“Né buoni, né cattivi” – Intervista di Acrobax al Manifesto

di Eleonora Martini –

ROMA DOPO GLI SCONTRI – Grande discussione tra i partecipanti alla manifestazione.

Polemiche sugli incidenti Né buoni, né cattivi

«L’album di figurine ricostruito da certi media è ridicolo. Gli avvenimenti di sabato rivelano la temperatura sociale del Paese».

Parla un militante di Acrobax, uno dei centri sociali additati come cabina di regia degli scontri Sono stati additati dai media mainstream come la macchina organizzativa degli scontri di sabato scorso a Roma. I militanti del centro sociale romano Acrobax, insieme ai torinesi di Askatasuna e ai padovani del Gramigna, sarebbero secondo un «teorema preordinato» – così lo definiscono – la base logistica e di regia della battaglia che ha trasformato per la prima volta da tempo immemore la piazza di arrivo di una manifestazione in un campo di macerie. «È falso». Un confronto con loro deve partire necessariamente da questo assunto. Non vuole avere un nome, il militante di Acrobax con cui parliamo, «per una scelta politica, non giudiziaria: perché una voce senza nome è più ascoltata di tanti personalismi».

Dunque non siete voi gli artefici degli scontri di sabato?

L’album di figurine ricostruito da certi media è ridicolo. Noi, i militanti del Gramigna, per esempio, non li abbiamo nemmeno mai visti in una riunione. Con gli attivisti No Tav, invece, come con molte altre realtà italiane ed europee della rete degli Stati generali della precarietà abbiamo costruito insieme un percorso di lotta che continueremo a portare avanti. Un percorso condiviso da un movimento amplissimo, internazionale ed europeo, che sulla base dell’appello del 15 ottobre si è riunito a Barcellona per organizzare la resistenza alla politica di austerity dettata dai poteri finanziari globali. Non a caso, eravamo a pieno titolo nello spezzone iniziale del corteo. Ma il punto che sfugge ai più è che uno spezzone sia pur organizzato e militarizzato di rivoltosi non avrebbe avuto la forza di tenere sotto scacco per ore la polizia e trasformare piazza San Giovanni in un campo di battaglia. La resistenza, lì, è stata diffusa, la guerriglia l’hanno fatta migliaia di manifestanti. E noi con loro. Ma è su questo che si deve riflettere: come mai un piccolo gruppo di «violenti» è riuscito a trascinare con sé tanta gente? Chi erano queste persone?

È vero. Chi era in piazza quel giorno ha visto crescere il numero di “arruolati” alla guerriglia nel giro di qualche ora. Dapprima solo un “plotone” di miliziani nero vestiti, poi, a San Giovanni, gruppi non più definibili. Dunque tra di voi non c’era un disegno prestabilito per far saltare la manifestazione degli indignati?

Il comitato 15 ottobre sapeva benissimo che noi non riconoscevamo e contestavamo le loro scelte politiche. Come è avvenuto in tutto il mondo – da New York a Milano – noi volevamo portare la nostra protesta sotto i palazzi del potere. Quando dico «noi» intendo dire le migliaia di persone che hanno partecipato ad un’intera area di corteo. La nostra manifestazione sarebbe dovuta finire altrove, non in piazza San Giovanni. Le nostre azioni erano mirate, politiche. Volevamo sanzionare l’abuso di potere che costruisce zone rosse off-limits. Ma soprattutto mettere in pratica il diritto all’insolvenza, riappropriarci dei beni di consumo, far valere i nostri diritti negati – dalla casa al lavoro, dai saperi alla salute. Su questo tipo di lotte ci mettiamo la faccia e puntiamo alla riproducibilità delle nostre azioni. Non lasceremo soli chi vive sulla propria pelle l’esclusione imposta dalle banche centrali e dalle finanze globali, né li lasceremo alle destre o alla Lega.

Avete raggiunto i vostri obiettivi, sabato scorso?

