LA LIBERTA’ NON CADE DAL CIELO – presidio sotto il Tribunale di Roma 11/4

Il 15 Ottobre 2011, come a Genova nel 2001, eravamo 300.000 a gridare per le strade di Roma la nostra rabbia contro le politiche di austerità, un grido che voleva risvegliare le coscienze di una Italia ancora assopita di fronte alla crisi economica provocata dalle grandi lobby del capitalismo globale e fatta pagare in maniera pesantissima,per intero, alle classi subalterne. Questo mentre in tutta Europa e nei Paesi arabi si sviluppavano mobilitazioni e rivoluzioni.

Una manifestazione che non poteva essere incastonata nelle logiche del corteo – parata  più affini alla rappresentanza politica sindacale. Le tante iniziative prodotte sin dalla partenza del corteo, infatti, hanno voluto segnalare simboli e responsabili della crisi, indicando nella riappropriazione diretta l’unica possibilità di porre le nostre vite “contro e  fuori” dalle politiche di saccheggio ed austerità che stiamo subendo.

Come tutti e tutte sappiamo, non si è fatto attendere l’intervento dei tutori dell’ordine, che hanno tentato di stroncare sul nascere la combattività di una manifestazione e di un possibile movimento attraverso una gestione di piazza letteralmente criminale, con caroselli di blindati lanciati a tutta velocità, utilizzo di lacrimogeni e idranti, cariche che hanno tentato di sgomberare piazza San Giovanni.
La resistenza della piazza, però,  è stata forte, partecipata e determinata, nutrita da una rabbia covata nella quotidianità per le condizioni di ingiustizia, sfruttamento, saccheggio dei territori che ci vengono consegnate ed imposte. Una resistenza ed una rabbia che rivendichiamo non solo come giuste, ma anche come necessarie  allo sviluppo di un processo di trasformazione radicale dell’esistente che ci porti a liberare le nostre vite dallo sfruttamento e dalle gabbie del capitalismo.
In quella giornata e nei mesi successivi si sono susseguiti arresti e processi, con condanne pesantissime. Oggi è arrivata a chiusura l’indagine che coinvolge 25 compagne e compagni accusati del reato di devastazione e saccheggio. Un nuovo processo sta così per cominciare. Si, perché ancora una volta proprio come a Genova 2001 lo Stato e i suoi magistrati hanno “tirato fuori dal cilindro” questo reato per affibbiare condanne pesantissime,un monito a chiunque pensi e provi a mettere il proprio corpo e le propria esistenza in gioco, partecipando a un processo di conflitto e di cambiamento. Una drammatica beffa visto che quel giorno, come altre mille e mille volte eravamo scesi in piazza proprio contro chi devasta e saccheggia quotidianamente le nostre vite!
Al di là della narrazione e delle valutazioni su quella giornata e delle sue conseguenze legali, sentiamo con forza la necessità di aprire, dentro ed oltre i recinti delle realtà di movimento, un confronto ed una discussione che non eluda il tema della repressione, ma che ci porti al contrario collettivamente a farcene carico e ad affrontarlo. L’utilizzo della fattispecie di reato di “devastazione e saccheggio” viene sempre più di frequente utilizzata per colpire ogni forma di espressione di rabbia e conflittualità. Le lotte sociali sono ridotte così a mero problema di ordine pubblico, additate come fatto delinquenziale.
Su questa base, vorremmo iniziare un ragionamento concreto, partendo da un confronto tra chi agisce le lotte sociali qui a Roma, città grande, difficile, complessa, ricca di storia, di esperienze e pratiche concrete dell’alternativa allo stato di cose presenti. Un confronto che sia in grado di superare i disperati ed isolati urli contro la repressione, che abbia la capacità di costruire un filo rosso che a partire della rivendicazione di una “libertà di movimento e di conflitto” riesca, quindi, a proiettarsi ben oltre la miseria del presente.
E’ in atto, infatti, un ampio processo di criminalizzazione sociale e di controllo sociale preventivo che colpisce chiunque non si piega alle leggi del mercato, marcando in forme diverse la propria alterità e/o incompatibilità. Pensiamo, ad esempio, a quei particolari laboratori della repressione che si sperimentano negli stadi, sui migranti, sul precariato delle periferie.
Non solo, va posta la giusta attenzione al tentativo di interdizione delle lotte sociali attraverso l’uso di dispositivi di controllo e repressione, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, l’uso della legislazione speciale antiterrorismo. Tasselli che, se considerati nel contesto politico e sociale nel quale si ascrivono,  contribuiscono a delineare uno scenario  a dir poco preoccupante ed allarmante, una vera e propria svolta autoritaria e liberticida degli apparati dello stato.
La proposta che lanciamo è quella di confrontarsi e  ragionareinsieme attorno a questi temi per costruire una campagna politica comune: perché se è vero che la migliore risposta alla repressione la si dà continuando a portare avanti e a sviluppare i propri percorsi di lotta giorno dopo giorno; è altrettanto vero che, per dare spazio allo sviluppo dei conflitti stessi, è necessario denunciare con forza che problemi sociali come la casa, il lavoro, la scuola, non possano essere trattati come questioni di ordine pubblico. Che si criminalizzano studenti, lavoratori, sfrattati, disoccupati che legittimamente protestano contro i tagli a scuola, sanità, la reforma pensionistica, lo smantellamento dei residui di welfare, la precarietà delle condizioni di vita e di lavoro, le privatizzazioni, i licenziamenti, la devastazione dei territori in nome del profitto.
Questo, come abbiamo detto, in una fase in cui le condizioni di vita di larghe fasce di popolazione sono letteralmente in caduta libera,rappresenta un segnale chiaro e preoccupante rispetto al presente ed al futuro che la governance capitalistica vorrebbe cucirci addosso. Appare necessario e urgente, di contro, trasformare l’ingovernabilitàe la rabbia crescente, indicare la direzione di marcia collettivaverso un’altra idea di società, verso una nuova utopia possibile da immaginare e conquistare insieme.
Lanciamo già da ora un presidio per il 4 aprile prossimo, di fronte al Tribunale di Roma, per sostenetere i compagni e compagni che vedranno iniziare il processo contro di loro e proponiamo un’assemblea pubblica per il 12 aprile prossimo che, a partire dalla ineludibile solidarietà e complicità con gli/le compagni/e sotto processo, abbia la volontà diiniziare a tessere un ragionamento collettivo ed un percorso comune.
Inoltre in solidarietà con le/i compagn* di Teramo ed in particolar modo con Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo, invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio sotto al Tribunale di Roma l’11 aprile, giorno in cui si esprimerà il Tribunale del riesame.
Libere Tutte – Liberi Tutti


