezzo di carta depositato negli uffici del Comune c’è scritto che il Cinema America è stato acquistato da un costruttore che ora ne vuole fare una palazzina di mini-appartamenti, con due piani di garage interrato. E questo conta più della volontà di un Rione, delle esigenze dei giovani e degli studenti delle scuole di zona e di tutto ciò che il cinema rappresenta per molti.
Per loro. Per noi, di fronte a tutto ciò un pezzo di carta rimane tale, a prescindere dal denaro che il palazzinaro di turno può aver speso per speculare sul Rione di Trastevere.

Siamo pronti a difendere tutto ciò che abbiamo costruito: dichiariamo ufficialmente che in caso di sgombero siamo pronti ad occupare piazza San Cosimato a tempo indeterminato, per riempirla di tutte le iniziative in programma all’interno del Cinema America, senza rinunciare a nulla: proiezioni, corsi di teatro e di pittura, concerti, iniziative a sostegno dei collettivi, incontri, dibattiti, assemblee, nonché la prima sala studio di Trastevere.

Per dare un assaggio di cosa siamo pronti a fare, abbiamo indetto per venerdi 7 giugno una giornata di mobilitazione: occuperemo piazza San Cosimato dal pomeriggio fino a sera, riempendola dei nostri contenuti e delle nostre attività.

VENERDI 7 GIUGNO – PIAZZA SAN COSIMATO

 

ORE 16:30 ASSEMBLEA PUBBLICA

 


 

ORE 18:00 MUSICA LIVE FINO A SERA


Giù le mani dal Cinema America Occupato… HIC SUNT LEONES!

  

Commento sull’ultima tornata elettorale

Un commento a margine dell’esito elettorale è già possibile farlo, certo non con la solerzia di chi in prima persona deve affrontare i propri errori o sconfitte nella piccola dama elettorale prendendo parola subito, come si dice, a caldo magari sperando nell’ultima agenzia stampa. Noi da altro canto preferiamo un altro stile avendo scelto un taglio, una traiettoria che non prevede candidarsi ad alcunché se non a fluidificare organizzare e sedimentare quotidianamente la rottura politica contro la governance neoliberista. Ad ogni modo con una certa soddisfazione e inquietitudine che tanto viviamo sempre nella vita vissuta bio politicamente nelle lotte e nei conflitti aperti, e quindi con una certa abitudine stimolante, di chi non ha nulla da perdere se non le catene dei dispositivi di comando che lo attanagliano, rileviamo alcuni punti politicamente qualificanti sui quali vale la pena scrivere due righe con il sorriso sulle labbra.

L’astensione ha travolto il dato elettorale e scompaginato il quadro politico.

Qualunque sindaco verrà eletto a Roma ad esempio dove la media degli astenuti si è rilevata di 10 punti superiore a quella nazionale non avrà nessuna legittimità politica di imporre alcunché alla cittadinanza. Per noi le elezioni sono nulle, così come miserevolmente si sono praticamente annullate da sole tutte le forze politiche vecchie e nuove: dalla protesta civile del 5 stelle a quella un po’ più sbarazzina della sinistra ecologica e catalica del PD, dai partiti dei padroni a quella dei consulenti, dai partitini di sinistra che si accontentano del 6% a Roma che poi corrisponde alla metà sul territorio della penisola, agli errori consumati anche più a sinistra progettando opzioni vecchie peraltro concependole in sedicesima, ammantandole di nuove. Ci dispiace dirlo, perché su alcuni temi per carità, compagni come prima, in ogni caso se può essere utile e meno autoreferenziale a fronte della situazione data caratterizzata da una certa inadeguatezza dei movimenti, il “ve l’avevamo detto” risuona limitato oggi anche a chi lo pronuncia, sempre se si ha ancora voglia di volare un po’ più in alto della palude scegliendo di non sciacallare sulle disgrazie altrui.

Altro stile, scelto e determinato.

