La solidarietà è un’arma, liberare tutte e tutti. Presidio sabato 12 novembre a Regina Coeli

Nell’affollatissima assemblea di domenica 6 novembre tenutasi al CSOA Ex SNIA si sono incontrate numerose realtà romane provenienti da percorsi molteplici ed a volte distanti, almeno quattro generazioni di compagni e compagne a confronto. La volontà di andare oltre il 15 ottobre e rilanciare percorsi di lotta e autorganizzazione, capaci di connettersi, con la voglia di protagonismo dei giovanissimi, con le tante vertenze nei territori e nei posti di lavoro, con la difesa dei beni comuni e contro profitti e speculazioni. Un sentimento comune nelle dovute differenze senza rimozioni e non senza fare i conti con quanto è successo in quella giornata.

Tutti i presenti si sono espressi per il rifiuto della logica del capro espiatorio alla base del sistema penale e della dicotomia buoni/cattivi con la quale si è voluto criminalizzare da più parti la piazza del 15 ottobre. Un meccanismo che abbiamo subito all’indomani di Genova 2001 con il quale non si è saputo fare i conti. Dopo dieci anni è ancora il paradigma black bloc – infiltrato ad essere riproposto dall’apparato politico, dai pennivendoli e mezzobusti. Un immaginario talmente digerito socialmente da aver scatenato il fenomeno inedito della delazione di massa. Occorre prendere parola e re-agire fuori dai recinti identitari.

In questa direzione, come primo passo, si è deciso di impegnarsi collettivamente perché nessuno rimanga solo a fare i conti con procure e commissariati. Organizzare per questo una campagna per far fronte alla morsa repressiva che si sta impiantando per controllare il crescente disagio sociale e disinnescare il conflitto contro la riorganizzazione del capitale e le politiche europee di austerity. Costruire una rete di solidarietà che si doti come prima cosa di una cassa per le spese legali, l’attivazione di una mailing list per coordinarsi ( https://www.autistici.org/mailman/listinfo/liberta15ott ) e un blog (http://liberatutto.noblogs.org/) per aggiornare le informazioni sui processi e comunicare le varie iniziative.

Si è deciso di scendere questa settimana in piazza, di chiamare Roma a dare una risposta. Le stragi e i disastri colposi che si sono verificati in queste settimane in tutta Italia, a partire dalla nostra città, ci danno il vero parametro della distruzione e del saccheggio che subiamo nei nostri territori, giorno per giorno sulla nostra pelle, niente di paragonabile a dieci vetrine infrante.

L’assemblea si è aggiornata per mercoledì 9 alle ore 20:00 al CSOA Ex SNIA per continuare il dibattito e per organizzare un presidio per sabato 12 novembre in solidarietà con Giovanni Caputi, Fabrizio Filippi, Leonardo Vecchiolla e Carlo Seppia gli unici a cui le misure cautelari non sono state derubricate da carcere a obbligo di dimora fra i 14 arrestati durante e dopo i fatti del 15 ottobre. Un occasione per rompere il divieto di manifestare imposto da Alemanno e Maroni, per dare una risposta di massa alla criminalizzazione delle lotte, per la libertà di movimento, per la libertà di tutti gli arrestati e le arrestate.

PRESIDIO DI FRONTE REGINA COELI

SABATO 12 NOVEMBRE DALLE ORE 15:00

LUNGOTEVERE GIANICOLENSE

Per far sentire la nostra solidarietà a chi è ancora in carcere possiamo scrivere agli indirizzi forniti su http://liberatutto.noblogs.org/

Per Sottoscrivere per le spese legali di tutti e tutte gli arrestati e le arrestate: venendo negli studi di ROR in Via dei Volsci 56 a Roma, tutti i giorni dalle 8 alle 21; oppure compilando un bollettino di conto corrente postale CCP n. 61804001 intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001, Via dei Volsci 56 – 00185 Roma. Causale: “15 ottobre”; effettuando un bonifico bancario intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001 Codice IBAN: IT15 D076 0103 2000 0006 1804 001 Causale: “15 ottobre”.

Libera Tutto: il blog per gli arrestati del 15 ottobre

Questo è il nuovo blog online per azioni di sostegno agli arrestati e le arrestate del 15 ottobre.

http://liberatutto.noblogs.org

Uno strumento per raccogliere informazioni su presidi, benefit e altro, comunicati e approfondimenti su tutto ciò che ruota intorno alla giornata del 15 ottobre scorso. E’ diviso il blog in tre sezioni: azioni – comunicati – approfondimenti. Oltre agli indirizzi per scrivere ai detenuti e una mail di riferimento per raccogliere il materiale.

Invitiamo tutti e tutte a diffonderlo il più possibile.

 

 

Dal Chiapas: appello internazionale per la liberazione dei prigionieri politici

Ottobre 2011, Chiapas, Messico

Dal 29 settembre un gruppo di prigionieri indigeni, reclusi in diverse carceri del Chiapas e appartenenti alle organizzazioni la Voz del Amate, Solidarios de la Voz del Amate e Voces inocentes si sono dichiarati in sciopero della fame e digiuno.

I loro nomi sono: il professor Alberto Patishtán Gómez, Andrés Núñez Hernández, Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Sántiz, José Díaz López, Pedro López Jiménez, Juan Díaz López, Rosario Díaz Méndez, Enrique Gómez Hernández, Juan Collazo Jiménez e la compagna Rosa López Díaz.

Tutti e tutte sono ingiustamente privati della loro libertà dato che i delitti di cui sono accusati e per i quali sono condannati a pene lunghissime sono stati prefabbricati ad arte. Tutti e tutte sono stati torturati fisicamente e psicologicamente al momento dell’arresto da personale in borghese e in case anonime che sono nei fatti dei centri di detenzione e tortura clandestini.

