Pizzo del Prete: un fortino nella campagna romana.

Sabato 25 Febbraio. Via di Castel Campanile, campagna incontaminata vicino al litorale a metà strada tra Ladispoli e il lago di Bracciano: sulla collina di Pizzo del Prete, che domina la grande e stupenda vallata che dovrebbe accogliere la nuova Malagrotta romana, è stato piantato in terra il primo palo di un “fortino” che verrà costruito pezzo dopo pezzo da chi intende resistere al progetto del Prefetto Pecoraro che ha individuato proprio in questa valle la destinazione della nuova discarica della capitale.

È difficile immaginare un luogo più bello di Pizzo del Prete. Lo spettacolo è suggestivo. Giungendo sul posto, l’immagine è da cartolina in movimento. Una verdissima e morbida collina, segnata da un enorme “NO” di tela che accoglie chi arriva. Tante sagome nere brulicano sul profilo mentre si dirigono verso un trattore pieno di bandiere che se ne sta, immobile, sulla sommità ed ha tutta l’aria di non volersi proprio muovere da lassù. Centinaia e centinaia di persone, poco prima di andarsene, si sono prese per mano e hanno formato un cerchio fino a circondare il “no”. Un aereo sorvola l’area, bassissimo in atterraggio verso Fiumicino. Dall’alto, i passeggeri hanno avuto il privilegio di osservare un grandissimo no-logo umano su sfondo verde. In basso, il trattore viene circondato da un cerchio di gesso, come ulteriore linea di resistenza. Nel cerchio, l’atmosfera è elettrica: c’è la forte sensazione di essere in tanti e di far parte di un momento significativo, quasi un atto fondativo di un percorso che molto probabilmente sarà lungo.

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Nelle vicinanze un borgo medievale, sito archeologico segnalato da cartelli turistici già dall’Aurelia. E sulla collina di fronte, un’azienda agricola, biologica, con gli animali più svariati, compresi i cervi e tutt’intorno a pascolare le pecore che vorrebbero sostituire con la monnezza. Un posto da fiaba, insomma. Lo sarebbe anche oggi se non fosse per le numerose camionette di forze dell’ordine che ne hanno invaso il piazzale. Eppure anche loro non osano avvicinarsi alla collina del no e del trattore, ma lo osservano da qui in lontananza.

Intorno ci sono poche case sparse, alcune isolate sulle colline nei dintorni, altre ammassate in piccole frazioni sulla strada da cui si arriva. Siamo in una delle zone più incontaminate intorno a Roma, forse proprio questo il motivo della scelta del prefetto. Pochi abitanti, poche rogne. Niente di più sbagliato. Non c’è una casa che non abbia uno striscione contro la discarica ed oggi è presente un sacco di gente, segno che anche dai comuni e dalle frazioni più distanti della zona circostante il problema è davvero sentito.

Un presidio partecipato, così come le manifestazioni che si sono svolte nei mesi scorsi contro il piano rifiuti della Regione Lazio, anche detto il piano discariche e inceneritori. Nel tempo la Regione ha annunciato i siti più svariati per sostituire Malagrotta, che sembrava dover chiudere, stavolta sul serio e definitivamente, il 31 dicembre scorso. Da questi paesi minacciati e dai loro dintorni sono scesi in piazza decine di comitati – ovviamente Malagrotta ma anche Corcolle, Riano, Allumiere, Palidoro, Cerveteri, Fiumicino, Ladispoli, Valcanneto – con un messaggio chiarissimo: un’altra discarica non si deve fare, da nessuna parte.

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Le condizioni di Malagrotta del resto non lascerebbero spazio a subbi. Un comitato da anni si batte per la chiusura della discarica, accusata di essere causa di gravi danni alla salute e di inquinamento del territorio circostante: in particolare nelle falde acquifere sarebbero presenti quantità di piombo arsenico e alluminio superiori ai limiti di legge, come evidenziato in un recente studio dell’ISPRA. La Procura inoltre ha aperto un’inchiesta per “omicidio colposo” per quattro morti di tumore tra gli abitanti della zona.