Non abbiamo risolto il problema ma l’abbiamo reso evidente. Anche se non siamo caduti nella trappola della polizia e non abbiamo forzato il muro costruito a difesa del centro trasformato in zona rossa. E non abbiamo nemmeno paura di dire che certe azioni, come bruciare le auto all’interno del corteo o danneggiare la statua della Madonna, sono stupide e irresponsabili. Ma è stata colpa delle cariche della polizia e del modo di gestire le forze dell’ordine se gli scontri sono finiti proprio dentro la piazza dove il corteo avrebbe dovuto approdare. È davanti ai caroselli impazziti della polizia e alle auto lanciate contro la folla, che i manifestanti si sono uniti ai pochi «violenti», come li chiamate voi, iniziali.

 Abbiamo già raccontato ai lettori del manifesto la strana gestione delle forze di polizia in piazza San Giovanni. Ma insomma, non la firmate voi, quella violenza primaria e impulsiva senza grandi doti comunicative che ha devastato Roma?

Bisogna capire che c’è anche quella, anche se non era affatto nei nostri piani. Dovremmo tutti cercare di leggere i fatti di sabato come un termometro che misura la temperatura sociale di questo Paese.

Ha spiazzato anche voi, dunque?

Noi non facciamo le pulci alle varie anime del movimento, ciascuno sceglie la propria pratica politica. Così come non consideriamo nemici nemmeno coloro che scelgono strade di rappresentanza politica. C’è il massimo rispetto per chi sceglie le rappresentanze sindacali e studentesche. La nostra non è antipolitica, ma la consapevolezza dello svuotamento delle rappresentanze politiche. Certo, però, non saremo il capro espiatorio di un Paese – il cui tasso di disoccupazione giovanile sta al 30-35%, che vive in una dittatura mediatica unica al mondo, in assenza totale di tutele per i lavoratori e con un welfare tradizionale azzoppato dai tagli – nel quale è ovvio che il tappo è ormai saltato. Noi non provochiamo la rivolta ma nemmeno faremo i pompieri: meglio che tutto ciò emerga. A questo punto, o le rappresentanze politiche mostrano uno scatto di responsabilità, cercando di comprendere il senso e di dare delle risposte al conflitto, oppure quello che è successo sabato non è che l’inizio. E non è una minaccia, è una constatazione.

Cosa è cambiato rispetto alla manifestazione del 14 dicembre scorso?

Quello era solo corpo studentesco, sabato scorso invece in piazza c’era il corpo sociale metropolitano e precario. Allora si puntava alla sfiducia del governo e l’opposizione costituita ancora una sorta di rappresentanza politica parlamentare. Oggi le politiche di austerity sono condivise da tutto l’arco parlamentare. Per questo, senza fare alcuna apologia della violenza, diciamo che se il conflitto non trova altri sbocchi, in qualche modo esplode. È chiaro che si vuole instaurare uno stato d’eccezione per poi gestirlo in emergenza.

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LIBERI TUTTI, LIBERE SUBITO!

Ancora una volta il tribunale di Torino, si pronuncia contro la libertà di chi manifesta per difendere la Valle dallo scempio del treno ad alta velocità.
Lo ha fatto durante l’udienza del tribunale delle libertà che la scorsa settimana ha discusso della liberazione dagli arresti domiciliari del nostro compagno Giorgione.
La corte ha atteso 3 giorni per pronunciarsi e  negandogli infine la libertà. Giorgione dunque si trova ancora agli arresti domiciliari.
Tutto questo solo per aver partecipato alle iniziative contro il cantiere dello scorso 24 agosto. Tutto questo solo per aver portato, come altre migliaia di persone in questi mesi e anni, la sua solidarietà alla popolazione della Val di Susa.
Ancora una volta,  l’unica risposta che arriva alle popolazioni in lotta per la difesa dei territori, da parte dello stato è la repressione.
Denunciando ciò mandiamo anche la nostra solidarietà a Nina e Marianna che dopo la mobilitazione dello scorso 9 settembre si trovano ancora in stato di arresto presso il carcere delle Vallette.
Inoltre rifiutiamo con forza le dichiarazioni di quei politicanti che da mesi definiscono le mobilitazioni contro il tav come iniziative di assassini contro la democrazia,  offendendo e minimizzando così una lotta che dura da anni, una resistenza popolare  contro le nocività, volta a difendere i propri territori e i propri  spazi come beni comuni per tutt@.