La loro degna lotta è per denunciare gli orrori e gli abusi che si vivono nelle carceri del Messico e per esigere la libertà immediata.

Intorno a loro si sono levate molte voci solidali, in Messico come nel mondo. Voci che dal basso rivendicano e praticano una giustizia diversa, lontana dai tribunali di stato e vicina ai popoli. Voci che rifiutano lo sfruttamento, il saccheggio dei beni comuni, la repressione, il disprezzo. Voci e persone che quotidianamente costruiscono migliaia di alternative al mondo marcio del capitale e delle sue barriere, materiali e immateriali che siano. Voci e persone che parlano lingue diverse ma allo stesso ritmo, quello del cuore, che batte in basso e a sinistra.

In questo grido di libertà si riflette, come in uno specchio, la rabbia di migliaia di prigionieri politici palestinesi in Israele; di migliaia di migranti che rifiutano il cibo e si ribellano contro i Centri di Identificazione ed Espulsione europei dove sono ingiustamente detenuti; dei mapuche che con il loro lunghissimo sciopero della fame rifiutano la Legge Anti-terrorismo; nella stessa rabbia si riconoscono i Curdi nelle prigioni turche, i baschi e le basche torturati nei FIES, i nigeriani e gli africani che si ribellano alle multinazionali del petrolio e sono arrestati e assassinati… tutti quelli e quelle dissidenti incarcerate in queste umide pareti in ogni angolo del mondo, dove cercano di schiacciare le idee.

Per questo lanciamo un appello alle organizzazioni indipendenti, ai gruppi di affinità, ai centri sociali, ai sindacati autonomi, ai media indipendenti, a tutti quelli e a tutte quelle che agiscono in forma autogestita e che sono complici e colpevoli, come tutti e tutte noi, di sognare un mondo senza barriere, frontiere o prigioni a unirsi e solidarizzare con questa degna lotta dei prigionieri e delle prigioniere politiche in sciopero della fame in Chiapas.

Abbattiamo i muri delle prigioni!

Liber@ tutt@!

Se toccano uno di noi toccano tutti noi!

Per aderire all’appello mandare una mail a: noestamostodxs@riseup.net

noestamostodxs.noblogs.org

Roma 03.11 *Occupy tiburtina_comunicato sulla giornata contro tagli e divieti

Quella di oggi è stata una grande giornata: la sfida lanciata si è trasformata in una grande vittoria grazie alla determinazione degli studenti che ancora una volta sono tornati ad invadere le strade di questa città!
Avevamo annunciato che avremmo attraversato in corteo il I Municipio, che ci saremmo ripresi le strade senza preavviso ne autorizzazione!
Avevamo annunciato che avremmo disobbedito al divieto, che avremmo praticato occupazioni simboliche.
Lo abbiamo fatto!
Oggi siamo tornati in piazza per ribadire la nostra opposizione al governo e le misure di austerity imposte dalla BCE.
Già da questa mattina ci siamo trovati davanti una classe politica che ha mostrato il suo volto più autoritario e repressivo nel tentativo di zittire la voce degli studenti.
Davanti a molte scuole la polizia ha messo in pratica quelli che hanno chiamato ‘presidi per tutelare la democrazia’, che si sono concretizzati in veri e propri blocchi nei quali venivano identificati tutti gli studenti che decidevano di non andare a lezione, come accaduto al mamiani ed al virgilio dove erano presenti persino blindati. In altre invece, la polizia ha chiesto ai dirigenti scolastici di poter visionare i registri per segnalare e identificare gli assenti, come al talete al lucrezio caro al morgagni al tasso ed al righi.
Nonostante tutto dalle nostre scuole sono riusciti a partire diversi cortei, in particolare dal liceo virgilio dal quale quasi quattrocento studenti hanno attraversato le strade del Municipio I, liberando di fatto il centro dal divieto.
Questi cortei sono poi confluiti nel concentramento di Tiburtina, dove  un imponente schieramento delle forze dell’ordine continuava l’opera iniziata qualche ora prima davanti le scuole: ancora identificazioni ed intimidazioni agli studenti che arrivavano nella piazza.
Abbiamo più volte provato a far partire il corteo, come il 7Ottobre, con i boockbloc  che ne caratterizzavano la testa. La risposta è stata un susseguirsi di violente cariche che hanno portato a decine tra feriti e  fermati tra gli studenti anche durante la breve e simbolica occupazione del cantiere alta velocità della stazione Tiburtina, oltre che nei diversi tentativi di muoversi, o solo allontanarsi.
Dalla polizia c’è stato più volte ribadito che la gestione della piazza era una scelta politica e non una questione di ordine pubblico.

La risposta che abbiamo dato è stata dunque politica: il corteo è partito attraversando le vie di questa città senza nessuna autorizzazione, abbiamo raggiunto l’Università de La Sapienza dove si è svolta un’ assemblea pubblica. Evidenziamo anche il paradosso espresso dal sindaco e dalla questura nel dichiarare che tutelare il traffico sarebbe stata la loro prerogativa principale, troviamo un po’ strano che per fare questo si scelga sequestrare un corteo per ore  chiudendo di fatto una stazione e uno snodo come Tiburtina.
Non abbiamo mai creduto che un divieto ci avrebbe impedito di manifestare, da oggi ne siamo ancora più convinti, la voce di una generazione che vuole continuare a esprimersi non si ferma così.
Questa crisi non siamo disposti a pagarla, questo debito non ci appartiene, per sanarlo non si può passare attraverso indiscriminati tagli alla cultura, non si può passare per le nostre vite. Lo abbiamo urlato nelle piazze di questo paese più volte, oggi abbiamo dimostrato che non abbiamo paura, che torneremo per le strade sempre più determinati.
Annunciamo fin da ora che il movimento ripartirà già da domani, nelle scuole e nelle facoltà, in questi mesi torneremo più volte in piazza, a cominciare dalla data transnazionale dell’11 novembre e dalla giornata mondiale dello studente del 17.

