Assemblea cittadina per lo spezzone della cultura indipendente il 19 Ottobre

4 OTTOBRE 2013 ORE 19.00
CINE TEATRO VOLTURNO OCCUPATO
ASSEMBLEA PER CREARE UNO SPEZZONE PERFORMATIVO DELLA CULTURA
INDIPENDENTE ALL INTERNO DEL CORTEO DEL 19 OTTOBRE

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ELABORIAMO INSIEME LA PARTECIPAZIONE A QUESTA SETTIMANA DI MOBILITAZIONI CON IL NOSTRO METODO DI LOTTA..LA CULTURA INDIPENDENTE E RESISTENTE…

L’APPELLO è RIVOLTO A TUTTE QUELLE PERSONE CHE HANNO VOGLIA DI MANIFESTARE IL LORO DISSENSO ATTRAVERSO LE PRATICHE QUOTIDIANE DELLA PROPRIA ARTE; A CHI HA FATTO O DECIDE DI FARE DELLA PROPRIA ARTE UN MEZZO DI LOTTA PER COMUNICARE IN UNA FORMA DIRETTA E ISTANTANEA LA CONTESTAZIONE CONTRO LO STATO DI CRISI CHE OGNI GIORNO CI INVESTE E LE DEVASTAZIONI TERRITORIALI CHE PROLIFERANO ATTORNO A NOI, PORTANDOSI DIETRO LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE E LA SPECULAZIONE ECONOMICA.
| IL COLLETTIVO DEL TEATRO DE MERODE E DEL CINE TEATRO VOLTURNO OCCUPATO |
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DI SEGUITO INFO SULLA SETTIMANA DI MOBILITAZIONI DEL 12-19 OTTOBRE….

Ogni giorno, migliaia di persone lottano in questo paese: per arrivare a fine mese, difendere il diritto ad un tetto, affermare la propria dignità, difendere territori e beni comuni da devastazioni e saccheggi. Si tratta, il più delle volte, di percorsi separati che non riescono a tradursi in un discorso generale. Intendiamo rovesciare l’isolamento delle singole lotte e la precarietà delle nostre esistenze, per dare vita a una giornata di lotta che rilanci un autunno di conflitto nel nostro paese, contro l’austerity e la precarietà impostaci dall’alto da una governance europea e mondiale sempre più asservita agli interessi feroci della finanza, delle banche, dei potenti.
Il 19 ottobre vogliamo dare vita ad una sollevazione generale.
Una giornata di lotta aperta, che si generalizzi incrociando i percorsi, mettendo fianco a fianco giovani precari ed esodati, sfrattati, occupanti, senza casa, migranti, studenti e rifugiati, no tav e cassintegrati, chiunque si batte per affermare i propri diritti e per la difesa dei territori. Uniti contro le prospettive di impoverimento e sfruttamento imbastite dalla troika e dall’obbedienza di un governo che, tra decreti del “Fare” e “Service Tax”, favorisce i ricchi per togliere ancora di più ai poveri: barattando l’Imu con nuovi tagli alla spesa ed una nuova aggressione al diritto alla casa e all’abitare; favorendo la speculazione edilizia, il consumo di suolo e i processi di valorizzazione utili alla rendita, mentre vi sono centinaia di migliaia di case sfitte; delegando i servizi e il welfare ad una governance locale che, per far quadrare i conti aumenterà le tasse e produrrà ancora tagli e privatizzazioni. Tutto questo mentre preparano una nuova guerra “umanitaria” dalle conseguenze incalcolabili.
Contro questo orizzonte di miseria, intendiamo costruire una grande manifestazione che ponga con forza la questione del reddito e del diritto all’abitare, per questo vogliamo l’immediato blocco degli sfratti, il recupero del patrimonio pubblico e la tutela della ricchezza collettiva e comune, anche per combattere la precarietà e la precarizzazione generale delle condizioni di vita e del lavoro che ci stanno sempre più imponendo.
La manifestazione del 19 ottobre giungerà al culmine di una settimana di mobilitazioni, dentro e fuori il paese: il 12 ottobre, con  una giornata di lotta a difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuse per il diritto all’abitare; il 15, con azione dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 con una manifestazione congiunta dei sindacati di base  e conflittuali.
Vogliamo rovesciare il ricatto della precarietà e dell’austerity in processo di riappropriazione collettiva. Per rilanciare un movimento che affermi l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!

Dall’assemblea alla Sapienza assediamo l’austerity!

Sabato 28 settembre alla La Sapienza si è svolta la prima assemblea nazionale in avvicinamento alla sollevazione generale del 19 Ottobre. L’aula 1 della facoltà di lettere ha ospitato più di trecento persone che hanno ascoltato e sono intervenute nel merito non solo della giornata di mobilitazione chiamata dall’Assemblea “Dalla valle alla metropoli” ma di tutto l’autunno e oltre.