Ancora una volta, sempre con rabbia e con amore
solidarietà alla lotta no tav solidarietà alle compagne arrestate

*Nina  Marianna  e Giogione liberi subito!
 
Laboratorio Acrobax Project – Coordinameto cittadino di lotta x la casa – Roma

 

Nina e Marianna libere subito!

Dopo il presidio di lunedì a Torino diventato poi corteo che ha percorso il centro cittadino, anche la Val di Susa vuole scendere in piazza per chiedere l’immediata liberazione di Nina e Marianna.
Con il comunicato delle donne No Tav del movimento riunitesi nel Coordinamento dei Comitati martedì scorso, ecco un’altra iniziativa per stringerci attorno a loro e per testimoniare come la Val di Susa non si lascia intimidire e, addirittura, rilancia.

Tra pochi giorni il tribunale delle libertà deciderà se scarcerarle oppure no, noi le vogliamo libere…subito!

Lunedì tutti in strada per una fiaccolata che partirà alle 20,30 dalla stazione di Chiomonte.
Nina e Marianna non sono sole!
Giù la mani dalla Val Susa!

Appello per la libertà di Nina e Marianna.

Le donne sono l’anello forte e dolce del Movimento NO TAV; quando entrano nelle lotte, lo fanno perché sentono in pericolo le radici stesse della vita, il diritto al futuro.

Nina e Marianna sono donne del movimento NO TAV.

Nina è un’operaia, madre di tre figli, impegnata nel sociale, volontaria del 118. Marianna è una ragazza ventenne, una dei tanti giovani che si sono avvicinati alla lotta NO TAV per generosità, senso di responsabilità e speranza.

Venerdì sera erano con noi, alla Maddalena di Chiomonte, lungo le recinzioni del fortino dove stanno asserragliate le “forze del disordine” a difendere un cantiere che non c’è e grandi sporchi interessi che invece sono ben presenti e mettono a repentaglio il futuro sociale, ambientale, economico non solo del territorio Valsusino, ma dell’intera collettività.

Andammo alle reti in tanti, almeno un migliaio di uomini e donne di tutte le età; fummo immediatamente accolti dal lancio fitto di lacrimogeni, sparati ad altezza d’uomo per intossicare e ferire meglio. L’aria si fece presto irrespirabile, una nebbia fitta e velenosa contro cui poco potevano i fazzoletti inzuppati di Malox e le maschere antigas. In questi casi il respiro si inceppa, le gambe diventano pesanti, occhi e polmoni in fiamme.

Quando gli uomini in armi uscirono dai cancelli per caricare la folla che resisteva ai lacrimogeni, non tutti riuscirono a mettersi in salvo; questa volta le prede furono due donne: Marianna e Nina, intervenuta con lo zaino del pronto soccorso a prestare la prima assistenza ad un ferito.

Nina e Marianna ora sono in carcere, alle Vallette: il loro arresto è stato convalidato ieri, nonostante fossero incensurate.

Come Nina e Marianna, altri giovani sono stati in precedenza arrestati, incarcerati, cacciati col foglio di via o accompagnati agli arresti domiciliari.

In un Paese nel quale sono ormai saltate tutte le garanzie democratiche e costituzionali, dove la militarizzazione dei territori e lo stato di polizia costituiscono lo strumento repressivo di quel partito trasversale degli affari che siede in Parlamento e nelle istituzioni, la generosità, la solidarietà, la difesa dei più deboli , la sete di giustizia e umanità diventano un crimine da punire col carcere. Di questo crimine sono colpevoli, come tutti noi, Nina e Marianna.

Ma il popolo NO TAV non arretra, la lotta non si arresta, la resistenza continua e si allarga ovunque ci sono ingiustizia e repressione.

A Nina e Marianna giunga il nostro abbraccio affettuoso, forte e solidale: le vogliamo libere subito!

Libertà e giustizia per tutti i compagni arrestati ed inquisiti.

 

Il Movimento NO TAV

da www.infoaut.org

Giorgione scarcerato, ma ai domiciliari!