Studenti medi e universitari sulla manifestazione del #3nov

San Paolo: sgomberato ex deposito Atac

Roma, 31 ottobre. Questa mattina verso le ore 7 ingenti e arroganti forze del reparto celere della Polizia di Stato hanno circondato l’ex deposito ATAC di San Paolo per sgomberarlo.

Gli e le occupanti sono saliti/e sul tetto per cercare di restare nelle loro case. In questi frangenti mentre gli uomini sono stati portati via al commissariato di zona ci sono state poi alcune aggressioni alle donne con i bambini in braccio, sono tirate per i capelli, insultate e maltrattate.

Nel frattempo occupanti e solidali giunti da tutta Roma hanno provato a partire in un corteo comunicativo che spiegasse cosa stava succedendo al quartiere e perchè Alemanno avesse sgomberato quel posto che tante nuove attività sociali aveva portato nel quartiere durante questi mesi di occupazione.

Questa pacifica manifestazione comunicativa è stata impedita dalla Polizia che si è schierata davanti agli uomini, donne e bambini del corteo con caschi, scudi e manganelli… pronti a colpire.

Non cadiamo in queste trappole, ma lo diciamo fin  da subito che ci riprenderemo il diritto a manifestare nelle strade della nostra città e che questa stretta autoritaria fascistoide di Alemanno ha i minuti contati.

Alemanno se ne deve andare al più presto e questo sarebbe sicuramente un bene comune per la cittadinanza di Roma.

Il deposito ATAC ormai da tempo abbandonato era stato occupato il 20 giugno per sottrarlo alla speculazione dopo che il sindaco Alemanno aveva approvato la delibera 35 per poter vendere ai privati i beni di ATAC per trovare nuovi fondi dopo i disastri combinati dalla sua amministrazione oscenamente implicata nello scandalo parentopoli all’ATAC e nel saccheggio di tutte le altre minucipalizzate del comune di Roma.

Da Onda Rossa solidarietà agli arrestati

Radio Onda Rossa esprime pieno sostegno e solidarietà alle compagne e ai compagni arrestati a seguito della operazione repressiva dello Stato messa in atto il 15 ottobre con l’intento di criminalizzare un movimento, di certo eterogeneo, che aveva dato vita a un corteo di centinaia di migliaia di persone.

Centinaia di migliaia di persone che in quella giornata hanno mostrato, pur tra le differenze di analisi e di metodologia, una consistente volontà di trasformare un modo di produzione che, mai come oggi, ha mostrato le sue marce radici e le terribili prospettive che riserva a gran parte dell’umanità. Una volontà di cambiamento che deve ancora radicarsi nei luoghi di sfruttamento e nei territori, proponendosi nel quotidiano delle nostre vite, oltre i grandi raduni di piazza, affinché anche questi possano nutrirsi di lotte reali e di contenuti più dirompenti.

In piazza San Giovanni i manifestanti hanno risposto come potevano a chi voleva loro impedire di manifestare, riuscendo qualche volta a fermare la furia violenta delle camionette che facevano i caroselli, ma non quella dei giornalisti che li giustificavano.

Giudici, forze dell’ordine, media che incitano alla delazione, puntano ad accentuare il controllo sociale e a determinare la spaccatura di un movimento che li spaventa, tratteggiando un’artificiosa distinzione tra manifestanti buoni e manifestanti cattivi, utile ad indicare un capro espiatorio da punire in modo esemplare, così come sta accadendo per Genova 2001 dove, è utile ricordarlo, una decina di compagni e compagne stanno rischiando di pagare per tutti: attendiamo prima della fine dell’anno le sentenze della Cassazione.

Su questa linea maggioranza e opposizione sono d’accordo: l’applicazione del DASPO anche ai partecipanti dei cortei, l’arresto in flagranza differita, il fermo preventivo sono proposte appoggiate da entrambi gli schieramenti.

Il 15 ottobre resta, aldilà di tutto questo, una giornata che non possiamo lasciarci alle spalle così come non vogliamo che le compagne e i compagni incarcerati, fermati in piazza o nei giorni seguenti, restino da soli ad affrontare la repressione. Dobbiamo sostenere le manifestanti e i manifestanti, i perquisiti, i feriti, i collettivi e le singolarità oggetto di persecuzione giudiziaria e mediatica.

Radio Onda Rossa se ne fa promotrice come nodo di comunicazione antagonista e parte di questo variegato movimento. Vogliamo la libertà immediata di tutte e tutti le/gli arrestate/i. Lanciamo con forza e determinazione una campagna che dia un sostegno tangibile con gesti di solidarietà attiva.

Sottoscriviamo per le spese legali di tutti e tutte gli arrestati e le arrestate: venendo negli studi in Via dei Volsci 56 a Roma, tutti i giorni dalle 8 alle 21; oppure compilando un bollettino di conto corrente postale CCP n. 61804001 intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001, Via dei Volsci 56 – 00185 Roma. Causale: “15 ottobre”. Effettuando un bonifico bancario intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001 Codice IBAN: IT15 D076 0103 2000 0006 1804 001

Causale: “15 ottobre”.

Contro ogni carcere giorno dopo giorno.

Perché di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva.