Il sistema dei rifiuti della capitale è Malagrotta-centrico. Questa discarica, dal nome paradossale – il visitatore infatti viene accolto dal cartello “città dell’industria ambientale” – e di proprietà dell’ormai celebre avvocato Manlio Cerroni, il monopolista della mondezza, è l’unica a ricevere i rifiuti di Roma da 30 anni. Ce ne sono altre due molto grandi nei paraggi, a Guidonia e ad Albano, ma ricevono i rifiuti dei comuni circostanti. A Malagrotta invece arrivano ogni giorno 4500 tonnellate di rifiuti dai cassonetti di tutta la città.

In teoria i rifiuti dovrebbero essere conferiti in impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), per separare l’organico (quello che può finire direttamente in discarica) da ciò che può essere bruciato negli inceneritori (carta e plastica sostanzialmente). Due impianti di TMB sono di proprietà di Manlio Cerroni e si trovano all’interno dell’area di Malagrotta, altri due sono di proprietà dell’AMA (a Rocca Cencia e sulla Salaria). Questi impianti forniscono la materia prima agli inceneritori, che bruciano rifiuti per produrre energia elettrica. Nel Lazio gli inceneritori sono tre attualmente: uno a San Vittore, uno a Colleferro e quello di Malagrotta di proprietà dell’avvocato.

Il problema è comunque che queste linee riescono a trattare solo una minima parte dei rifiuti, quindi la maggior parte finisce in discarica come “tal quale”, cioè rifiuto indifferenziato, arricchendo Cerroni che viene pagato “tanto al chilo” e guadagna in questo modo tre volte dai rifiuti. La prima per il loro smaltimento in discarica, in monopolio e da 30 anni, la seconda per la vendita dell’energia prodotta dall’inceneritore di Malagrotta e la terza per la produzione di energia da biogas (estratto dai rifiuti interrati in discarica).

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Con il piano rifiuti la Regione Lazio vorrebbe risolvere il problema con la realizzazione di un quarto inceneritore ad Albano, dove esiste già una discarica molto grande che raccoglie i rifiuti dei Castelli, al cui interno alcuni invasi sono stati chiusi per irregolarità dalla magistratura e riaperti d’imperio dalla Polverini. Anche il comitato NoInc di Albano si è mobilitato quindi in solidarietà con gli altri comitati. Una solidarietà che è la prova che non ci troviamo di fronte ad un atteggiamento Nimby (not in my back yard, non nel mio giardino), ma ad una messa in discussione dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti, ponendo l’accento sulla raccolta differenziata come elemento fondamentale di un diverso trattamento dei rifiuti compatibile con la salute e l’ambiente.

Discariche-inceneritori e raccolta differenziata si escludono a vicenda. O si cambia completamente il ciclo dei rifiuti e la filosofia che c’è alla base della gestione attuale, oppure si continua ad investire nel modello discariche e inceneritori.

La politica ha già dato la sua risposta: in nome dell’ennesima emergenza, ha una volta di più delegato un prefetto, Pecoraro, nominato in fretta e furia dal governo i primi di settembre, appena 3 mesi prima della chiusura annunciata di Malagrotta, a trovare un sito definitivo (individuato in Pizzo del Prete). Qui i lavori non dureranno però meno di 36 mesi, e perciò si è resa necessaria l’individuazione di altri due siti di smaltimento provvisorio a Riano Flaminio e Corcolle (Tivoli).

Malagrotta alla fine non ha chiuso neanche stavolta, una nuova proroga ha sfidato ancora le sanzioni dell’Unione Europea verso la Regione Lazio. Ora una calma apparente concede altri 6 brevissimi mesi di tempo per trovare nuove soluzioni che a giudicare dal comportamento delle istituzioni non si ha nessuna voglia di risolvere: Regione, Comune e Prefettura già mettono le mani avanti e accollano ai comitati la responsabilità di non voler risolvere la questione, visto che rifiutano le nuove discariche solo per non farsi avvelenare la terra, l’acqua e l’aria. Il classico rimescolio delle carte, diventato ormai la specialità della politica.

