Atene, incendio nella banca: parla un impiegato

ateneLa lettera di un collega delle tre persone morte nel rogo della banca di Atene accusa la mancanza di dispositivi antincendio e di qualsiasi addestramento antincendio a norma di legge per i dipendenti della banca. Le uniche forme di addestramento riguardavano la tutela dei dirigenti della banca in caso di attacco terroristico. I dipendenti inoltre erano stati obbligati a presentarsi a lavoro e a rimanervi, sotto minaccia di licenziamento, costretti a chiudersi dentro e privati dei collegamenti internet con l’esterno per timore di contatti con la protesta.

Un impiegato della banca incendiata parla delle tragiche morti di oggi ad Atene.

Sento l’obbligo, riguardo i miei colleghi che sono morti ingiustamente oggi, di parlare chiaro e di dire delle verità oggettive. Sto inviando questo messaggio a tutti i media. Qualcuno che mostri ancora un po di coscienza potrebbe pubblicarlo. I restanti possono continuare a tenere gioco al governo.

I pompieri non hanno mai rilasciato alcuna licenza operativa per l’edificio in questione. L’accordo per operare era sottobanco, come praticamente succede per ogni azienda e compagnia in Grecia.
L’edificio in questione non ha nessun meccanismo di sicurezza anti-incendio, nè pianificati nè istallati, non ha spruzzatori a soffitto, uscite d’emergenza o idranti. Ci sono solo degli estintori che, naturalmente, non possono essere d’aiuto quando hai a che fare con incendi estesi in un edificio che è stato costruito con standard di sicurezza ormai obsoleti.
Nessuna filiale della banca Marfin ha membri dello staff addestrati per casi di incendio, e nemmeno all’uso dei pochi estintori presenti. La dirigenza usa addirittura come un pretesto l’alto costo di un simile addestramento e non prende le misure basilari per proteggere il suo staff.
Non c’è mai stata una singola esercitazione di evacuazione in nessun edificio da parte dei lavoratori, nè c’è stata alcuna sessione di addestramento da parte dei pompieri per dare istruzioni su come comportarsi in situazioni come queste. Le uniche sessioni di addestramento che hanno avuto luogo alla Marfin Bank riguardano scenari di azioni terroristiche e specificatamente la pianificazione della fuga dei dirigenti della banca dai loro uffici in situazioni del genere.

L’edificio in questione non ha speciali stanze per ripararsi nei casi di incendio, nonostante la sua struttura sia veramente vulnerabile in simili circostanze e nonostante fosse riempita di materiali dal pavimento al soffitto. Materiali che sono molto infiammabili, come carta, plastica, cavi, mobili. L’edifcio è oggettivamente non idoneo ad ospitare una banca proprio a causa della sua costruzione.

Nessun membro della sicurezza ha alcuna conoscenza di primo soccorso o di spegnimento di incendi, nonostante siano praticamente sempre incaricati della sicurezza dell’edifcio. Gli impiegati della banca devono trasformarsi in pompieri o security in base ai capricci del signor Vgenopoulos [padrone della banca].
La dirigenza della banca ha diffidato gli impiegati dall’andarsene oggi, nonostante lo abbiano persistentemente chiesto autonomamente fin da questa mattina presto – mentre hanno anche costretto i dipendenti a bloccare le porte e hanno più volte confermato al telefono che l’edificio sarebbe rimasto chiuso tutto il giorno. Hanno anche bloccato l’accesso a internet per evitare che gli impiegati comunicassero con il mondo esterno.
Da diversi giorni c’è stato un completo terrorizzare gli impiegati riguardo alle mobilitazioni di questi giorni con la “proposta” a voce: o lavori o sei licenziato!
I due poliziotti in borghese che sono in servizio nella filiale in questione per prevenire eventuali rapine non si sono fatti vedere oggi, nonostante la dirigenza della banca abbia verbalmente assicurato agli impiegati che sarebbero stati presenti.

E per concludere, signori, fate dell’autocritica e smettetela di delirare fingendo di essere scioccati. Voi siete responsabili di quello che è successo oggi e in ogni stato legittimo (come quelli che vi piace citare di tanto in tanto come esempio da seguire nei vostri show televisivi) sareste stati già arrestati per le questioni di cui sopra. I miei colleghi oggi hanno perso le loro vite per cattiveria: la cattiveria della Marfin Bank a del signor Vgenopoulos che ha affermato esplicitamente che chiunque non sarebbe venuto al lavoro oggi [giorno di sciopero generale] avrebbe fatto meglio a non presentarsi al lavoro domani.