Oggi lo scenario politico è cambiato, trasformato verticalmente, non si può rimanere sul terreno della ripetizione dell’eterno ritorno sempre più sbiadito. E’ cambiata la fase e si andava preparando da tempo, il lungo corso di questa crisi, il ciclo che si sta chiudendo non è ancora terminato e se non saremo noi dal basso ad individuare il varco della transizione lo farà il partito trasversale dell’ordine ordo-post, del gotha e senato globale di quel neoliberismo che in questo inferno ci ha cacciato. I terreni sono e saranno quelli dove noi abbiamo combattuto fin’ora, pensiamo ai grandi temi dei movimenti a cui la stessa politica si è dovuta piegare, dal reddito garantito ai nuovi diritti, dalla precarietà alla disoccupazione, ai bisogni negati nelle disuguaglianze perseguite da un modello sempre più tiranno. Del resto non è una novità la lotta di classe è un po’ come fare l’amore bisogna (almeno) essere in due. I padroni e i loro tecno segugi in parlamento, la esercitano tutti i giorni, è il momento che il precariato eserciti la sua legittima e sacrosanta conflittualità. Ciò che indubbiamente rappresenta un passaggio di avanzamento ovvero quello di aver imposto nel dibattito mainstreaim i temi di cui sopra come ad esempio il reddito garantito, la posta in gioco oggi sarà quella di far diventare le nostre rivendicazioni una vera frana sociale che deve cadere addosso alla governance attraverso le pratiche e le forme della riappropriazione, far vivere e respirare quella rottura e insubordinazione  destituente di cui oggi più che mai abbiamo profondamente bisogno. Abbiamo bisogno  di spazi indipendenti di movimento, dispositivi pubblici ed autorganizzati capaci di sviluppare processi sociali reali che partendo da una dimensione territoriale riescano a contrastare le politiche che metterà in campo  il governissimo.

 Ci vedremo nelle piazze, nelle strade, molto presto per costruire tassello dopo tassello un clima sociale adeguato, affinchè le stagioni che seguiranno non siano solo “calde” e roventi ma che diventino per lor signori banchieri, politici di professione, truffaldini del capitalismo finanziario semplicemente infernali.

 

Nodo redazionale indipendente

OSTIA: LIBERATO SPAZIO A PIAZZA GASPARRI DALLA SCUOLA POPOLARE HANDALA

Oggi i ragazzi e le ragazze della Scuola Popolare Handala hanno liberato uno spazio di una grande proprietà privata abbandonato da molti anni.

La Scuola Popolare Handala è un progetto portato avanti da ragazzi di Ostia che comprende l’aiuto compiti per i bambini e i ragazzi del quartiere e una scuola d’italiano per migranti.

Da un paio di mesi la scuola è alla ricerca di una sede per l’aiuto compiti.

Questo non ha però impedito di portare avanti altre iniziative come la riqualificazione del parco di Piazza Gasparri.

A partire dalla solidarietà espressa dai cittadini di Nuova Ostia oggi abbiamo deciso di occupare uno spazio che vogliamo diventi un luogo per tutto il quartiere.

Questo quartiere, depredato dai soliti noti, che qualcuno vorrebbe trasformare in una vetrina sul mare per i turisti della domenica, è vissuto quotidianamente dalle famiglie che sono costrette a pagare le conseguenza della speculazione e della crisi economica.

Un quartiere che però riesce e continua a esprimere conflitto, dalle battaglie sulla cultura e la socialità, fino all’incredibile esperienza delle mobilitazionii studentesche di questo autunno.

Oggi abbiamo deciso di riprenderci delle serrande chiuse da anni, perché crediamo che, in un quartiere dove l’assenza di istituzioni e di servizi è causa del disagio che colpisce chiunque viva questi territori, l’unica strada sia quella di mettersi in gioco autorganizzandosi e ripartendo dal basso.