Gli interventi iniziali sono stati quelli delle lotte sociali che hanno animato questo paese in questi ultimi anni a partire da Abitare nella crisi che ha lanciato per la prima volta la data di mobilitazione del 19 Ottobre. I movimenti per il diritto all’abitare hanno ribadito la necessità di una sollevazione generale in questo paese di fronte a una crisi economica e politica che viene utilizzata come alibi per proseguire con la cancellazione di ogni intervento pubblico, con la privatizzazione del patrimonio e di interi pezzi di città a vantaggio della rendita. L’unica risposta credibile alle migliaia di sfratti per morosità è la riappropriazione collettiva dell’enorme numero di case sfitte. L’assedio permanente dei movimenti al ministero dell’economia e delle infrastrutture, quindi,  porta con se anche la rivendicazione – irrinuciabile – del blocco generalizzato degli sfratti e degli sgomberi, di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica, della requisizione del patrimonio inutilizzato e sfitto.Anche la questione delle risorse è centrale: miliardi di euro vengono destinati a grandi opere e grandi eventi, alle banche e ai signori del cemento, mentre poche briciole vengono riservate a strumenti di tutela sempre più inutili e comunque sempre premiali verso le grandi proprietà immobiliari o le consorterie delle cooperative di costruzione.
Anche i No Muos hanno partecipato all’assemblea di ieri ricordando che contemporaneamente si stava svolgendo a Palermo la prima manifestazione nazionale contro il Muos. Infatti in Sicilia è già partito l’assedio ai palazzi, migliaia di persone hanno partecipato alla sollevazione generale contro la regione Sicilia, Crocetta e tutti i responsabili delle speculazioni sul territorio e sulla vita delle persone che lo abitano.
A seguire, il movimento No Tav, ha espresso l’importanza di scendere in piazza il 19 perchè le mobilitazioni contro il Tav tanto quelle contro l’austerity coincidono e se la valle ha avuto la capacità di far sentire la propria protesta come una causa di tutti, durante questo autunno è necessario che la piazza del 19 sia considerata la piazza dei no Tav, come degli studenti, come dei precari, dei no muos dei facchini della logistica e di tutti coloro che rifiutano questa austerity.
Il movimento no Tav rappresenta una delle più importanti espressioni di resistenza nel nostro paese agli attacchi di una classe politica impunita che ogni giorno affama e devasta i nostri territori. In questi giorni sta subendo dei duri attacchi mediatici nel tentativo di impaurire il movimento e di depotenziare le giornate autunnali.
L’unico terrorista è esclusivamente chi per i propri interessi impone la costruzione di grandi opere nocive per il territorio togliendo alle scuole, agli ospedali, alle case popolari quei soldi che andranno direttamente a finire nelle tasche delle ditte edili e di tutti coloro che trarranno profitto da un’opera inutile come il Tav. D’altronde la manifestazione indetta per il prossimo 19 ottobre ribadisce che l’unica grande opera che ci interessa e casa è reddito per tutt*!
Quello stesso reddito che viene sottratto ai precari, agli studenti e a tutto il soggetto giovanile che forse sconta più di tutti le conseguenze di questi anni di ristrutturazione di un modello economico, quello capitalista, e di un regime politico, quello democratico liberale. Quegli stessi giovani che ieri sono stati particolarmente presenti all’interno dell’assemblea: gli studenti de La Sapienza, di Napoli, di Bologna e tutti gli studenti che in questi ultimi anni hanno dato vita all’occupazione in tutta Italia di decine di studentati parteciperanno alla giornata del 19 cominciando già dalle prossime settimane la mobilitazione all’interno degli Atenei, ed assumendo la giornata del 15 Ottobre come data di avvicinamento da praticare in vari modi all’interno e ai margini dell’università. Difatti nonostante i tagli già imposti nel passato quest’anno ulteriori tagli alla ricerca sono stati prodotti per destinarli a nuovi armamenti a causa di possibili scenari di guerra. Allo stesso modo la tassa sugli affitti, la Service Tax, va a ricadere ancora sugli studenti che per motivi economici non si iscrivono più all’università provocando un calo delle iscrizioni vertiginoso. Anche gli studenti delle scuole superiori hanno ribadito la loro partecipazione al 19 ricordando che il loro assedio all’austerità inizierà già dal 4 Ottobre, giornata in cui tutte le scuole nelle varie città del paese scenderanno in piazza per riappropriarsi delle strade e per prendere parola contro la corrotta casta di politici e banchieri.
Interessante anche il contributo della lotta dei lavoratori della logistica che hanno dimostrato la capacità di restituire alla lotta nei posti di lavoro una dignità nuova che racconta non solo di rivendicazioni e vertenze ottenute grazie all’unità dei facchini ma ad una solidarietà reale che oltrepassa i confini del singolo magazzino e della città ma parla a tutti i lavoratori e a tutti i settori in in mobilitazione. Il 27 infatti gli stessi facchini hanno appoggiato i picchetti alla fiat di Pomigliano e hanno partecipato alla manifestazione che si è svolta sempre nella giornata di ieri a Napoli.
Non per ultimi i rifugiati che parteciperanno alla costruzione del 19, attraverso il loro intervento, hanno sottolineato l’importanza della mobilitazione del 19 per tutti i migranti che a causa dei conflitti armati sono costretti ad andare via dalla loro terra e a cui anche nei territori di arrivo non vengono garantiti quei diritti che troppo spesso gli sono stati negati nei paesi dai quali provengono. Stanchi di essere invisibili hanno deciso anche loro di scendere in piazza ed alzare la testa.
I sindacati di base, invece saranno presenti già dal giorno prima in piazza con l’indizione di uno sciopero generale e di una manifestazione che terminerà proprio a piazza San Giovanni da dove partirà la manifestazione del 19 alle ore 14.30. I sindacati hanno invitato i lavoratori ad assediare la piazza fino al giorno dopo partecipando ad entrambe le giornate di mobilitazione e di lotta comune.

L’assemblea ha visto la partecipazione di tante realtà nazionali e soprattutto di tante lotte sociali che porteranno nella piazza del 19 una molteplicità di specificità, consapevoli del fatto che c’è un’unica origine ai problemi che viviamo e risiede nei palazzi che il 19 andremo ad assediare. Siamo consapevoli che il 19 Ottobre non sarà la fine, ma certamente neppure l’inizio di questo lungo autunno di lotte. Attraverseremo infatti la giornata del 4 Ottobre, al fianco degli studenti medi di tutta Italia che in questa giornata scenderanno in piazza. Passeremo poi per le mobilitazioni diffuse del 12 Ottobre in difesa dei territori e dei beni comuni. Daremo poi vita con gli studenti universitari ed ai giovani della maggior parte delle città italiane ad un 15 Ottobre di lotta in connessione con le realtà transnazionali. Insieme poi ci ritroveremo in piazza, quella del 19 sarà una piazza che non accetterà mediazioni sulle proprie vite che non accetterà altre bugie e nuovi governi pronti a gestire la perenne emergenza. Vogliamo praticare una rottura manifesta con questo sistema economico, con questa classe politica, con questo governo. Vogliamo assediare i palazzi del potere per esprimere questo rifiuto e tornare nei nostri territori per dargli continuità. L’assemblea del 28 non ha voluto mettere d’accordo tutti, ha individuato i responsabili di questo stato di cose, ha individuato ciò che deve essere allontanato per permetterci la costruzione di un presente ed un futuro radicalmente diversi e migliori. E allora buona costruzione di un autunno di lotta verso il 19 e oltre a tutti, ci vediamo nelle strade!

Reddito garantito e contropotere nella crisi – Dibattito nel movimento

 

Il 2013 è giunto al suo autunno, il sesto anno da quando formalmente è dato l’inizio della crisi economica che attraversa il sistema finanziario e le politiche economiche dell’occidente euro-atlantico, che ha travolto regimi trentennali e ridefinito le geografie della ricchezza globale. In Italia questa crisi, nella sua materializzazione come crisi di produttività e dei consumi si è sovrapposta, radicalizzandolo, ad un processo di frammentazione del mercato del lavoro che ha assunto ormai caratteristiche strutturali. La traduzione, ormai sotto gli occhi di tutti è dequalificazione, disoccupazione generalizzata, marginalizzazione, impoverimento. Il ruolo storico del sindacato viene sfibrato dalla progressiva scomparsa di un soggetto stabile non solo contrattualmente, ma nella sua disponibilità alla conflittualità a tutto tondo nell’ambito dei diritti sociali: da parte loro, le organizzazioni sindacali hanno ratificato questa condizione candidandosi a gestire le briciole del sistema degli ammortizzatori sociali con insostenibile arrendevolezza.

I movimenti sociali sono dunque chiamati a riprendere l’iniziativa dentro il quadro di una  rappresentanza svuotata di valore formale al di là del basso compito di gestire poche e maldistribuite risorse secondo le indicazioni della Troijka e del mercato. A noi spetta far emergere rivendicazioni e strumenti per l’esplosione di quelle soggettività ancora in divenire, apparentemente ancora in bilico tra tensione conflittuale e regressione conservatrice. Partiamo da un’articolazione di lungo periodo, per quanto discontinua, della rivendicazione di reddito garantito come leva di energie liberatrici verso un nuovo modo di intendere i rapporti tra le persone e il loro tempo di vita, nel pieno riconoscimento della loro capacità di autodeterminazione contro il ricatto della precarietà e l’apologia restauratrice del lavoro, anche quando nocivo, dequalificato, malpagato.

Ripartiamo da qui:

 

Conflitti metropolitani contro la precarietà. Reddito, riappropriazione, futuro!