Eppure la chiusura di Malagrotta è stata annunciata da anni. Un periodo in cui nulla è cambiato, nonostante ci sarebbe stato tutto il tempo di trovare l’alternativa. Anzi, di applicarla. Perché l’alternativa esiste, e si chiama raccolta differenziata, oggi ferma al 20% e ad uno sparuto tentativo di porta a porta nel primo municipio. Eppure Roma ha conosciuto la differenziata fino al 1980, sempre per mano di quel Manlio Cerroni oggi Re di Malagrotta, fin quando non si è deciso di aprire una mega discarica, fin quando qualcuno ha deciso di sviluppare ben altri profitti.

Comunque evolva la situazione, ciò che stupisce e sorprende di queste manifestazioni non è tanto il numero di comitati e di paesi coinvolti, ma è proprio la loro unità. Si capisce subito infatti che non siamo di fronte ad un No alla discarica sotto casa propria, ma ad un No a tutte le discariche, a tutti gli inceneritori, No al Piano della Regione e No ad un sistema che da 30 anni gestisce la monnezza a Roma come in molte altre parti d’Italia.

E si va ben oltre il no. É evidente già da quelle poche case intorno a Pizzo del Prete: accanto agli striscioni “no alla discarica”, “no all’inceneritore”, sventola l’immancabile bandiera della campagna Rifiuti Zero (Zero Waste). Qui emerge la proposta alternativa, la forza di un movimento che parla la stessa lingua, porta avanti le stesse parole d’ordine a prescindere da quello che sarà il sito definitivo della discarica. Un movimento che cresce costantemente. La sua forza sembra essere stata proprio questa: mettere da parte le differenze, non accettare nessuna concessione, nessuna compensazione; scegliere fin dall’inizio un nome e un’identità comune, non di partito ma di prospettiva, che toglie i singoli comitati dall’isolamento, offre un senso di appartenenza e permette a chi si avvicina a questo movimento di capirne al volo obiettivi e finalità.

“E’ appena cominciata”, gridavano dal cerchio sulla collina. Sarà dura, verrebbe da aggiungere, ma in ogni caso ne sarà valsa la pena.

Comunicato internazionale libertario di solidarietà con la lotta popolare egiziana

Il fine settimana del 19-20 novembre ha visto una nuova ondata di
protesta di massa in tutto Egitto a causa della violenza sistematica
del Consiglio Supremo delle forze armate (CSFA) contro le masse
egiziane.
La gente è stanca del comportamento dittatoriale del CSFA, dell’uso
della forza estrema contro i manifestanti, dei tribunali militari che
in 10 mesi hanno mandato 12.000 compagni e compagne a marcire nelle
carceri, della censura, della tortura, rapimenti e perfino
dell’eliminazione fisica selettiva di attivisti. La gente è stanca del
fatto che il consiglio militare continua a dirottare la rivoluzione,
per mantenere la vecchia dittatura con altri mezzi. La gente è stanca
del
settarismo che il CSFA genera per distogliere ldei a nostra attenzione
dalla vera lotta per la giustizia, per l’uguaglianza, per la libertà.
L’imperialismo ha decretato una “transizione ordinata” alla democrazia
in Egitto. L’esercito si è dimostrato obbediente nel rendere effettivo
questo disegno. Il popolo egiziano esige la fine della dittatura e lo
sradicamento di ogni vestigia dell’odiato regime di Mubarak. La gente in
Egitto vuole sentire, finalmente, che il paese è gestito da loro, per
loro.

Gli anarchici in Egitto, e con loro il movimento internazionale di
solidarietà con i rivoluzionari libertari, danno il loro incondizionato
sostegno alla giusta lotta del popolo egiziano perché esso continui la
rivoluzione, e deplorano il massacro dei manifestanti, che dimostra che
il CSFA non è diverso da Mubarak in alcun modo.