Compagni e Compagne di Roma

Ordinaria follia della legge – nella notte di due ragazzi di Acrobax

 Martedì 26 febbraio – Notte – Ponte Marconi – Acrobax

 Nella notte due ragazzi escono dall’ex cinodromo con il motorino e si imbattono in una pattuglia della polizia. Mentre sono fermi al semaforo rosso la volante sbatte il suo muso sul bauletto posteriore, da lì la situazione degenera in un attimo: i due provano a girarsi e
vengono ripetutamente colpiti dal muso della pattuglia fino a cadere in terra.

 

Come nella migliore delle banlieu i due idioti in divisa scendono
dall’auto e si accaniscono sui ragazzi i quali invece di essere
soccorsi vengono aggrediti, gli vengono sottratte le chiavi del
motorino e il telefono cellulare.

Quello che i due energumeni in divisa non hanno considerato è che non
sempre i soprusi incontrano ragazzi da soli e indifesi nel cuore della
notte, come è accaduto al giovanissimo Federico Aldovrandi, la cui
memoria solo ieri è stata di nuovo offesa dai poliziotti che hanno
applaudito il suo assassino. In questo caso gli eroi in divisa hanno
incontrato la rabbia di chi non tollera gli abusi e le prepotenze
degli sceriffi de noantri.

Tutti i compagni e le compagne di Acrobax, riuniti per l’assemblea,
sono usciti in strada e la pattuglia si è data alla fuga. Pochi
istanti dopo la pattuglia si ripresenta, ferma i blindati della celere
che passano in continuazione in una città militarizzata per le
elezioni, le dimissioni del Papa, o forse solo per la “paura” della
perduta coesione sociale, pronti a reprimere il dissenso ovunque si
annidi.