Verso ed oltre l’autunno>Venerdì 11 Ottobre Roma ore 17,30

 

L’egemonia del biopotere finanziario non ha perimetri formali, né spaziali né temporali è dentro ogni sfera produttiva e riproduttiva della vita, dei territori del welfare dei beni comuni, ormai è strutturalmente legata a doppio filo alle forme dell’odierna valorizzazione capitalistica. Accumulazione e valorizzazione che possiedono come solido prerequisito quello della precarizzazione della forza lavoro e del controllo politico sulla nuova composizione sociale, controllo sui corpi, sulle aspettative, affetti, sui bisogni e sulla loro autodeterminazione. Controllo politico sulla produzione e riproduzione di soggettività, delle forme di vita incarnate nella precarietà in un processo strutturale di impoverimento complessivo del paese e delle condizione reali di milioni di persone, nel loro progressivo indebitamento.

Qui comincia lo scollamento, la divaricazione tra la crisi economica e la crisi della rappresentanza politica, tra la costituzione formale e quella materiale, dentro il controllo politico della moneta, della sua emissione e circolazione e nel controllo sociale delle soggettività precarie e indebitate sulla cui produzione di ricchezza comune si basa il fondamento dell’espropriazione sistematicamente orchestrata dalla rendita finanziaria.

Le decennali trasformazioni nella produzione e nel lavoro, l’impatto epocale delle tecnologie sul processo di accumulazione, l’aumento esponenziale del lavoro autonomo escluso da qualsiasi protezione sociale sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. La crisi ha accentuato le dinamiche di “frammentazione del lavoro”, della sua forma giuridica come individualizzazione dei  rapporti di lavoro – si pensi alla “balcanizzazione contrattuale” presente nella normativa italiana – ma anche delle conseguenti e molteplici narrazioni soggettive, la cui linearità risulta infatti frantumata, apparentemente non ricomponibile. Ma la crisi ha agito anche come un dispositivo di “livellamento verso il basso”, (facendo regredire le garanzie sociali e i diritti acquisiti nel novecento), seppur con un intensità diversificata e stratificata, rendendo la precarietà una condizione sociale generalizzata. I processi di precarizzazione coinvolgono anche chi vive una situazione lavorativa stabile e garantita, comunque incerta in quanto potenzialmente instabile a seguito di un processo di ristrutturazione, delocalizzazione o anche chiusura delle attività produttive. Indicativi in questo senso sono i dati che indicano la durata media dei contratti a tempi indeterminato (2 anni) e l’aumento dei working poor, lavoratori che seppur in condizioni stabili a livello contrattuale, vivono intrappolati nella povertà ed in situazioni di vulnerabilità economica a causa dei bassi salari, scarsa qualità del lavoro e frequenti discontinuità.

In un mercato del lavoro completamente precarizzato il governo dei comportamenti si esercita attraverso la costante insicurezza. Le forme della frammentazione e della scomposizione del lavoro producono conseguenze sulle soggettività precarizzate nella capacità di riconquistare tempo di vita, tempo liberato. Il tempo diviene la vera moneta della contemporaneità. Intrappolati in un eterno presente in questo orizzonte temporale compresso, bisogna ri-significare e ri-modulare continuamente i progetti di vita.

Lo andiamo sostenendo da anni e solo la peggior retorica della sinistra politica e sindacale continua a difendere l’incondizionato e generico sussulto per il lavoro, l’occupazione ad ogni costo con conseguenze ambientali e sociali devastanti, invocazioni retoriche e senza strategia di fantomatici piani industriali, vecchi e datati, dando sempre più forza al ricatto che lega il diritto al reddito, al lavoro precario, al suo salario impoverito, e alle sue molteplici nocività, alle inutili grandi opere come il TAV.

Nella crisi delle forme della rappresentanza sociale e politica il nuovo ruolo che si è dato il  sindacato, esaurita consapevolmente da decenni la mission della difesa dei diritti, si caratterizza sempre più esclusivamente nella concertazione e co-gestione degli ammortizzatori sociali ordinari ed in deroga (ormai diventati la norma), una vera e propria filiera di burocrazie di servizio (sindacati, agenzie tecniche della PA, enti formativi) utilizzate dalla governance per organizzare e gestire le politiche di welfare to work nel nostro paese. Un welfare condizionale iniquo ed arretrato che crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori dove dietro la retorica dell’attivazione si nascondono tecniche di controllo, monitoring individuale e gestione dei conflitti, non sono altro che parcheggi temporali in cicli formativi inutili che danno a loro volta lavoro a migliaia di precari della pubblica amministrazione. In questo quadro di concertazione e dipendenza alle imprese si inserisce la recente sigla de  Patto per il lavoro sottoscritto da Confindustria e sindacati confederali all’interno della festa nazionale del PD di Genova. Un segnale chiaro di appoggio incondizionato al governo delle “basse intese”, una risposta forte e chiara che si inerisce nella traccia dell’autunno di ri-conciliazione.

Questo poi a sostegno dell’altrettanto generica e strabica difesa della costituzione. Una “narrazione tossica”  che prova a distogliere l’attenzione sui reali problemi che stiamo attraversando e sulla necessità della rottura che dovremmo costruire. L’operazione politica riesce a mettere insieme tutto ciò che caratterizza la peggiore sinistra, quella che rivendica insieme il primo articolo costituzionale svuotato ormai di ogni suo significato del retorico diritto al lavoro, a quello del pareggio in bilancio appunto ormai costituzionalmente sancito sotto il dettame della commissione europea, nella piena dittatura dei mercati e della Troijka. Il lavoro non è un bene comune e le generazioni precarie lo hanno capito da tempo vivendo in uno stato di ricatto permanente da alcuni decenni, ma esemplare in questo quadro è la recente sentenza della Consulta sul caso dell’Ilva di Taranto. La Corte Costituzionale ha stabilito l’equivalenza tra diritto al lavoro e diritto alla salute esaminando le questioni di legittimità costituzionale sollevate dagli uffici giudiziari di Taranto, in riferimento alla legge 231/2012, per intendersi quella volgarmente definita come “salva Ilva. Sull’altare della retorica del diritto al lavoro ad ogni costo e con ogni mezzo necessario sono stai sacrificati l’ambiente, il territorio, la salute. E noi dovremmo difendere  principi costituzionali vuoti e arretrati che vengano utilizzati strumentalmente per imporre delle scelte economiche che attentano alla nostra vita? 