A differenza di altri settori che ancora nutrono illusioni sulla
democrazia borghese, noi crediamo che la democrazia e lo Stato siano
incompatibili. La vera democrazia si è vista quando il popolo egiziano
ha formato dei comitati popolari che hanno gestito le proprie comunità,
le proprie città, le proprie attività, dal basso verso l’alto. Noi
facciamo appello perché questi comitati popolari si potenzino, perché il
paese venga decentralizzato, perché ogni singola posizione politica sia
revocabile da parte dei comitati qualora i detentori non eseguano il
mandato popolare.

Crediamo inoltre che le aspirazioni alla democrazia siano incompatibili
con il sistema capitalista, che si basa sul controllo da parte
dell’elite dell’economia e dei mezzi di vita, condannando alla morte per
fame ogni giorno ben 25.000 esseri umani. La vera democrazia è
possibile solo quando l’intera società gestisce democraticamente
l’economia e l’industria di una nazione. Perché questo sia possibile, è
necessaria la proprietà collettiva della terra e delle industrie nonché
la loro gestione diretta da parte degli operai e dei contadini stessi.
Finché i pochi continuino a controllare la ricchezza del mondo, i pochi
avranno sempre il potere sulla maggioranza. Il mercato libero è solo una
forma più sottile della dittatura.

Facciamo appello, dunque, perché i sindacati e i lavoratori svolgano un
ruolo di guida nella lotta attuale, perché vengano occupati i luoghi di
lavoro, perché questi vengano trasformati in cooperative dei lavoratori e
perché si prepari la completa autogestione dell’economia egiziana.

La crisi in Egitto non si risolverà con delle soluzioni tiepide e
incerte. Serve l’impegno della gioventù, delle donne, della classe
lavoratrice perché si poss sradicare ogni germe di tirannia e violenza
nel nostro paese: il sistema capitalista e lo Stato. Uniamoci tutti e
tutte sotto la bandiera della lotta contro il governo militare, ma
difendiamo l’alternativa rivoluzionaria e libertaria per le masse
egiziane.

25 novembre 2011

Movimento Socialista Libertario (Egitto)
Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Organisation Socialiste Libertaire (Svizzera)
Workers Solidarity Movement (Irlanda)
Zabalaza Anarchist Communist Front (Sud Africa)
Workers Solidarity Alliance (USA)
Confederación Sindical Solidaridad Obrera (Spagna)
Grupo Libertario Vía Libre (Colombia)
Centro de Investigación Libertaria y Educación Popular (Colombia)
Instituto de Ciencias Económicas y de la Autogestión (Spagna)
Federación Comunista Libertaria (Cile)

http://www.anarkismo.net

Stati Generali della Precarietà 3.0

Verso lo sciopero precario: il desiderio dalla narrazione all’esplosione

In questi ultimi due anni di crisi e devastazione economica, sociale ed ambientale la nostra condizione di precarietà è divenuta esplosiva. Chi ogni giorno produce la ricchezza generale è costretto nel ricatto del lavoro senza diritti e garanzie; chi ogni giorno vive un sequestro della libertà di scelta che va ben al di là delle mura del proprio lavoro o non lavoro; chi vive in territori immiseriti dal mercato che li mette a profitto, chi, come noi, vive questa condizione che si è fatta esistenziale oltre che sociale, sa che sta montando la rabbia precaria.
Per lo stesso motivo sappiamo che siamo stanche e stanchi di sentirci addosso la veste avvelenata che si dà alla precarietà attribuendole il sinonimo di sfiga. Non siamo stati segnati dal destino, ci hanno invece imposto una condizione: esistono i precari e i precarizzatori. Per questo il tempo del racconto della sfiga quotidiana è finita. Per questo vogliamo parlare dei nostri desideri, della libertà che vogliamo riprenderci, della forza che vogliamo far esplodere. Del solo modo di superare la precarietà. Di come farlo, cioè, attraverso lo sciopero precario: quello che non abbiamo potuto fare mai e che ora, adesso, vogliamo e possiamo organizzare. Uno sciopero politico, non dei precari ma sulla precarietà e nella molteplicità di luoghi e forme, per il suo superamento. La potenza di questo processo si darà solo attraverso la cospirazione e le complicità crescenti e continue nelle quali elaborare e sperimentare insieme le pratiche capaci di colpire davvero i profitti. Vogliamo riappropriarci della ricchezza delle nostre relazioni e dei loro flussi produttivi, riconoscere il protagonismo precario e migrante, reclamare un nuovo welfare e l’accesso ai beni comuni. E riprenderci la vita.

