Liberi subito i 4 compagni arrestati

Roma, 9 Marzo. Oggi alle 11:30 i movimenti di lotta per la casa hanno occupato la sede del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Iniziativa organizzata perché in questa sede vengono definiti gli stanziamenti di fondi per il TAV in Val di Susa.

Le 400 persone che hanno dato vita all’iniziativa sono state più volte caricate dalla Polizia ed infine spinte fuori dal palazzo di via della Mercede, 9.
Alla legittima richiesta di poter proseguire la protesta con un corteo, 35 persone compagni e compagne sono state identificate e fermate ed un compagno è rimasto a terra ferito dalle violente cariche.
Poi successivamente arrestato.
Un primo bilancio parla di 4 manifestanti arrestati.
Contemporaneamente il presidio tendopoli che stava realizzando il Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa presso i palazzi abbandonati di
proprietà del demanio pubblico in Via Boglione, 63 (nella periferia Sud di Roma) è stato sgomberato.
Nel corso dello sgombero di questo presidio di protesta operato dal reparto mobile della Guardia di Finanza sono state identificate tutte le famiglie presenti al presidio. Di tutte queste persone due donne sono state portate al Commissariato Preneste perché in quel momento prive di documenti. Durante lo sgombero è stato più volte ribadito dalle forze dell’ordine che quello che stava avvenendo era in relazione con l’occupazione in corso al CIPE in via della mercede. La giornata di oggi smaschera un clima di neoautoritarismo e di repressione selvaggia che sta prepotentemente avanzando nella nostra città.
Il Sindaco Alemanno completamente disinteressato e/o incapace di offrire una qualche soluzione all’emergenza abitativa che è oramai un dramma in questa città riduce tutto ad una questione di ordine pubblico di fatto delegando alla Questura il governo della città.
Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa – Roma
http://www.coordinamento.info
@CoordLottaCasa

Video

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La Valle non si vende la Valle si difende, per l’Indipendenza e la libertà!

Sabato 3/3/2012 h 15 Piazzale Tiburtino – Roma – Tutti in piazza

La Valle non si vende la Valle si difende!

Uno scheletro della politica di palazzo come Fassino dice che il movimento NoTav è cambiato e non sa quanto è vero… non immaginano neanche questi signori quanto la lotta possa far crescere la consapevolezza delle proprie ragioni e la determinazione nel continuare ad affermarle anche man mano che il prezzo della resistenza cresce: notav in carcere, notav in ospedale, notav portati via di peso, calpestati e inseguiti fin nelle proprie case. Non immaginano neanche lor signori chiusi nei palazzi quanto la determinazione di quel popolo resistente abbia risvegliato le coscenze e le emozioni di tanti e tante che non possono assistere in silenzio alla miseria del presente, allo scippo di democrazia, all’ingordigia dei potenti nel divorare risorse, territori e umanità per i loro meschini profitti.

Come la battaglia per l’acqua bene comune ha centrato bene nello slogan “si scrive acqua si legge democrazia” così la ventennale lotta no tav ha affermato le sue ragioni e ora naturalmente si spinge oltre per evidenziare e contrastare quel gap di democrazia che ha ormai reso le istituzioni di ogni ordine e grado la mera interfaccia degli interessi privatistici di speculazione sulle risorse pubbliche e i beni comuni come appunto l’acqua o i territori.

 

El pueblo unido funziona sin partido!

Questo è il vero elemento che turba il sonno dei governanti non già la violenza il cui livello e la cui intensità rimane ben al di sotto di quella violenza che si dà nel sociale e nella quotidianità fatta di povertà galoppante, precarietà esistenziale e disgregazione sociale. Abbiamo letto sui giornali frasi del tipo “la drammatica sequenza” con riferimento al video del giovane con la barba rossa che “aggredisce un poliziotto inerme dietro la sua armatura” ma sappiamo bene che chi legge non è stupido anche perchè viviamo sulla nostra pelle la vera violenza: quella degli sfratti per morosità incolpevole, dei licenziamenti immotivati, del lavoro squalificato, svilito e sottopagato, quella dell’arroganza dei potenti che anche e soprattutto nella crisi trovano sempre nuove occasioni di speculazione e sfruttamento.

 

Quella che viene sbattuta in prima pagina come inaccettabile violenza mette il potere tutto di fronte all’irrimediabilità di una crisi della rappresentanza non più reparabile. Lo ammettono ormai gli stessi partiti che addirittura parlano di slittamento delle elezioni amministrative e perchè no anche di quelle politiche, il cui svolgimento sarebbe inutile e vanificato dall’egemonia dei tecnici su ogni velleità della politica rappresentativa.