La condizione precaria in prima istanza è legata ai diversi dispositivi di assoggettamento e controllo sociale della società neoliberista contemporanea. Questo è il punto. Non solamente una questione di costi e risorse finanziarie quanto invece la precarizzazione e l’indebitamento divengono dispositivi politici di controllo sociale sul lavoro vivo – è sufficiente dare un veloce sguardo ad alcune statistiche come quella sulle tipologie contrattuali utilizzate: il tempo determinato (il più usato tra quelli a termine) ha costi effettivi equivalenti a quelli del tempo indeterminato. La precarizzazione sociale è sostanzialmente un dispositivo di comando, di esercizio predatorio nei confronti di coloro che vivono il lavoro precario ma ovviamente anche ai suoi margini come il lavoro nero non proprio un dettaglio, il 40% della forza lavoro “disponibile” ma così detta inattiva, una cosetta come quindici milioni di persone. Così come l’Italia detiene il primato mondiale del sommerso sul PIL questo secondo autorevoli stime della misura neoliberista come l’Economist o rilevazioni campionarie (peraltro fatte dai precari) dell’Istat e non certo di sovversivi centri studi. Cosa che ovviamente incrociando le variabili fa raddoppiare i formali tassi di disoccupazione. Più che di mercato del lavoro dovremmo parlare di mercati del lavoro. E’ il caso di dire che dentro lo spazio politico europeo esiste una peculiarità tutta italiana che assume contorni effettivamente specifici e rilevanti. Questo avviene al cospetto di una progressiva mutazione del quadro politico formale al netto dell’ultima tornata elettorale e della nuova pelle che si è data la classe politica nel quadro dell’instabilità e di ingovernabilità formalmente gestita con l’opzione disperata che l’oligarchia nostrana ha trovato come sintesi e dittatura soft del governo targato larghe intese.

A fronte di un ciclo di crisi economica ultima dirompente, al sesto anno della sua evoluzione e dentro questo inedito quadro politico si dovrebbe fare un’approfondita riflessione sullo stato dell’arte delle lotte ma anche sulle relative occasioni di superamento e generalizzazione fallite, delle recenti reti metropolitane a carattere nazionale ed europeo. Andrebbe fatto un bilancio anche al netto dei percorsi intrapresi dai movimenti, reti e collettivi di precar*, lotte spesso settoriali e resistenziali eppure certamente legittime nella difesa alle estremità del diritto formale del lavoro di quel minimo “sindacale” che spesso nella giungla della precarietà rappresenta in ogni caso resistenza, rottura, delle volte anche solamente un sussulto di dignità, capacità anche sottili e parziali di rivalsa, vendetta precaria, come la pratica sempre attuale del cash & crash, vertenza e riappropriazione. Abbiamo alle spalle più di un decennio di esperienze, di lotte, mayday, azioni di riappropriazione, ma anche di autogestione di fabbriche occupate, organizzazione metropolitana di sportelli di lotta, punti di informazione e cospirazione precaria, reti sociali contro la precarietà che sotto la potenza immaginifica di san precario e santa insolvenza hanno affermato negli anni nell’evocazione e nelle lotte nuove ricombinazioni sociali, nuovi spazi mentali e materiali di ricomposizione, immaginari, allusioni e simbolismi potenti di virale diffusione tra le moltitudini precarie.

Abbiamo affermato e organizzato la rabbia precaria, non solo come estemporanea azione antagonista, ma come processo di soggettivazione autonoma ed indipendente dentro questa dimensione e protagonismo in alcune vertenze, nelle piazze e negli spazi politici di insorgenza dei movimenti sociali, nelle piazze degli studenti, del precariato metropolitano. Abbiamo animato rotture e barricate per affermare la condizione precaria nella sua egemonica centralità all’interno della nuova composizione sociale.

Di pari passo dentro la condizione precaria l’unica rivendicazione unificante che progressivamente ha assunto un’egemonia ricompositiva è stata la richiesta di reddito di autonomia, garantito, sociale, di esistenza.

Oggi in questo senso è cambiata la fase: dopo l’affermazione della condizione precaria nell’immaginario collettivo con l’aumentare della stretta sociale delle politiche di austerity, con il divenire mainstream della stessa rivendicazione di reddito, l’orizzonte si sposta necessariamente, cambiano le priorità. Certamente fin’ora non è stata sufficiente la densità, la capacità auto-riproduttiva, la continuità di movimento e di sedimentazione necessaria e l’esercizio di autocritica collettiva è sempre un sano e rigenerante meccanismo per i militanti e gli attivisti che si vogliono cimentare in campagne e battaglie adeguate. Quindi bisogna ripartire anche da alcuni fallimenti collettivi di reti e coalizioni sociali come ad esempio gli Stati generali della precarietà o la Rete dello sciopero precario, anche per cogliere comunque alcuni spunti di azione e intuizioni ancora validi per la contemporaneità dei movimenti e della loro agenda futura.
Crediamo oggi che il nostro compito sia quello di spostare l’asticella, l’orizzonte del conflitto, immaginare un processo di generalizzazione biopolitica delle lotte contro la precarietà e la disoccupazione di massa, di dare corpo alla potenza della soggettività precaria metropolitana anonima, queer e moltitudinaria, sprigionare energia e conflitto, nuova organizzazione e sedimentazione sui territori. Spazio e tempo della lotta, afferrare la possibilità, l’evento possibile che può rompere l’accerchiamento. E’ necessario costruire dal basso spazi di soggettivazione che mettano in discussione insieme e dentro reti sociali eterogenee, il modello di accumulazione e governo dei territori, la decisione politica basata sul ricatto del debito, pubblico e privato, nella torsione autoritaria della governance europea e del FMI che si dispiega dentro l’esercizio di comando della società indebitata, sulle nostre vite precarie. Dobbiamo costruire gli spazi politici necessari per rimettere in radicale e complessiva discussione le politiche economiche, energetiche, digitali per una diversa, altra cittadinanza e affermazione di diritti comuni e salvaguardia dei beni comuni come la difesa dell’acqua e del suolo contro la devastazione dei territori, contro tutte le nocività del sistema capitalista marcio e intriso di contraddizioni e disuguaglianze sociali ormai insopportabili. Ci dobbiamo interrogare dunque quale via di fuga sia possibile. Qual’ è il tempo delle lotte per aprire un varco, una breccia di generalizzazione del conflitto per una rottura complessiva all’altezza della dimensione e altitudine politica che stiamo incarnando, nel nuovo scontro di classe che stiamo vivendo.

Il tema oggi è come far vivere la leva del reddito garantito come proposta e tensione centrale, sempre aperta alla dimensione del conflitto e delle pratiche della riappropriazione eppur immaginata dentro un possibile nuovo architrave istituente che rovesci l’alchimia negativa di quel fantasma che oggi è il diritto al lavoro formalmente e costituzionalmente riconosciuto. Reddito garantito e di esistenza incondizionato dal ricatto del lavoro, come riconoscimento diretto della produzione sociale e della ricchezza permanentemente prodotta. Reddito di esistenza come spazio di autodeterminazione del tempo di vita come riappropriazione del bottino di quella rendita finanziaria, per una reale redistribuzione del plusvalore socialmente prodotto. Reddito di esistenza per conquistare indipendenza. Su questo chiamiamo a dibattito le realtà sociali che hanno animato le lotte in questi anni, le esperienze, collettivi e soggettività che possono anche in vista delle mobilitazioni prossime dell’ottobrata romana riprendere un cammino comune e definire un percorso di lotta autonoma e indipendente del precariato metropolitano con la tensione necessaria verso la costruzione dal basso delle giornate del 15 Ottobre, con l’indizione di sciopero sociale europeo e transnazionale e del 19 Ottobre, con la manifestazione nazionale a Roma indicazione già assunta anche dall’agenda europea, a partire dalla Spagna. Per costruire una settimana di lotta per la riappropriazione e rivendicazione  di  reddito garantito e del diritto all’abitare contro le politiche di austerity promosse e sostenute dalla tecnocrazia, difesa dagli eserciti polizieschi della governance neoliberista che dobbiamo al più presto destituire, contro la quale dobbiamo al più presto insorgere per le nostre vite e l’auto-determinazione del nostro futuro.