Un dipendente della Marfin Bank


An employee of the burnt bank speaks out on tonight’s tragic deaths in Athen – please spread

Tonight’s tragic deaths in Athens leave little space for comments – we are all very shocked and deeply saddened by the events. To those (on the “Occupied London” blog even) who speculate that the deaths might have been caused purposefully by anarchists, we can only reply the following: we do not take to the streets, we do not risk our freedom and our lives confronting the greek police in order to kill other people. Anarchists are not murderers, and no brainwashing attempted by Greek PM Papandreou, the national or the international media should convince anyone otherwise.

That being said, and with developments still running frantically, we want to publish a rough translation of a statement by an employee of Marfin Bank – the bank whose branch was set alight in Athens today, where the three employees found a tragic death.

Read the letter, translate it, spread it around to your networks; grassroots counter-information has a crucial role to play at a moment when the greek state and corporate media are leashing out on the anarchist (and not only) movement over here in Greece.

I feel an obligation toward my co-workers who have so unjustly died today to speak out and to say some objective truths. I am sending this message to all media outlets. Anyone who still bares some consciousness should publish it. The rest can continue to play the government’s game.

The fire brigade had never issued an operating license to the building in question. The agreement for it to operate was under the table, as it practically happens with all businesses and companies in Greece.

The building in question has no fire safety mechanisms in place, neither planned nor installed ones – that is, it has no ceiling sprinklers, fire exits or fire hoses. There are only some portable fire extinguishers which, of course, cannot help in dealing with extensive fire in a building that is built with long-outdated security standards.

No branch of Marfin bank has had any member of staff trained in dealing with fire, not even in the use of the few fire extinguishers. The management also uses the high costs of such training as a pretext and will not take even the most basic measures to protect its staff.

There has never been a single evacuation exercise in any building by staff members, nor have there been any training sessions by the fire-brigade, to give instructions for situations like this. The only

training sessions that have taken place at Marfin Bank concern terrorist action scenarios and specifically planning the escape of the banks’ “big heads” from their offices in such a situation.

The building in question had no special accommodation for the case of fire, even though its construction is very sensitive under such circumstances and even though it was filled with materials from floor to ceiling. Materials which are very inflammable, such as paper, plastics, wires, furniture. The building is objectively unsuitable for use as a bank due to its construction.

No member of security has any knowledge of first aid or fire extinguishing, even though they are every time practically charged with securing the building. The bank employees have to turn into firemen or security staff according to the appetite of Mr Vgenopoulos [owner of Marfin Bank].

The management of the bank strictly bared the employees from leaving today, even though they had persistently asked so themselves from very early this morning – while they also forced the employees to lock up the doors and repeatedly confirmed that the building remained locked up throughout the day, over the phone. They even blocked off their internet access so as to prevent the employees from communicating with the outside world.

For many days now there has been some complete terrorisation of the bank’s employees in regard to the mobilisations of these days, with the verbal “offer”: you either work, or you get fired.

The two undercover police who are dispatched at the branch in question for robbery prevention did not show up today, even though the bank’s management had verbally promised to the employees that they would be there.

At last, gentlemen, make your self-criticism and stop wandering around pretending to be shocked. You are responsible for what happened today and in any rightful state (like the ones you like to use from time to time as

leading examples on your TV shows) you would have already been arrested for the above actions. My co-workers lost their lives today by malice: the malice of Marfin Bank and Mr. Vgenopoulos personally who explicitly stated that whoever didin’t come to work today [May 5th, a day of a general strike!] should not bother showing up for work tomorrow [as they would get fired].

– An employee of Marfin Bank [greek original]

Lettera di un detenuto politico greco

Traduzione a cura di www.antifaresistance.org

La seguente lettera é stata scritta nella prigione di Corinto da Christoforos Kortesis (uno dei 6 anarchici arrestatati durante il caso “Revolutionary Struggle”)
30 aprile 2010

