Que se vayan todos! *15 Ottobre giornata globale contro l’austerity: Dal diritto all’insolvenza allo sciopero precario

Siamo giunti al 15 ottobre con un importante lancio, a carattere europeo, della mobilitazione contro l’austerity e le politiche neoliberiste, assunte come strategiche dalla Commissione europea e dalla BCE peraltro responsabili dell’ultimo pesante ciclo della crisi globale e finanziaria che le banche e le grandi lobby hanno scatenato contro la cittadinanza tutta.

Dal 15 al 18 Settembre abbiamo attraversato l’hub meeting di Barcellona con le reti e le soggettività che hanno scelto in questa fase storica di riconoscersi in uno spazio politico comune che un po’ ovunque è andato costituendosi tra le rivolte che hanno segnato gran parte dell’ area mediterrane e europea, fino ad arrivare a scalfire la nostra Italietta. Dalla fiammata vista nello scorso autunno studentesco culminato nel tumulto del 14 Dicembre fino alla più solida resistenza Notav, radicata e sedimentata sul territorio dentro uno scontro politico condotto con grande intelligenza e radicalità.

Nel procedere sul nuovo terreno di un vero protagonismo sociale contro le politiche di austerity vorremmo per il prossimo 15 Ottobre indicare un percorso, uno spazio di relazione e di movimento, un area di corteo larga e ampia che determini una rottura del quadro di compatibilità e di pacificazione sociale imposto dalla governance, anche oltre il governo Berlusconi: per la conquista di un piano costituente che rivendichi con orgoglio l’autonomia e l’indipendenza delle forme di vita comuni, nel lavoro e  con il reddito oltre il lavoro, nelle scelte sociali e sessuali, che praticano liberazione da un intero sistema di potere in crisi.

Dovremo costruire questo percorso verso e oltre il 15 per affermare in quella giornata, e nelle giornate precedenti,  nelle pratiche e nella comunicazione il punto di vista precario.
Il lavoro non è un bene comune perché ce lo hanno reso maledetto azzerandone i diritti e negandoci ogni libertà di scelta. Per questo è necessario conquistare un reddito di base incondizionato, non pagare il debito, riappropriarsi dei beni comuni e dei saperi, affermare la dimensione transnazionale di questa lotta anche a partire dalle lotte dei migranti per la rottura del legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno.

Siamo sempre più consapevoli che la reale alternativa alla crisi vive nei processi di indipendenza e cooperazione che sapremo creare nelle lotte.

“Non ci rappresenta nessuno” è il  motiv centrale della nuova sinfonia corale che si alza dalla sintesi dei ragionamenti, delle strategie e delle pratiche condivise tra tanta umanità riunitasi a Barcellona, come oggi a Bologna.
Lo spazio costituente che si vuole definire oggi  è quello che guarda, in una prospettiva di medio lungo periodo, alla costruzione, l’affinamento e la diffusione delle lotte contro la precarietà imposta dall’attuale modello di governo del capitale contro le nostre vite.
Una tappa fondamentale di questo percorso è la costruzione della giornata del 15 ottobre.
Ecco perché proponiamo di caratterizzare quella giornata e la nostra presenza alle mobilitazioni costruendo uno spazio sociale e di movimento che reclami il diritto all’insolvenza, al reddito e alla libertà di movimento per tutti i soggetti che stanno pagando la crisi.

Partendo da questi contenuti, il 15 ottobre faremo valere il protagonismo dei precari e delle precarie e rilanceremo oltre il 15, guardando alla scommessa dello sciopero precario.
Per questo a dicembre sperimenteremo esperienze di sciopero dentro e contro la precarietà, un processo che sappia mettere in campo una comunicazione e una cooperazione tra i precarie e le precarie a partire dalla crisi della rappresentanza politica e sindacale, uno sciopero che arrivi a colpire laddove fa più male, dove si fanno i profitti, dove si produce e riproduce il capitale.

Verso lo sciopero precario, il 15 ottobre vogliamo costruire uno spazio di attraversamento per tutte le generazioni precarie che trasformi l’indignazione in conflitto.
Una rete che realizzi iniziative comuni di avvicinamento dal 7 al 14 ottobre come promosso dall’Hub-meeting  di Barcellona, all’interno della settimana di mobilitazione europea contro l’austerity.
Questa messa in rete è la modalità che scegliamo per l’interconnessione delle nostre esperienze: capace di includere i singoli come i collettivi, di intrecciarsi con altre reti e percorsi, di ridurre le distanze e la frammentazione, di far viaggiare i contenuti e le pratiche riproducibili dentro e fuori i confini dello stato –nazione, dentro e oltre quella giornata.

Stati generali della precarietà
www.scioperoprecario.org

Dispositivi per l’Indipendenza!

Con l’incontro del prossimo 28 Settembre vogliamo aprire un nuovo spazio di lavoro politico per l’indipendenza all’interno del percorso che ci porterà a costruire il 15 Ottobre con una grande manifestazione contro l’austerity. Proponiamo un momento di confronto e di approfondimento con un workshop di riflessione teorica sulla crisi del neoliberismo e sul debito sovrano, con un duplice intento, quello di misurare per un verso le soggettività e le reti sociali indipendenti, le intelligenze di movimento, intorno alla riflessione teorica sulla crisi finanziaria, sul biopotere dei mercati, sul debito e il possibile default e dall’altro lato individuare da subito il moover politico e sociale della trasformazione, sul piano immediato e diretto – immanente si potrebbe dire – dell’iniziativa di movimento e quindi anche delle proposte che ne scaturiscono come appunto quella al diritto all’insolvenza. Poter quindi legare allo sforzo teorico, sempre e di pari passo, un dibattito vero e aperto sulle pratiche e i conflitti. Ma, per rendere questo processo un fiume in piena e non una fusione a freddo, dobbiamo oggi più che mai sul crinale della storia segnata dalla crisi sistemica del capitalismo, immaginare e costruire un nuovo processo costituente per un’alternativa vera, dinamica e radicale. Vorremmo insieme poter cogliere il valore di questa specifica iniziativa nella prospettiva di costruire e sedimentare indipendenza e autonomia anche attraverso ulteriori momenti di dibattito e di confronto. Individuare le giuste traiettorie per costruire un laboratorio politico denso di nuovi legami. Relazioni, amicizie politiche, nuove intese nella condivisione non solo degli strumenti e dell’elaborazione teorica ma anche e soprattutto dentro un collettivo orientarsi nella produzione di movimento, alterità, forme di vita indipendenti. Sarà nostra cura nelle prossime settimane e nei prossimi mesi lavorare per costruire una grande manifestazione contro l’austerity il prossimo 15 Ottobre insieme a tutti coloro che vorranno cimentarsi con il conflitto sociale e praticare le nuove forme dello sciopero dentro e contro la precarietà, consapevoli che buona parte delle cose sono ancora tutte da costruire. Lo vogliamo fare insieme alle nostre compagne e compagni, fratelli e sorelle che si sentono parte di una comunità libera, aperta, ribelle e indipendente.