Da domenica scorsa, 28 agosto, il nostro compagno Giorgione, si trova ai domiciliari a Roma dopo che il GIP ha stabilito di scarcerarlo in seguito all’arresto che le truppe di occupazione della Val Susa avevano deciso eseguire a margine dell’ennesima giornata di lotta e di resistenza del movimento NO TAV dello scorso 24 agosto, presso il cantiere fortino che dovrebbe permettere alle lobby mafiose e al governo di procedere con la costruzione dello scempio ambientale chiamato Alta Velocità.
Giorgio è accusato di concorso in resistenza, lesioni aggravate e porto di materiale esplodente. Tutte accuse infondate e campate per aria dal chiaro sapore vendicativo e arbitrario degli arresti, dei soprusi e dei pestaggi ai quali ci hanno abituato polizia e carabinieri come unica risposta alle mobilitazioni sociali e di piazza.
Vogliamo denunciarlo con forza, perché questo è quanto accade quotidianamente intorno e a ridosso del fortino di Chiomonte dove centinaia di persone resistono alle truppe di occupazione, in alcune occasioni come quella dello scorso 3 Luglio, insieme a decine di migliaia di persone da tutta Italia e non solo che sostengono il movimento di resistenza popolare contro il TAV.
Inoltre vogliamo oggi ribadire con ancora più forza una semplice verità: ciò che accade in Val Susa in termini di sopruso, violenza e occupazione militare, rappresenta sempre di più ai nostri occhi, il segno dei tempi, di un paese allo sfascio, in preda ad una torsione autoritaria, promossa dalla peggior cricca mafiosa, pidduista e razzista mai vista – e ce ne vuole – al comando del nostro paese. Alcuni anni fa abbiamo cominciato a denunciare con crescente convinzione che ci fosse una svolta autoritaria, una criminalizzazione e penalizzazione della protesta e in generale dell’iniziativa politica su tutti i livelli della presa di parola del conflitto sociale. Se contassimo gli arresti, le denunce, i processi e le misure repressive dal 2001 ad oggi, diciamo dal 17 marzo di Napoli 2001 contro il global forum prima del g8 genovese, raggiungeremmo cifre esorbitanti, ne verrebbe fuori una fotografia dannatamente grave per la cosiddetta democrazia liberale. A fronte di ciò le supposte opposizioni politiche condividono il terreno repressivo apparentemente adottato oggi solo dalle forze di governo, poiché nella crepa mastodontica aperta dalla crisi sulle ingiustizie e ineguaglianze del neoliberismo l’unica risposta da parte delle lobby e delle oligarchie trasversali al potere è la repressione meglio se preventiva, ancor meglio se silenziosa ma se necessario, eclatante e simbolicamente esemplare, come per il processo che vede alla sbarra decine di compagni dopo la mattanza delle piazze genovesi di quel luglio 2001.
A dieci anni di distanza il doppio petto al governo è sempre più sporco di sangue e di menzogne. A dieci anni di distanza il movimento è cresciuto, sedimentato e sta imparando dalla Valle ribelle che è possibile e necessario, praticare e costruire resistenza e sovranità popolare, dal basso, per l’indipendenza sociale, economica e politica, dalla cricca, dagli sporchi interessi, dalle lobby e dal neoliberismo.
Un forte abbraccio lo mandiamo ai compagni e alla gente della Valle che si sono mobilitati subito per la libertà di Giorgio con un arrivederci a presto sulle barricate della libera Repubblica della Maddalena.
Giorgio libero, tutte e tutti liberi!
Sarà dura, sempre più dura, sicuramente per loro!

Laboratorio Acrobax
www.indipendenti.eu

Nuovi arresti in Val Susa!

Ieri 24 agosto, durante l’ennesima giornata di lotta e resistenza in cui il
movimento NO TAV ha ribadito la sua ferma opposizione ai tentativi di
repressione e scempio dei territori, è stato arrestato Giorgio, un nostro compagno, che come molti/e da tutta Italia, sta partecipando alle mobilitazioni in sostegno alla popolazione della Val Susa.