Il 10 Aprile, 6 persone sono state arrestate e portate negli uffici centrali della Polizia (GADA). Io ero tra loro. Non sapevamo la ragione per cui eravamo detenuti, e i poliziotti non ci hanno permesso neanche di contattare i nostri avvocati, era una deportazione di forza ci hanno detto (credo sia abduction=deportazione di forza, dato che adduction non significa un cazzo…). Dopo 56 ore – in cui non ci hanno permesso neanche di parlare tra di noi – siamo stati portati di fronte al tribunale di via Evelpidon e accusati di partecipazione a un “Revolutionary Struggle”. Il mio arresto é conciso esattamente con le dichiarazioni del primo ministro Papandreou favorevoli alla possibilitá che la Grecia accetti prestiti dal Fondo Monetario Internazionale. É ovviamente assai improbabile che tutto ció sia una coincidenza, dato che lo stesso accadde nei raid della polizia nel presunto “rifugio Halandri” e nel caso degli arresti di vari compagni effettuati dal precedente partito di governo Nea Dimokratia, solo qualche giorno prima delle elezioni del 2009.
L’inizio della campagna di disinformazione seguita subito dopo il nostro arresto, con la solita propaganda televisiva, tra la feccia varia, non ci ha affatto sorpreso. Hanno mostrato cose che non sono state riportate nemmeno dai reporti legali e hanno iniziato a costruire un quadro accusativo assolutamente assurdo arrivando addirittura all’attacco delle Torri Gemelle!!!
Immediatamente siamo stati giudicati colpevoli dai media che hanno iniziato una gara a chi divulgava piú informazioni possibili sulle nostre vite personali; a chi per primo fosse riuscito a scattare foto del nostro appartamento-rifugio e riportare quale sono le nostre motociclette preferite, a che ora andiamo a letto, quando e quante volte facciamo l’amore e cose simili: semplicemente una serie di offerte all’altare dello spettacolo. Comunque, niente di tutto ció mi ha sorpreso. Sono assolutamente cosciente che i mezzi di telecomunicazione nelle nostre “democrazie” giocano esattamente lo stesso ruolo dei ministeri della propaganda nei regimi totalitari.
Il popolo Greco realizzerá senza dubbio che, anche dopo che questi terroristi assetati di sangue sono stati arrestati, niente é cambiato nella loro vita quotidiana. Se qualche tempo fa i padroni soleveno offrire alla gente le rimanenze dei loro ricchi banchetti, ora non faranno neanche questo. Ma in tempi di crisi acuta e disparitá sociali come questi, la gente puó arrivare a fare cose che prima non avrebbe mai immaginato. Le ribellioni di massa che sono esplose in tutta la Grecia dopo l’omicidio di Alexis Grigoropoulos, due anni fa, sono state giusto un piccolo assaggio – che ha alimentato le speranze di alcuni e la disperazione di altri…La repressione sará oggi piú dura che mai nella speranza di sconfiggere in primo luogo la parte piú radicale della societá, il loro piú grande nemico, il movimento anarchico anti-autoritario. Questa é la ragione per cui, nonostante attualmente la disoccupazione sia superiore al 15 %, Chrisochoidis punta a spingere sempre piú persone ad arruolarsi nelle forze di sicurezza per combattere la crescita della minaccia di terrorismo, mentre l’unico obiettivo é quello di rafforzare le linee difensive dello stato.
Ma é esattamente in questi tempi di crisi che dinnanzi a noi si presenta un’occasione unica per radicalizzare diversi gruppi sociali. É in questi tempi di crisi che tonnellate di esplosivo si sono accumulate alle fondazioni del sistema capitalistico e l’unica cosa che manca, cari compagni, é accendere la miccia!
D’altra parte non voglio entrare nel merito dei capi di accusa che pendono su di noi dato che innocenza e colpevolezza dipendono dalla parte della barricata in cui abbiamo deciso di stare nelle nostre vite. Se la polizia, i giornalisti, i politici, i banchieri, o i giudici considerano qualcuno colpevole in nome della democrazia borghese, allora tutti loro sono colpevoli in nome della giustizia pubblica.
Per le stesse ragioni non racconteró le condizioni in cui siamo stati detenuti i primi giorni nel GADA. Come anarchico considero me stesso e i miei compagni prigionieri di guerra. Questa guerra, di cui Chrisochoidis ha preso coscienza solo qualche mese fa, che é condotta con rabbia da secoli tra i padroni e le masse in rivolta.
Ognuno ha giá scelto da che parte stare e quando si realizza di stare dalla parte sbagliata della barricata, allora sará giá troppo tardi…

Pazienza e determinazione per tutti coloro che hanno scelto di intraprendere il turbolento percorso della storia verso la rivoluzione…

Onore per sempre all’anarchico Lambros Fountas

Addio, un compagno

https://roma.indymedia.org/node/19837

Palestina. Assedio e arresti a Betlemme

Palestina, 22 aprile. Durante una manifestazione a Beit Jalla hanno due compagni italiani sono stati arrestati insieme ad almeno 4 altri internazionali,  almeno 4. Al centro di Betlemme, cittadini palestinesi con alcuni internazionali hanno dato vita a una manifestazione di protesta contro il muro dell’apartheid in costruzione in quella zona.

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Dimostrazione di donne che hanno perso i loro figli. (21 aprile)

Da circa 3 ore Betlemme è assediata dai militari dell’esercito di occupazione israeliano, che ha tra l’altro isolato diverse famiglie, per questo i manifestanti hanno tentato di avvicinarsi ma i militari li hanno respinti sparando lacrimogeni e proiettili di gomma. Inoltre son state fermate 6 persone, tra cui 2 italiani, che ora sono nelle mani dell’esercito israeliano. Non abbiamo ancora notizie ma stanno bene, sono in comunicazione con gli altri. Sono accusati di violazione di una zona militare chiusa perchè, in maniera simbolica, hanno piantato una bandiera palestinese sul perimetro del futuro muro, dove era appena stata distrutta una casa di palestinesi.