Mercoledì 28 h 18 Laboratorio Acrobax

Relatore Andrea Fumagalli – Prof. di economia politica all’Università di Pavia

Sono invitati ad intervenire: Collettivo Militant, Redazione Utopia, Comitato romano x l’acqua pubblica, Bin-Italia.

*si potrà seguire in streaming su www.indipendenti.eu

Una mattina, cinque anni fa

Pubblichiamo un pò di storia dei giorni che seguirono la morte di Renato, le reazioni di amici, amiche, compagni e compagne che non vollero tacere, della verità che con fatica cercarono di far conoscere il più possibile nella convinzione che il silenzio è dei colpevoli e di chi accetta quanto oggi accade. Contrariamente a quanto scrivevano i giornali, con poche eccezioni, non fu una rissa per futili motivi, ma un’aggressione. E non fu un caso sporadico o casuale, ma il frutto di un clima culturale. Per questo pubblichiamo un dossier sulla morte di Renato e sul contesto sociale romano (scritto alla fine del 2006), oltre ad una rassegna stampa dal 28 agosto al 4 settembre 2006. Oggi a distanza di 5 anni la banalizzazione, l’ipocrisia e la falsità degli organi di stampa ci appare con ancora maggiore lucidità.

Comunicato dell’assemblea del 30 agosto 2006

Sabato 27 agosto tre ragazzi sono stati aggrediti a freddo fuori da una dance hall a Focene.

Un ragazzo, Renato è morto. La tesi dei futili motivi e della rissa tra balordi va rifiutata a partire dalle testimonianze raccolte che portano ad individuare l’omicidio di Renato come un’aggressione. L’aggressione fuori un locale gestito da alcuni attivisti di rifondazione comunista, una serata reggae, la modalità rapida dell’esecuzione. Questa è avvenuta all’interno di un contesto e in un territorio che vede la presenza di organizzazioni neofasciste che producono atteggiamenti di emulazione e pratiche che riteniamo fasciste.

Inoltre denunciamo l’inadempienza dei soccorsi e in particolare dell’ospedale Grassi al quale Renato è stato portato.

L’assemblea romana ritiene per questo necessario attivare tutte le forme possibili per costruire un’altra verità che non sia disturbata da elementi esterni a partire dal coinvolgimento stesso dei carabinieri locali.

Il coinvolgimento di due giovanissimi, che per chiarezza, riteniamo di non dover indicare come due militanti organizzati, non ci fa ritrarre dall’inserire questa aggressione all’interno di un contesto più ampio che ormai vede questa città attraversata da episodi che denunciamo da anni. Dagli assalti ai centri sociali alle camionette di camicie nere in campagna elettorale; dai diversi accoltellamenti a giovani semplicemente vestiti in modo diverso ai pestaggi agli immigrati.

I luoghi principe da cui partono queste mode sono le occupazioni non conformi, triste specificità romana, spazi che vengono equiparati in tutto e per tutto agli spazi sociali, la cui unica differenza risiede nell’appartenenza politica: gli opposti estremismi. Ma noi sappiamo che questi spazi sono i bacini di incubazione di batteri che poi si diffondono nella normalità dell’agire quotidiano attraverso la produzione di forme di socialità e di relazione della violenza, della sopraffazione, dell’intolleranza e oggi ne abbiamo la più dolorosa prova.

C’è una porzione di responsabilità politica in quanto è accaduto che tocca a chi crede di poter governare questa città mettendo tutto sullo stesso piano e cercando di rendere compatibile la presenza dei covi neofascisti con la democratica amministrazione della città, anche se il prezzo da pagare è il dilagare della violenza e delle aggressioni ai danni di chi vive la città di Roma.

Il silenzio intorno a questi fatti ha prodotto la legittimazione di queste bande neonaziste e la diffusione di pratiche e azioni che vanno definite come fasciste. Siamo consapevoli che l’arresto di due ragazzi di 17 e 19 anni non ci restituisce nemmeno in minima parte il fatto che Renato non ci sia piu’, così come sappiamo che la nostra idea di giustizia non è assimilabile a quella punitiva della reclusione. Il sapere che gli assassini di Renato hanno un volto, un’eta’, placa certamente un’innegabile ansia di sapere, ma poi?

La manifestazione indetta per sabato 2 SETTEMBRE vuole essere un momento che permetta a tutti di poter esprimere il proprio bisogno di rompere il silenzio, vuole ribadire la necessità di avviare un processo di iniziativa politica che combatta questa barbarie, che denunci il silenzio dentro il quale questo clima cresce, che restituisca chiaramente le responsabilità politiche che rendono possibile la legittimazione di alcune organizzazioni neofasciste che hanno alimentato tale barbarie, che sappia riprendere la parola e che sappia far esprimere tutti e tutte nella totale condanna di forme e pratiche di sopraffazionee violenza fascista.

Dossier “Verità per Renato”

E’ possibile visualizzarlo a schermo intero cliccando sull’icona in basso a destra.