Le modalità di repressione da parte delle forze di occupazione sono state le
stesse a cui ci hanno abituato in questi ultimi mesi, e cioè, il lancio di
lacrimogeni ad altezza uomo, idranti, fermi e fogli di via agli attivisti
che continuano a ribadire il proprio diritto alla resistenza.
In questo scenario è per noi palese l’ultimo stadio di una governance che
ribadisce il proprio potere nelle sole modalità repressive, scontrandosi con una realtà sociale che ormai non è più disposta a fare passi indietro. Esprimiamo in questo comunicato la totale vicinanza e partecipazione alla lotta no tav e in particolare al nostro compagno Giorgio.
 Giorgione LIBERO!

le compagne e i compagni del Laboratorio ACROBAX – Roma

www.indipendenti.eu

Riconquistato il Volturno!

VOLTURNO OCCUPATO: RESPINTO UN TENTATIVO DI SGOMBERO “PRIVATO”.

Questa mattina il teatro Volturno Occupato ha subito un tentativo di sgombero anomalo: una persona che si spacciava per il proprietario si è presentata accompagnata da guardie private della ditta Italpol con tanto di cani, e una squadra di operai per prendere possesso dell’immobile. Peccato che l’immobile sia sottoposto a sequestro giudiziario per il fallimento di Cecchi Gori, e quindi non esiste nessun proprietario.
I veri proprietari, semmai, sono gli uomini e le donne che da tre anni hanno occupato lo stabile e ne hanno fatto uno spazio vivo e di utilità comune. Un vero e proprio punto di riferimento per chi, in questa città, lotta quotidianamente contro chi vuole continuare a speculare sulle nostre vite e sulla nostra città.
In questi anni il Volturno ha ospitato e continua ad ospitare assemblee, sportelli di consulenza e di lotta sulla casa, sull’immigrazione e sui problemi delle donne, spettacoli teatrali ed altre iniziative della cultura libera.

Stamattina abbiamo assistito ad un tentativo, vile e maldestro, di spazzare via tutto questo in nome del profitto privato, addirittura scavalcando ogni procedura legale, visto che persino la polizia di stato, sopraggiunta, ha dichiarato di non essere a conoscenza dello sgombero “privato”, che ci ricorda quello della sede dell’Eutelia occupata da lavoratori e lavoratrici, avvenuta qualche anno fa.

Per fortuna la prontissima mobilitazione degli occupanti del volturno, coadiuvati da occupanti dei movimenti per il diritto all’abitare, compagni  e compagne da tutta la città, ha di fatto sgomberato gli sgomberatori, costringendoli a fuggire rompendo le grate che loro stessi avevano montato sulle uscite di sicurezza.
Poco dopo il Volturno è rientrato nel possesso della ROMA BENE COMUNE, continuando ad essere a disposizione della città e di chi vuole organizzarsi e lottare perché il diritto all’abitare sia una realtà per tutti e tutte, per costruire iniziative culturali libere dal mercato, e perché la qualità della nostra vita conti di più del profitto di pochi.

VENERDI’ 5 AGOSTO ASSEMBLEA PUBBLICA ORE 19
VOLTURNO OCCUPATO
Via Volturno 37 (Termini)

COORDINAMENTO CITTADINO DI LOTTA PER LA CASA

Tentativo di sgombero degli Indignati di Plaza Catalunya a Barcellona.

Ecco la risposta del governo zapatero al movimento degli indignati. Ieri  mattina mossos (polizia autonoma) e guardia urbana hanno tentato di sgomberara l’accampamento degli indignati di piazza catalunya a Barcellona. Ci sono stati decine di feriti come potete notare dal video.

La scusa formale era ripulire la piazza prima della serata di oggi , quando  si svolgerà la finale di champions. Plaza Catalunya è la piazza dove si radunano abitualmente gli ultrà catalani. Per ora sono riusciti a mantenere la piazza dove ora si stanno svolgendo assemblee, ma la situazione potrebbe farsi piu pesante sabato sera

Sabato 28 maggio tutti/e dalle ore 21.30 piazza di spagna – reclaimthesquare – solidarietà ai ragazzi d barcellona e di tutte le piazze spagnole

ara toca reconstruÏr la plaça!

Porteu taules, cadires, toldos, cables, router’s, pancartes,…i menjar a un dinar per celebrar que la plaça torna a ser del poble!