Qui potete ascoltare una prima corrispondenza a Radio Ondarossa

Seconda corrispondenza. Ascolta.

Russia | Antifascisti ad un anno dall’omicidio di Stanislaw Merkelov e Anastasia Baburova

rome-rash-antifa-ivan-hutorskoj-memory-action-04122009-002A 20 anni dalla caduta del muro, a poco meno dall’anniversario dalla disgregazione dell’impero sovietico, sentirsi di sinistra per i giovani di Mosca, San Pietroburgo come anche della lontana Irkutsk è uno vero e proprio stile di vita, un’appartenenza controculturale mescolata con le mille identità metropolitane in cui si riconoscono i giovani di buona parte del mondo: punk o skinhead, soprattutto.
Ben poco della dottrina semplificata all’osso e inculcata fin da piccoli, della retorica nazionalista stalinista: l’antifascismo moscovita cresce nelle relazioni sociali, nel meticciato quotidiano della Russia che, multiculturale per costituzione, per decenni ha attirato persone di mille paesi e che qui hanno lasciato figli.
L’unità di movimento si pratica intorno al pacifismo, alla ricostruzione di solidarietà sociale dopo decenni di crisi, alle lotte ecologiste in un territorio devastato, all’autodifesa attiva dai neonazisti [Ascolta Maldestra, trasmissione di Radio Ondarossa]
Questa piccola opposizione sociale giovanile, vive infatti da anni in una sorta di stato d’assedio: Il modello Putin, che ha rimesso la Russia sulla carreggiata dell’economia globale, si riproduce sullo stato di guerra permanente, sulla strategia della tensione, sul rigido controllo dell’opinione pubblica e sull’alleanza politica e culturale con la chiesa ortodossa. Si delinea un paese slavocentrico, aggressivo verso i “chorni”, i “negri” (in senso ampio tutti quelli che non sono slavi: centro asiatici, africani, orientali), con centinaia di migliaia di persone attive in organizzazioni tradizionaliste ortodosse, nazionaliste, neonaziste.
Negli ultimi due anni le aggressioni sono decine, solo nel 2008 il numero dei morti era arrivato a 80, nel 2009, tra queste, l’assassinio a colpi di pistola di Ivan Khoutorskoy [http://www.antifa.ru/3550.html] e il duplice omicidio dell’avvocato Stanislaw Merkelov e della giornalista Anastasia Boburova, attivisti antifascisti, assassinati presumibilemnte per conto del governo da neonazisti: Merkelov era l’avvocato di famiglie
coinvolte in processi contro i militari russi in Cecenia, la Boburova scriveva per Novaja Gazeta, lo stesso giornale indipendente di Anna Politkoskaja.
Nell’anniversario del loro omicidio a Mosca è stato costituito un comitato che ha lanciato un appello internazionale alla mobilitazione.

COP15 | Climate Justice Action

Communicato dal Climate Justice Action meeting a Ragnhildsgade,
Copenhagen 17 Dicembre 2009

Il movimento per la giustizia climatica si è scontrato con una repressione poliziesca di massa in entrambe le date del 12 e del 16 dicembre: attacchi a manifestazioni autorizzate, arresti preventivi di massa, incursioni illegali in case private e spazi di accoglienza, uso intensivo di pepper spray e la carcerazione di attivisti politici. Non è solo una criminalizzazione dei movimenti per la Climate Justice, ma un tentativo di criminalizzare tutti i movimenti legittimi e popolari, non solo in Danimarca ma in tutto il mondo.
Gli arresti dei portavoce della CJA durante gli ultimi due giorni sono un tentativo di nascondere il dato che la conferenza non sta andando da nessuna parte, che il sud globale è ancora ignorato, che il COP15 non condurrà a nessuna alternativa alla catastrofe climatica. I politici possono rimuovere i portavoce, ma la CJA non smetterà di parlare.

Così come il processo COP ignora il sud globale, i movimenti che costruiscono fronte comune con la loro lotta per la giustizia climatica vengono criminalizzati.

CJA vuole interventire sulle politiche climatiche, ma le forza politiche ci costringono ad una lotta per i diritti universali di libertà come la libertà di parola e di assemblea.