Rassegna stampa divisa per giorni:

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Renoize_05 *3 settembre 2011

5 anni. Questo il numero che sigla la distanza temporale e formale dall’assassinio di Renato. La morte di Renato è un frutto avvelenato, un germoglio cresciuto nelle strade della nostra città e raccolto da due ragazzi, oggi grandicelli, che con colpevole stupidità e con dieci coltellate hanno colpito la vita di renato. Ma il seme da cui tutto questo è stato generato è stato piantato da una cultura ben precisa che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, si chiama fascismo. E chi ha annaffiato tutto questo sono state, e sono tutt’ora, le organizzazioni neofasciste che della sopraffazione, della violenza e dell’odio per le diversità fanno il baricentro della loro politica. I due assassini hanno una responsabilità personale, le organizzazioni neofasciste e le istituzioni che le tollerano e le supportano hanno una responsabilità politica. Ma 5 anni sono stati anche colmi di iniziative, di azioni e di relazioni; noi, compagni/e ed amici e amiche di Renato, in tutta Roma e anche nel resto di Italia, abbiamo provato a coltivare i sogni di Renato, le sue passioni e le sue idee. Per questo, anche quest’anno, vogliamo organizzare un appuntamento pubblico, Renoize 2011, per il 3 Settembre, dove far suonare musica, dove poter pronunciare parole e guardare immagini e video. Tutto per poter raccontare la verità sull’aggressione di Renato che, come altre, troppe, negli ultimi anni raccontano un paese fatto di ingiustizie e soprusi. Ma vogliamo anche raccontare la giustizia e la libertà che Renato, insieme a noi, costruisce quotidianamente. Per noi 5 anni sono nulla, sono un soffio, perchè nella nostra mano stringiamo forte quella di Renato che continua ad essere con noi giorno dopo giorno.

Con rabbia e con amore.

Una mattina, cinque anni fa: comunicati e articoli di giornale

————————- PROGRAMMA DELLA SERATA ————————–

– NIRJA

– ROCK MCS
(http://www.myspace.com/rmcs)

– MANDRILLOS
(http://www.myspace.com/mandrillos)

– READING RESISTENTE

– VIA DELLE FATE 22
(http://www.myspace.com/viadellefate22)

– RANCORE
(http://www.myspace.com/rancoreband)

– SIGNOR K
(http://www.myspace.com/ilsignork)

– ADRIANO BONO (http://www.myspace.com/adrianobono)
& TORPEDO SOUND MACHINE (http://www.myspace.com/torpedoweb)

featuring

GINKO (http://www.myspace.com/ginkovap)

MANLIO (http://www.myspace.com/manlio1987)

KONTRAMINA (http://www.myspace.com/lakontramina)

BARACCA CREW (http://www.myspace.com/baraccasound)

Parco Schuster (Metro B – San Paolo) INGRESSO GRATUITO

 

L’anno scorso… Renoize 2010

Al Parco Schuster Renoize 2010 per ricordare Renato Biagetti (guarda il video)

Le scimmie combattenti per una Roma meticcia

«Daje forte Renato, spezza le lame», il grande murales su via Ostiense ci accoglie mentre arriviamo a Parco Schuster per ricordare Renato Biagetti, nel quarto anno dal suo assassinio. Siamo in più di duemila al Renoize 2010, insieme a Dario, il fratello e Stefania, la mamma, che sale sul palco per aprire la serata e ci commuove dicendo: «Non bisogna indietreggiare, bisogna credere e andare vanti. Io vi guardo in faccia e vado avanti e vi amo moltissimo». Sono passati 4 anni da quella notte a Focene. Era l’ultimo week end di agosto. Renato usciva da una dance hall reggae sulla spiaggia insieme alla sua fidanzata e a un amico. Da una macchina scendono due ragazzi con le lame in mano urlando: «Ve ne dovete andare a casa vostra». Renato prende 10 coltellate e passa dalla festa alla morte all’età di ventisei anni. L’assassino ha diciannove anni. Si chiama Vittorio Emiliani. Figlio di un carabiniere della stazione di Ostia. Una celtica tatuata sul braccio. Uccide un ragazzo che neanche conosce perché nella sua testa, immigrati, rom, gay, gente di sinistra, diversi, sono tutta una razza inferiore e per cui dare un pugno o una coltellata è lo stesso. Al processo patteggia l’accusa per omicidio volontario e prende 15 anni di galera. Confermati in cassazione. «Dobbiamo continuare a credere», dice la mamma, e Renato credeva nella vita, nella musica, nella lotta per la difesa dei più deboli. Un video con le sue foto viene proiettato a fianco del palco. A mezzanotte è il momento del concerto degli Assalti Frontali, mi metto la maglietta della serata: «Renoize – combat ape». Scimmia combattente. «Quello di chiamarci scimmie era il nostro gioco mentre costruivamo la sala prove dedicata a Renato che oggi sarebbe qui con noi», mi dice Valerio di Acrobax, «nell’anno successivo all’omicidio abbiamo raccolto soldi grazie a tutti i gruppi che ci hanno aiutato, e ora siamo Combat ape – Naturally against fascism». Dal palco cantiamo « Giù le lame e Roma meticcia e lanciamo un messaggio di solidarietà ai rom, che sono l’anello più debole in tutte le società. Anche Stefania, la mamma di Renato, oggi dal suo facebook, invita a partecipare alla manifestazione di sabato a piazza Farnese alle 14.30 sotto l’ambasciata francese. Contro la politica di Sarkozy e contro il piano nomadi di Alemanno che non ha salvato la vita di Marius, morto bruciato a 3 anni nella sua baracca alla periferia di Roma. Con rabbia e con amore, ciao Renà.

di Militant A, voce di Assalti Frontali, per il Manifesto

Guarda i video:

Ill nano e Willy Valanga

http://www.youtube.com/watch?v=-j84HYqtRFg

Assalti Frontali – Mappe della libertà

http://www.youtube.com/watch?v=w7Ts7kkViZc

 

Taxi de brousse

http://www.youtube.com/watch?v=1_NaTmMBCdU

Il Danno

http://www.youtube.com/watch?v=TASaP-cqb-o

 

Appunti per un’utopia concreta!

di Rafael Di Maio

L’indipendenza, tra sovranità politica, emergenza sociale e stato di eccezione.

La vita politica in Italia scorre nella crisi di sistema, insieme globale e locale, economica e culturale. Si moltiplicano e si addensano le contraddizioni sociali mentre le disuguaglianze e le nuove precarietà si riproducono in seno alle vite di milioni di persone, tra vecchi e giovani senza futuro, in una latente e dormiente guerra civile non dichiarata. In questo complesso tornante della storia, in questa fase di permanente eccezionalità, le decisioni e le scelte politiche che si producono non possono e non devono essere dettate esclusivamente dal freddo calcolo della tattica, distorcendo a proprio comodo il tempo e lo spazio.