I blindati diventano due, poi tre, le volanti sei, poi sette. La
celere si schiera con caschi, scudi e manganelli. Dalla nostra parte
si organizza immediatamente un workshop di “scienza delle barricate”,
quella in cui ognuno è maestro.

Arrivano compagni e compagne a sostegno da tutti gli spazi occupati di
zona e l’ingombrante presenza delle forze del disordine a si sposta
dalla strada di accesso al cinodromo ed infine se ne va.

Oggi, alle pecorelle senza pastore, non chiediamo scuse o numeri
d’identificazione sulle divise ma vogliamo indietro ciò che ci hanno
rubato.

Ancora una volta fascisti e polizia da San Paolo sono stati cacciati via…

ACAB.

Laboratorio del Precariato metropolitano Acrobax

– “…pure la polizia che sta in giro, mica sta là per pestarvi, sta
là per proteggervi.”
– “Come no. E da voi chi ci protegge?”
(da L’Odio)

Nuovo sgombero a Bologna, rioccupiamo la città!

Questa mattina Hobo è stato sgomberato. Dopo Bartleby, un altro spazio universitario di produzione comune di saperi e di iniziativa politica contro la crisi e la precarietà è stato chiuso con la forza. É un fatto grave, perché su mandato del Rettore, le camionette della polizia e dei carabinieri sono state fatte entrare all’interno di una facoltà. Un episodio che accomuna la “democratica” amministrazione universitaria, guidata dal rettore Dionigi – tesserato Pd – alla giunta greca dei colonnelli. Ma Dionigi si illude e ha paura. L’uso della forza e delle denunce non sarà sufficiente ad arrestare la potenza del sapere vivo. Esprimiamo la nostra solidarietà agli occupanti denunciati questa mattina dagli sgherri del rettore. C’è un’unica strada che possiamo percorrere nella crisi economica e dell’università, contro questa classe dirigente ormai al palo, che tenta di governare l’ingovernabile e per difendersi ha bisogno di dispiegare scudi, manganelli e camionette. Quella, al loro tempo, tracciata dagli hobos, gli inarrestabili lavoratori nomadi e precari che all’inizio del 900 diedero vita alle più importanti lotte operaie negli Stai Uniti d’America. Quella della lotta alla precarietà, della conquista di spazi di autonomia nell’Università contro la corruzione dei baroni di ogni risma. Come dicevano gli hobos e gli wobblies: “An injury to one is an injury to all”.