Copenhagen, Italia, Europa

Rastrellamenti, fermi di massa, voliere per contenere i manifestanti. Il tutto accompagnato dalla squisita cordialità scandinava.

arresti“sfoglia
le pagine del libro dell’inuguaglianza e cogli la sostanza
la mia scelta di coerenza
stanei sogni dei banditi
nel dileggio dei divieti
nell’odio viscerale per vigliacchi e mansueti”

Durante le contestazioni al vertice internazionale sul clima COP15, la gestione delle piazze e dei movimenti ha fatto un passo avanti. anzi indietro: agire preventivamente, impedire ogni forma di protesta che possa essere ingovernabile, pacifica o radicale che sia.
intimidire e sfiancare anche i più determinati tra quant* sono arrivati per essere parte di un appuntamento da cui ci si aspettava un processo di movimento forte ampio e avanzato. una presa di parola collettiva sullo sfruttamnto dei territori e delle risorse, sulle speculazioni e la devastazione ambientale, proporre alternativa alla falsa alternativa del capitalismo verde, che giocando con i numeri produce meccanismi virtuosi in occidente e scarica le responsabilità nel resto del mondo.
invece lo scenario che ci è stato mostrato parla di tutt’altro, il conflitto deve essere controllato e preventivamente azzerato: che la critica apparecchi e serva il tavolo dei grandi, che al tavolo dei pupi indisciplinati non si muova una foglia.

10 anni dopo Seattle, ma anche 10 mesi dopo Londra e Strasburgo, con le architetture dell’economia e della sicurezza globali duramente contestate e messe in difficoltà, nella governance globale l’indicazione è di non rischiare più, specie con la crisi che galoppa. se la posta in gioco è la libertà dei cittadini di esprimere il dissenso, ben venga: che sia pacifico e colorato o radicale e a tinta unica.

E dalle sponde del mediterraneo, dove la tradizione di ordine pubblico è ben più brutale di quella nord europea, e i diritti del cittadino di fronte alle divise sono pari a zero, questo segnale non può che essere colto con inquietudine. Atene che brucia un anno dopo l’omicidio di Alexis è stata desertificata per giorni, gli spazi di aggregazione e i quartieri alternativi razziati dalla polizia prima ancora che si scendesse in piazza.
A Roma, le strade sono interdette alle manifestazioni con le forze dell’ordine in stato d’allerta. A ben guardare non possiamo pensare che la regia di quanto accaduto a Copenhagen sia solo responsabilità danese: l’instaurazione di uno stato di eccezione a livello europeo è pratica ormai condivisa su tutto lo spazio comunitario, e noi stessi attivisti italiani ancora ne paghiamo le conseguenze, da quel g8 di Luglio 2009 in cui qualsiasi manifestazione è stata dispersa, repressa, blindata.

Mettere in discussione la gestione preventiva dell’ordine pubblico vuol dire guardare oltre i sorrisi e la cortesia della polizia danese, e riappropriarci della nostra agibilità anche al di fuori dei margini di tolleranza in cui vorrebbero restringerla e disciplinarla.
troppo angusti per contenere rabbia e sogni.

Leggi anche (se ti va):

Comunicato CJA | Accuses to Police | Voci da Copenhagen | Copenhagen/Movimenti (precaria.org)

Video | Rainews 24

Copenhagen Police accused of violating human rightsCopenhagen Police accused of violating human rights

Pubblichiamo un comunicato sul comprtamento della polizia al vertice ONU di Copenhagen

COPENHAGEN POLICE ACCUSED OF VIOLATING HUMAN RIGHTS AT UN CLIMATE SUMMIT

Danish police have indiscriminately arrested hundreds of climate justice activists during a climate change protest made up of 100,000 people that took place today in Copenhagen.  Questions have been raised about the fact that the arrests occurred in a different time and place to where some trouble had momentarily flared earlier in the day. Journalists have been restricted from reporting at the site of the arrests since 1800hrs.
It’s estimated that 100 people are still being held on the road in extremely cold weather, cuffed and forced into seated positions in lines (1). They have expressed severe physical discomfort and have no access to water, medical attention or toilet facilities since 1530hrs. Many activists are reported to have urinated themselves while detained on the ground.
An estimated 200 have been removed from the site and taken away in coaches. Several people are reported to have fainted around 1945hrs.
Helga Matthiassen, who was detained for an hour before being released due to an injury she had recently sustained, said, “Of course we’re angry – people all over the world are angry about being lied to by governments who are making a corporate deal at the climate talks, and now when we try to protest against this on the streets we are randomly held by police.
“Not only have we been denied the right to protest, but our basic human rights have also been ignored in this ludicrous, staged police exercise.  It seems Danish Police have a new motto: why just criminalise protesters, when you can dehumanise them too?” (2)

ENDS

Contact: 0045 5066 9028 (International)
0045 4129 4994 (Danish)

media@climate-justice-action.org
www.climate-justice-action.org

Nocop-15 | Voci da Copenhagen

Aggiornamenti dai nostri inviati al vertice di Copenhagen.