Vogliamo continuare a lavorare con in bambini e gli abitanti costruendo basi solide per una socialità diversa, perché crediamo che in tempi di austerità l’unica strada percorribile sia quella dell’autorganizzazione.

Avevamo promesso che non ci saremmo fermati, ed eccoci qui!

Veniteci a trovare e a sostenere a Piazza Gasparri,28 (bus 01 da lido centro)

Invitiamo tutte e tutti a partecipare all’assemblea pubblica stasera alle 19 e domani alla giornata di festa del quartiere.

Contro crisi e austerità autorganizzazione dei territori!

Scuola Popolare Handala

Incontro con Maurizio Lazzarato

Per una rottura politica contro la governance neoliberista

Con il risultato elettorale abbiamo sicuramente un deposito di elementi contradditori, una dimensione politica complessa su cui ragionare e dispiegare una riflessione ad ampio spettro.

Innanzitutto sulla crisi irreversibile e verticale della rappresentanza dei partiti, praticamente tutti  in special modo di quelli per il governo autoritario dell’austerity, 9 ML i voti persi complessivamente da PD, PDL e Lega. Il partito del non voto (astensione, schede bianche, nulle o invalidate) si è affermato come il vero primo partito, l’affluenza rispetto al 2008 ha subito nei fatti un calo del 7% nonostante il tentativo di recupero sulla così detta antipolitica.

Poi l’ingovernabilità parlamentare secondo coalizioni di schieramento opposte e speculari in linea con la trojka e l’affermazione istituzionale, formalizzata, come già detto da più parti, rappresentata e contestualmente addomesticata attraverso il movimento 5 stelle di quelle istanze che i movimenti sociali hanno imposto in questi anni con il loro protagonismo, le rivendicazioni costituenti delle lotte: dai notav, ai comitati referendari contro la privatizzazione dell’acqua pubblica, dalla redistribuzione dei fondi e delle risorse – la semplificazione operata nella vulgata giustizialista contro la corruzione è stata nei fatti fin qui destituente – fino ai nuovi diritti per i precari come quella sul reddito di cittadinanza, sociale o garantito che dir si voglia. Temi sui quali dovremo concentrare le nostre riflessioni e strategie di conflitto se vogliamo poi imporre all’agenda di governo – qualunque esso sia – una mobilitazione di massa, una capacità d’urto, necessaria per qualsiasi ridefinizione dei nuovi diritti, figuriamoci poi per una trasformazione della carta costituzionale.

Una premessa politica è d’obbligo. Non intendiamo affatto il 5 stelle come la nuova rappresentanza dei movimenti. Al contrario l’ipotesi che si è aperta con l’affermazione dei cosi detti grillini rimanda all’incapacità da parte dei movimenti di farsi – almeno in questo frangente – conflitto non risolvibile e non addomesticabile, rottura costituente. Almeno per ora pare riuscita l’operazione di cattura e sussunzione della conflittualità e della stessa materialità dei movimenti proprio in questo farsi stato che il 5 stelle ha inteso avviare con il forte scossone di incursione parlamentare e di consenso elettorale.
In ogni caso anche solo temporaneamente – la finestra si chiuderà molto presto – si rompe il meccanismo della coazione a ripetere di un sistema bloccato di cui evidentemente la stessa governance comincia ad essere stanca e a sentirsi legata. C’è un blocco della valorizzazione capitalistica al centro della crisi che da anni sta segnando le politiche economiche e di governance, dove l’unico paradigma di governo si articola intorno alla misura del debito e dell’austerity come vero e proprio dispositivo di comando, di sottomissione di assoggettamento del lavoro vivo.