Sono invitati a partecipare:

Frenchi, San Precario Milano – Raffaele Sciortino, Infoaut– Gianluca Pittavino, csoa Askatasuna Torino – Fulvio Massa, Lab. Crash Bologna– Francesco Festa, Zero81 Napoli – Renato Busarello, Lab. Smaschieramenti Bologna – Mario Avoletto, Area antagonista campana – Degage Roma  – Luca Fagiano, Coordinamento cittadino lotta x la casa Roma  – Alexis occupato Roma – Bartleby Bologna – Vag 61 Bologna – Lab. Bios Padova – Villa Roth occupata Bari – Comitato cittadini liberi e pensanti Taranto

promuove Laboratorio Acrobax

www.indipendenti.eu

 

Assemblea cittadina*Roma verso il 15 e 19 Ottobre

Le nostre vite negli ultimi anni si sono sempre più trasformate in una corsa a ostacoli per arrivare alla
fine del mese, schiacciate da politiche economiche che hanno cancellato diritti, compresso salari e tagliato redditi, moltiplicato
precarietà e sfruttamento del lavoro, della vita e del territorio.

I provvedimenti inseriti dal “governissimo” in carica nel recente “Decreto del Fare” dimostrano obbedienza infinita ai diktat della Troika. Chi governa questo paese, chiuso dentro palazzi e salotti, è sempre più incapace di dare risposte a chi ha pagato già per intero il prezzo della loro crisi, continua invece a perseguire le stesse politiche di saccheggio dei territori e delle nostre vite: derubare molti per dare a pochi.

Sprofondano le condizioni di vita di tutte e tutti noi, ma non cambiano le politiche di una governance sempre più asservita agli interessi delle banche, delle lobby finanziarie, degli speculatori, dei potenti.

Mentre si addensano le nubi di una guerra dagli esiti catastrofici e dalle conseguenze incalcolabili, è necessario determinare sin da ora momenti di costruzione comune e di lotta in grado di chiamare tutti e tutte ad alzare la testa, a sollevarsi e a mettere in movimento un nuovo processo di riappropriazione collettiva che rovesci il ricatto dell’austerità e della precarietà.

Abbiamo già dimostrato in questi mesi che siamo in grado di animare lotte importanti, che parlano di riappropriazione diretta
di reddito, spazi e tempi di vita. Lotte per la difesa e la riconquista di diritti sul lavoro; per la scuola e l’università pubblica e la
libera circolazione dei saperi; per il diritto all’abitare con l’occupazione di numerosi stabili in cui hanno trovato casa migliaia di
persone; le lotte dei migranti e dei rifugiati, quelle per la difesa del territorio contro le cosiddette grandi opere, le fonti di
nocività, le basi ed i dispositivi militari dell’imperialismo.

Ora è necessario che queste lotte si incontrino, costruiscano pratiche e percorsi comuni in grado di rompere l’isolamento in cui vorrebbero costringere le nostre esistenze, coinvolgano nuovi soggetti, allargando e generalizzando il conflitto. Per questo da alcuni mesi numerose realtà in lotta, soggettività, movimenti, stanno lavorando attraverso forme di confronto ed organizzazione – orizzontale e dal basso – ad una settimana di mobilitazione e conflitto che culminerà con la manifestazione nazionale che si terrà a Roma SABATO 19 ottobre.

Settimana che prevede il 12 ottobre una giornata per la difesa dei territori, contro le privatizzazione dei servizi pubblici e la distruzione dei beni comuni e mobilitazioni diffuse per il diritto all’abitare; il 15, azioni dislocate nelle città per uno sciopero sociale indetto dall’agenda dei movimenti trans-nazionali; il 18 una manifestazione congiunta dei sindacati di base e conflittuali.

Di questo e di molto altro vogliamo ragionare insieme Giovedì 19 al Volturno occupato, in un’assemblea che immaginiamo possa tenere insieme l’aspetto del ragionamento politico, con quella dell’organizzazione pratica e concreta delle mobilitazioni, che -ci auguriamo- possano dare il via ad un autunno di conflitto e di cambiamento radicale dell’ esistente.

Non è più tempo di aspettare, assediamo precarietà e austerity!
Un’unica grande opera: casa e reddito per tutti e tutte!

Precari della scuola occupano l’ufficio scolastico regionale a Roma

 

 

 

 

 

Oggi, lunedì 2 settembre, un gruppo di precari della scuola ha occupato i
locali dell’USP di Roma. È stato srotolato uno striscione da una delle
finestre dello stabile, con su scritta l’eloquente frase: “Questo è il
nostro Stato”. L’azione è volta a denunciare l’esiguità del contingente di
personale della scuola assunto a tempo indeterminato, solo 11.000
assunzioni, a fronte di un vero e proprio esercito di lavoratori precari
che contribuisce in maniera consistente al funzionamento della scuola
statale (più di 100.000 sono i contratti a tempo determinato che il
Ministero della Pubblica Istruzione stipula ogni anno) e a richiedere il
ritiro di tutti i tagli imposti alla scuola, a partire dalla Gelmini e, su
questa base, l’assunzione a tempo indeterminato su tutti i posti liberi e
vacanti in organico di fatto e di diritto. Siamo stanchi di essere prima
usati e poi gettati via come rifiuti da uno Stato che dimostra di non avere
alcun interesse né per la nostra dignità, né per il nostro lavoro e né
tantomeno per le sorti dell’istruzione pubblica.

Invitiamo tutti a partecipare al presidio dei precari della scuola che il 4
settembre alle 15.00 avrà luogo di fronte all’USP di Roma, in via Pianciani.

Dobbiamo rifiutare con forza lo “stato di lavoratori usa e getta”, siamo
tanti, facciamo sentire la nostra voce!

Coordinamento Precari Scuola di Roma

3285312437
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“Siete la democrazia che uccide” – Comunicato Stampa di Alexis Occupato