17 dic
Quello che sta avvenendo in Danimarca non è un episodio eccezionale ma al contrario l’eccezione che si fa regola in ogni paese dove il capitalismo perde terreno di consenso e si apre alla guerra sociale dichiarata. Qui la polizia ha dichiarato guerra a chiunque volesse contestare il vertice con qualunque modalita´. Ogni mossa era contrastata con un massiccio arsenale: 100 manifestanti, 1000 guardie. Una democrazia intesa come fascismo gentile (“this is what democracy looks like”), una subdola ma definitiva abiura dei diritti fondamentali della persona. Queste giornate hanno rischiato di fiaccare anche la determinazione di chi si aspettava un evento epocale e di chi ancora una volta sperava che la lotta e l´espressione del dissenso avrebbero aperto la diga e fatto esplodere la rabbia di fronte al persistere di una scelta capitalista folle e suicida (“there is not a planet B”). E invece ha vinto l´ipocrisia dei manifesti pubblicitari in cui la shell spiega i suoi sforzi per l’ambiente, degli appelli
di una unione europea che punta alla leadership globale nel green capitalism, delle grandi lobbies di potere che chiedono la messa in vendita dei diritti ad inquinare per avere un nuovo mercato da spolpare ai danni del pianeta.
Un movimento di opposizione e di protesta c´e´stato: centinaia e centinaia di persone hanno continuato a svegliarsi la mattina sotto la neve per andare verso un arresto quasi certo e dopo lo sgomento dei primi giorni gli arresti diventavano via via più difficili.

15 dic 14:06
Stanotte siamo miracolosamente tornati a casa alle 4 con cristiania e dintorni assediata da elicotteri, sbirri e mezzi speciali da sbarco sulla luna.

20:57
Il corteo di oggi si è scontrato ripetutamente con la polizia. Ci sono qualcosa come 250 fermi e 30 ricoverati per uso di pepperspray e manganelli (il ministero dell’interno dicehiara che avevano finito i dolcetti ;))

14 dic 15:07

La situazione è tranquilla nel senso che a differenza dell’italia per ora non hanno ancora pistato malamente nessuno, non è quello che interessa.

Di contro stanno facendo sfumare in un batter d’occhio qualsiasi azione (anche cortei regolarmente autorizzati), ti fermano e perquisiscono a qualsiasi ora del giorno e della notte ed è più il tempo speso a dirsi reciprocamente “take care” che altro.

ore 0:17

Sono tutti usciti stasera.
Il clima qui oltre che rigido è anche pesante.

13 dic 18:00
Il “tranquillo” corteo per famiglie di ieri si è concluso con circa 1000 arresti e per ora sembra che  abbiano arrestato circa 300 persone, praticamente chiunque si aggira per la città è passibile di perquisizione. Entro stanotte dovrebbero rilasciarli tutti, per il momento solo freddo e frustrazione per il livello di repressione messo in atto. Agibilità ridotta al minimo e perquisizioni continue, addirittura chi sta con il passeggino ha avuto problemi con le guardie.

12 dic 4:27
Rapido aggiornamento: i ragazzi della sapienza e i due di Napoli sono stati rilasciati. Conto della giornata, 75 fermi e quattro arresti confermati che domani mattina saranno di fronte ad un giudice,
oltre ad una quantita’ indefinita di identificati in giro per le strade della città, dove da domani ci saranno almeno 6000 poliziotti e mille militari per garantire la “sicurezza” del vertice.
In giornata sono arrivati centinaia di attivisti da tutta Europa. Domani dovrebbe essere una giornata tranquilla almeno per le famiglie e per chi partecipa al corteo autorizzato. Per seguire meglio lo svolgimento delle manifestazioni andate sulla pagina di indymedia : http://nocop.italy.indymedia.org/

11 dic 16:21
Stamattina hanno fermato tre ragazzi della sapienza oltre ad un paio di napoletani. I fermi confermati per il momento sono 64 ma questa sera forse un po’ verranno rilasciati visto che si tratta di tutti arresti preventivi.
Le strade sono completamente militarizzate e la polizia ferma singoli e gruppi senza alcun motivo apparente. Molti di noi sono già stati fermati ed identificati (qualcuno due volte).
Domani la mobilitazione crescerà con il primo corteo di massa che vedrà la partecipazione non solo di militanti ma anche di vari settori di società civile.

11 dic 15:20
È appena finita la prima giornata di dimostrazioni. Tra di noi tutto a posto.  Al momento stiamo un  sparsi in giro per i vari infopoint e media center. Siamo stati fermati due volte; appena scesi dall’aereo ieri e un’oretta fa ma solo per identificarci. Naturalmente un po di arresti si sono visti.
Our climate not your business!