Lo scenario politico che attraversiamo si ricombina su tutti i piani, quello economico, sociale e culturale. La crisi verticale del sistema finanziario, pubblico e privato, rappresenta la cornice di trasformazione epocale e strutturale e il nuovo paradigma di costituzione – narrazione – del potere. Una crisi che travolge il modello neoliberista che decade inesorabilmente verso il baratro, insieme ai suoi principi di sviluppo e di progresso. Siamo di fronte all’ultima crisi del fordismo e dell’industrialismo e alla prima grande crisi dell’economia della conoscenza. E’ una crisi di transizione – come nel 600’ agli albori della modernità dove la transizione si dava dal feudalesimo dei locali ed arbitrari centri di potere, alla statuale e moderna forma del potere governamentale, alla reductio ad unum della forma moderna dello Stato.

Oggi viviamo nella nuova transizione, quella dall’immagine del mondo moderno ed industriale alla forma contemporanea dell’economia immateriale e della conoscenza. Viviamo come il resto del pianeta in questa lunga fase di declino e crisi sistemica dell’opzione neoliberista, ma politicamente in una condizione particolare, specifica, locale. Quello italiano rappresenta il quadro politico d’insieme più inquietante nel territorio europeo: prevalentemente dominato dalle destre populiste, dal crollo delle sinistre istituzionali e da un governo conservatore e autoritario. Del resto è una consuetudine di alcuni paesi europei quella di istituire in risposta alla crisi economica un’opzione politica e di governo prevalentemente conservatrice e reazionaria, così fu in Italia, Spagna e Germania, negli anni trenta durante la grande depressione. Sovrano fu, chi decise sullo stato di eccezione. Ieri come oggi, eccezione e sovranità determinano lo spazio politico, irrigimentano con la paura lo spazio comune, la città e la sua vita sociale. Ieri come oggi, eccezione e sovranità costituiscono lo spazio urbano e metropolitano, ne compenetrano la sintesi istituzionale. Non a caso la poleis deriva dalla stessa radice etimologica dei due termini, politica e polizia, qui leggi, sovranità ed eccezione. La politica si afferma come polizia della città, nel controllo dei corpi e delle relazioni produttive che nella polis nascono e si riproducono. Il governo sull’eccezione è la forma pura del potere politico e nel contempo è l’esaltazione della beffa alla democrazia, maschera scomposta del sovrano e dei suoi sudditi. Sarebbe legittimo ora domandarsi, cosa ci sorprende ancora nella politica? Se il problema fosse solo il governo Berlusconi, saremmo dei pazzi a non aver ancora tentato di buttarlo giù in ogni modo! Ma appunto, per sostituirlo con chi? Con quali rapporti di forza e dentro quali assetti costituzionali? Se questa è una crisi di sistema, perché lo è? E’ una crisi che nasce solo da qualche speculazione finanziaria? O è forse l’intero sistema capitalistico ad essere ormai insostenibile e sempre più parassitario, intossicato, nocivo?

Nelle più “prestigiose” università, dove in passato si è studiato e ricercato molto per sostenere e poi esportare l’ideologia “mercatista” e neoliberista, oggi addirittura  sono attivi corsi, dottorandi e lectures  in nome del post-capitalismo. Cioè lo stesso sistema capitalistico occidentale si assume ormai come frontiera degli assetti di potere, decadenti, da ripensare, da reinventare. uello italiano infaqueE’ finita la mediazione politica insieme al modello sociale europeo e il suo processo welfaristico. Il patto, quello che era il “new deal” è diventata una vecchia mutanda. E’ terminata l’intima relazione tra conflitto sociale, relazioni sindacali e sintesi politica, insieme, alla rete di protezione sociale dello Stato moderno. E’ finita la stagione dove la stessa produzione industriale necessitava della politica come contrattazione: degli alti salari, della piena occupazione e della rete di welfare. Finisce anche l’idea stessa della mediazione e del dialogo sociale. Semplicemente, la coesione non è più necessaria. E ce ne stiamo accorgendo risalendo la mappa della crisi o meglio delle crisi industriali, delle vertenze e delle sofferenze del mondo del lavoro, l’unica vera controparte sono i reparti celere. L’unico nuovo welfare previsto dalla governance è la polizia. Lungi dall’essere stata una fase pre-rivoluzionaria, in ogni modo, la stagione del welfare state viene archiviata dai guardiani della globalizzazione in nome della stessa crisi di cui ci stiamo preoccupando.

Dobbiamo necessariamente ridefinire lo spazio politico, saper andare oltre, gettare lo sguardo verso un orizzonte comune. Bisogna lavorare con l’immaginazione. Un po’ come si fa con la musica e la letteratura, con il freestyle nell’hip hop o con il montaggio nel cinema. Per costruire l’alternativa politica e perseguire un cambio materiale, economico e sociale, non è sufficiente volare alto. Dobbiamo intervenire sulla sfera pre-politica o se si preferisce post-politica della trasformazione culturale, incidere lì dove sappiamo che si gioca la vera libertà, incidere sulla frontiera della conoscenza. Sul punto alto della contraddizione, dove si determina l’emancipazione e la libertà. Come sempre la fabbrica del consenso è prima di tutto fabbrica di ignoranza, a maggior ragione in una società dove sul piano culturale si sfiorano ormai livelli indecenti di istruzione – teniamo presente che un terzo degli italiani è pressoche analfabeta, a cui si somma un altro terzo, considerato analfabeta di ritorno. E non a caso sul crinale della libera condivisione del sapere, oggi, si nega l’espressione artistica e creativa dell’attività umana, troppo spesso compressa dalla precarietà, dai brevetti della proprietà intellettuale, dall’organizzazione gerarchica del lavoro, in una società dove la precarizzazione del lavoro e le filiere del consumo rappresentano le maglie dispiegate del controllo sociale. Nella complessità del ragionamento e nella sfiducia dilagante nei confronti della politica e dei partiti, dobbiamo avere dalla nostra parte quella lungimiranza visionaria del potere costituente, della politica come trasformazione della realtà.

Dentro la stessa oscura realtà che attraversiamo è necessario ricostruire quei legami sociali spezzati. Nella costituzione materiale  delle donne e degli uomini che la rendono attiva e propulsiva è possibile cambiare la politica. Difficilmente la si potrà trasformare nella svuotata rappresentanza formale o nella messianica speranza di un salvatore. Dobbiamo ri-significare la realtà, avendo consapevolezza dei centri di potere che siamo chiamati ad affrontare dentro l’attuale modello di società complessa, terziarizzata, separata ed individualizzata, finora prevalentemente sedotta dalla corruzione e dall’autoritarismo, ipnotizzata dal consumo. Ma nella strada obbligata di dover difendere con i denti il diritto di resistenza, dobbiamo poter coltivare una politica visionaria e costituente, a partire dai nostri territori dove è progressivamente cresciuto negli ultimi anni l’elemento della ribellione in nome della sovranità e della decisionalità dal basso. Un elenco sarebbe qui sminuente. Basti fare mente locale alle tante battaglie di resistenza in difesa dei beni comuni, contro le grandi opere e le speculazioni immobiliari, contro i grandi eventi e le speculazioni finanziarie, che dal nord al sud della penisola negli ultimi tempi si sono moltiplicate e rafforzate.

