Una generazione nata precaria, mentre scompare la mediazione.

dal manifesto.it

Chi sono?/ I «RAGAZZI DEL 14 DICEMBRE» DI NUOVO PROTAGONISTI
Una generazione nata precaria, mentre scompare la mediazione.
Se la governance «stile Bce» esautora la politica, si moltiplicano le figure sociali che non trovano più rappresentanza.

Hammett (da Il Manifesto di domenica 16 ottobre)

Aver poca memoria è un guaio. Un mondo politico affetto da questo male è gerontocrazia. Quello che è avvenuto ieri è un’estensione del 14 dicembre dell’anno scorso. Più in grande, più lontano dai «palazzi del potere», più intenso. Segnala che c’è un problema nel corpo sociale. Un problema che non trova rappresentanza, né a livello politico né sindacale. Ma esiste e non si può rimuovere con i fervorini giornalistici o, peggio, con le dichiarazioni nerborute del politico-che-rende-dichiarazione-alla-stampa.
Segnala che le soluzioni alla crisi stile «lettera Bce» – riducendo drasticamente la spesa pubblica – stanno annullando gli strumenti di «mediazione sociale». Per chi ha ancora un lavoro o una pensione, un riduzione di coperture o diritti è una sciagura in progress, cui cercare di resistere con le unghie e coi denti, magari intaccando i risparmi di una vita con lo sguardo ancora rivolto alla condizione precedente che si cerca – giustamente – di difendere. Per chi si affaccia ora «in società» e cerca di capire quale sia il suo posto, lo stesso taglio indica che per lui non c’è un grande futuro. O forse non c’è proprio.
Quando ieri, sopra le mappe geografiche dei Fori Imperiali, hanno tirato su lo striscione «di chi è la storia? è nostra», si potevano vedere centinaia di ragazzi che magari di storia ne masticano poca, ma non possono accettare di non farne parte. Di non avere ruolo, di essere «mercanzia»; per di più di poco prezzo.
E qualcuno lo capisce, sia sul piano empirico che su quello analitico (più complicato, ma più illuminante). Quando intervistammo i ragazzi del 14 dicembre questa «crisi della politica» ci venne sintetizzata in modo plastico: «Se – come potere – dico che ‘a causa della crisi’ non sono in grado di dare risposta ai bisogni sociali, è ovvio che ‘la mediazione’ non la posso trovare. Io politico sono esautorato dal processo economico».
Questa è la condizione della politica del prossimo futuro, quella stilizzata nella lettera di Draghi e Trichet, quella che espropria i singoli paesi della scelta più importante: quella sulla politica economica. Potranno legiferare sul testamento biologico o le intercettazioni, ma non su quale parte della popolazione strangolare e quale tutelare. È tutto qui il campo di applicazione della democrazia occidentale?
Discorso astratto? Il contrario. «Bisogna essere conseguenti con le cose che si dicono; si parla di sofferenza precarietà, rabbia… Ma qualsiasi governo verrà dopo, o mette in crisi il sistema di accumulazione e governance, o avrà le mani legate». Sono passati dieci mesi e in tutti questi giorni abbiamo potuto ascoltare politici di maggioranza e di opposizione esercitarsi sullo spartito: «ce lo chiede l’Europa», seguito da un «purtroppo» o un «per fortuna».
Questi ragazzi abitano le nostre periferie, forse qualcuno anche quartieri più «in». Si vedono tra loro più simili di quanto magari non càpiti ai rispettivi genitori. Arrivano nel centro della città come stranieri in territorio nemico, con coordinate persino approssimative. A dicembre un soldo di cacio con la faccia svelta mi fermò sul ponte per piazza del Popolo per chiedere «signore, qual’è la strada per palazzo Chigi?». E non pensava di entrarci come portaborse…
Dieci mesi fa hanno tenuto le strade del centro per quasi un’ora. Ieri si sono esibiti in diretta tv per oltre tre ore, fin quando le ombre della sera non li hanno portati lontano dalle telecamere. Ma sempre in corsa, contro «obiettivi simbolici» che non sposteranno di una virgola gli equilibri sociali e politici. O magari lo faranno in peggio. Però questa generazione «nata precaria» esiste, l’abbiamo creata «noi» a colpi di «pacchetto Treu» e «legge 30». Reagiscono alla «frammentazione sociale» in modo ruvido, magari «poco simpatico». Ma esiste ed esige risposta. Voltare le spalle e lasciare il problema alla polizia è la risposta peggiore.