11 dic 10:00
Qui la situazione e’ estremamente viva. Ci hanno chiesto di far girare questo link e l’intervista che ci trovate: http://climatecaravan.wordpress.com/

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Cambiamo sistema non clima | Verso Cop-15 | Human rights violation

Ancora voci da Atene

http://www.rainews24.it/it/foto-gallery.php?galleryid=134858

E’ vero, ad Atene, la capitale greca che si affaccia oggi sull’anniversario di un anno all’assassinio per mano della polizia antisommossa del 15enne Alexis Grigoropoulos, ci sono migliaia di individui travisati, con passamontagna e maschere antigas, coi caschi calzati sulle teste, pronti al finimondo. Per la precisione, sono 10mila. Tanti infatti ne ha schierati il governo, il neoinsediato esecutivo del socialista Pasok, per “prevenire” il ripetersi di quella rivolta giovanile che pure ha segnato la parabola del predecessore governo di centrodestra consegnandolo alla crisi politica e alla recente sconfitta elettorale. Sono dappertutto, i poliziotti: quelli “normali” in blu e altrettanti in verde, i Mat, gli antisommossa che detengono un discreto primato nell’essere detestati dalla maggioranza dei giovani – e anche da molti meno giovani – in Grecia. Sono dappertutto nel tesisimmo sabato di vigilia ad Atene, dove le principali arterire del commercio e dell’intrattenimento del centro appaiono straordinariamente disertate dalla gente, quella che ha ancora qualche soldo da spendere nel Paese del vecchio nucleo dell’Unione europea che versa nella condizione peggiore quanto a conti economici e a bilancio sociale della crisi globale.
I 10mila della pretesa di “ordine pubblico”, però, si materializzano, quasi tutti, solo a sera. E si materializzano proprio là dove Alexis fu assassinato un anno meno un giorno (quello odierno) prima: ad Exarhia, il centralissimo quartiere alternativo che s’è guadagnato la fama d’essere il più ribelle d’Europa. E là dove la repressione e il suo volto assassino,
quella notte del 6 dicembre 2008, fece trovare ai primi rivoltosi d’Exarhia la sponda naturale e immediata: il Politecnico di Atene. Così, fin dalla vigilia, l’appello lanciato dal neo-premier Ghiorghios Papandreu, un nome illustre e un’eredità politica totalmente trasfigurata lungo le generazioni, ha rivelato tutta la sua vuotezza. Papandreu, per mettere le mani avanti di fronte ad un anniversario la cui qualità è annunciata in
modo inequivoco dal semplice dato che praticamente tutte le università e le scuole greche sono state occupate nel corso dell’ultimo mese, ma anche per cercare di districarsi dalla perfetta identificazione col predecessore e destro Karamanlis (altro erede dinastico), aveva in effetti parlato al Paese venerdì per dire che il governo socialista è “contro la violenza”,
aggiungendo “sia di Stato sia individuale”, e per invocare quindi un “fronte sociale unito” in grado di “prevenire”, appunto, nonché “isolare” nuove scintille di rivolta. Dev’essere che il solo “fronte” a rispondere è stato quello fra i reparti mobilitati…
Persino il ministro dell’Interno, Mihalis Chryssochoydis, s’era in effetti speso ancora ieri nella stessa direzione. Ricordando l’assassinio di Alexis come “un caso di estrema violenza poliziesca” che ha “segnato la vicenda del Paese” e “colpito la fiducia del popolo nella capacità dello Stato di proteggerlo” (fiducia piuttosto immaginaria, vista l’immediata estensione della rivolta d’un anno fa…); lui che non può fare altrimenti avendo
dovuto, dopo aver promesso (e disposto) fuoco e fiamme sulla “normalizzazione” di Exarhia, far dimettere il capo della polizia che il governo Pasok aveva esentato dallo “spin-off” pur essendo lo stesso del dicembre 2008, dopo un “errore” come l’arresto in piazza Exarhion
dell’antico speaker della radio pirata del Politecnico occupato contro la giunta fascista nel 1973 e attuale esponente di Syriza. Chryssochoydis aveva poi argomentato che “i giovani avevano diritto di prendersi le strade per esprimere il loro disagio e la loro rabbia”, un anno fa; ma “oggi” fa “la differenza” il fatto che “la leadership che provocò questa situazione
non è più presente” e dunque “c’è una nuova speranza”. Praticamente, un’apologia preventiva. Il tutto per sintetizzare che le “sole minacce” a dargli “preoccupazioni” sarebbero provenute da “circa 500 elementi anarchici e estremisti stranieri”, in afflusso verso Atene. E così, mentre lo stesso presidente della Repubblica Karolos Papoulias
lanciava a sua volta un appello a “ricordare pacificamente l’assassinio di Alexis Grigoropoulos”, dopo averlo definito “una lezione per tutti noi su dove l’arbitrio può portare” e nell’esprimere “solidarietà” alla “famiglia” (che intanto ha dovuto subire l’ennesimo rinvio del processo al poliziotto omicida, spostato esplicitamente per “ragioni d’ordine pubblico” a gennaio e per di più a 150 km da Atene), la capitale greca e dentro di essa le
capitali del dissenso e dei comportamenti sociali “pericolosi”, ossia Exarhia e le Università, venivano messe in stato d’assedio.
Così, ancora, l’unica manifestazione fissata per quella pesantissima vigilia che è stata la giornata di ieri, precisamente sul luogo dell’uccisione di Alexis nella piazza Missoloungi che da un anno ha preso il suo nome sulle targhe autoprodotte e nelle menti di tante e tanti, una manifestazione stanziale convocata dalle associazioni dei residenti del quartiere, non ha trovato alcun gesto che parlasse di “dialogo”, intorno a sè. E anziché trovare un  allentamento della pressione intollerabile stabilita da mesi con “cordoni sanitari” e raid quotidiani, come quello che giovedì ha scatenato la reazione dei giovani in piazza Exarhion finendo peraltro col bilancio di due poliziotti in ospedale di cui uno grave per il trauma cranico riportato in seguito alle sassate ricevute, la manifestazione nel cuore di Exarhia è stata soffocata. Da un cordone ancora più stretto e moltiplicato esponenzialmente quanto a numeri di poliziotti schierati (2mila fin da subito, anzi prima), subito tramutato in un
ulteriore raid approfittando delle prime scaramucce lungo le strade che collegano il quartiere al corso di Akademias e a quello di Pathision. Il risultato è il frutto dell’intenzione. La cui evidenza non ha fatto che confermare le ragioni della rabbia determinata e della volontà di dare continuità alla rivolta, che animano da sempre il movimento studentesco e non ad Atene e in Grecia. Dunque la capitale ellenica ieri sera, di nuovo, è tornata ad essere il proscenio di quella rabbia e di quella rivolta. Con la novità della prontezza e dell’ulteriore pesantezza dell’intervento poliziesco, che ha letteralmente spazzato il quartiere e chiuso su sé stessi gli Atenei occupati del Politecnico, delle facoltà giuridiche e dell’Assoe, la scuola economica che pure il rettore aveva tentato di
tenere sbarrata venerdì e che ha dovuto cedere ai collettivi dopo durissimi scontri con la polizia chiamata a presidiarla. Migliaia di poliziotti e centinaia di pompieri, costretti a seguirli per spegnere subito gli incendi. Solo che ieri doveva ancora venire la notte. E, soprattutto, in attesa delle grandi manifestazioni convocate consecutivamente per oggi
alle 13 e 30 e per domani alla mezza ai Propileia, poche centinaia di metri distante dal Parlamento e dal governo, ieri era solo la vigilia: nel Paese sul quale da 2 settimane i vertici economici dell’Ue discutono di come evitare il declassamento dei titoli di stato, per un debito pubblico pari e per un deficit di non molto superiore a quelli dell’Italia.