La potenza di fermare una decisione stabilita dai grandi tavoli e consessi del potere locale e transnazionale, è una delle forme del potere costituente di cui parliamo. Un potere che determina non solo nuova partecipazione popolare ma che irradia, con una logica rovesciata e sovversiva della sovranità, la decisione nello spazio politico. Chi decide su cosa? E’ un quesito che rappresenta la prima forma d’indipendenza delle comunità locali dalle nuove oligarchie e dai nuovi centri del potere. E’ la forma di vita che costruisce potere costituente. E’ l’alterità che sul territorio sedimenta indipendenza, che si fa potenza, nuova res-pubblica. 

In primo luogo indipendenza dal sovrano. E immediatamente dopo dal sistema capitalistico. Partendo da qui possiamo ripensare l’indipendenza anche sotto un profilo culturale, facendo crescere la prospettiva ideale e la praticabilità politica, necessariamente dentro e insieme, se lo si desidera ancora, a quella radicale visione alternativa della realtà sociale ed economica che vogliamo poter autogestire, immaginare, praticare. A partire dai grandi e piccoli NO che saremo in grado di far crescere, potremo immaginare le forme dei SI e delle alternative possibili. Anche a costo di rievocare fuori dalle mode, l’esercito di quei sognatori, di zapatista memoria, che hanno a metà degli anni 90’ umilmente riaperto alla nostra generazione la possibilità dell’autogoverno, il simbolo del conflitto e della degna alterità, per il cambiamento di un’opzione politica ancora possibile. Tutto sommato, a distanza di dieci anni, anche se “giocato” malissimo sul piano della politica, il movimento (quello giornalisticamente definito no-global) aveva ragione, ce lo riconoscono un po’ tutti! Oggi più che mai, quello che sostenevamo sulle barricate di Seattle, di Praga o di Genova nel biennio anticapitalista della transizione (1999/2001) si sta materializzando in un’imbarazzante crisi sistemica per il potere globale, insieme economica e politica. Quello che noi abbiamo continuato a dire anche negli anni recenti, purtroppo sempre più divisi, tribalizzati e in taluni casi anche banalmente regalati al politicismo nella “saga no-global alla italiana”, era corretto. Era ed è tutto vero. Il capitalismo neoliberista sta depredando il pianeta e la sua umanità, in un’ossessiva e compulsiva ideologia del profitto, fino a rendere il mare nero, fino a far dire a alla BCE e al FMI che la crisi appunto è sistemica e che il modello attuale, per l’appunto, non è più sostenibile. Alla crisi economica corrisponde il tracollo della politica e della sua rappresentanza formale.

Questo è un passaggio importante sul quale vale la pena di ragionare politicamente sotto il profilo dei movimenti indipendenti anche a partire da cosa, dentro, intorno e a sinistra, sta nascendo con le “Fabbriche di Nichi”. Sorvolando la prima critica, quasi scontata, che riguarda quello che si sente spesso da più parti, ovvero il tema dell’accentramento personalistico e del lìderismo – che indubbiamente rappresenta un limite del processo in corso, che ha un po’ il sapore amaro dei tempi odierni – la scelta messianica della figura religiosa del salvatore – fa emergere in realtà con grande semplicità i limiti evidenti per affrontare la difficile sfida in corso. Se a Niki malauguratamente gli casca un vaso in testa, che fa tutta la nuova sinistra mobilitata, aspetta che cresca da qualche parte un altro carismatico poeta? Invero per la sinistra radicale istituzionale così come per quella per l’autorganizzazione sociale, il temi reali rimangono sempre gli stessi: come si sostengono le lotte, come ci si radica sul territorio, come si condividono i saperi, come si coniuga alterità, immaginario e presenza reale, come si accumula credibilità politica all’interno delle alleanze sociali che si costruiscono nelle città, come si fa vivere il controllo democratico dal basso sul territorio contro le speculazioni, come si anima e si organizza la resistenza alle scorribande neofasciste. In sostanza come si accumula potenza per il cambiamento al di là di questa o quell’opportunità politica?

Osservando da vicino la fase post-ideologica dentro quello svuotamento dei corpi intermedi, rappresentati dai partiti di massa o dalle organizzazioni sindacali, c’è un punto dirimente, che vuole essere un invito alla riflessione intorno all’opzione che prende piede con l’imminente candidatura di Vendola al governo del Paese. Un’osservazione che non può sfuggire alla consapevolezza di chi da anni anima i movimenti sociali, radicali, indipendenti e alternativi che dir si voglia e di chi – suo malgrado – ha imparato a conoscere il sistema politico italiano, il Paese del Gattopardo, dove realmente tutto cambia, affinché nulla muti.

Con la crisi della rappresentanza politica nella crisi sistemica del capitalismo globale, si evidenzia un aspetto centrale del processo in corso che rafforza il seguente ragionamento. Vi è una macrofisica che potremmo sintetizzare con la fine della partecipazione di massa alla politica, la fine della fiducia nelle istituzioni corrotte, la fine della governabilità dall’alto, dell’azione governamentale top down. Ma scopriremo poi un successivo livello che è quello relativo al sistema politico della cosiddetta Seconda Repubblica, ovvero di quella crisi nella crisi: la fine del bipolarismo, il riemergere, contro le false credenze del partito liquido, della soggettività organizzata ed identitaria – la Lega Nord sta lì a dimostrarlo – una legge elettore antidemocratica definita “porcata” da chi l’ha redatta, dove in realtà considerando le astensioni prende la formale maggioranza in Parlamento,  quella che è una reale minoranza nel Paese.