Nella giornata dell’11 Luglio insieme ad altre realtà territoriali abbiamo dato vita ad un corteo che si è snodato per le vie di Ostiense e San Paolo e che reclamava reddito e diritti, in contrapposizione alle conseguenze devastanti delle politiche di austerity e di precarizzazione delle vite, dallo sfruttamento dei territori sottratti alle comunità allo smantellamento progressivo dei sistemi di welfare: abbiamo usato lo slogan “NON CI SUICIDERETE, ROMA SUD CONTRO LA CRISI”, perché vogliamo rompere la solitudine che porta soggetti impoveriti a sempre più frequenti gesti di disperazione.
Durante il corteo abbiamo sanzionato con azioni simboliche alcuni luoghi emblematici dell’oppressione sociale perpetrata dai governi di ambo gli schieramenti, così come dai governissimi degli ultimi tempi; per questi motivi giunti a Parco Schuster abbiamo deciso di contestare il PD, prima con diversi interventi dal camion poi tentando un’occupazione pacifica del parco che si opponesse a quella militarizzata e coatta che è stata protratta sull’unico spazio verde e d’aggregazione del territorio, al fine di lasciar spazio ad un evento partitico a scopo di lucro, quale la Festa dell’Unità. L’accoglienza all’insegna dello slogan “Bentornato Futuro” è stata molto partecipata, tra manganellate e lanci di cavalletti, lasciando contusi e feriti alcuni compagni.
L’asse ben saldo PD-PDL ha tentato invano di affibiare metodologie squadriste e mafiose (da lor signori ben conosciute e sistematizzate), a chi ogni giorno lotta per una vita dignitosa e restituisce vita a spazi altrimenti abbandonati, trasformandoli in opportunità per tutte e tutti di ridistribuzione di saperi e socialità, laboratori in cui sperimentare il comune e creare strumenti di autonomia e indipendenza.
Oggi quegli stessi spazi sono nuovamente minacciati dalle politiche di coercizione e di repressione messe in atto dallo squallido teatrino istituzionale e dalle politiche atte a creare consenso elettorale con lo scopo di eliminare qualsiasi voce di dissenso e di opposizione critica e ragionata, pericolosa minaccia per l’incolumità del loro sistema affaristico.
Crediamo la strategia utilizzata in questi giorni dai partiti, attraverso dichiarazioni e articoli, punti a distogliere l’attenzione da quelli che sono i contenuti e le provocazioni politiche da noi portate, nel tentativo di screditarle gettando fango, come avvenuto spesso ultimamente, su uno spazio politico e sociale come Acrobax. Riteniamo importante precisare che all’organizzazione del corteo ha preso parte una composita rete di soggetti di precari, cassintegrati, disoccupati e studenti, facenti parte di diverse realtà sociali (tra cui il Laboratorio Acrobax) che ben conoscono le politiche a cui sono soggetti e che con altrettanta convinzione si attivano ogni giorno per eliminarle, anche attraverso il rapporto e la costante collaborazione con il territorio e con la sua collettività.
Da qui si potrebbe trarre un dato reale: c’è chi, offrendo servizi e rendendosi un vero e proprio strumento di ammortizzazione sociale, ha contribuito realmente a migliorare la vita e la socialità di un quartiere sottomesso, al degrado da un lato, e ai profitti dall’altro; c’è poi chi invece non ha contribuito in alcun modo a cambiare lo stato delle cose, nè al livello territoriale nè sul piano nazionale. I primi a cui ci riferiamo sono ovviamente gli spazi sociali occupati, i secondi i politicanti del Partito Democratico che oggi rappresenta proprio i governi dell’austerity e la volontà di praticare la crisi come scelta politica. Possiamo infatti evidenziare l’azione del PD (così come del PDL, di cui si fa stampella e da cui infatti riceve sostenuta solidarietà mediatica) che altro non ha fatto che appoggiare concretamente tutte le politiche e i processi di impoverimento, privatizzazione del pubblico e devastazione dei territori tenuti negli ultimi anni dai governi e dalle lobby capitaliste. La precarietà e i precari sono frutto di queste politiche che puntano a rafforzare i ceti più abbienti sottraendo spazi e ricchezze al pubblico.
Il nostro corteo ha puntato proprio a denunciare queste politiche e questi atteggiamenti, contrapponendone questioni fondamentali come il reddito di base incondizionato, importante strumento contro la crisi sociale ed economica, ed unica risposta possibile al problema dell’irrasanabile distruzione e frammentazione del mercato del lavoro. Ed è proprio sulla questione del reddito che differenti partiti, tra cui il PD, hanno basato parte della loro campagna elettorale, rinnegandola poi attraverso il voto contrario nel momento in cui proposta sottoforma di legge (per la precisione, sul reddito di cittadinanza).
Non c’è dunque da stupirsi se il dato elettorale a Roma evidenzia un tasso di astensionismo mai visto prima e di cui rivendichiamo con orgoglio di farne parte in quanto la nostra attività politica è di tutt’altro tipo. Dunque il PD, nello specifico Marino, crede davvero che il problema di una città che non rappresenta siano gli spazi sociali occupati, stessa idea in voga oltretutto all’ex sindaco Alemanno? E’ per questo motivo che il cambio di poltrona al Campidoglio non ci rassicura affatto, per quanto nutriamo profondo disprezzo per Alemanno, in quanto ricordiamo bene la giurisdizione Veltroni e in quanto siamo a conoscenza delle politiche attuate dai sindaci PD governanti diverse città d’Italia, politiche degne della peggiore fazione destra neoliberista.
Vogliamo ricordare che tutto ciò che a lor signori appare come “numeretti per percentuali elettorali e statistiche” rappresenta persone, che l’occupazione di 22 stabili a scopo abitativo in 6 mesi non è un dato marginale e che la realtà dei fatti li sta ponendo difronte un difficile problema: possono scegliere se nascondersi dietro un dito, se fare orecchie da mercante o se lavarvese le mani, ma il problema resta loro.
Vogliamo infine rispondere alle infami e vili accuse che il PD ci ha scagliato contro negli ultimi giorni: vogliamo ribadire che l’atteggiamento mafioso è quello di chi si nasconde dietro la macchina istituzionale al fine di lucrare sulle vite, di chi si appropria dei beni pubblici per i propri fini o per svenderli ai soliti affaristi e speculatori, di chi tenta di intimidire e reprimere ogni giorno nelle strade e nelle piazze tutti coloro che reagiscono e non si arrendono al vedersi negare ogni garanzia e ogni richiesta; vogliamo ribadire che l’atteggiamento squadrista è esattamente quello che si è attuato nei nostri confronti a Parco Schuster, non solo con la coatta occupazione di un parco pubblico, con la sfrontatezza nei confronti di chi, tra bambini, giovani e anziani, storcesse il naso per questa occupazione, ma anche con l’aggressione, documentata già da 2 video resi pubblici nei quali si evidenziano le reali responsabilità di forze dell’ordine e militanti del PD, invano tentata di giustificare dall’uso di sedicenti bombe carta (ci risulta sia esploso unicamente un comune petardo ben a distanza da qualsiasi possibile obiettivo). Il Partito Democratico risponda dunque piuttosto in termini di contenuti sulle tematiche poste dal corteo.

Non ci lasceremo intimidire nè reprimere. Continueremo a fare quello che facciamo perchè a differenza vostra è un’alternaiva reale e concreta. Continueremo ad autorganizzarci come crediamo, con chi crediamo. Uniti nella lotta: se toccano uno, toccano tutti!

Alexis Occupato

A margine delle condanne per il movimento di lotta x la casa

Dopo la condanna della scorsa settimana che ben due compagni di Acrobax hanno subito insieme ad altri del movimento di lotta per la casa, sentiamo forte il desiderio di articolare un discorso politico chiaro e comprensibile che rompa l’isolamento della repressione nell’unica forma secondo noi auspicabile, che sappia trovare meccanismi e dispositivi di cooperazione sociale ampi, avendo ben chiara l’urgenza che riguadagnare un’agibilità politica per i movimenti oggi significa battersi per la libertà di movimento per tutti, a partire dai detenuti comuni che vivono in Italia una condizione di carcerazione preventiva inenarrabile (più del 90% sono in attesa di sentenza definitiva) tra le più gravi violazioni dei diritti umani che il mondo così detto civile abbia conosciuto. Altrettanto chiaramente vogliamo ribadire la nostra assoluta determinazione a proseguire le battaglie che oggi vengono condannate al carcere e mantenere laddove è possibile uno stile di lotta, di dignità poiché il conflitto sociale come motore per l’avanzamento dei diritti e di un nuovo spazio costituente lo abbiamo scelto sapendo in quali rapporti di forza ci troviamo ad agire.