Da Napolitano in giù tutti si sperticano in appelli alla coesione sociale sapendo bene che nel momento in cui la si invoca è già irrimediabilmente perduta.

Incrinata in maniera profondissima a partire proprio dal primo articolo della Costituzione laddove la coesione sociale fu affidata al lavoro: pensate per un attimo a cos’è il lavoro oggi e forse inizierete a capire perchè di coesione sociale davvero non si può più parlare.

Bisognerà che si comincino ad abituare lor signori: l’era del fair play e del consenso incondizionato al capitalismo e ai suoi dogmi non c’è più, l’era dell’Unione EUropea come panacea di tutti i mali dell’italietta tanto meno.

 

Nel nostro paese il trucchetto di sedare ogni dissenso rispetto alla gestione dell’austerity con l’inconfutabilità della ragione e dei tecnici rischia di infrangersi sulle Alpi della Valle di Susa.

 

Da Chiomonte ad Atene, da Bussoleno a Barcellona, da Giaglione al Cairo…

Resisteremo un giorno più di loro!
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Qualche settimana fa si è svolta un’operazione repressiva con decine di arresti e denunce nei confronti di attivisti/e NO TAV in tutta Italia. Da quel momento la solidarietà continua a esprimersi in molteplici forme, dal Nord al Sud del Paese: nessuna/o è sola/o, non ci sono buone/i e cattive/i. Un corteo di 80 mila persone si è riversato nella valle, da Bussoleno a Susa, per dire che il movimento NO TAV non si arresta e non ha paura. Il giorno dopo parte l’allargamento dei cantieri, attraverso l’esproprio militare delle terre valsusine. La resistenza dei NO TAV è immediata. Un compagno, Luca, per impedire l’avanzamento delle ruspe, si arrampica su un traliccio. Inseguito da un carabiniere rocciatore, cade, rischiando la vita: è tuttora ricoverato in ospedale in gravi condizioni. I giornali e i media screditano e minimizzano l’accaduto, insultando il coraggio e la determinazione di Luca. La risposta della Val di Susa è determinata, con blocchi e barricate che vengono immediatamente ricostruite non appena vengono sgomberate. Ancora una volta in tutta Italia la solidarietà si fa sentire con manifestazioni spontanee, presidi, blocchi stradali e ferroviari.
Queste sono solo le ultime pagine di una lotta che va avanti da 23 anni.
Di fronte all’attacco dello Stato nei confronti del movimento No Tav, di fronte alla repressione di ogni forma di conflitto, al di fuori del “consentito”, tanto il 3 luglio in Val di Susa quanto il 15 Ottobre a Roma, è necessario reagire. La lotta contro il Tav fa paura ai poteri politici, economici e giuridici, perché ne mette in discussione la loro stessa essenza. Si vuole reprimere l’autorganizzazione, il rifiuto della delega, la molteplicità e la radicalità di azioni e pratiche. Si vuole colpire tanto il dissenso e il contrattacco nei confronti dei poteri costituiti, quanto la condivisione di esperienze di vita che generano forme di cospirazione e di complicità sociale.
Anche attraverso Il TAV e la politica delle grandi opere il capitalismo vuole imporre ancora una volta l’idea di un mondo sottomesso alle leggi del profitto e dello sfruttamento affaristico dei beni comuni. La Val di Susa fa paura perché la lotta contro il Tav esprime la possibilità concreta di un cambiamento reale allo stato di cose presenti: determinarne il seguito spetta a tutti e tutte noi!

IL TAV E’ OVUNQUE, LOTTIAMO OVUNQUE CONTRO IL TAV

TUTTI/E LIBERI/E!

Sabato 3 marzo, ore 15:00, corteo NO TAV, partenza da Piazzale Tiburtino

Daje Luca, Sempre no Tav, a sarà düra!

Assemblea No Tav di RomaVisualizza altro

Aggressione di Casapound a Ostia

Stanotte l’ennesima aggressione di Casapound si è consumata ad Ostia. Un gruppo di attivisti che stavano attaccando manifesti sono stati aggrediti. E in questo momento, gli stessi attisti sono trattenuti in questura con l’accusa di rissa aggravata. E’ insopportabile pensare che doversi difendere da un’aggressione comporti anche un’accusa giudiziaria. A maggior ragione se questa è di chiara matrice fascista.La copertura che le istituzioni stanno offrendo al gruppo neofascista di Casapound è veramente ingiustificabile.
Non è bastato un duplice assassinio a Firenze.
Non basta la loro esaltazione del ventennio.
Non basta l’ arroganza del loro razzismo.
La nostra pazienza è agli sgoccioli.Il nostro massimo sostegno al teatro del lido e a tutti/e gli attivisti/e di Ostia.
Saremo al vostro fianco.LOA Acrobax