E sappiamo bene quanto possa tornare utile alla logica dei mercati e della speculazione l’instabilità che si è venuta determinando in questo difficile tornante nella storia del nostro paese. Ma, e lo affermiamo con forza, anche di quale grande opportunità si apre al cospetto dei movimenti, soprattutto su quei temi dove i movimenti stessi sono chiamati in causa dentro l’ingovernabilità formale che si è aperta con l’ultima tornata elettorale.
Le così dette riforme delle politiche del lavoro e del welfare, ciò che la tecnicalità di una certa dottrina dello stato chiama welfare per la protezione sociale o diviene un campo di forze, un terreno di scontro e di sperimentazione delle pratiche del conflitto oppure rimarrà semplicemente la cooptazione e la sottomissione, il controllo e disciplinamento sociale. Un movimento che spinge il reddito garantito come istanza minima di esclusivo contrasto della povertà assoluta e non come orizzonte del conflitto sociale nella densità delle sue pratiche riappropriative, si ridurrà alle già annunciate spirali di cattura e assistenza sociale così come si manifestano i progetti di workfare e di reddito minimo fin’ora conosciuti.

Sono anni che andiamo sostenendo la sproporzione percentuale inconcepibile che viene quantificata nel cosiddetto bacino di inattività che qui in Italia è considerato intorno ai quindici milioni di cittadini, formalmente indisponibili a lavorare e fondamentalmente impiegati invece nel lavoro sommerso che tiene peraltro ben ponderato al ribasso il formale tasso di disoccupazione. Una fetta enorme di lavoro nero che corrisponde al primato mondiale
del nostro paese sull’incidenza percentuale del sommerso sul PIL, ben il 18,1%. La tanto decantata riforma sul MdL dell’ultimo governo tecno-autoritario ha aumentato il lavoro sommerso e paradossalmente ridotto gli AA. SS. esistenti, come sappiamo già largamente insufficienti ed iniqui. Così come sono anni che andiamo chiarendo le distinte prospettive tra la flexicurity come politica di workfare, dalla proposta di un reddito universale e di esistenza.

Si diceva di reddito quindi e negli ultimi anni le moltitudini precarie si sono mobilitate con le tante iniziative promosse su tutto il territorio nazionale almeno nel biennio 2003/2004 fino ad arrivare ad imporre all’agenda politica il tema del caro vita, della precarietà, del sacrificio imposto e del ricatto sociale. Abbiamo organizzato insieme a tanti manifestazioni nazionali per il reddito garantito di decine di migliaia di persone, siamo entrati nei supermercati e nelle
librerie pur nei tanti limiti delle soggettività politiche coinvolte e l’impatto sociale della riappropriazione messa in atto con la campagna dello shop surfing servì indubbiamente a porre il reddito come istanza non più rinviabile in una paese dove solo insieme alla Grecia all’interno del quadro europeo non è presente a tutt’oggi alcun minimo elemento di protezione sociale, neppure di welfare to work. Poi seguirono tra gli appuntamenti del mayday milanese che negli anni cresceva nella densità della partecipazione, le tante lotte e vertenze, alcune anche vinte significativamente dalla cospirazione precaria che sotto la protezione di San precario ha difeso i devoti, sfruttati, ma disponibili a rovesciare il tavolo del padrone. Ci siamo messi contro Ministri, Pubbliche amministrazioni, Enti locali, perché la lotta di classe non permette giravolte e politicismi, quando rompi la compatibilità e il compromesso, saltano le mediazioni e la manifestazione autoritaria dell’austerity la tocchi con mano. Così siam giunti al biennio caldo delle lotte transnazionali 2010/2011 dove le moltitudini precarie hanno aperto e liberato il campo, hanno travolto gli accordicchi, subissato i politicanti, hanno sedimentato rivolta riprendendosi la piazza, del Popolo prima, di San Giovanni poi. E così è la lotta di classe, terribilmente oscena, a volte non proprio ordinata ma certamente densa della rottura costituente di cui abbiamo bisogno.