Per tutto questo ci vedremo a Roma nella terza edizione degli Stati Generali della Precarietà 3.0 il 15-16-17 aprile 2011.

Verso lo sciopero precario!

Precedenti edizioni degli Stati Generali della Precarietà

Servizio TG3, “Fuori TG” del 21/4/011

Programma

Venerdi 15, @ LOA Acrobax [via della vasca navale,6]
dalle ore 19 accoglienza e concerto di Asian Dub Foundation

Sabato 16, @ GENERAZIONE_P RENDEZ-VOUS [via alberto da giussano, 58]:

* h. 11 – 13: Tavolo di discussione: Precarietà e territori
* h. 11 – 13: Crisi economica, precarietà del lavoro e conflitto sociale
* h. 11 – 13: “The show must go on”: workshop dei lavoratori dello spettacolo, cultura ed editoria
* h. 11 – 13: Workshop sui flussi metropolitani

* Pranzo: incontro tra workshop sapere precario e workshop spettacolo cultura editoria
* h. 14 – 16: Verso lo sciopero del sapere precario
* h. 14 – 16: Workshop su informatica, hacking e reti digitali
* h. 14 – 17: Perfettamente inconciliabili: strumenti e strategie per sabotare lo pseudo-welfare familista
* h. 16 – 18: Working Class Heroes. I migranti, la guerra e l’impossibile democrazia
* h. 16 – 18: Workshop Terzo Settore
* h. 16 – 18: Lo sciopero corre sul filo. Workshop sui call center
* h. 18 – 20.30: Lo sciopero precario e il welfare desiderabile

Sera:
dalle 21 serata di festeggiamento dei primi 6 mesi di occupazione con cena
+ proiezione della videoinchiesta sulla precarietà Inpreca video
+ proiezione del docufilm “Lampedusa next stop” a cura di Insutv (presenti gli autori)
a seguire dj set

Domenica 17, @ Volturno [via Volturno, 37]:
dalle 10 alle 17 tavoli di discussione e plenaria conclusiva

* h. 11 – 13: Workshop Dopo la narrazione l’esplosione
* Pranzo. Tavolata sulla precarietà giovanile. Incontro tra le realtà presenti che si occupano di precarietà giovanile.
* h. 14 – 17: Assemblea Plenaria

* Generazione Precaria. Dalle 10 alle 13: Il Coordinamento precari scuola indice un’assemblea nazionale aperta a tutti i precari della scuola

Durante la tre giorni sarà possibile visitare la mostra fotografica dedicata ad Antonio Salerno Piccinino”raccontare la crisi comincia da uno sguardo” a cura di Occhirossi festival indipendente di fotografia e comitato “no morti lavoro” di Roma

Spot

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STATI GENERALI DELLA PRECARIETA’ 3.0 from sara dp on Vimeo.

9 Aprile. Il nostro tempo è adesso

Sciopero Precario: mettici le mani!

FotoFoto 2Foto 3Articolo Liberazione

Mappa della crisi e dei conflitti

waldoMa quale crisi? Non c’è più la crisi, e bisogna essere ottimisti. E’ verissimo, ma per essere ottimisti non bisogna rimuovere la crisi, come fanno i mezzi di informazione ufficiali, ma risolverla, uscirne, organizzarsi per una solidarietà attiva e mutuale. E’ per questo che vogliamo dare spazio ai conflitti, alle vertenze, alle lotte per i diritti, ma anche ad alcune informazioni utili. Cominciando da Roma certo, per costruire un quadro comune di uscita dalla crisi, perchè da soli non si va da nessuna parte. E per partire insieme bisogna iniziare da una narrazione comune.

Di seguito trovate dunque una serie di link ad articoli interni ed esterni al sito de*** indipendenti ma che, tutti insieme, iniziano a delineare una mappa della crisi e dei conflitti.