15 Ottobre: Pesanti condanne a due manifestanti

Pesante condanna per due dei giovani, incensurati, arrestati nel corso degli scontri avvenuti a Roma, nella zona di piazza San Giovanni, il 15 ottobre scorso. Il giudice dell’udienza preliminare Anna Maria Fattori ha inflitto, all’esito del procedimento in rito abbreviato, 5 anni di reclusione a Giuseppe Ciurleo, e 4 anni a Lorenzo Giuliani. Sia Ciurleo, 21 anni, che Giuliani, 20 anni, sono agli arresti domiciliari. L’accusa contestata è di resistenza aggravata a pubblico ufficiale.
In base all’originario capo d’accusa Ciurleo e Giuliani avrebbero lanciato «pietre ed altri oggetti contundenti ed esplodenti» contro uomini delle forze dell’ordine. Ciurleo e Giuliani, stando sempre all’accusa, avrebbero utilizzato «manici di piccone» come «strumenti atti ad offendere». Nell’informativa della polizia giudiziaria, allegata al capo di imputazione, si scrive inoltre che la contestazione ai due imputati «è suffragata da gravi indizi di colpevolezza». I due «venivano» fermati subito dopo «avere attivamente partecipato ad una manovra aggressiva nei confronti delle forze dell’ordine». I familiari dei due giovani, fuori dall’aula, dopo la sentenza sono rimasti senza parole. «Non hanno fatto niente, non hanno fatto niente», hanno solo aggiunto.
Si tratta di una condanna oggettivamente pesantissima se si pensa che la scelta del rito ha consentito agli imputati, difesi dall’avvocato Maria Luisa D’Addabbo, di beneficiare dello sconto di pena pari a un terzo. Prima di entrare in camera di consiglio per la decisione, il giudice aveva fatto sperare la difesa respingendo le richieste di costituzione di parte civile avanzate da Comune di Roma, Atac e Ama, ritenendo che non vi fosse alcun danno diretto tra quanto lamentato dagli enti e la condotta riconducibile ai due manifestanti. Per gli incidenti di metà ottobre, la decima sezione del tribunale, che pure aveva ammesso Comune, Atac e Ama come parti civili, ha già condannato a 3 anni e 4 mesi Giovanni Caputi e a 2 anni il romeno Robert Scarlat.
Le fasi del fermo furono anche riprese in un video (depositato dalla difesa dei ragazzi) che fece il giro del web in cui, da una finestra, in cui si sentiva la voce di una donna: «Non sono loro che dovete arrestare, loro non c’entrano nulla con gli scontri».
Una sentenza pesante e vergognosa che può far piacere al Procuratore Caselli ed al suo teorema accusatorio contro i movimenti.

No Tav in lotta anche dentro il carcere

da infoaut.org

La lettera che abbiamo ricevuto dai detenuti No Tav delle Vallette, oggi trasferiti d’urgenza in altre carceri, costituisce un importante segnale politico. Arrestati il 26 gennaio e da allora immersi nelle difficili condizioni del sovraffollamento carcerario, i nostri compagni non si sono dati per vinti. La soppressione dell’ora d’aria, le limitazioni inaccettabili delle ore di socialità (i 120 minuti in cui i prigionieri possono passeggiare nei corridoi interni e comunicare con gli altri detenuti) e l’indegno trattamento (con una temperatura che ha sfiorato i venti gradi sotto lo zero, la prigione non ha a tutt’oggi un riscaldamento degno di questo nome) non sono stati dati per scontati dai No Tav.

Come recita la loro lettera-comunicato, “i banchieri cercano di far pagare la crisi ai lavoratori, in carcere si cerca di far pagare il sovraffollamento ai detenuti”. Hanno messo in atto svariate proteste, l’ultima in concomitanza con il presidio-concerto sotto il carcere di martedì pomeriggio, rifiutandosi di tornare nelle loro celle. Più in generale, come denuncia anche l’infame sindacato della polizia penitenziaria, hanno in questi giorni discusso con gli altri detenuti del braccio C iniziative di lotta da portare avanti e, una volta convocati dal direttore della struttura, hanno avanzato rivendicazioni per tutti i detenuti rifiutando qualsiasi miglioramento o privilegio individuale.