Quando diciamo libertà di movimento intendiamo propriamente il diritto e la libertà di praticare quelle forme del conflitto che riescano al di là della manifestazione o dello sciopero a mettere in campo quei dispositivi che rompano la compatibilità come i blocchi stradali nella logistica, le occupazioni di case per l’abitare o le fabbriche occupate e poi autogestite che poi funzionano meglio che sotto padrone, i tanti picchetti antisfratto e potremmo continuare così a lungo.

Dobbiamo rompere l’isolamento e la normalizzazione con le pratiche necessarie alla generalizzazione delle lotte che forse oggi è la vera posta in gioco per i movimenti, soprattutto guardando agli ultimi anni, fatti di conflitti anche intensi ma ad oggi troppo separati, divisi per questo spesso poi indeboliti. Ognuna di queste pratiche di libertà e democrazia dal basso corrisponde ad un preciso reato del codice penale. E così è da sempre per quel nesso sottile ma irrevocabile tra delitto e diritto. Spesso si lancia la caccia alle streghe per il danneggiamento di una semplice vetrina, si invoca il reato “devastazione e saccheggio” con pene dagli 8 ai 16 anni (per la giustizia dei codici molto più grave di uno stupro!). In altre occasioni basta una semplice denuncia per resistenza a pubblico ufficiale o per manifestazione non autorizzata a spostare e confinare una questione politica nei labirinti dei tribunali, nei tempi biblici delle carcerazioni preventive, arbitrarie.

Insomma basta un niente per trasformare le lotte in crimini e chi lotta in criminale da dare in pasto ad un’opinione pubblica che privata della giustizia si sazia di giustizialismo. Allo stesso tempo non possiamo smettere di denunciare chi denuncia, né smettere di intessere quella rete di solidarietà e riconoscimento nelle e delle lotte.  Accogliamo quindi e aderiamo a tutti gli appelli per l’aministia lanciati recentemente da più parti, dalle associazioni dei diritti umani, all’osservatorio contro la repressione e a tutti coloro che vorranno far diventare la battaglia per la libertà e per la salvaguardia del conflitto motore di quella istanza di democrazia reale, radicale che dobbiamo strappare ogni giorno nella fine della mediazione politica, nella svolta autoritaria che la governance neoliberista ha adottato con il paradigma del debito e della crisi per governare i conflitti e le diseguaglianze che noi insieme a tanti presto cancelleremo.

Dietro il diritto c’è la costituzione materiale che produce conflitto e lo chiamano ancora delitto.

Come sempre anche questa volta la libertà, non cade dal cielo, organizza la tua rabbia!

Nodo redazionale indipendente

La Storia non si scrive nei Tribunali, ma nelle piazze, nelle strade, nelle lotte, condanne a Roma alla lotta x la casa

15 mila denunciati per le lotte sociali dal G8 di Genova ad oggi. Negli ultimi anni solo a Roma per il Diritto all’abitare 276 persone sono state denunciate per occupazione, danneggiamento, resistenza, violenza, blocco stradale. Per iniziative di lotta contro il Carovita, più di 150 manifestanti denunciati e processati tra Roma e Napoli, per rapina aggravata, estorsione, eversione dell’ordine democratico, poi dopo dieci anni tutti assolti, ma tant’è, nel mentre. Per le Lotte studentesche degli ultimi anni solo a Roma più di 315 studenti denunciati per occupazione, danneggiamento, resistenza e interruzione di pubblico servizio. Per le lotte dei Migranti più di 60 denunce per blocco stradale, danneggiamento, resistenza, uso di armi improprie; stessi numeri all’incirca per Antifascismo, 280 denunce per resistenza, violenza, blocco stradale, danneggiamento, e negli ultimi mesi anche altre condanne. Ovviamente e non in ultimo sono in corso i processi per la rivolta dello scorso 15 Ottobre per devastazione/saccheggio e tentato omicidio e poi le rituali associazioni a delinquere e sovversive per gli anarchici.
Potremmo continuare ad allungare la lista con cifre sbalorditive, è la vita reale per chi lotta quotidianamente fatta di soprusi, di violenze di un sistema che ci vorrebbe assoggettati alle pratiche repressive per cui la sistematica svolta autoritaria in corso da anni nel nostro paese sta diventando sempre più una prassi quotidiana di gestione e governo dei conflitti, dinamica e tendenza peraltro sempre più di scala europea e transnazionale.

Capita così che per un’iniziativa del 2006 sotto l’Assessorato alla casa dei movimenti per il diritto all’abitare tre di noi si ritrovano con una richiesta iniziale del PM Amelio a due anni e sei mesi ad una condanna di primo grado di un anno per un compagno e di nove mesi per gli altri due, verbalizzata appena la scorsa settimana. Capita così che il tutto va ad aggiungersi alla sfilza di denunce per reati di lieve entità, o altre condanne legate alle lotte sociali che poi per qualcuno si traducono in vecchi dispositivi della repressione molti dei quali messi a punto durante il ventennio fascista e in seguito adattati alle leggi della Repubblica, come l’ex articolo 1 della legge 1423 varata nel lontano 1956 sulla così detta pericolosità sociale. E così avviene anche che una compagna viene chiamata a testimoniare per un processo in seguito ad una delle tante manifestazioni che da anni vengono organizzate e per poco non finisce indagata perché la sua versione dei fatti sarebbe una falsa testimonianza! piccoli e grandi segnali di incarognimento degli apparati.
Il laboratorio della repressione che agisce nella penalizzazione della partecipazione politica alla vita sociale e all’autorganizzazione, ha quindi colpito ancora, ma perché è lo stesso interesse alla partecipazione della vita politica comune ad essere in realtà l’imputato principale, la stessa agibilità politica delle lotte e dei movimenti così come sono gli stessi spazi politici di democrazia diretta e di autogestione [autogoverno] ad essere sotto attacco e interdizione diretta, attraverso i continui fronti giudiziari che si sovrappongono e confondono con le nuove tecnologie di controllo sociale, insieme alla militarizzazione del territorio e alla definitiva penalizzazione delle lotte relegate ormai a mero ambito di ordine pubblico.

Come sempre LA LIBERTA’ NON CADE DAL CIELO, ORGANIZZA LA TUA RABBIA!

Laboratorio Acrobax – Coordinamento cittadino di lotta per la casa Roma

Non ci suiciderete, Roma Sud contro la crisi!

Manifestazione territoriale per il reddito di base e i diritti!

Il sesto anno consecutivo di crisi economica consegna un quadro drammatico in cui le condizioni di vita di milioni di persone sono peggiorate. I governi della crisi sono all’attacco e con le loro politiche d’austerità vediamo un aumento dei processi di precarizzazione in Italia e in tutta Europa. Da una parte i dati allarmanti sulla disoccupazione di massa, l’impoverimento, le cassintegrazioni. A questi ultimi si aggiungono quelli sulla disoccupazione giovanile che sfiora il 40%.il ricatto del debito hanno livellato verso basso garanzie sociali e diritti acquisiti.