Distruggere la paura, affermare il comune

 di COLLETTIVO UNINOMADE

0. Nella sera romana illuminata dai fuochi di Piazza San Giovanni, abbiamo cominciato a interrogarci sulla giornata del 15 ottobre, su ciò che ha rivelato nelle molteplici scale geografiche che si sono incrociate a produrne la dimensione globale, sulla forza e sulle potenzialità che ha fatto emergere, sui problemi che consegna alla nostra riflessione e alle nostre pratiche. Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo da materialisti, convinti – per citare uno che la sapeva lunga – che le azioni umane non vadano derise, compiante o detestate, ma prima di tutto comprese. Proviamo a farlo con queste note, segnalando alcuni dei punti che ci sembrano più rilevanti.

1. Partita da un appello degli indignados spagnoli, la mobilitazione del 15 ottobre si è diffusa in centinaia di città ai quattro angoli del pianeta, a riprova dell’efficacia di uno stile di azione e di un linguaggio politico (quello degli indignados, appunto) che meglio di altri paiono adattarsi alle modalità asimmetriche con cui la crisi colpisce società e popolazioni in diversi contesti geografici. La profondità della rottura dello sviluppo capitalistico si è riflessa nello specchio globale del 15 ottobre, offrendo un quadro ancora parziale ma tuttavia rivelatore dell’intensità delle lotte e delle ipotesi costituenti che ovunque cominciano a presentarsi. Straordinarie sono state le mobilitazioni di Madrid e Barcellona, concluse con assedi ai palazzi del potere, con occupazioni di scuole, palazzi e ospedali. Ma molto importanti sono state anche le manifestazioni negli Stati Uniti, che hanno portato un osservatore attento come Immanuel Wallerstein a parlare del più rilevante movimento sociale in quel Paese dal ’68. Anche qui l’occupazione fisica di uno spazio centrale a New York e l’indignazione di fronte al potere della finanza sono stati i tratti fondamentali di una radicalità che si è diffusa, in particolare dopo l’occupazione del ponte di Brooklyn, in altre città statunitensi. Attorno a questi punti alti della dinamica di indignazione si sono disposte le altre iniziative, più o meno consistenti dal punto di vista della partecipazione ma comunque essenziali nel dare un respiro globale alla giornata.

2. La manifestazione di Roma si è collocata all’interno di questo quadro con evidenti elementi distonici, che erano apparsi chiaramente già nelle modalità della convocazione e nel percorso della sua preparazione. Politicismo e provincialismo hanno pesato in Italia come in nessun altro contesto, e troppi sono stati i tentativi di sovrapporre il classico format della “manifestazione nazionale” a una convocazione che, proprio in quanto proveniente “dall’esterno”, garantiva una mobilitazione che nessuna forza organizzata è oggi in grado di determinare. Le logiche della rappresentanza (politico-istituzionale e/o di movimento) hanno così fin da principio introdotto elementi di “corruzione” all’interno della costruzione italiana del 15 ottobre. E non è certo un caso che realtà di lotta forti e radicate ma estranee alla logica della rappresentanza, come il movimento NoTav e gli “stati generali della precarietà” siano stati immediatamente indicati dai media come “responsabili” degli incidenti. La ricerca del precario gentile e del militante ragionevole, meglio ancora se ravveduto da un passato di sregolatezza, è stata una costante nei giorni successivi al corteo romano, essenziale alla costruzione della favoletta di un movimento “buono” (cioè compatibile con le logiche della rappresentanza) e una minoranza di “cattivi” e guastatori. Repubblica è stata particolarmente zelante in questa ricerca, a cui ha fatto da contraltare una patetica attività “investigativa” per individuare le realtà politiche da colpire. Ma come spesso accade, il “partito dell’ordine” ha unito in un unanime coro forcaiolo improbabili alleati – da Di Pietro a Maroni, da Repubblica al TG1.

3. La manifestazione, in ogni caso, è stata prima di tutto gigantesca, percorsa al proprio interno da una profonda eterogeneità sociale e culturale, prima ancora che politica. L’antiberlusconismo è stato senz’altro ben presente nei toni e nei sentimenti di molti e molte partecipanti. E abbiamo visto nella delazione di massa cominciata già in piazza, e poi rilanciata dai media (in primo luogo ancora da Repubblica), la faccia più inquietante dell’apologia della legalità che ha attraversato negli ultimi anni gli stessi movimenti. Su tutt’altro versante, è emersa la presenza di un’area che ha caratterizzato la prima parte del corteo con azioni dirette, a volte contro obiettivi chiaramente individuati (ad esempio le banche) a volte con cieca furia distruttiva. Tra queste due aree, il corteo romano era fin troppo affollato di gruppi, gruppetti e gruppazzi, ciascuno con le sue ipotesi su come rappresentare l’unità del movimento che manifestava a Roma. Nessuno è stato in grado di farlo, tutte quelle ipotesi si sono dimostrate non all’altezza del problema che politicamente la giornata del 15 poneva, quando non velleitarie. Questa “densità” di strutture politiche che in forme diverse fanno riferimento al “movimento” è una peculiarità italiana che ha finito per agire da freno rispetto al dispiegarsi di dinamiche di unificazione della protesta che altrove, ad esempio nei due casi citati in precedenza (in Spagna e negli Stati Uniti), si sono dispiegate in modo originale e autonomo. Nel vuoto politico che si è aperto a Roma sabato (ma che già si era palesato nelle settimane precedenti) lo spaesamento si è unito alla rabbia, fino all’esplosione di rivolta sociale in Piazza San Giovanni, con ore di resistenza e attacco di fronte alla violenza della polizia, a cui hanno partecipato migliaia di giovani e meno giovani. Qui, con ogni evidenza, comportamenti, pratiche, modi di stare in piazza (tra cui vanno ricordati quelli delle migliaia di altri manifestanti che semplicemente hanno rifiutato di andarsene) hanno dato allo scontro un segno totalmente diverso rispetto a quanto si era visto nelle ore precedenti.