APPELLI E COMUNICATI

BLOGs

ARTICOLI

Contro la crisi, siamo tutti sullo stesso tetto!

Contro la crisi,
siamo tutti sullo stesso tetto!
Il 10 febbraio 2010 in Prefettura si affronterà il tema del lavoro. Lo faranno gli enti locali, il governo e parti sociali individuate per l’occasione. Come dire: un tavolo non si nega a nessuno. Ne sono stati fatti sull’emergenza abitativa, sull’immigrazione, sulla sicurezza e ora anche sul lavoro. In questo quadro il sindaco ha sparato le sue cifre: 100mila posti di lavoro, ripetendo un proclama che suonava pressappoco così alla vigilia della sua elezione, 40mila casa popolari. Nello stesso tempo Alemanno non ha detto una parola in difesa dei lavoratori delle aziende in crisi.
Le parole non si sono tramutate in fatti e temiamo che anche sul tema lavoro si andrà nella stessa direzione. Demagogia tanta concretezza zero.
Non sappiamo cosa diranno le parti sociali che siederanno al tavolo e per questo abbiamo deciso di mobilitarci e invitiamo tutta la città che soffre la crisi a farlo.
Alle 15 di mercoledì 10 febbraio saremo in piazza SS Apostoli con gli inquilini resistenti, con i precari, con i disoccupati, con i cassaintegrati, con gli sfrattati, con chi non arriva a fine mese, con chi non ha un reddito, con i lavoratori in lotta dell’Eutelia e di altre decine di aziende che minacciano licenziamenti.
Roma contro la crisi e dentro la crisi deve diventare visibile e rompere con l’idea di città che ci vogliono propinare, dove la strada maestra immaginata dalla rendita ci condanna all’emergenza permanente e alla cementificazione selvaggia, dove l’unica prospettiva di lavoro è legata ad un pacchetto edilizio e ad eventuali possibilità occupazionali legate ad esso. In una città che sta subendo un aumento esponenziale della cassa integrazione ordinaria e straordinaria oltre che della disoccupazione non abbiamo bisogno di proclami elettorali in vista delle prossime regionali.
Non ci stiamo! Invitiamo tutti e tutte a mobilitarci per sostenere le proposte dei movimenti e delle reti sociali in lotta. Insieme con i migranti impegnati con i cittadini e le cittadine italiani/e in una battaglia senza precedenti contro il razzismo e la xenofobia, rivendicando diritti primari continuamente negati.
Se la città è di chi la abita, è arrivato il momento che questa voce inascoltata prevalga su quella dei costruttori, delle banche, degli speculatori come Bonifaci, Caltagirone, Santarelli, Toti, Mezzaroma. Gli amministratori devono segnare un significativo cambio di passo nella tutela della città come “bene comune” e nella difesa della qualità della vita nella sua interezza.
Saremo in piazza per rivendicare un reale piano anticrisi che passi attraverso la difesa, qui ed ora, dei posti di lavoro; la realizzazione di un piano straordinario di case popolari; un finanziamento adeguato alla legge regionale per il reddito che permetta di coprire le 120mila domande depositate e garantire a tutti i disoccupati e precari oltre all’erogazione monetaria anche il reddito indiretto (casa, trasporti, tariffe e formazione) previsti dalla legge.
Saremo in piazza con i migranti deportati e costretti alla fuga da Rosarno, abbandonati dalle istituzioni per le strade di Roma, per chiedere la realizzazione di un piano straordinario di accoglienza.
La mobilitazione del 10 febbraio deve diventare il punto di partenza verso una mobilitazione nazionale, che imponga al Governo misure economiche e di welfare mirate su chi paga la crisi e non più a sostegno delle banche e delle imprese.
Mercoledì 10 febbraio 2010
Dalle ore 15.00
Piazza SS Apostoli sotto la Prefettura
MANIFESTAZIONE
Prime adesioni: Rete Romana Contro la Crisi, Lavoratori Eutelia, Precari ISPRA, Lavoratori Italtel, Movimenti per il diritto all’abitare, cassintegrati Alitalia, autoconvocati Sirti, lavoratori telecom, Coordinamento Precari Scuola, Comitati per il RedditoContro la crisi,