13:00hs: hemos vuelto a la plaza y te necesitamos! la policia se retira con el coro de abucheos popular

12:40hs: ESTAN TIRANDO BOLAS DE GOMA Y PESE A ESO COMPAÑERXS TOMAN CARRERA Y SE LANZAN AL CENTRO DE LA PLAZA!!

12:30HS ESTAN DESALOJANDO BADALONA TAMBIEN

SI TIENES INFO DE DETENIDXS LLAMA AL EQUIPO DE ABOGADXS: 689 819 905

HOY A LAS 19HS CONCENTRACION MASIVA EN PLAZA CATALUNYA, Y EN TODAS LAS ACAMPADAS DEL ESTADO TENEMOS QUE SER CIENTOS DE MILES!!!

Descarga e imprime la octaveta para convocar la concentracion de las 19hs

Fotos del secuestro de ordenadores + mossos mofandose

ENVIAR LINKS DE VIDEOS DE LA REPRESION A comunicacio.acampadabcn@gmail.com

VIDEO 1 – Represión

VIDEO 2 – El pueblo unido jamas será vencido

VIDEO 3 – Mas brutalidad policíaca

VIDEO 4: Carga “higienica”

VIDEO 5: Resistencia pacífica

10:20H: ESTAN CARGANDO DESDE HACE DOS HORAS SIN PARAR Y TIRANDO GAS PIMIENTA

Se han llevado ordenadores y materiales con contactos de personas, para controlar las redes creadas entre personas. Son peores que la CIA!!!

Ecco la risposta del governo zapatero al movimento degli indignati

Questa mattina mossos (polizia autonoma) e guardia urbana hanno tentato di sgomberara l’accampamento degli indignati
di piazza catalunya a barcellona. Ci sono stati decine di feriti come potete notare dal video.
La scusa formale era ripulire la piazza prima della serata di domani
perchè si svolgera la finale di champions. Plaza catalunya è la piazza dove si radunano abitualmente gli ultrà catalani
Flavia qualche ora fa mi diceva che erano riusciti a mantenere la piazza dove ora si stanno svolgendo assemblee
La situazione potrebbe farsi piu pesante domani sera

Sull’operazione di polizia contro il movimento fiorentino

QUELLO CHE ABBIAMO IN COMUNE

Quello che è accaduto a Firenze – arresti, firme, perquisizioni e denunce a carico di ben 78 persone – non è un fatto circoscrivibile all’attività di un collettivo di facoltà, tantomeno a quella di un’area politica in particolare o, ancora, alle vicende interne di una triste città del centro-Italia. Le persone colpite non sono iscrivibili, come vogliono stampa e polizia, a una identità politico-sociale (gli “anarchici” o gli “studenti” in questo caso) e sbaglia di grosso chi, magari pensando di fare un favore agli incriminati, asseconda questa operazione di “profiling”. In realtà l’operazione giudiziaria riguarda chiunque si sia impegnato nell’ultimo ciclo di lotte a Firenze, a prescindere dall’appartenenza a un collettivo piuttosto che a un altro. Per questo sono i movimenti o meglio tutti coloro che, ovunque siano, si sentono parte delle insorgenze del nostro tempo che devono riconoscere questi compagni e compagne come “cosa loro” e ascriverli con forza alla loro intelligenza e alla loro esistenza, cioè alla loro stessa potenza. Tutti quelli raggiunti oggi dalle grinfie della “giustizia” sono parte di me, di te, di noi. Tutti loro, indistintamente, sono la nostra parte. Perché di questo stiamo parlando e cioè di decine di persone che in questo tempo di rivolte hanno scelto, insieme a migliaia di altri, di scendere insieme in strada piuttosto che continuare a rimuginare solitariamente in qualche social network, di occupare le scuole e le università piuttosto che perdersi nella gestione della protesta, di compiere un gesto di insubordinazione in accordo con il proprio pensiero piuttosto che di limitarsi ad enunciarlo, di far vibrare di rabbia un territorio piuttosto che rinchiudersi a ciarlare tra quattro mura.