Alexis, un anno dopo

Voci dalla Grecia insorgente

GREECE-PROTEST-CLASHES

Ad un anno dall’assassinio di Alexis, dentro uno stato d’assedio, un corteo che in Italia sarebbe stato venduto d’1 milione di persone, sicuramente grande almeno come quello del 21 luglio 2001 a Genova, aperto da uno spezzone del Politecnico occupato pari al corteo di via Tolemaide del 20/07/01, alla faccia del governo “democratico” del Pasok che ha dichiarato “opera di 2-300 anarchici venuti dall’estero” gli “eventuali disordini” mentre affama i salariati e i senza reddito e dopo che ieri ha sequestrato il quartiere di Exarhia, razziato un centro occupato, bastonato e rapito 200 persone 75 delle quali ancora trattenute fra cui 4 compagni e 1 compagna italiani…

Questo corteo infinito, debordante di giovani dai 15 ai 30 anni ma anche di tanti altri, di studenti universitari e medi, d’insegnanti, di ragazzi delle periferie, di donne autodeterminate, di migranti, di proletari, di precari, di “general intellect” metropolitano, senza mai scomporsi nel corso di 3 ore e mezza ha:

  • occupato il rettorato a Propileia su cui sventola la bandiera dell’anarchia;
  • combattuto la polizia lungo il corso di Akademias a fuoco per mezzo pomeriggio;
  • riempito i lunghi viali di Venizelos e Stadios, riempito due volte l’enorme piazza Syntagma;
  • assediato governo e parlamento presidiati all’inversosimile;
  • resistito ai gas e a 15 cariche laterali e in coda dei Mat;
  • colpito a ritmo d’esplosioni i reparti intorno, le banche, le finanziarie e gli shop di lusso…

Ora la folla occupa piazza Omonia, le laterali di Akadimias, il corso Pathision e tutta Exarhia, in attesa della sera. Stay tuned…

Alexis Zei!
Oloi Stous Dromous, Ghia Ti Eleutheria!
We Wont Forgive, We Wont Forget!
Merry Crisis And A Happy New Fear!
Remember Remember The 6th Of December…

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