E ancora, la forma bloccata della democrazia incompiuta degli ultimi quindici anni dove ogni spazio riformatore, ogni iniziativa di avanzamento e modernizzazione dei diritti ha dovuto fare i conti con i veti incrociati, i ricatti, i giochi di potere, le continue mediazioni al ribasso. Tutto ciò non accade per caso. Vi è una radicata e profonda strumentalità dietro questo schema. In Italia (e non solo!) vi sono gruppi di potere, lobby trasversali, corporazioni nel mercato e nello Stato che non hanno nessun interesse affinché muti la struttura sociale consolidata o l’iniqua divisione della ricchezza socialmente prodotta. Le oligarchie economiche al potere non hanno nessuna intenzione di mediare con i precari che crescono esponenzialmente, con i pensionati al minimo, con i cassaintegrati senza futuro, con i disoccupati di lunga durata. Non solo, le caste al potere sguazzano nella crisi, si rigenerano, mentre si appellano alle politiche dimagranti della Unione Europea, della BCE e dell’FMI. E non hanno nessun interesse a cedere le porzioni di privilegio accumulato, non hanno nessuna intenzione di pagare le tasse e di investire sulla conoscenza o sull’avanzamento culturale.

In definitiva alcuni gruppi di potere in Italia governano sempre, a prescindere dalle sfumature, determinando pesantemente qualsiasi esecutivo e azione di governo. Fino a quando non muteranno radicalmente i rapporti di forza economici e sociali nella costituzione materiale, taluni assetti di potere, incideranno più di qualsiasi scommessa ideale e finiranno per condizionare anche una “radicale sorpresa” come quella rappresentata per esempio dalle Fabbriche di Nichi. La governance locale e globale da un lato e le tecnostrutture dall’altro, occupate ad interim dalle figure apparentemente solo tecniche, bastano di per sé a rendere anche una maggioranza elettoralmente qualificata, incapace ed impossibilitata a dare seguito all’azione di governo preannunciata nella campagna elettorale. Basta un direttore generale non allineato a bloccare o ritardare le attività di un assessorato o di un ministero, con la burocrazia pilotata, i veti incrociati, i ricorsi e i piccoli cabotaggi. Anche laddove si è Presidente di Regione (e Vendola ne sa qualcosa) basta un ministro economico, come l’attuale, per essere imbavagliati e commissariati. E anche se il nuovo leader divenisse Premier, laddove volesse attuare una radicale riforma sociale dovrebbe stare dentro il patto di stabilità, all’interno dei parametri di Maastricht (o i nuovi vincoli che verranno), dentro la soglia del 3% sul rapporto deficit/pil, dovrebbe attenersi al rigoroso contenimento della spesa pubblica, alle direttive della Commissione europea e via discorrendo.

In definitiva la governance politica della globalizzazione economica ha determinato una stratificazione così articolata della complessità, che ai cittadini sfugge non solo il controllo della macchina, ma anche la conoscenza di come si accende il motore o si cambiano le marce. Per quello diciamo da anni che la rivolta o è globale o non è. Che il cambiamento o sarà radicale, o semplicemente non potrà essere. Ovviamente una spinta riformatrice coraggiosa, un ascolto disinteressato delle istanze sociali o una sensibilità istituzionale diversa dagli ultimi governi, non potrà che essere un passo di avanzamento complessivo, anche per i movimenti. Sotto questo aspetto non si possono avere dubbi. All’aumentare del peso della sinistra istituzionale, per esempio negli anni ’60/’70 – in cui il conflitto sociale rappresentava il motore della democrazia – aumentava anche il peso e il protagonismo politico dei movimenti rivoluzionari ed extraparlamentari – si pensi anche ad esperienze di governo molto avanzate in altre parti del mondo, come nel Cile di Allende. Tra l’altro anche lì c’era un poeta che fu candidato alle primarie del 1969, dal partito comunista cileno, si chiamava Pablo Neruda. Ma in Italia di quell’esperienza si fece una “confusione” tanto grande addirittura da chiamarla “sindrome cilena”. La questione rimane per come è stata fin qui descritta. Dal solo piano alto del governo, la trasformazione mediata, graduale e dall’interno del sistema-Italia, rappresenta una meta irraggiungibile, “un’utopia irrealizzabile”. Al contrario, ciò che sembra irrompere dai piani bassi, ciò che sembra uscire dal cassetto dei sogni, dal desiderio dell’assalto al cielo, apre la strada per “un’utopia concreta”, necessaria. Disvela un cammino di riscatto e di emancipazione, una via per la libertà e l’indipendenza da intraprendere umilmente, fino alla vittoria!

Bibliografia sragionata:

G. Agamben, Stato di eccezione, Bollati Boringhieri, Torino 2003

F. Borkenau, La transizione dall’immagine feudale all’immagine borghese del mondo, Il mulino, Bologna 1984

C. Mortati, La costituzione in senso materiale, Giuffrè editore, Milano 1998

A. Negri, Il potere costituente, Sugarco edizioni, Varese 1992

C. Schmitt, Le categorie del politico, Il Mulino, Bologna 2003

I libri vanno letti per essere dimenticati” M. Montaigne, Essais

 *articolo uscito sul  X° numero di Loop (settembre/ottobre 2010)

Workshop su formazione, ricerca, scuola e università

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 14-16

Quindici anni di riforme del lavoro e dell’università hanno cambiato profondamente le condizioni di vita, studio e lavoro di un’intera generazione, avviando un processo di precarizzazione che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite.

L’università contro-rifomata appare (e come tale viene sempre più percepita) come una fabbrica di precarietà. Saperi ultra-nozionistici,  corsi di laurea specifici ma non specializzanti hanno totalmente dequalificato la formazione universitaria e la retorica della “formazione continua” nasconde (malamente) un sistema di sfruttamento di cui stage e tirocini sono lo strumento principale.

Lo studente e la studentessa non sono solo precari in formazione, pronti ad essere utilizzati “flessibilmente” nell’era della produzione “just in time” una volta usciti dall’università, ma rappresentano un esercito permanente di precari e precarie, da sfruttare come lavoratori e come consumatori (intere città nel nostro paese hanno un’economia basata sugli studenti). Un sistema così concepito ha trasformato la formazione in vero e proprio addestramento alla precarietà.

L’Italia è stata la prima ad applicare il doppio ciclo di laurea e mantiene un triste primato anche per quanto riguarda lo smantellamento di ogni forma di welfare.

Governi di diverso colore chiedono pubblicamente ai giovani di fare lavori umili e si stupiscono della permanenza a casa con i genitori maggiore della media europea.