Ben scavato, vecchio Hobo! nuova occupazione a Bologna

Lavoratore nomade e migrante, continuamente in movimento e irriducibile alla disciplina di fabbrica: ecco chi era Hobo all’inizio del Novecento. Ed ecco che Hobo rinasce nel cuore del capitalismo cognitivo: la mobilità è il suo tratto costitutivo, la fabbrica è quella dei saperi. Hobo non si vuole piegare, costruisce linee di fuga, produce in comune le proprie forme di vita. Hobo non ha carta di identità perché ha tanti volti ed è sempre giovane. Hobo è studentessa e precario, disoccupato e attivissima, povera di potere e ricco di potenza. Hobo è lavoratore di #IkeaInLotta e militante di Occupy, insorge in Tunisia ed Egitto e resiste alle politiche di austerity in Grecia. Hobo rifiuta la guerra perché vive di lotta. Hobo è No Tav e per la riappropriazione del reddito, perché la crisi e il debito non li vuole pagare e si organizza per farli pagare a chi li ha imposti.
Hobo infatti non è inorganizzabile: è così solo per i partiti
che cercano di rappresentarlo. Hobo è sprezzantemente estraneo alle elezioni perché è ingovernabile ed è troppo impegnato a organizzarsi con i molti. Hobo non ha nostalgia dell’università pubblica, perché sta costruendo la propria università e le proprie istituzioni autonome. Hobo non si fa catturare dalle discipline accademiche, perché pratica l’inchiesta militante e la conricerca. Hobo coopera con il compagno Dracula, morde i baroni e ha sete di vita. Dopo che anche i papi hanno abdicato, proclama che ogni re-ttore può perdere la testa. Hobo non ha Patria e non ha Dio(nigi): meglio Donatella. Hobo odia la puzza di morte del feudalesimo aziendale perché è il sapere vivo.
Oggi Hobo si è ripreso una piccola parte di ciò che le appartiene e ha aperto un laboratorio dei saperi comuni. La riempirà di iniziative di autoformazione e discussione, di socialità e reti di comunicazione, di libera circolazione delle conoscenze e delle lotte. La riempirà di autonomia, gioia e cooperazione. Hobo è uno spazio aperto e costituente, è singolare e collettivo, è fuga e dentro e contro. Hobo è uno stile della militanza. Ecco perché Hobo è nomade: perché non ci prenderete mai.
Vieni a trovare Hobo, divieni anche tu Hobo nel Laboratorio dei Saperi Comuni Giardini di Via Filiipo Re
H. 12.30: Conferenza stampa H. 16.30: Assemblea aperta
Prossimi appuntamenti…
mart 19
– h12.30 Conferenza stampa; – h16.30 Assemblea di presentazione
merc 20 – h17.00: Commonware, percorso di autoformazione: Stili della militanza. Dal movimento operaio a Occupy,
1° incontro con Sandro Mezzadra e Adelino Zanini.
giov 21 – h16.30: Pomeriggio di comuncazione No Tav in
prepaparazione della presentazione A sarà düra! (zamboni 38 h18)
ven 22 – h18.00: Dentro e contro l’università della crisi:
riapriamo il dibattito.
sab 23 – h15.00:
Verso lo sciopero del settore merci e logistica: assemblea con studenti precari e lavoratori in lotta.
dom 24 – h17.00:
Politica e soggettività femminili: l’attualità di Carla Lonzi con Vincenza Perilli e Giovanna Zapperi.
lun 25 – h19.00: Vota Django.
mart 26 – h18.00:
Avete pagato caro non avete pagato tutto.
Presentazione di Rosso (DeriveApprodi 2007), con Valerio Guzzardi e Tommaso De Lorenzis.
merc 27 – h18.00:
Presentazione di Diritto del comune (ombre corte 2012) sarà presente il curatore Sandro Chignola.
giov 28 – h18.00:
Sì, sono paranoico: ma lo sono abbastanza?
Controllo, dipendenza, spettacolo, tennis, televisione e altre cose più o meno divertenti secondo David Foster Wallace, a cura di Girolamo De Michele.
ven 1 – h18.00:
Dégagé. Insorgenze e controrivoluzione in Egitto e Tunisa, con Paolo Gerbaudo e Fulvio Massarelli

La sanità non si vende. Si difende!

Se il diritto alla salute diventa terreno di speculazione e pareggio di bilancio, se le cure non sono organizzate in presidi territoriali ma gestite da aziende e se i cittadini divengono capri espiatori a cui addossare responsabilità e debiti, vuol dire che un cambiamento, profondo e radicale, si sta compiendo.

Oggi, a Roma sono sotto attacco moltissimi ospedali; oggi questo territorio è già stato martorizzato dalla Presidente uscente della Regione con una serie di tagli che, in tutto il Lazio, ha ridotto drasticamente le garazie delle cure.Tutti i territori della metropoli romana sono alle prese con questa realtà; anche nel nostro territorio, l’ospedale che storicamente è parte di un tessuto sociale, il CTO, rischia la chiusura.

Per noi rappresenta qualcosa di più di una struttura sanitaria, con camici bianchi, lastre e odore di medicinali; per noi rappresenta il primo punto di riferimento per gli infortuni della squadra di rugby e i numerosi danni che si producono coscientemente per la scelta di uno sport bello con qualche controindicazione; rappresenta le visite fatte ad un nostro compagno accoltellato dai fascisti dopo un’iniziativa per Renato Biagetti; rappresenta le cure per le emergenze che nella vita ogni tanto si è costretti ad affrontare.

Ma anche qualcos’altro viene rappresentato tra le mura di quell’ospedale: oggi infatti lì c’è un limite su cui vogliamo stare e proponiamo di difendere con un’alleanza sociale vasta. Oltre quello c’è la definitiva scelta di calpestare diritti che, la nostra società, è riuscita a garantire in una trasformazione lunga più di mezzo secolo.
C’è la povertà sociale che trasforma la nostra generazione nella prima in cui saremo più poveri dei nostri genitori. E non solo perchè il lavoro, le capacità di costruire garanzie e futuro sono totalmente precarizzate, ma perchè stiamo assistendo alla privazione delle ricchezze condivise, quelle rappresentate dai servizi pubblici e dai beni comuni.