Avevamo scritto fin dalla mattina degli arresti che sapevamo che i nostri compagni non avevano paura. Troppo facile immaginarlo, perché li conosciamo. Sono loro che ci insegnano che ogni luogo, ogni pezzo di città e di società – anche il più oscuro e oppressivo – è un campo di battaglia. Senza alcun eroismo, con la pazienza e la forza della gente ordinaria che ha dei valori, li difende e li afferma, li abbiamo visti negli anni rifiutare ogni compromesso con questo mondo che non accettiamo, e custodire gelosamente il senso della scelta militante: una scelta difficile a volte, ma per questo tanto più bella. Oggi sono stati puniti con il trasferimento coatto per il loro coraggio, per aver fatto tremare con un altro “No!” la fragile autorità di chi comanda un carcere pieno di sofferenza e, giustamente, di odio per chi la provoca.

I prigionieri No Tav hanno deciso di proseguire e lanciare un messaggio al mondo di fuori. “La lotta non si fermerà”, dichiarano a conclusione della loro lettera. Soltanto insistendo testardamente sulla strada dell’incompatibilità, della proposta, della condivisione politica e del conflitto sarà finalmente possibile svegliare questo paese; è questo che ci dicono. Queste azioni sono un invito a pensare a ciò che può fare ciascuno di noi, oggi, nelle condizioni e nel luogo in cui si trova, per far tremare le sbarre visibili e invisibili dell’Italia contemporanea, come stanno cercando di fare loro, dalle loro celle. Sembrano volerci dire che nulla è impossibile e che tutti possiamo compiere gesti importanti, se riusciamo ad evitare che abbia il sopravvento la paura che tutto pregiudica. E allora gridiamolo forte: in alto i pugni per i prigionieri No Tav in lotta… dovranno alzarsi anche nelle piazze italiane!

Redazione InfoAut
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Continuiamo a scrivergli:
Giorgio Rossetto a Saluzzo
CASA RECLUSIONE loc.so Cascina Felicina, 12037 SALUZZO CN

Matteo Grieco (Mambo) ad Alessandria
Casa di Reclusione “San Michele” di Alessandria. Strada Statale, 31, Alessandria.

Tel.             0131-361785       fax: 0131-361785;

Luca Cientanni ad Ivrea
Casa Circondariale di IVREA. corso Vercelli, 165 -10015 IVREA (TO)

tel.             0125-614311      .

Tobia Imperato a Cuneo
CASA CIRCONDARIALE v. Roncata, 75 12100 CUNEO CN

Jacopo ad Alba
Casa Circondariale di Alba (CN) Via Toppino Sandro, 12051 Alba.

Tel:             0173-362228       Fax: 0173-363643

 

http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/3944-no-tav-in-lotta-anche-dentro-il-carcere

 

Sotto neve cadente, 10000 senza paura

da www.infoaut.org

Torino, 28 gennaio 2012

Un’altra straordinaria giornata di mobilitazione notav. Una nuova prova di maturità per un movimento che non accetta di essere messo in un angolo neanche dal super-procuratore baciamo-le-mani Giancarlo Caselli e risponde -come sempre- con serenità e a testa alta. 10.000 persone hanno attraversato oggi la città di Torino nell’unica nevicata dell’anno sul capoluogo piemontese. Tante le persone scese dalla valle e tanti i torinesi che hanno sentito la necessità di portare la loro solidarietà personale o di gruppo ai compagni arrestati* per la loro generosità nella lotta. Fitte delegazioni da Milano, Genova, Bologna, Livorno, Cremona e altre città del nord Italia. Articolata e varia la protesta che prende le forme della creatività personale nella costruzione di striscioni e cartelloni auto-costruiti per ricordare il compagno più caro, l’arrestato del paese, l’ex compagno di banco o il barbiere che terrà aperto il negozio nonostante sia rinchiuso in una cella (miracoli della contro-cooperazione valsusina!). Sopra tutto, spicca però la richiesta della liberazione incondizionata di tutt* perché il movimento non accetta le divisioni tra buoni e cattivi e, come Alberto ricorda, “Siamo tutti black bloc”. In apertura, uno sbarramentoi di cariole con detriti del cantiere e candelotti di lacrimogeni tra le centinaia raccolti dall’estate a oggi, il tutto scaricato difronte al Palazzo della Regione del governatore leghista Cota (padrone a casa degli altri). Chi gufava sull’iniziativa, magari confidando nel tempo ostile, è rimasto deluso; ai notav, la consapevolezza di poter tornare a casa fieri e soddisfatti una volta ancora capaci di determinare la risposta all’altezza della sfida che viene posta. Una fitta serie di iniziative vedrà la luce nelle prossime settimane: una cena benefit per gli arrestati martedì sera alla Credenza di Bussoleno, altre inziative sotto al carcere e soprattutto -perché non è la repressione a dettare la nostra agenda- una grande manifestazione nazionale contro il tav e a difesa dei beni comuni da Susa a Bussoleno il prossimo 25 febbraio. La val susa (e il notav tutto) paura non ne ha! notav.info *********** Qui di seguito la cronaca in tempo reale e i collegamenti di radio onda d’urto che ringraziamo per il lavoro continuo e capillare. Ore 15.30: Il corteo è partito dalla zona stazione al rilento dietro le carriole giunte dalla valle di Susa con dentro le “macerie” provocate dalla militarizzazione in valle: pezzi di albero e lacrimogeni. Al seguito migliaia di persone avanzano verso il centro città. Da Torino Daniele della redazione Ore 16: Il corteo giunge sotto la sede della Regione Piemonte. La corrispondenza di Gianluca di Infoaut.org Ore 16.30: Il corteo in via Po lascia la sede della Regione dove sono state scaricate le carriole giunte dalla Valle di Susa. Da Torino Daniele della redazione Ore 17: la manifestazione si avvia alla conclusione. Da Torino l’ultima corrispondenza di Daniele della redazione. ************* Foto-gallery dai quotidiani:

La forza e la paura!

da www.infoaut.org

di Gigi Roggero
Il rancore, si sa, è una passione triste. C’è chi ci costruisce sopra una carriera da magistrato, chi una carriera da politico: negli ultimi quarant’anni in Italia le due cose hanno iniziato ad andare insieme e a confondersi. Lasciare la bandiera della lotta alla magistratura a Berlusconi è uno dei crimini dell’anti-berlusconismo. E così rieccoci: riavvolto il nastro, la canzone è sempre la stessa, perché è l’unica musica che conoscono. Servi della propria impotenza, il Partito dei Caselli usa il solo linguaggio che possiede, quello del rancore appunto, della passione triste che si è fatta Stato. Chi è interessato a trovare i motivi dell’ingloriosa fine della sinistra nella provincia italiana, li cerchi innanzitutto qui dentro.

Gli articoli dei giornali erano già pronti, pochi minuti dopo il blitz contro il movimento no-Tav i siti sono già pieni di nomi e dettagli. Il Partito di Repubblica, amico fraterno e integrato con quello dei Caselli, parla di film e piani, di attori e registi occulti. Un paio di settimane fa uno striscione di una curva recitava: “Acab: peccato per la trama, il titolo era simpatico”. In questo caso, invece, trama e titoli sono entrambi scontati. Era nell’aria, si è subito commentato, proprio perché il Partito dei Caselli non sa fare altro. Una quota di un’“area”, una quota di un’altra, qualche figura da dare in pasto ai media, e il teorema è fatto. Che cosa vi lamentate, dice il procuratore di partito, non è un’operazione contro la Valle perché solo tre sono di là. Come se il movimento no-Tav fosse un’entità geografica e non un processo politico. Da un lato, lo si accusa di essere Nimby, emblema dell’egoismo del proprio cortile; dall’altro, lo si accusa dell’esatto contrario, cioè di essersi generalizzato. Dalla Valle rispondono subito e senza esitazioni: il movimento no-Tav non ha confini, non bisogna avere la carta d’identità per parteciparvi, perché è un movimento che ha unificato metropoli e montagna parlando il linguaggio del comune.

Non solo: proprio per questo, dicono i no-Tav, il periodo degli arresti non è casuale. La crisi si approfondisce, insorgenze e movimenti occupano le piazze globali, in Italia differenti pezzi del lavoro danno vita a lotte, eterogenee e complesse, spesso di difficile lettura, che però certamente mettono a nudo la paura di chi non riesce più a governare una composizione sociale tendenzialmente unificata da un processo di impoverimento complessivo. E non è casuale nemmeno la natura dell’attuale governo: coperto dalla supposta neutralità del suo ruolo “tecnico”, estraneo alla necessità di guadagnare voti, dispensato dal problema del consenso dalla santa alleanza con partiti, rappresentanze delle mediazioni sociali e delle corporazioni, l’esecutivo Napolitano-Monti ha mano libera. Così, la ministra dell’interno Cancellieri mette in guardia dal sottovalutare i pericoli che le proteste nascondono in grembo, i pescatori vengono manganellati, a catalogare i forconi come fascisti e mafiosi ci pensa direttamente la sinistra. Anche la repressione delle lotte deve diventare una questione tecnica da affidare a chi ha le competenze e il merito per farlo. E il Partito dei Caselli fa il suo solito, sporco e ripetitivo lavoro.