Ormai in Italia – e non solo – un qualsiasi sodalizio, la condivisione di una forma di vita, una qualsiasi amicizia che si vuole politica o la semplice circolazione di una sensibilità comune è passibile di essere inquadrata nella dizione “associazione a delinquere”. Guardate infatti gli atti di cui vengono accusati i nostri amici: scritte, blocchi, occupazioni. Nulla di più che le forme naturali di un movimento che voglia incidere nel reale. Nulla di meno che un desiderio collettivo che segue il suo ritmo. Pensateci bene: sono le pratiche di tutti noi. Di tutti noi che abbiamo creduto sia possibile ribellarsi all’intollerabile. Tutto quello che, in questo senso, ha importanza in un movimento, in una lotta o in una rivolta è sempre qualcosa di comune.

Allora ai “giustizieri” non resta che criminalizzare i legami, legami tra le persone, tra queste e le loro parole, tra queste e un luogo, tra questo e un movimento e così via. L’accusa di “associazione a delinquere” non è solo un mezzo pseudo-giuridico per poter procedere a degli arresti facili: essa in realtà si configura come la volontà governamentale di criminalizzare ogni comune, ogni vera condivisione, ogni relazione che sfugga all’individualismo attraverso cui si governa il “sociale”. Non esiste un movimento che non si fondi sulla comunanza di idee, parole e gesti. Dalle università ai luoghi di lavoro, dai centri sociali alle mille sperimentazioni collettive che continuano, malgrado tutto, a vivere in questo paese pulsa un comune che è più forte di qualsiasi identità o differenza. Per questo desideriamo essere al fianco dei compagni e delle compagne di Firenze e per questo invitiamo tutti a sentirsi parte insieme a loro, così come loro sono sempre stati parte dei movimenti in cui abbiamo creduto.

Sebbene sia prassi che l’accusa di “associazione” non regga mai alla prova del primo esame, questo non vuol dire che dobbiamo restare passivi, in attesa non si sa di che sviluppi e limitarsi alle parole di prammatica. Comprendere che sono i legami tra le singolarità che si tessono nelle lotte e che tendono a costituirsi in forme di vita ingovernabili a costituire il vero problema della polizia sociale significa comprendere cosa dobbiamo non solo salvaguardare ma rafforzare. Siamo chiari: non c’è una “lotta alla repressione” che aspetta di essere intrapresa per l’ennesima volta. La solidarietà non è un insieme di parole sempre uguali messe insieme per l’occasione, ma la capacità di risuonare con ciò che ci tocca e che così diviene parte della nostra vita, dei nostri pensieri, delle nostre parole.

È questo l’augurio che facciamo ai compagni di Firenze e che ci facciamo: di continuare a risuonare sempre più intensamente.

LIBERI TUTTI/E !

12 Febbraio. Contro la strumentalizzazione di Casa Pound

Comunicato del collettivo L’Officina

Ci risiamo: con il Giorno del Ricordo alle porte (il 10 Febbraio ), l’Italia torna a riscoprire le vittime delle foibe e a piangerne la memoria sotto il giogo delle solite strumentalizzazioni ideologiche che negli anni ne hanno ignobilmente infangato il nome e la credibilità.

In nome di una verità storica mai del tutto appurata e di un patriottismo a uso e consumo delle masse strumentalizzate, la retorica di regime (forse meglio semplicemente di destra) anche quest’anno si ripresenta con puntualità a speculare su una delle questioni italiane più sentite ma mai del tutto chiarite, ingigantendo i numeri e asservendo alle logiche partitiche la sofferenza di chi ha pagato la tragedia delle foibe direttamente sulla propria pelle, in un più ampio disegno di mistificazione e revisionismo storico montato su ad hoc per riabilitare il ricordo della dittatura mussoliniana e screditare allo stesso tempo il movimento partigiano e antifascista, baluardo della nostra Costituzione.

E in questo clima di revisionismo e indottrinamento ideologico, l’associazione neofascista Casa Pound Ostia finisce con l’arrogarsi il diritto di commemorare il ricordo delle vittime delle foibe del Carso tingendole con i suoi vessilli infamanti nella più becera e meschina delle tradizioni autoritarie e insultandole con la sua dialettica di slogan e proclami a comando, nel vano tentativo di camuffare le colpe storiche di quella tirannia assassina e razzista di cui si considerano fiera discendenza ai giorni nostri.