siamo tutti sullo stesso tetto!
Il 10 febbraio 2010 in Prefettura si affronterà il tema del lavoro. Lo faranno gli enti locali, il governo e parti sociali individuate per l’occasione. Come dire: un tavolo non si nega a nessuno. Ne sono stati fatti sull’emergenza abitativa, sull’immigrazione, sulla sicurezza e ora anche sul lavoro. In questo quadro il sindaco ha sparato le sue cifre: 100mila posti di lavoro, ripetendo un proclama che suonava pressappoco così alla vigilia della sua elezione, 40mila casa popolari. Nello stesso tempo Alemanno non ha detto una parola in difesa dei lavoratori delle aziende in crisi.
Le parole non si sono tramutate in fatti e temiamo che anche sul tema lavoro si andrà nella stessa direzione. Demagogia tanta concretezza zero.
Non sappiamo cosa diranno le parti sociali che siederanno al tavolo e per questo abbiamo deciso di mobilitarci e invitiamo tutta la città che soffre la crisi a farlo.
Alle 15 di mercoledì 10 febbraio saremo in piazza SS Apostoli con gli inquilini resistenti, con i precari, con i disoccupati, con i cassaintegrati, con gli sfrattati, con chi non arriva a fine mese, con chi non ha un reddito, con i lavoratori in lotta dell’Eutelia e di altre decine di aziende che minacciano licenziamenti.
Roma contro la crisi e dentro la crisi deve diventare visibile e rompere con l’idea di città che ci vogliono propinare, dove la strada maestra immaginata dalla rendita ci condanna all’emergenza permanente e alla cementificazione selvaggia, dove l’unica prospettiva di lavoro è legata ad un pacchetto edilizio e ad eventuali possibilità occupazionali legate ad esso. In una città che sta subendo un aumento esponenziale della cassa integrazione ordinaria e straordinaria oltre che della disoccupazione non abbiamo bisogno di proclami elettorali in vista delle prossime regionali.
Non ci stiamo! Invitiamo tutti e tutte a mobilitarci per sostenere le proposte dei movimenti e delle reti sociali in lotta. Insieme con i migranti impegnati con i cittadini e le cittadine italiani/e in una battaglia senza precedenti contro il razzismo e la xenofobia, rivendicando diritti primari continuamente negati.
Se la città è di chi la abita, è arrivato il momento che questa voce inascoltata prevalga su quella dei costruttori, delle banche, degli speculatori come Bonifaci, Caltagirone, Santarelli, Toti, Mezzaroma. Gli amministratori devono segnare un significativo cambio di passo nella tutela della città come “bene comune” e nella difesa della qualità della vita nella sua interezza.
Saremo in piazza per rivendicare un reale piano anticrisi che passi attraverso la difesa, qui ed ora, dei posti di lavoro; la realizzazione di un piano straordinario di case popolari; un finanziamento adeguato alla legge regionale per il reddito che permetta di coprire le 120mila domande depositate e garantire a tutti i disoccupati e precari oltre all’erogazione monetaria anche il reddito indiretto (casa, trasporti, tariffe e formazione) previsti dalla legge.
Saremo in piazza con i migranti deportati e costretti alla fuga da Rosarno, abbandonati dalle istituzioni per le strade di Roma, per chiedere la realizzazione di un piano straordinario di accoglienza.
La mobilitazione del 10 febbraio deve diventare il punto di partenza verso una mobilitazione nazionale, che imponga al Governo misure economiche e di welfare mirate su chi paga la crisi e non più a sostegno delle banche e delle imprese.
Mercoledì 10 febbraio 2010
Dalle ore 15.00
Piazza SS Apostoli sotto la Prefettura
MANIFESTAZIONE
Prime adesioni: Rete Romana Contro la Crisi, Lavoratori Eutelia, Precari ISPRA, Lavoratori Italtel, Movimenti per il diritto all’abitare, cassintegrati Alitalia, autoconvocati Sirti, lavoratori telecom, Coordinamento Precari Scuola, Comitati per il Reddito