Il movimento no-Tav, come altri movimenti, esemplifica questa composizione sociale, la accoglie e ne è espressione. Per questo fa paura. Come arrestarlo? La divisione tra buoni e cattivi, tra valligiani e cittadini, è come abbiamo visto subito fallita. E allora ecco l’altra arma retorica: sono stati colpiti i leader. Ai nomi ci pensa l’apparato del Partito dei Caselli: qui si agitano e schiamazzano mezze figure – non facciamo, in questa sede, i loro nomi affamati di notorietà – che, nonostante i loro servigi alla questura, non riescono a diventare famosi. Uno stipendio sì lo hanno, alla faccia degli sprechi che vogliono tagliare sulla pelle dei lavoratori, un posto da onorevole non si nega a nessuno in cambio dell’adeguato servilismo, e oggi esultano: “un’operazione eccellente, finalmente lo Stato ha risposto in modo forte e chiaro, troppo si è tollerato, perfino che si proclamasse una repubblica autonoma!”. Ma, poveracci, facciano tutti i nomi che vogliono, anche questo proprio non funziona. Imprigionati nel culto dello Stato, pensano che le forme di organizzazione moltitudinaria si specchino nelle strutture della rappresentanza e della sovranità: decapitandone la testa, si bloccherà il corpo. Non si rendono conto che davanti e tutto intorno c’è un’idra che non si fa trovare dove la cercano e colpisce quando meno se lo aspettano. “Siamo tutti leader”, gridano da Occupy Wall Street alla Val di Susa, ma loro sono strutturalmente incapaci di sentire.

Se la sinistra vuole avere ancora qualcosa da dire, dovrebbe innanzitutto fare piazza pulita di questi cadaveri. Guardare dove c’è la vita delle repubbliche autonome, non la puzza di putrefazione. E invece silenzio di chi dovrebbe prendere parola contro gli arresti, mentre parlano coloro che dovrebbero essere messi definitivamente a tacere. La verità è che chi da ieri all’alba si trova in carcere è libero, chi ce lo ha messo è prigioniero. Prigioniero del proprio passato, della propria servitù, della propria impotenza. Questa è la retata della paura di fronte alla forza: non gli resterà in mano nulla, se non la loro miseria. A noi, invece, resta quel sorriso di Giorgio portato via in manette. Più di tante parole, con tranquillità, ecco la certezza che ci accompagna: non ci prenderete mai.

Un’improvvisazione narrativa #notav #liberitutti

Passarono i villaggi a rastrello una notte d’inverno riempirono di corpi le patrie gattabuie poi ne presero tre a casaccio che grande idea tre a casaccio tra i meno fotogenici li strascicarono in piazza coi ferri ai polsi e alle caviglie li ostentarono su un palco appesi alla loro insonnia come trofei di pesca la più grande tinca del lago Bajkal il più grande pesce gatto della Baja California e declamarono: Questi sono i capi della protesta ecco che fine fanno i leader del terrore alla legge non si sfugge non sperate di ordire trame

Risposero duemilatrecentododici lampi di fotocamere scodinzolanti quattordicimila furbofoni pregiudizianti eserciti di dita deferenti su piccole tastiere pronte alla bisogna predisposte alla gogna cori di vocette negli auricolari e applausi comprati con soldi pubblici si chiama peculato tra calci e strattoni i birri coprirono di merda i malcapitati non merda metaforica merda calda di maiale merda prelevata il mattino stesso nell’azienda agricola più amica del regime merda nemmeno buona come concime e i birri ridevano forte ah! ah! ah! additando i malcapitati presunti leader del terrore rei fino a prova contraria

Ma la piazza non rispose come sperato tante voci perforarono la coltre sfilacciata del consenso pronto-a-portare ciascuno gridò: Malcapitati lo siamo tutti chi più chi meno e se la notte scorsa la mia casa ha evitato il rastrello è stato per botta di culo lassù potrei esserci io e la merda non spaventa chi ci finirà comunque 

La folla dei ciascuno del siamo tutti malcapitati venne avanti spazzò via furbofonanti e fotocamerieri travolse il palco spezzò i ferri confiscò i trofei mai più vanterie di stato sulla più grande carpa d’Occitania o il più grande salmone beccato mentre risaliva la corrente col tritolo nel portabagagli la folla dei ciascuno non fece caso alla merda si mise in spalla i tre calpestò i birri sotto le scarpe rise di cuore matto che ti vuole bene e gridò: Libere tutte liberi tutti non si può sbattere una valle in gattabuia

Non ce l’ho una bella conclusione purtroppo non finisce qui non finisce così non esiste la volta per tutte ma se ogni volta spiegheremo che trofeo di pesca può diventare chiunque forse 

dico forse 

sarà più difficile 

almeno un poco più difficile 

coprire di merda su patiboli mediatici 

i rei fino a prova contraria

 

[WM1, scritto di getto il 26 gennaio 2012

 

La Valle non si arresta, resiste e non si arrende!