Dopo gli scontri di Genova, dopo la rabbia non solo per un compagno caduto, ma anche per l’insufficienza e totale incapacità di quei compagni che diressero quell’appuntamento, c’è stato tutto questo e molto altro: basti ricordare le battaglie campane contro gli inceneritori, quelle per il referendum vinto – cosa non da poco – contro la privatizzazione dell’acqua pubblica e ovviamente non in ultimo la lotta NoTav. Oggi abbiamo un patrimonio sociale un’eredità di
conflitto e di trasformazione da incarnare, oggi se possibile più di ieri il disordine è tanto, molto, denso sotto il cielo e come qualcuno ricorda per noi è un’ottima prospettiva.
Non solo non veniamo dal nulla ma abbiamo un futuro da conquistare.
Dobbiamo quindi essere all’altezza della fase e sapere come orientarsi nella prateria per prendere posizione. Dobbiamo definire quindi con molta chiarezza per cosa ci mobilitiamo e come intendiamo oggi porre la questione del reddito.
La moltitudine precaria che vogliamo organizzare da dentro e dal basso rivendica reddito incondizionato dal ricatto del lavoro, precario o stabile, certamente impoverito, ridotto a mero strumento di controllo sociale.

Reddito garantito non come strumento di neoregolazione redistributiva ma come riconoscimento pieno della produzione sociale permanente continuamente appropriata dal capitalismo finanziario in forma di rendita privata. Lo intendiamo come salario estensivo e co-estensivo che corrisponda a tutte le forme della produzione sociale, affettiva, reticolare, immateriale, cognitiva, ben oltre i perimetri formalmente segnati dal comando capitalista e dall’espropriazione dei dispositivi di cattura e sfruttamento globali nella nuova organizzazione del lavoro.
Di questo e molto altro vogliamo parlare con Maurizio Lazzarato. Non ha bisogno certo di presentazioni, è prima di tutto un compagno oltre che un lucidissimo pensatore – magari l’etichetta di ricercatore o sociologo gli può stare stretta, vista la sua esperienza politica e di militanza nell’autonomia operaia – è tradotto ormai in molte lingue e apprezzato in diversi continenti. Possiamo ripercorrere alcune tendenze del suo pensiero come costituenti di tutto un dibattito politico e teorico che nell’ultimo ventennio ha caratterizzato non solo le trasformazioni del lavoro e della produzione – ricordiamo che già nei primi anni 90’ aveva rintracciato il contenuto immateriale del lavoro come egemone nei nuovi processi produttivi dispiegati nell’economica postfordista e nelle sue trasformazioni che hanno risignificato lo stesso processo di valorizzazione e che tuttora rimangono un terreno aperto d’inchiesta in continuo divenire. Ancor di più lo seguiamo fino ad oggi per la perfetta e calzante attualità della dimensione teorica di alcune ipotesi che vorremmo qui ricondividere.

Venerdì 5 Aprile h 17 Laboratorio Acrobax – Roma

intervista a Maurizio Lazzarato per www.indipendenti.eu con

*Gianluca Pittavino – Askatasuna Torino

*Francesco Festa – 081 Napoli

*Benedetto Vecchi – Il Manifesto

*Federico Primosig – attivista Stoccolma

*Sergio Bianchi – Deriveapprodi

*Dario Lovaglio – attivista 15M Barcellona

sono invitati ad intervenire: Laboratorio Alexis, America occupato, Degagè, Laboratorio Acrobax, collettivi e reti studentesche

10 anni senza di te, 10 anni con te Roma x Dax

SABATO 9 MARZO A L.O.A. ACROBAX
Via della Vasca Navale, 6
Metro B San Paolo

Iniziativa a sostegno dei pullman per Milano.

ORE 20 – TRATTORIA SOCIALE

ORE 22 – MUSICA E LOTTE SOCIALI

KAOS FOR CAUSE (Kombat – Terni)
VORTEX KLASH Feat C.U.B.A KABAL + IL NANO (Punk/Electro/HipHop/ – Bologna_Pescara_ Roma)

A seguire SERATONE TRASH con la ROTAS – ROMA TRASH ALL STARS

SPECIAL GUEST DJ BREGA (Milano)