Non c’è nessuna retorica in questo ma la lucida consapevolezza che si sta cucinando una ricetta in cui privatizzazione, speculazione e profitto sono ingredienti fondamentali. Da domani se non ci sarà più un ospedale non sarà un trattato di politica economica ma una ferita aperta nella vita di tutti/e noi.

Per questo il CTO, e la battaglia per la sanità pubblica, rappresenta una barricata da cui non scendere e si tarforma il un trampolino per saltare verso qualcosa di diverso e nuovo. Perchè la difesa prevede che ci sia un domani da difendere e noi vogliamo che sia profondamente diverso, capace di far vivere gli anticorpi di una deriva che specula sulle nostre vite e devasta il nostro presente.

La sanità non si vende. Si difende!

“Strategie contro l’austerity: reddito di base e incondizionato per tutti” Video-intervista a Guy Standing

Pubblichiamo una video-intervista a Guy Standing membro fondatore e co-presidente del Basic Income Earth Network (Bien), autore del libro“The Precariat. The new Dangerous Class“. L’intervento  è stato realizzato nell’ambito dell’iniziativa organizzata dal C.s.o.a. Officina99 & dal Lab.Occ. SKa a Napoli presso l’Istituto Universitario Orientale.

 

 

 

 

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Morire per un pantalone rosa. A 15 anni. Nel 2012. Italia

Si chiamava Andrea, ma i compagni, per offenderlo, lo chiamavano il “ragazzo dai vestiti rosa”.

Andrea è morto. Si è ucciso.

Non ce l’ha fatta più a sopportare quegli insulti che lo perseguitavano da troppo tempo. I compagni lo denigravano da quando si era iscritto al liceo Cavour, in una zona centrale della capitale. Un tormento quasi quotidiano. A scuola.

Ma anche sul web: avevano persino creato una pagina facebook, in cui lo prendevano continuamente in giro per i suoi modi di fare e anche per l’abbigliamento, per il suo colore preferito, il rosa. Quella pagina era là, visibile a tutti, da tempo.

E questo Andrea lo sapeva bene, forse si era anche rassegnato. E la settimana scorsa, giovedí 22 novembre, quando si è presentato a scuola con lo smalto alle unghie, lo hanno deriso ancora e apostrofato “frocio”, “ricchione”. E dopo che una professoressa lo aveva ripreso per lo smalto, dicendogli che “non era il caso”, è tornato a casa e si è impiccato con la sua sciarpa poco dopo le 17. A 15 anni.

Il fatto che parenti e compagni, dopo la sua morte, neghino a tutti i costi che Andrea potesse essere omosessuale ritenendo la cosa una diffamazione, fa capire il clima di intolleranza in cui viveva il ragazzo. Quel che è certo e che Andrea voleva solo essere se stesso. Voleva essere semplicemente Andrea, un ragazzo con i pantaloni rosa.

Siamo tutte antifascisti!

SABATO 24 NOVEMBRE

MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA ORE 14:30 PIAZZA DELL’ESQUILINO.

La grande mobilitazione di questa settimana che ha messo in rete tantissime realtà antifasciste anche molto diverse fra loro, ha ottenuto che non venisse consentito ai fascisti di sfilare per le strade del centro di Roma, dove dalla mattina si svolgeranno le mobilitazioni degli studenti e di tutto il mondo della scuola e della conoscenza. Casapound decide infatti di spostare il suo corteo nazionale contro l’austerity nel quartiere più alto borghese di Roma! E lì, nelle vie dello struscio della Roma bene, loro ambiente naturale, terranno la “grande marcia nazionale” contro il governo Monti, tra SUV e localetti alla moda.