4. Là dove si è manifestata in forme politicamente significative, la dinamica dell’indignazione presenta caratteri di radicale rottura, indipendentemente dal fatto che si esprima in forme diverse dallo scontro di piazza. E’ evidente in Spagna la rottura con la rappresentanza politica, a partire dalla banale circostanza che il movimento si è formato contro un governo di “sinistra” in cui molti avevano visto l’astro nascente di un nuovo riformismo socialista e non può certo avere nel Partito popolare il suo interlocutore. Ma l’occupazione degli spazi urbani, il dilagare nei quartieri, le occupazioni e le esperienze di autogestione dei servizi alludono a una dimensione pienamente costituente. Negli Stati Uniti d’altro canto, in un contesto completamente diverso dal punto di vista delle tradizioni e delle dinamiche politiche, è stata in primo luogo l’occupazione degli spazi urbani, al prezzo di centinaia di arresti, a esprimere la radicalità e consolidare la forza del movimento. Diffusa ovunque è poi la parola d’ordine della lotta contro il debito, che allude a un essenziale terreno di campagna comune. Crediamo che questi aspetti di radicalità e rottura segnino un punto di non ritorno per lo sviluppo delle lotte e dei movimenti dentro la crisi. Si tratterà di “tradurli” nei diversi contesti, senza pensare che esistano modelli “universali” (o “globali”). Ma indietro non si torna! A fronte dei processi di precarizzazione lavorativa ed esistenziale, di pauperizzazione generalizzata, di esclusione e declassamento, di espropriazione finanziaria, di emarginazione sociale, che nella crisi mostrano la loro faccia più feroce, la radicalità delle pratiche deve impiantarsi su una composizione sociale che sempre più trova nella povertà la propria cifra d’insieme. Tutto questo è prodotto dal Capitale. E a noi sembra che le lotte dentro la crisi debbano essere e siano innanzitutto lotte contro il Capitale e contro la povertà che esso ci impone.

5. Se questo è lo scenario che si prefigura per i prossimi mesi, si tratta di comprendere che la povertà viene vissuta da posizioni soggettive assai diversificate, profondamente eterogenee. Questa eterogeneità è un elemento costitutivo della composizione del lavoro vivo contemporaneo. Non lasciamoci ingannare dalla retorica, certo utile per costruire mobilitazione ma non priva di insidie, del 99% della popolazione contrapposto alle oligarchie finanziarie: suggerisce un’immagine di compattezza e di omogeneità dei referenti “sociali” del movimento che ovviamente non trova riscontro nella realtà. Comportamenti distruttivi, se non auto-distruttivi, sono connaturati ad alcune di queste posizioni soggettive. Quando alcune periferie della povertà, come era accaduto a Roma il 14 dicembre ed è tornato ad accadere il 15 ottobre, scendono in piazza, non è il caso di attendersi da loro proposte di riforma costituzionale. Lo si era visto del resto con la rivolta delle banlieues francesi nel 2005 e lo si è visto di nuovo quest’estate in Inghilterra. Non si tratta di fare un’apologia “estetizzante” dei comportamenti che hanno caratterizzato queste insorgenze. Si tratta di scegliere prima di tutto da che parte stare. E c’è una bella differenza tra stare con i poveri, anche se spaccano tutto, e non starci – considerali intoccabili, lebbrosi. Media, polizia e sistema politico non hanno dubbi su quale sia la parte giusta da cui stare. Noi neppure.

6. Solo un programma positivo, maggioritario, materialmente definito può probabilmente vincere gli eventuali caratteri distruttivi di alcuni settori del movimento dei poveri. Per dirla nei termini più semplici possibili: il problema di come far stare insieme in un corteo romano l’artista del Teatro Valle condannato alla precarietà e l’adolescente di Tor Bella Monaca che tendenzialmente a teatro non andrà mai è il problema che poniamo quando parliamo di programma. Il fatto che anche la semplice allusione a questo programma sia mancata nella preparazione del corteo romano del 15 ottobre è ampiamente riconosciuto nel dibattito che attraversa il movimento in questi giorni. Al più si è avvertita la presenza da parte di alcune componenti di un “programma minimo” costruito interamente attorno a linee di alleanza sindacale e politico-istituzionale (e non può stupire che a molti quel programma minimo sia apparso come un “opportunismo massimo”). A ciò si aggiunge la mancanza di obiettivi caratterizzati a un tempo da radicalità, immediata leggibilità e potenziale condivisione da parte della grande maggioranza dei manifestanti. C’era qui, soprattutto considerando i numeri imponenti del corteo, un limite di fondo che ha avuto un ruolo di primo piano nel determinare la dinamica romana di sabato scorso. Davvero grottesco, in particolare, ci è sembrato il tentativo di riesumare per l’occasione del 15 ottobre il modello del “social forum”. Ci è sembrato grottesco perché non teneva in nessun conto i cambiamenti profondi che si sono prodotti rispetto a una stagione di lotte e mobilitazioni certo importantissima, ma che aveva tra l’altro conosciuto il proprio scacco in una dinamica di rappresentazione sul terreno dell’opinione pubblica e della società civile di cui proprio il modello del “social forum” era stato espressione. La sconfitta della straordinaria mobilitazione globale contro la guerra in Iraq il 15 febbraio del 2003, quando milioni di donne e uomini scesero in piazza in tutto il mondo inducendo il New York Times (e l’ineffabile Repubblica di rimbalzo) a parlare della “seconda potenza mondiale”, è ancora viva nella memoria dei movimenti. Immaginiamo che qualcuno, il 15 ottobre, abbia ricordato con nostalgia l’oceanica manifestazione romana di quel giorno di febbraio. Molti di noi hanno invece ripensato al senso di impotenza provato in quell’occasione di fronte a una guerra che stava per cominciare e che non eravamo riusciti a fermare. E hanno semmai avvertito una certa somiglianza tra quel senso di impotenza e lo spaesamento di molti manifestanti romani il 15 ottobre. Né nelle piazze spagnole né a Zuccotti Park a New York si respirano senso di impotenza e spaesamento.