 
(comunicato del Network Antagonista Torinese) Nostalgia…nostalgia canaglia, è questo il motivetto che risuona nella mente del super procuratore Caselli mentre firma gli arresti notav. Ci sono tutte le figure dei suoi incubi: lotta armatisti, antagonisti, anarchici e qualcun altro che lui equipara a teppista. Un quadretto niente male che gli permette di dire in conferenza stampa che questa non è un’operazione contro il dissenso e per carità “abbiamo solo colpito episodi singoli”.La realtà è un’altra e dista anni luce da questo quadretto, che ancora una volta, dimostra la non comprensione (politica e sociale) delle forze dell’ordine, della magistratura e della casta.Il movimento notav è un qualcosa di ben più complesso; è un movimento popolare che non abbassa la testa, che non riconosce la democrazia di palazzo, che fa della contro cooperazione un suo punto di forza,  che non accetta le divisioni tra “ale” o buoni e cattivi. E’ un movimento che lotta e resiste ed e’ questo che non va giù a chi rappresenta il potere.

E’ un movimento che non si arrende e che ha dimostrato nel tempo, come la scelta di opporsi ad un progetto più grande di se stesso, sia la scelta giusta, programmatica, costituente e vincente.

La Val Susa non ha paura, la Val Susa fa paura questa è la verità. Fa paura al potere costituito pensare che visto l’esempio notav, potrebbero sorgere centinaia di Libere Repubbliche; decine di movimenti che lottano per interessi collettivi partendo dalle proprie specificità, facendo a meno delle mediazioni al ribasso, scegliendosi il proprio futuro.

Questo fa paura, e in qualche modo il “sistema della crisi” deve fare le sue mosse. Il cantiere arranca, il sito strategico è una boutade, i muri e il filo spinato servono solo a mostrare i muscoli e allora eccola qui la soluzione: dimostriamo che il movimento è sotto ostaggio dei soliti ribelli, provenienti da tutta Italia, così fiaccheremo i notav e dimostreremo a tutti che esistono “due piazze”.

Ci spiace, ma anche questa volta, il piano è fallito e sebbene l’impatto, il movimento sta in piedi e marcia per la sua strada, non lasciando mai indietro nessuno.

Gli arrestati e le arrestate sono no tav, patrimonio della lotta, compagni di viaggio nei sentieri della Valle.

E non bastano trenta arresti, non bastano possiamo giurarci.

La lotta notav è un simbolo e un patrimonio di quanti credono che nella lotta vi sia la strada per la libertà, che parla lo stesso linguaggio nostro, di Giorgio, Luca, Jacopo e tutti gli altri arrestati/e che vogliamo liberi,  liberi subito, perché partiamo tutti assieme e torniamo tutti assieme.

Network Antagonista Torinese

Centro Sociale Askatasuna  – Collettivo Universitario Autonomo – Centro Sociale Murazzi – Kollettivo Studenti Autorganizzati.

Il Natale nella crisi e le sue sorprese!

Ci troviamo a rendere pubblico un episodio di carattere repressivo e intimidatorio messo in campo dalla Questura di Roma attraverso l’uso della legislazione speciale antiterrorismo, che ad opera di uomini della Digos si è voluto confezionare al Laboratorio Acrobax come dono per le feste del Santo Natale.

Un episodio grave che poteva degenerare così come tutte le volte che zelanti agenti armati con il colpo in canna dello loro pistole spianate possono, per paura o per singolare coraggio a servizio della Patria, esplodere il solito “colpo per errore”. Ma ripercorriamo i fatti: la sera del 21 Dicembre due nostri compagni che sostavano in auto insieme ad un loro amico davanti all’ingresso del Verano per un semplice e banale appuntamento, sono stati accerchiati da sei uomini in borghese che qualificandosi tutti come agenti della Digos, con armi in pugno hanno prima fatto uscire tutti rapidamente dal veicolo, e poi li hanno perquisiti personalmente una prima volta, cosa che verrà poi ripetuta una seconda volta circa un’ora dopo. La perquisizione è proseguita in forma quasi maniacale e ossessiva con le automobili coinvolte senza peraltro trovare alcunché. L’accusa provocatoria e paradossale è di traffico d’armi. Dal verbale risulta che l’operazione di polizia sia stata attuata usando l’art. 4 della L. 152 del 1975. Ovvero uno degli strumenti normativi previsti dalla legislazione speciale varata per affrontare la fase di emergenza politica e sociale che negli anni 70’ ha segnato la vita del nostro paese determinando manu militari l’annichilimento e la repressione dei  movimenti sociali più radicali.