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Come antifascisti e antifasciste manifesteremo comunque sabato 24 a partire dalle ore 14:30 a Piazza dell’Esquilino per ribadire ancora una volta che i fascisti non hanno nessuna legittimità a sfilare e per dire che è una vergogna che il Comune di Roma, che taglia sui servizi sociali e ha un deficit di cui nessuno conosce l’entità, stanzi quasi 12 milioni di euro per regalare lo stabile di via Napoleone III agli squadristi: contro l’austerity vogliamo chiudere Casapound e tutte le sedi neonaziste, sostenute e foraggiate dalla giunta Alemanno con patrocini, fondi e posti di lavoro!Saremo noi gli antifascisti a riprenderci le piazze e le strade del centro di Roma dove avrebbero voluto sfilare i fascisti “del terzo millennio”, riprendendocele fin dalla mattina al fianco delle scuole e dei giovani precari e precarie in movimento: a loro lasciamo la riserva indiana della Roma per bene.Appuntamento ore 14:30 piazza dell’Esquilino

Gli antifascisti e le antifasciste romani

| MANARA IN OCCUPAZIONE |

Oggi gli studenti del Liceo Classico Luciano Manara si sono riappropriati
della sede di via Basilio Bricci 4.
Dopo un percorso di mobilitazione cominciato all’inizio dell’anno scolastico
che ha portato gli studenti della nostra scuola a scendere in piazza, a creare
all’interno della propria scuola un “conflitto” costruttivo e un
approfondimento sul rapporto tra austerity e scuola, abbiamo scelto la forma di
mobilitazione più estrema.
All’ interno di questo contenitore, quello dell’ occupazione, abbiamo
individuato alcuni concetti chiave. La nostra mobilitazione sarà di:
–       OCCUPAZIONE: intesa come invasione del luogo pubblico per bloccarne il
funzionamento ordinario e la didattica frontale
–       DENUNCIA: il blocco del servizio pubblico ci serve come denuncia della
situazione in cui versa la scuola pubblica
–       RIAPPROPRIAZIONE: con l’occupazione intendiamo riappropriarci di un luogo
che lentamente presidi e governi ci stanno levando, sottraendoci spazi di
espressione e possibilità di confronto
–       LIBERAZIONE: poiché bloccando un sistema, una pressione fiscale eccessiva,
un ragionamento, una politica di gestione sbagliata di uno spazio, non facciamo
altro che liberare quello spazio da questa logica di gestione e quindi dal
meccanismo che non gli permette di funzionare

Ci mobilitiamo contro la gestione della scuola di questo GOVERNO TECNICO,
contro il suo DDL 953 (ex Aprea) che dietro al fantoccio dell’autonomia
nasconde il tentativo di gettare la scuola pubblica nella mani dei privati e di
eliminare gradualmente questo sassolino nella scarpa che sono i rappresentanti
d’istituto delle componenti scolastiche.
Ma non ci fermeremo a questo:
La nostra mobilitazione sarà ampia e a 360° gradi perché crediamo che sia
terminata l’epoca delle proteste contro una legge, un ddl, una riforma.
Crediamo invece che adesso il fondamentale compito delle realtà sociali, delle
reti di mobilitazione, delle assemblee cittadine degli studenti sia di
fronteggiare un modo di concepire il SERVIZIO PUBBLICO, un modo di concepire l’
ECONOMIA e la FINANZA, un modo di reagire alla CRISI. Logica che è raccolta
sotto il nome di AUSTERITY:
L’Austerity intesa come pressione fiscale eccessiva sulla società, come
Precarietà della formazione (studenti), che ci tocca ora, del lavoro, che ci
toccherà appena terminato il liceo, e più in generale della vita, come
restringimento delle possibilità di scalata sociale.
Daremo vita ad un’altra scuola fatta di autogestione degli spazi ed
espressione di tutti, un grande contenitore politico indipendente e aut
organizzato.
Ci mobilitiamo anche per denunciare il tentativo di accorpamento che la nostra
scuola sta subendo, scuola che è storicamente un punto di riferimento per il
quartiere e per il territorio come polo culturale e sociale.
CI PROMETTONO AUTONOMIA, CI DANNO SCHIAVITU’!
Vogliamo invitare poi tutti i docenti, tutte le componenti scolastiche ad
unirsi a noi in questa mobilitazione proponendo le loro idee, i loro corsi, la
loro visione e il loro approfondimento.

CONTRO LA SCUOLA DELLA CRISI, COSTRUIAMO LA SCUOLA DELLE LOTTE!
MANARA IN OCCUPAZIONE

Ma l’amor mio non muore, mai!