7. Attorno al metodo – è bene sottolinearlo – i movimenti italiani conoscono un limite di fondo: mai sono stati capaci di cogliere nell’orizzontalità, nella massificazione del movimento, la singolarità della decisione, ovvero la decisione voluta da tutti, e che nasce solo quando se ne parla prima, quando se ne discute a lungo, quando se ne dibatte senza la paura di esser ascoltati, senza aver voglia di esser subito intervistati. Speriamo che quanto è avvenuto non rappresenti l’ultima avventura dei movimenti nati negli anni Novanta, che riconobbero nella forma-manifestazione l’evento decisivo. C’è un nuovo movimento oggi, che considera il comune costituente come il suo orizzonte e la discussione senza paura e senza autorità come il suo metodo. In Italia, questo movimento si è espresso attorno alle elezioni amministrative e nei referendum della scorsa primavera, nelle lotte contro la TAV in Val di Susa, vive nelle mille esperienze di auto-organizzazione e di lotta di precari e migranti. Si tratta di lasciargli spazio e voce, nella consapevolezza che solo un progetto costituente può unificare tutti nel movimento. In Spagna, l’elemento qualificante di questa unificazione è stato senz’altro l’acampada. Il vivere insieme nelle piazze. Poi si sono sviluppati comitati di quartiere su cui si sono assommate le funzioni dell’emancipazione concreta del proletariato moltitudinario. Si tratta di camere del lavoro metropolitano e di centri di occupazione e di autogestione delle istituzioni del Welfare ormai disertate dallo Stato. Ma c’è ben altro. La chiave del modello costituente nella vita condivisa sta nella distruzione della “paura” che troppi ancora sentono, non appena si tratta di stare insieme. Una distruzione praticata con esperienze pacifiche, collettive, di massa – quando questo è possibile –, ma senza mai cedere alla facilità di abbandonare i poverissimi della società, i senza tetto, gli ipotecados, gli indebitati, i nuovi poveri, e tutte le altre vittime del saccheggio capitalistico odierno. Non aver paura è resistere al potere ed esprimere potenza d’invenzione, di produzione sociale e politica. Attorno alle lotte contro il debito, le privatizzazioni, contro la speculazione sulle “grandi opere”, per l’organizzazione comune dei servizi di Welfare e per la riappropriazione della rendita finanziaria alcuni elementi di programma stanno cominciando materialmente a definirsi. Non è certo all’interno dei confini degli Stati nazionali che questi elementi possono comporsi e saldarsi efficacemente! La conquista dello spazio europeo, lacerato dalla crisi e trasformato nelle sue stesse geografie tanto dalla crisi stessa quanto dai movimenti di rivolta nel Maghreb, torna qui a proporsi come compito immediato e straordinariamente urgente per le lotte e per i movimenti.

Ps: mentre scriviamo molte ragazze e ragazzi sono ancora in galera. Chiederne l’immediata scarcerazione, senza se e senza ma, è il dovere comune di tutte e tutti. Pensiamo che nessuno possa avere dubbi su questo.

www.uninomade.org

 

Il coordinamento cittadino di lotta x la casa sul 15Ottobre

Sabato 15 ottobre eravamo in piazza.

 Sabato 15 ottobre eravamo in piazza. Ci capita spesso, abituati/e come siamo a contendere metro dopo metro la città agli speculatori e a chi ne difende gli interessi. Eravamo in piazza con la nostra solita composizione: uomini e donne da tutto il mondo che hanno scelto la via dell’auto-organizzazione e della lotta per non soccombere alla schiavitù degli affitti o del mutuo.

 

Non eravamo soli. Insieme a noi centinaia di migliaia di persone, a Roma come nel resto del mondo manifestavano contro le politiche di austerity imposte con la forza dalle istituzioni finanziarie mondiali per far pagare a sfruttati e sfruttate i debiti con cui i finanzieri si sono arricchiti.

 

In tutte le sedi possibili, prima del 15, abbiamo evidenziato che la rabbia sociale contenuta in una giornata del genere non avrebbe potuto essere circoscritta nel ristretto spazio che una serie di organizzazioni più o meno rappresentative le avevano riservato: una passeggiata lontano dai palazzi del potere con comizi finali, che in alcuni casi prefiguravano una candidatura a succedere a Berlusconi nell’ordinaria amministrazione della crisi.

 

I fatti ci hanno dato ragione. Non ci interessa la cronaca. Ci basta rilevare che l’andamento di quella giornata ha travolto gli argini di qualunque rappresentanza, comprese quelle “di movimento”.  

Il variegato mondo di soggetti sociali colpiti dalla crisi ha dimostrato di essere irrappresentabile. Resta aperto il problema di come possa auto-organizzarsi ed estendere il conflitto dalle grandi piazze alla quotidianità delle contraddizioni sociali: territori, reddito, lavoro e beni comuni.

 

Siamo abituati/e anche, di tanto in tanto, ad essere sbattuti come mostri in prima pagina dai mass-media dei padroni di centro-destra o di centro-sinistra, secondo le circostanze. Per questo esprimiamo la nostra assoluta vicinanza a tutti quei compagnie e quelle compagne a cui la forsennata campagna stampa in atto attribuisce la “regia occulta” degli scontri. In primis compagni e compagne del LOA Acrobax, che da anni, a volto scoperto e alla luce del sole, sono parte integrante del nostro movimento e nelle nostre occupazioni, nei nostri picchetti, nelle nostre tendopoli si battono per conquistare il diritto ad una abitazione dignitosa, in una città vivibile per tutti e per tutte.