Riteniamo gravissimo l’accaduto nelle sue forme e nei suoi malcelati obiettivi.  Non in ultimo perché colpisce in maniera vile e ambigua due compagni, attivisti del Laboratorio Acrobax, che hanno subito un’intimidazione mirata evidentemente alla loro struttura politica. La stessa che dal 15 Ottobre scorso viene messa alla berlina e ostinatamente accusata di essere nel “migliore” dei casi referente di un’area radicale dei movimenti contro l’austerity e la precarietà. E nella “peggiore” e più fantasiosa, di essere il perno organizzativo indicato come necessario per dar conto di tutte le violenze di quel giorno e per non rendere conto invece della violenza del potere – che le ha generate e che esse hanno disvelato. Anche nei mesi precedenti alla manifestazione del 15 Ottobre si erano manifestati segnali ed episodi inquietanti e provocatori che avevano già determinato intorno al nostro collettivo un clima di intimidazione e repressione preventiva. Come sempre però con umiltà e determinazione abbiamo proseguito sulla nostra strada senza curarci troppo delle intimidazioni, respingendo al mittente tutte le provocazioni e accuse paradossali, alternate dal linciaggio mediatico e dall’accanimento giudiziario.

Dopo questo gravissimo ed ultimo episodio riteniamo necessario prendere parola con un comunicato pubblico e ribadire ciò che da sempre diciamo e sosteniamo con forza. Rivendichiamo a pieno la nostra attività politica di base e indipendente, radicale e solidale, da sempre a fianco delle lotte sociali, sostenendo le vertenze dei precari, dei senza casa, dei comitati contro le grandi opere e le devastazioni ambientali. Convintamente abbiamo animato sin dal principio l’esperienza dei comitati referendari per l’acqua pubblica e attivamente partecipato alle iniziative nazionali promosse dai Notav in Val di Susa. Questo nello spirito aperto e inequivocabile di contribuire ai processi di conflitto sociale che riteniamo i veri dispositivi di democrazia, i veri spazi di alternativa, il vero motore costituzionale. A fronte di una crisi sistemica e terribilmente costruita e ricercata dalle politiche folli e suicide del neoliberismo, dal basso noi insieme a tante e tanti stiamo passo a passo resistendo alla miseria del presente, costruendo la ricchezza del possibile. Su questa strada crediamo sia necessario impegnarci e dare tutta la nostra energia. Forse è proprio questa passione e desiderio di trasformazione radicale dell’esistente ad essere oggi ancora una volta ingiustamente attaccato e denigrato. Forse è questo che fa paura perché mosso da sfere profonde e incorruttibili della vita comune che stiamo passo dopo passo costruendo. E allora se il 15 Ottobre come tutti sanno o possono verificare osservando la rivolta di piazza di quel giorno, si produce una generale, diffusa e spontanea degna rabbia, che resiste per ore alle cariche della polizia fatte con i caroselli dei blindati e le nubi tossiche dei gas CS , è più semplice per il potere e le autorità trovare il capro espiatorio, il mostro da sbattere in prima pagina, riempiendo editoriali, articoli e talk show di fantasiose menzogne e strumentali ricostruzioni. E’ sicuramente più facile così piuttosto che affrontare nel merito le questioni sollevate e le richieste non più rinviabili di maggiore diritti e democrazia nella crisi epocale che stiamo attraversando.

Ancora una volta quindi saremo a fianco dei più deboli, contro le ingiustizie e l’arroganza dello Stato e dei suoi sgherri, contro la peggiore classe politica che la Repubblica abbia mai conosciuto. A testa alta come sempre continueremo a lottare e a sognare, con amore e con furore. All’intimidazione, alle minacce, a questo clima di provocazioni intendiamo rispondere assieme a tutte quelle e tutti quelli che condividono il nostro spirito impegnandoci a costruire prossimamente un primo appuntamento di confronto sui dispositivi di interdizione delle lotte sociali come momento collettivo di condivisione per ri-costruire la libertà di movimento e il dibattito necessario per poterla affermare e praticare.

Merry Crisis and A Happy New Fear… Fight Back!

Laboratorio Acrobax