Intorno alla falsa idea di “merito” si sono scritte vere e proprie contro-riforme e si stanno definitivamente smantellando le classiche forme di assistenza economica indiretta (servizi di diritto allo studio come case, borse, mense e agevolazioni su libri trasporti e cultura). Appare quasi superfluo ricordare come questo paese sconosca forme di sostegno economico diretto che in molti paesi europei consentono a intere classi sociali di emanciparsi e costruirsi un futuro.

I movimenti studenteschi degli ultimi anni hanno dimostrato che i luoghi della formazione possono essere ancora strumento per un’accensione delle rivolte e fungere da catalizzatore dei conflitti, nell’ottica di una ricomposizione sociale delle lotte.

Appare così fondamentale, all’interno degli stati generali della precarietà, costruire un workshop che analizzi potenzialità e limiti delle mobilitazioni studentesche. Che cerchi di analizzare il soggetto studentesco alla luce di un complesso di riforme che ne hanno stravolto la natura e la percezione sociale. Immaginando così le piattaforme e le rivendicazioni da cui partire per fare della popolazione studentesca strumento per l’accensione della rivolta precaria.

“The show must go on”: workshop dei lavoratori dello spettacolo, cultura ed editoria

Negli ultimi mesi le mobilitazioni di esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura hanno riempito le pagine dei giornali. A mobilitarsi sono stati attrici e attori, registe e registi, sceneggiatrici e sceneggiatori, scrittrici e scrittori con una faccia e un nome da mettere in gioco. Il
motivo? I tagli – ingiusti e sconsiderati – alla produzione culturale nel nostro paese. Ma dietro tutte le quinte, fra i titoli di coda di un film, fra le pagine dei libri, ci sono persone che di questi tagli risentono quotidianamente.
Lavoratori animati (almeno all’inizio) dalla passione per il proprio lavoro,che vivono una condizione di disagio e precarietà così forte da invadere tutti i campi dell’esistenza. Persone spesso ai margini della realtà lavorativa per quel che riguarda il tipo di trattamento (cocopro, p.iva, interinali, stage, collaboratori a vari livelli) ma che sono in realtà la vera base su cui si fonda la produzione culturale, i reali produttori di profitto delle aziende del settore.
Con questo workshop vogliamo chiamare a raccolta i precari dell’editoria, dello spettacolo, della televisione, della radio, dell’informazione, dell’arte e dello sport, per mettere a confronto le realtà locali, e individuare, in maniera concreta e operativa, i nodi fondamentali della produzione culturale nelle nostre città. L’obiettivo sarà quello di far emergere i modi e i tempi di uno “sciopero precario”, attuabile anche per quella miriade di soggetti che hanno a volte scelto, altre volte sono stati costretti ad accettare, una flessibilità lavorativa – comunque sempre a
netto vantaggio delle aziende.
Dall’individuazione di questi nodi vorremmo partire per capire quali forme di cooperazione si possono trovare tra soggetti che vivono e sono abituati a ragionare in un’ottica competitiva, dell’uno contro tutti. Per uscire dalla frammentazione a cui ci obbliga la precarietà imposta, per acquisire consapevolezza e tornare protagonisti, incanalando in maniera costruttiva rabbia e frustrazione.
Quali strumenti comunicativi possiamo mettere in campo per superare la fidelizzazione che molte e molti di noi hanno rispetto al proprio lavoro, che spesso coincide con la nostra passione e la nostra creatività? Quali strategie per arginare l’abbassamento del costo del lavoro, per uscire da un orizzonte di totale ricattabilità? E quali pratiche di sciopero possiamo mettere in atto per respingere al mittente tutte le vessazioni, i ricatti e le umiliazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno da datori di lavoro che spesso hanno la pretesa di dirigere non solo la nostra professionalità sotto tutti gli aspetti, ma anche il nostro tempo libero, la nostra vita?

La libertà sta nell’avere possibilità si scegliere. Cospiriamo insieme verso lo sciopero precario!

Akaroma

akaroma@inventati.org

Che cos’è AKAROMA?

 

Un’opera nomade di ricerca e inchiesta sulla città, un viaggio a tappe tra le forme e i processi di trasformazione dei territori, una mappatura delle relazioni sociali che li attraversano, dei conflitti che ne derivano e delle contraddizioni su cui si fondano.

“Roma, una città più volte morta e più volte rinata, il posto ideale per assistere alla fine del mondo, per vedere se tutto finisce oppure no..”[da“Roma“, Fellini,1970]

(continua…)

# Zero | L’altra Ostia

L’altra Ostia from akaroma on Vimeo.

Ostia, frazione di roma sul mare, un territorio vissuto da 80 mila persone, una città-satellite pianificata solo in parte: un lungomare di oltre venti kilometri con villini e palazzine di epoca fascista, e verso l’interno borgate e complessi-dormitorio, tessuti insediativi spesso discontinui e frammentari. volevamo capirci di più! se roma sembra poi così vicina o è così lontana. volevamo sapere come si vive in questa città-nella-città. tre storie in una. tre diversi luoghi. tre voci per raccontare la sua complessità. l’altra ostia.

# Uno | La Minga – Storie di autorecupero

La Minga – Storie di Autorecupero from akaroma on Vimeo.

La “Minga” è una parola di origine peruviana, il cui significato è traducibile come “lavoro collettivo”. Tale forma di lavoro, nata ai tempi dell’impero Inca ed ancora praticata dalle comunità latinoamericane, si caratterizza per i suoi fini di utilità sociale quali la costruzione di infrastrutture ed edifici pubblici.

(continua…)

Come i media (non) raccontano la crisi

mediaOgni giorno siamo tartassati di notizie, flash, agenzie, immagini che cercano di descrivere una quadro di quello che sta avvenendo.

Narrazioni veloci, condite da indici e fredde statistiche; appelli all’ottimismo stemperati da comunicati che richiamano al pragmatismo.

In questo flusso enorme di immagini e parole ci siamo noi con la nostra vita, i nostri conflitti quotidiani, i nostri sogni e nostri sguardi.

“Raccontare la crisi inizia da uno sguardo” abbiamo chiamato il contest del Festival (http://occhirossifestival.org/contest-antonio/) per interrogarci su come possiamo iniziare a sperimentare una narrazione collettiva che sappia documentare le trasformazioni sociali, politiche e culturali che stiamo vivendo.