Lo avevamo immaginato e sentito nella densità della partecipazione alla giornata studentesca del 5 ottobre scorso e del resto tutte le condizioni sociali nel nostro piccolo paese sono ormai auto evidenti, nella crisi della rappresentanza e del suo dispiegamento nelle politiche di austerity, c’è una nuova generazione disponibile al conflitto, pronta a connettersi con le piazze europee che hanno assunto seppur con gradi di intensità distinti il piano politico comune del conflitto sociale esteso come orizzonte e prospettiva.

Noi ci avevamo scommesso e siamo certi di aver inteso bene. Il 14N è stato sopra ogni cosa il primo e riuscito sciopero sociale contro l’austerity  a carattere europeo, oltre che una giornata di grande partecipazione massiva e dislocata sui territori di molte città della penisola. Sciopero sociale che ormai ha reso evidente a tutti la subalternità dell’opzione sindacale ai movimenti e che le forme del conflitto sociale come blocco della produzione nella sua circolazione di merci, servizi, persone, il blocco dei flussi che reggono l’economia delle metropoli postfordiste, siano  le forme del vero conflitto che oggi sono le uniche in grado di paralizzare il paese ben oltre l’astensione tradizione dal lavoro formalmente riconosciuto. Ci indica che nella pratica della risignificazione e riappropriazione dello sciopero emerge una soggettività di cui parliamo ricorrentemente da alcuni anni, che c’è una nuova composizione sociale tra il mondo della formazione e la giungla della precarietà, tra la disoccupazione di massa e il lavoro nero, che comincia a prendere forma, la composizione sociale precaria, la base sociale per un’opzione politica del nuovo precariato sociale e metropolitano.

Una ricomposizione intergenerazionale potente, che sa districarsi dalle suggestioni tribali del neofascismo che si insinua nelle tensioni sociali, tenendo alla larga gli squadristi-crumiri quando tentano l’assalto alle scuole o provano a entrare nei cortei. Una classe pericolosa pronta e disponibile a costruire il proprio futuro come programma politico.
Torneremo in piazza presto annunciano gli studenti che hanno nel mentre moltiplicato le occupazioni delle scuole, assemblee, collettivi e spazi riappropriati. Abbiamo occupato insieme a loro e ai movimenti per l’acqua pubblica il Cinema America a Trastevere il giorno prima per dare senso al giorno dopo e siamo ancora qui più incazzati di prima nell’aver visto la brutalità della polizia alla quale la prossima volta solo l’autonomia e l’indipendenza delle lotte sapranno resistervi un minuto più di loro. Dovranno essere le lotte indipendenti a raccogliere le rivendicazioni di più diritti, reddito, spazi, welfare dal basso che in ogni dove sono risuonati, da Palermo, Madrid e Barcellona, da Napoli a Parigi come indicazioni costituenti, sarà solo la cooperazione indipendente tra le lotte che potrà rendere possibile incarnarle nelle pratiche della riappropriazione. E da li i movimenti avranno l’opportunità di non tornare più a casa e liberare finalmente il campo.

C’è da ricercare un ambito di organizzazione delle lotte, bisogna intuire le mosse dell’avversario che per mezzi e rapporti di forza spesso prevale. Ma si sbaglia e si va avanti, non è questo il problema, serve più astuzia nel confronto con lo Stato e servono pratiche nuove, se possibile diffuse, in ogni caso gli strumenti rimangono sempre attrezzi, il punto che rimane è sempre politico, dobbiamo ricercare quello che serve non ciò che è necessariamente dovuto. Si può fare meglio tutto, ma va bene anche così, si casca e da terra ci si rialza, a volte serve più creatività e tempestività, a volte è meglio coglierli di sorpresa e non andare dove loro ci aspettano, ma anche questo lo avevamo già intuito. Andiamo avanti guardando alle prossime mobilitazioni perché l’unico protagonismo che riconosciamo è quello delle lotte, la strada è ancora lunga ma non abbiamo il fiato corto, abbiamo imparato a stare anche in apnea se necessario e in ogni caso nessun rimorso.

Oltre la scarcerazione che salutiamo con gioia chiediamo l’immediato ritiro delle misure cautelari ai ragazzi e ragazze, compagne e compagni privati della loro piena libertà.

Nodo redazionale indipendente