tettoIl 10 febbraio 2010 in Prefettura si affronterà il tema del lavoro. Lo faranno gli enti locali, il governo e parti sociali individuate per l’occasione. Come dire: un tavolo non si nega a nessuno. Ne sono stati fatti sull’emergenza abitativa, sull’immigrazione, sulla sicurezza e ora anche sul lavoro. In questo quadro il sindaco ha sparato le sue cifre: 100mila posti di lavoro, ripetendo un proclama che suonava pressappoco così alla vigilia della sua elezione, 40mila casa popolari. Nello stesso tempo Alemanno non ha detto una parola in difesa dei lavoratori delle aziende in crisi.
Le parole non si sono tramutate in fatti e temiamo che anche sul tema lavoro si andrà nella stessa direzione. Demagogia tanta concretezza zero.
Non sappiamo cosa diranno le parti sociali che siederanno al tavolo e per questo abbiamo deciso di mobilitarci e invitiamo tutta la città che soffre la crisi a farlo.
Alle 15 di mercoledì 10 febbraio saremo in piazza SS Apostoli con gli inquilini resistenti, con i precari, con i disoccupati, con i cassaintegrati, con gli sfrattati, con chi non arriva a fine mese, con chi non ha un reddito, con i lavoratori in lotta dell’Eutelia e di altre decine di aziende che minacciano licenziamenti.
Roma contro la crisi e dentro la crisi deve diventare visibile e rompere con l’idea di città che ci vogliono propinare, dove la strada maestra immaginata dalla rendita ci condanna all’emergenza permanente e alla cementificazione selvaggia, dove l’unica prospettiva di lavoro è legata ad un pacchetto edilizio e ad eventuali possibilità occupazionali legate ad esso. In una città che sta subendo un aumento esponenziale della cassa integrazione ordinaria e straordinaria oltre che della disoccupazione non abbiamo bisogno di proclami elettorali in vista delle prossime regionali.
Non ci stiamo! Invitiamo tutti e tutte a mobilitarci per sostenere le proposte dei movimenti e delle reti sociali in lotta. Insieme con i migranti impegnati con i cittadini e le cittadine italiani/e in una battaglia senza precedenti contro il razzismo e la xenofobia, rivendicando diritti primari continuamente negati.
Se la città è di chi la abita, è arrivato il momento che questa voce inascoltata prevalga su quella dei costruttori, delle banche, degli speculatori come Bonifaci, Caltagirone, Santarelli, Toti, Mezzaroma. Gli amministratori devono segnare un significativo cambio di passo nella tutela della città come “bene comune” e nella difesa della qualità della vita nella sua interezza.
Saremo in piazza per rivendicare un reale piano anticrisi che passi attraverso la difesa, qui ed ora, dei posti di lavoro; la realizzazione di un piano straordinario di case popolari; un finanziamento adeguato alla legge regionale per il reddito che permetta di coprire le 120mila domande depositate e garantire a tutti i disoccupati e precari oltre all’erogazione monetaria anche il reddito indiretto (casa, trasporti, tariffe e formazione) previsti dalla legge.
Saremo in piazza con i migranti deportati e costretti alla fuga da Rosarno, abbandonati dalle istituzioni per le strade di Roma, per chiedere la realizzazione di un piano straordinario di accoglienza.
La mobilitazione del 10 febbraio deve diventare il punto di partenza verso una mobilitazione nazionale, che imponga al Governo misure economiche e di welfare mirate su chi paga la crisi e non più a sostegno delle banche e delle imprese.
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Mercoledì 10 febbraio 2010
Dalle ore 15.00
Piazza SS Apostoli sotto la Prefettura
MANIFESTAZIONE

Prime adesioni: Rete Romana Contro la Crisi, Lavoratori Eutelia, Precari ISPRA, Lavoratori Italtel, Movimenti per il diritto all’abitare, cassintegrati Alitalia, autoconvocati Sirti, lavoratori telecom, Coordinamento Precari Scuola, Comitati per il Reddito