 

Quello a cui non siamo abituati né abituate è ad assistere ad una vergognosa campagna di invito alla delazione di massa che vede in prima fila quegli esponenti del centro-sinistra che, ahinoi, alcuni pezzi di movimento anelano a vedere alla guida del paese. Costoro gareggiano con Maroni nel chiedere arresti in massa e leggi speciali. Inevitabilmente questo costituisce uno spartiacque: da una parte chi ci vuole in galera, dall’altra chi vuole aiutare lo sviluppo di un movimento di massa di opposizione sociale, in grado, finalmente, di invertire i rapporti di forza nella nostra società, mettendo in pratica, mediante la lotta, l’auto-organizzazione e la riapproprazione le parole d’ordine contro il debito, per il reddito e per i beni comuni.

 

Solidarietà a chi ha avuto la casa perquisita.

Solidarietà a compagni e compagne arrestati/e.

Libertà subito per tutti e tutte.

 Coordinamento cittadino di lotta x la casa – Roma

 

Comunicato del Presidente dell’XI° Municipio Andrea Catarci in solidarietà con il Laboratorio Acrobax

Il Laboratorio Acrobax è una realtà attiva da anni nel Municipio Roma XI. Negli spazi dell’ex Cinodromo occupati e recuperati ad uso pubblico dal 2002, è presente un centro giovanile, uno spazio socio-abitativo in cui vivono 15 persone, una palestra, un campo di basket, un campo di rugby in cui si gioca il campionato di serie C, una sala prove per la musica. Si fanno iniziative quotidianamente ed alla luce del sole, per contrastare il precariato, l’emergenza abitativa, il caro-vita e l’uso delle armi, per promuovere lo sport per tutti, elemento di integrazione e confronto leale, per migliorare il quartiere, in particolare il degradato tratto di Lungotevere Dante. Tra il 2006 ed il 2007 due giovani di questa comunità, Antonio prima e Renato poi, hanno vista troncata la propria breve esistenza, il primo sul lavoro facendo trasporti veloci col motorino, l’altro assassinato all’uscita di uno stabilimento balneare da due giovani con simbologie neofasciste. I tragici fatti hanno rafforzato i legami con le altre realtà territoriali, già ampiamente consolidati.

Se qualcuno ha partecipato al rito vuoto e ingiusticabile della rottura di vetrine ed ha compiuto gesti ed azioni illegali va ovviamente accertato, ma che si indichi quel posto come palestra per il terrorismo oltre ad essere falso sa di sadico. E che Acrobax venga sbattuto in prima pagina e diventi una priorità del Ministro Maroni e del Sindaco Alemanno, in un clima da caccia alle streghe, è quanto di peggio sta producendo l’imperante subcultura antidemocratica ed autoritaria.

 

Andrea Catarci

Presidente del Municipio Roma XI

Maroni mira a restringere la libertà di tutti e tutte

Comunicato del Laboratorio Acrobax.

Rigettiamo completamente l’accusa del ministro Maroni; la sua ricostruzione ieri in Parlamento, soffia solo sul fuoco della paura.  La violazione della libertà di movimento si sta rendendo esplicita, a cominciare dai divieti imposti da Alemanno  alla manifestazione della CGIL- Fiom del 21 Ottobre, per proseguire con le aperte minacce al movimento NOTAV che domenica 23 Ottobre riprenderà parola con un’importante manifestazione.

Realtà sociali e sindacali a cui esprimiamo da subito la nostra piena solidarietà.

Il dibattito sulle nuove forme di controllo sociale e sui nuovi dispositivi penali cerca di determinare uno stato di eccezione permanente. Tali provvedimenti vengono utilizzati strumentalmente in un contesto di crisi economica e sociale devastante a cui questo governo non sta dando nessuna risposta.

Le decine di migliaia di persone che hanno manifestato il 15 ottobre e difeso piazza San Giovanni dall’attacco della polizia non possono essere utilizzate a pretesto per negare le prossime mobilitazioni per la difesa dei diritti.

Pensiamo che, quando viene attaccata la libertà di dissenso, sia obbligo di tutti i soggetti politici e sociali prendere parola.

Per questo  continueremo ad attraversersare  le piazze per la difesa della libertà, dei diritti e per la piena affermazione di un nuovo welfare.

 

AGENZIE

Omniroma-CORTEI, ACROBAX: «CONTINUEREMO AD ATTRAVERSARE LE PIAZZE» (OMNIROMA) Roma, 19 OTT – «Acrobax», si legge in una nota del centro sociale, «è una realtà sociale che agisce alla luce del sole, nelle periferie, a contatto quotidiano con l’esclusione sociale e la precarietà causata dalla crisi. Svolgiamo quotidianamente l’attività del diritto alla casa, garantiamo assistenza legale e politica per le vertenze dei precari, mettiamo a disposizione tutti i giorni servizi e strutture a prezzi popolari come la palestra sociale, la sala prove e tutte le altre attività dei nostri laboratori che aggregano e incontrano tutti i giorni centianaia di persone. Anche per questo rigettiamo completamente l’accusa del ministro Maroni; la sua ricostruzione soffia solo sul fuoco della paura e punta ad una riduzione delle libertà di tutte e tutti. Non siamo noi la regia degli scontri, o meglio gli scontri non ne hanno avuto alcuna, e gli obiettivi praticati lungo il corte, o come il supermercato, non sono stati ne premeditati ne dai noi effettivamente praticati. Qualunque altra posizione è falsa e tendenziosa. La violazione della libertà di movimento si sta rendendo esplicita, a cominciare dai divieti imposti da Alemanno alla manifestazione della Cgil-Fiom del 21 Ottobre, per proseguire con le aperte minacce al movimento NoTav che domenica 23 ottobre riprenderà parola con un’importante manifestazione. Realtà sociali e sindacali a cui esprimiamo da subito la nostra piena solidarietà. Il dibattito sulle nuove forme di controllo sociale e sui nuovi dispositivi penali cerca di determinare uno stato di eccezione permanente. Tali provvedimenti vengono utilizzati strumentalmente in un contesto di crisi economica e sociale devastante a cui questo governo non sta dando nessuna risposta. Le decine di migliaia di persone che hanno manifestato il 15 ottobre e difeso piazza San Giovanni dall’attacco della polizia non possono essere utilizzate a pretesto per negare le prossime mobilitazioni per la difesa dei diritti. Pensiamo che, quando viene attaccata la libertà di dissenso, sia obbligo di tutti i soggetti politici e sociali prendere parola. Per questo continueremo ad attraversare le piazze per la difesa della libertà, dei diritti e per la piena affermazione di un nuovo welfare». red