A Roma la situazione è identica e, nello specifico, nel quadrante sud di Roma stiamo assistendo alla chiusura di aziende piccole e grandi, di esercizi commerciali e i conseguenti licenziamenti.
Gli effetti delle politiche di austerity sui territori portano a conseguenze gravissime: una sanità pubblica distrutta, politiche di welfare e servizi sociali al collasso, licenziamenti di massa, un’università fabbrica del sapere che diventa sempre meno accessibile e sempre più devastante per i quartieri in cui si colloca  (aumento degli affitti, scomparsa di servizi per il quartiere e speculazioni sempre più grandi ), gli spazi pubblici e della socialità venire meno per diventare altri luoghi del profitto o della produzione.
La situazione quindi è drammatica, ma per quanto può essere difficile ed insopportabile decidiamo di non rassegnarci, noi a differenza di quanto piacerebbe a lor signori, non ci suicidiamo.L’ultima tornata elettorale delle amministrative nella capitale ha reso visibile la distanza siderale che esiste tra partiti e cittadinanza. Percentuali di astensionismo così alte non si erano mai verificate nella nostra città come nel resto d’Italia.
Marino non può essere il sindaco dei romani. Così come non siamo rappresentati da nessun governo. Il governissimo realizzato da PD e PDL è un’operazione di ingegneria politica  che ha il chiaro intento di farci pagare il prezzo dell’austerità gestendo e controllando la rabbia sociale che sta montando nel Paese. In questa direzione si inseriscono anche gli accordi tra sindacati confederali e confindustria.
Dall’altra una parte gli effetti della precarietà sui soggetti che diventa quindi il più forte dispositivo di repressione e contenimento.
Crediamo che sia arrivato il momento di cominciare a dotarsi di strumenti reali di organizzazione contro la crisi.Quest’anno due volte Roma ha alzato la testa: famiglie, precari e studenti hanno deciso di riappropriarsi di un pezzetto di reddito occupando edifici abbandonati, in una città in cui esistono più case vuote che persone senza casa. Questo è frutto della speculazione dei costruttori che sono gli stessi che speculano sui servizi pubblici, come ACEA, che dopo un referendum, che affermava l’acqua come bene comune e fuori dai profitti.
Vogliamo casa, diritti, servizi e un reddito di base e incondizionato, lavoro o non lavoro, perché vogliamo poter scegliere e uscire dal ricatto dei mille lavori di merda, sottopagati e sfruttati.

Vogliamo che la cittadinanza possa scegliere sulla vita del proprio territorio, prima di vedersi imporre qualsiasi cosa; siamo stufi di subire le politiche di chi rappresentai governi della crisi e il mantenimento di una classe politica. Ne è un esempio il “regalo” fatto all’ex XI Municipio e l’invasione di parco Schuster con la festa del PD, recintando il parco e renderlo inaccessibile a tutti.

Lanciamo l’11 luglio un corteo territoriale, che vuole partire da Piramide, passare per i luoghi dello sfruttamento e della produzione, e arrivare a Largo Riccardi (metro san paolo), dove fare una piazza tematica contro la precarietà.
Lo faremo coordinandoci con la campagna metropolitana indetta dalla Piattaforma per il reddito di base e i diritti che lancia, nel mese di Luglio in tutta Roma, iniziative di comunicazione sociale contro le politiche di austerity coordinate tra di loro.
Invitiamo le reti dei lavoratori in lotta, i comitati, gli spazi sociali e culturali attivi nel territorio a sottoscrivere l’appello e a partecipare

 

Verso ed Oltre il 19 Ottobre 2013 – assemblea cittadina Roma

CASA E REDDITO PER TUTTI E TUTTE

Non solo ..Una Splendida Giornata!

 
Casa e reddito per tutt*, uno slogan che oramai passa di bocca in bocca, di città in città, risuona in tutto il paese alimentando processi di autorganizzazione sociale e nuove lotte. 
 
Lotte che si oppongono ai licenziamenti diffusi e di massa. Lotte per riconquistare diritti contro un lavoro sempre più sfruttato e precarizzato. Lotte per il diritto alla casa e all’abitare attraverso le quali ci si oppone allo stillicidio quotidiano degli sfratti e dei pignoramenti, oppure si riconquista direttamente la casa in cui vivere e con essa parte del reddito e della vita di cui siamo sempre più derubati. Lotte che devono crescere ovunque come virus conflittuale, che devono incontrarsi per mettere al centro l’idea e la materialità di una trasformazione radicale dell’esistente.
 
La due giorni nazionale di  ABITARE NELLA CRISI che si è tenuta presso l’ex caserma di via del Porto Fluviale  a Roma l’1 ed il 2 Giugno passati,  sulla scia dello “Tsunami Tour per il Diritto all’Abitare” e di tante lotte diffuse sul territorio nazionale, ha tracciato su questo terreno, un percorso chiaro sia nei contenuti che negli obiettivi.
 
Costruire una grande manifestazione nazionale per il 19 Ottobre, arrivando in corteo ad assediare i ministeri dell’economia, delle infrastrutture  e la cassa depositi e prestiti, per mettere in discussione le politiche di austerità imposte oggi da un “governissimo” che rappresenta l’estremo tentativo di una classe politica corrotta e subalterna ai poteri forti, di perpetuare se stessa insieme alle politiche neoliberiste che hanno già devastato il paese ed il pianeta.
 
Costruire la manifestazione del 19 Ottobre ne come testimonianza, ne tantomeno come evento che si esaurisca con la giornata stessa. Quindi arrivare alla manifestazione non attraverso una semplice sommatoria algebrica di organizzazioni e soggettività, ma attraverso un processo aperto e plurale di movimento e di conflitto.
 
Uno Tsunami nazionale delle lotte per il diritto alla casa e all’abitare, delle lotte contro la precarietà e per i diritti, delle lotte contro le grandi opere e la devastazione del profitto ai danni dei nostri territori.
 
Uno Tsunami, soprattutto, della riappropriazione. Riappropriazione di territori, di spazi, di beni comuni. Riappropriazione di case. Riappropriazione di reddito attraverso nuove pratiche di conflitto che mettano al centro le questioni delle bollette, dei ticket sanitari, delle tasse – delle mense – degli alloggi universitari contro la selezione e lo smantellamento progressivo dell’università e dell’istruzione pubblica.
 
Del resto molte sono le iniziative già realizzate e molte altre sono già in programma sul territorio nazionale. Anche qui a Roma siamo ripartiti con l’occupazione di ACEA e le iniziative di lotta contro gli sfratti ed i pignoramenti e non ci fermeremo certo ora.
 
Una inedita, meticcia, ribelle, incompatibile composizione sociale è oramai in movimento: niente e nessuno la potrà fermare.  
 
E’ un unico e forte grido:
Riprendiamocia la Città! Riprendiamoci Tutto!
 
Venerdì 21 Giugno ore 17.30
ASSEMBLEA CITTADINA
presso l’occupazione abitativa di viale delle Province n. 189
 
 
Tsunami Tour per il Diritto all’ Abitare