Per questo sabato 22 maggio si è svolto, nell’ambito del Festival OcchiRossi,  un incontro tra giornalist*, fotograf*, lavorator*, freelance dell’informazione, precar* della comunicazione, attivist*, liber* pensator*, singole individualità, precarizzat*, cassaintegrat*, senza casa. Sono intervenuti : Anubi D’Avossa Lussurgiu (Liberazione), Stefano Simoncini (Loop,rivista), Core (free press territoriale), Luca Scaffidi (mediattivista), Cristian Raimo (scrittore), Ricercatori e ricercatrici dell’Ispra, Cecilia Fabiano (Agenzia Eidon), Giancarlo Castelli (giornalista), Daniele Nalbone (giornalista), Paolo Siqueira (fotografo free lance), Lavoratori e lavoratrici dei canili comunali, Cassaintegrati Alitalia (redattori free free press City of Gods), Radio Onda Rossa, Benedetta Lelli (Radio Popolare), Generazione P., Emanuele Di Nicola (Rassegna Sindacale Online).

OcchiRossi Festival Indipendente di Fotografia | CSOA Forte Prenestino | Via Federico Delpino

Info: info@occhirossifestival.org | http://occhirossifestival.org | nomortisullavoro@autistici.org | http://nomortilavoro.noblogs.org/

Link:

http://espresso.repubblica.it/style_design/archivio/24631190?ref=rephpsp6

http://roma.repubblica.it/?ref=HRHL-1

http://rassegna.it/articoli/2010/05/19/62589/crisi-concorso-fotografico-nel-festival-occhirossi

http://mmedia.kataweb.it/foto/24631190/5/la-crisi-in-una-foto-a-roma-il-festival-occhirossi

http://specchioincerto.wordpress.com/2010/03/15/occhirossi-e-il-contest-%E2%80%9Cantonio-salerno-piccinino%E2%80%9D/

http://2photo.org/occhirossi-festival-indipendente-di-fotografia/

http://www.artrehab.net/2010/04/ii-edizione-per-occhirossi-festival-indipendente-di-fotografia/

http://www.mostre-eventi.it/crisi-concorso-fotografico-nel-festival-occhirossi-rassegnait.html

http://www.clickblog.it/post/8413/occchirossi-festival-2010-a-roma

http://www.ondarossa.info/eventi/festivaal-occhirossi

http://www.06blog.it/post/8628/occhirossi-2010-al-via-la-seconda-edizione-del-festival-indipendente-di-fotografia-al-forte-prenestino

  • Articolo e video su suicidi in grande azienda cinese

Questo fenomeno dei suicidi di impiegati che sta attraversando il mondo, dalla Francia alla Cina, è davvero preoccupante. Riguardo la vicenda della Foxconn, grande azianda elettronica di Shenzhen, a questo link si può vedere un video della televisione cinese CCTV,  sottotilato in inglese sulla vicenda.

http://news.tecnozoom.it/curiosita/foxconn-suicidi-torture-e-maltrattamenti-da-fabbrica-che-produce-componenti-apple-post-17475.html

Ogni giorno siamo tartassati di notizie, flash, agenzie, immagini che
cercano di descrivere una quadro di quello che sta avvenendo.
Narrazioni veloci, condite da indici e fredde statistiche; appelli
all’ottimismo stemperati da comunicati che richiamano al pragmatismo.

In questo flusso enorme di immagini e parole ci siamo noi con la
nostra vita, i nostri conflitti quotidiani, i nostri sogni e nostri
sguardi.

"Raccontare la crisi inizia da uno sguardo" abbiamo chiamato il
contest del Festival (http://occhirossifestival.org/contest-antonio/)
per interrogarci su come possiamo iniziare a sperimentare una
narrazione collettiva che sappia documentare le trasformazioni
sociali,
politiche e culturali che stiamo vivendo.

Per questo abbiamo invitato nell'ambito del Festival OcchiRossi,
giornalist*, fotograf*, lavorator*, freelance dell’informazione,
precar*
della comunicazione a confrontarsi in una tavola rotonda con
attivist*, liber* pensator*, singole individualità, precarizzat*,
cassaintegrat*, senza casa.
Hanno già dato la disponibilità ad intervenire:

Anubi D'Avossa Lussurgiu (Liberazione), Stefano Simoncini(Loop,rivista),
Core (free press territoriale), Luca Scaffidi (mediattivista),
Cristian Raimo (scrittore)
Ricercatori e ricercatrici dell'Ispra, Cecilia Fabiano (Agenzia
Eidon), Giancarlo Castelli (giornalista)
Daniele Nalbone (giornalista), Paolo Siqueira (fotografo free lance),
Lavoratori e lavoratrici dei canili comunali,
Cassaintegrati Alitalia (redattori free free press City of Gods)
Radio Onda Rossa, Benedetta Lelli (Radio Popolare), Generazione P.,
Emanuele Di Nicola (Rassegna Sindacale Online).

Appuntamento sabato 22 maggio ore 19.00
OcchiRossi Festival Indipendente di Fotografia
CSOA Forte Prenestino
Via Federico Delpino

Info:
info@occhirossifestival.org
nomortisullavoro@autistici.org
http://nomortilavoro.noblogs.org/
http://occhirossifestival.org/

Link:
http://espresso.repubblica.it/style_design/archivio/24631190?ref=rephpsp6
http://roma.repubblica.it/?ref=HRHL-1
http://indipendenti.eu/
http://rassegna.it/articoli/2010/05/19/62589/crisi-concorso-fotografico-nel-festival-occhirossi
http://mmedia.kataweb.it/foto/24631190/5/la-crisi-in-una-foto-a-roma-il-festival-occhirossi
http://specchioincerto.wordpress.com/2010/03/15/occhirossi-e-il-contest-%E2%80%9Cantonio-salerno-piccinino%E2%80%9D/
http://2photo.org/occhirossi-festival-indipendente-di-fotografia/
http://www.artrehab.net/2010/04/ii-edizione-per-occhirossi-festival-indipendente-di-fotografia/
http://www.mostre-eventi.it/crisi-concorso-fotografico-nel-festival-occhirossi-rassegnait.html
http://www.clickblog.it/post/8413/occchirossi-festival-2010-a-roma
http://www.ondarossa.info/eventi/festivaal-occhirossi
http://www.06blog.it/post/8628/occhirossi-2010-al-via-la-seconda-edizione-del-festival-indipendente-di-fotografia-al-forte-prenestino