Ma ora basta!

La storia non può e non deve essere riscritta dal primo nostalgico fascista di turno che pretenda di cambiare il nostro passato per stravolgerne il presente, basta con queste pratiche di mistificazione e convincimento forzoso che mascherano la verità in luogo dell’ideologia!

Basta con la storia dei 20000 infoibati e dell’esilio di 350000 italiani, numeri gonfiati all’inverosimile (circa cinquecento vittime, per lo più militari, forze dell’ordine, funzionari dell’Italia fascista occupante la Jugoslavia e poche migliaia di esuli secondo la risoluzione della Commissione Mista italo-slovena del luglio 2000 ) e privi di fondamento che ogni anno crescono a dismisura solamente per far più colpo sull’opinione pubblica ignara e tenuta colpevolmente all’oscuro!

Basta con la teoria (infondata, anche alla luce della recente risoluzione della Commissione Mista) della pulizia etnica da parte dei comunisti di Tito contro la popolazione italiana inerme!
E soprattutto basta strumentalizzare le morti di cittadini italiani traditi dal loro stesso credo fascista!

Di fronte allo schifo dell’incessante propaganda revisionista fascista, il Collettivo l’Officina si tira fuori da quest’assurda e vergognosa politica di rivendicazioni ideologiche per lasciare la parola agli studiosi e alle stesse vittime del dramma, lanciando una campagna di sensibilizzazione mediatica e d’informazione a disposizione della cittadinanza tutta.

Tutti gli ANTIFASCISTI sono invitati il 12 febbraio dalle ore 16 a presidiare con noi P.zza della Stazione Vecchia per non lasciare più spazi agli squadristi

Arcore: tutti a casa. Que se vayan todos.

da Arcore ar Core della questione… tutti a casa. Que se vayan todos.

Il velo d’ipocrisia che ancora in questo paese porta a condannare in modo indiscriminato e cerchiobottista ogni forma di ribellione chiamandola violenza, è ormai squarciato da un contesto internazionale che ha deciso di respingere con forza ogni forma di autoritarismo, di corruzione e arroganza nella gestione del potere e della crisi. Un potere politico che ha perso qualsiasi contatto con le problematiche della società e ancor di più ha perso, se mai l’ha avuta, ogni legittimazione nei termini di riconoscimento democratico e popolare.
Con un governo che porta avanti manovre eversive che minano alle fondamenta l’attuale assetto costituzionale, con le derive sempre più autoritarie e autocratiche sostenute da un personaggio a capo delle peggiori cricche del paese, quale sarebbe la violenza di chi a mani nude e volto scoperto si raduna sotto la reggia presidenziale di Arcore? Qual è la dignità di quelle forze dell’ordine che come nel resto del mondo si dimostrano ancora una volta supine sotto il comando di chi le usa come servizio taxi nelle lunghe serate di baldoria?
C’è qualcosa che richiama la presa di Versailles nello scatto di dignità che le manifestazioni di piazza stanno dando ai potenti di tutto il mondo.
Dopo il 14 dicembre, nonostante le manovre di un parlamento di servi, corrotti e voltagabbana, si è affermata in tutto il paese reale la volontà di esprimere la sfiducia totale nei confronti di questo governo e di tutta una classe politica troppo impegnata nella spartizione del potere e delle ricchezze che derivano dalla gestione della crisi economica (vedi grandi opere, cancellazione di ogni normativa contrattuale e di tutela del lavoro…).
Ieri eravamo impegnati nel supporto della manifestazione della comunità egiziana a Roma ed il filo che ci lega ai compagni e alle compagne del no Expo è molto più che ideale.
Da Roma a Milano solidarietà materiale nelle lotte contro le speculazioni, le cementificazioni, contro la precarizzazione delle nostre vite, per la difesa dei territori e dei diritti di sociali e di cittadinanza.

Berlusconi come Mubarak te ne devi andare!
Tutti liberi

L.o.a. Acrobax