INDIGNATI: ACROBAX, RESPINGIAMO ACCUSE MARONI NON C’È NOSTRA REGIA IN SCONTRI = Roma, 19 ott. – (Adnkronos) – «Rigettiamo completamente l’accusa del ministro Maroni: la sua ricostruzione soffia solo sul fuoco della paura e punta a una riduzione delle libertà di tutte e tutti. Non siamo noi la regia degli scontri, o meglio gli scontri non ne hanno avuto alcuna, e gli obiettivi praticati lungo il corteo come il supermercato, non sono stati nè premeditati nè dai noi effettivamente praticati. Qualunque altra posizione è falsa e tendenziosa (come la forzatura fatta ieri da Repubblica)». Lo sottolinea in una nota il centro sociale Loa Acrobax. Acrobax, spiegano, «è una realtà sociale che agisce alla luce del sole, nelle periferie, a contatto quotidiano con l’esclusione sociale e la precarietà causata dalla crisi. Svolgiamo quotidianamente l’attività del diritto alla casa, garantiamo assistenza legale e politica per le vertenze dei precari, mettiamo a disposizione tutti i giorni servizi e strutture a prezzi popolari come la palestra sociale, la sala prove e tutte le altre attività dei nostri laboratori che aggregano e incontrano tutti i giorni centinaia di persone». (segue) (Rre/Ct/Adnkronos) 19-OTT-11 16:33 NNN

Omniroma-INDIGNATI, CATARCI: «ACROBAX NON È PALESTRA DI TERRORISTI» (OMNIROMA) Roma, 19 OTT – «l Laboratorio Acrobax è una realtà attiva da anni nel Municipio Roma XI. Negli spazi dell’ex Cinodromo occupati e recuperati ad uso pubblico dal 2002, è presente un centro giovanile, uno spazio socio-abitativo in cui vivono 15 persone, una palestra, un campo di basket, un campo di rugby in cui si gioca il campionato di serie C, una sala prove per la musica. Si fanno iniziative quotidianamente ed alla luce del sole, per contrastare la precarietà, l’emergenza abitativa, il caro-vita e l’uso delle armi, per promuovere lo sport per tutti, elemento di integrazione e confronto leale, per migliorare il quartiere, in particolare il degradato tratto di Lungotevere Dante. Tra il 2006 ed il 2007 due giovani di questa comunità, Antonio prima e Renato poi, hanno vista troncata la propria breve esistenza, il primo sul lavoro facendo trasporti veloci col motorino, l’altro assassinato all’uscita di uno stabilimento balneare da due giovani con simbologie neofasciste. I tragici fatti hanno rafforzato i legami con le altre realtà territoriali, già ampiamente consolidati». Lo dichiara in una nota il presidente del Municipio XI Andrea CAtarci che prosegue: «Se qualcuno ha partecipato al rito vuoto e ingiusticabile della rottura di vetrine ed ha compiuto gesti ed azioni illegali va ovviamente accertato, ma che si indichi quel posto come palestra per il terrorismo oltre ad essere falso sa di sadico. E che Acrobax venga sbattuto in prima pagina e diventi una priorità del Ministro Maroni e del Sindaco Alemanno è quanto di peggio sta producendo l’imperante subcultura antidemocratica ed autoritaria». red 191703 OTT 11

SCONTRI ROMA: ACROBAX, NON SIAMO NOI LA REGIA DEI DISORDINI CENTRO SOCIALE ROMANO INDICATO DA MARONI TRA SOGGETTI VIOLENTI (ANSA) – ROMA, 19 OTT – «Non siamo noi la regia degli scontri, o meglio gli scontri non ne hanno avuto alcuna, e gli obiettivi praticati lungo il corteo, come il supermercato, non sono stati nè premeditati nè dai noi effettivamente praticati». È quanto si legge in una nota del Laboratorio sociale di Roma Acrobax, citato ieri al Senato dal ministro dell’Interno Maroni tra i soggetti violenti responsabili delle devastazioni di sabato scorso durante il corteo degli Indignati. «Rigettiamo completamente l’accusa del ministro Maroni; la sua ricostruzione ieri in Parlamento soffia solo sul fuoco della paura e punta a una riduzione della libertà di tutte e tutti», si legge nella nota, che prosegue: «Acrobax è una realtà sociale che agisce alla luce del sole, nelle periferie, a contatto quotidiano con l’esclusione sociale e la precarietà causata dalla crisi». «Le decine di migliaia di persone che hanno manifestato il 15 ottobre e difeso piazza San Giovanni dall’attacco della polizia non possono essere utilizzate a pretesto per negare le prossime mobilitazioni per la difesa dei diritti», afferma ancora Acrobax.(ANSA). COM-LAL 19-OTT-11 16:50 NNN