Doveva finire con qualche comizio…

da www.infoaut.org

In Italia la giornata del #15 ottobre ci consegna una realtà che mentre scriviamo viene descritta fotogramma per fotogramma dai tg e dai siti informativi, come il giorno in cui un manipolo di teppisti si é impossessato di una giusta causa ed ha rovinato tutto.

Più o meno le stesse parole di Mario Draghi, e quelle di Bersani che si spinge più in là, chiedendo a Maroni di riferire in parlamento nei prossimi giorni perché, come per il 14 dicembre dello scorso anno, si ha paura che i ragazzi colorati con le tende o avevano al loro interno qualche infiltrato di Kossiga memoria, o che le forze dell’ordine abbiano “lasciato fare” il manipolo di teppisti apposta.
La realtà ancora una volta è un’ altra e va ben al di là di queste considerazioni e di quelle che iniziano a circolare tra il movimento.
Al 15 ottobre ci si è arrivati in una situazione assurda, dove gli organizzatori dei comizi finali in piazza San Giovanni, avevano desistito da tempo di sfilare verso i palazzi del potere romano, che era l’unica cosa incisiva in una giornata del genere. Le iniziative dei giorni scorsi volevano smorzare e incanalare una rabbia diffusa e irrapresentabile che oggi si è manifestata in tutta la sua espressione.
Può anche essere vero che all’inizio la giornata avesse preso una piega difficile da spiegare (ma più comprensibile di altre volte se possiamo dire) con l’attacco a banche, Suv e compro oro, ma poi quello che si è visto è stato tutt’altro che qualche gruppo di esagitati, infiltrati, carabinieri o fascisti che dir si voglia nei social network.
Si è visto un corteo di giovani, per lo più giovani, non rappresentati da nessuno neanche all’interno del movimento, che in quel “Que se ne vayan todos”, si sono riconosciuti appieno.
Giovani studenti, precari o disoccupati che si sono portati anche la maschera antigas nello zaino, perché pensavano di partecipare ad una giornata di riscossa, un po’ come per il 14 dicembre dell’anno scorso, dove nonostante tutti i calcoli degli organizzatori, il corteo straripò, fuori dai recinti e dalle mediazioni.
Diciamola tutta, se c’era un paese che doveva trasformare l’indignazione in incazzatura di massa, quello era proprio l’Italia, che vive un presente veramente penoso.
La giornata di oggi, piazza San Giovanni nella fattispecie, si è trasformata in ore di resistenza di massa alle forze dell’ordine, chiamate a respingere una rabbia sacrosanta verso un presente di austerity. Magari non è comprensibilissimo ai più, ma le ore di resistenza romana odierna hanno detto chiaro e tondo che al debito, ai sacrifici, alla casta, all’austerity a senso unico, che ribellarsi è qualcosa che può unire, e che può succedere.
Oggi poteva solo succedere qualcosa in più dei piani prestabiliti, era normale, era nell’aria, spiace che ci sia chi non lo ha voluto vedere e si è voluto coccolare il suo orticello fatto di qualche poltroncina con Sel alle prossime elezioni.
Spiace la rinuncia degli organizzatori a puntare dritta verso i palazzi del potere, perché questo ha lasciato di fatto mano libera alla spontaneità, che non essendo indirizzata, ha consumato, dall’inizio, passo per passo, l’attacco a tutto ciò che è considerato simbolo del sistema di iniquità.
Era destino, ed era giusto, siamo nell’Italia dei Berlusconi e dei ceti politici sempre verdi.
Doveva finire con qualche comizio in piazza San Giovanni, è finita con ore di resistenza…
Que se ne vayan todos (ma proprio todos).

Una prima presa di parola del Laboratorio Acrobax sulla giornata del 15/10

Il 15 ottobre a Roma abbiamo vissuto una giornata lunga e densa di avvenimenti su cui vorremmo esprimere alcune riflessioni, anche a fronte del linciaggio mediatico a cui siamo sottoposti.
Questo comunicato è una presa di parola rispetto alla pressione mediatica che si sta producendo intorno a quella giornata; diverso e con altri tempi sarà il dibattito di movimento.
La giornata è stata fatta vivere da migliaia di persone, di cui noi siamo stati una parte e come tale abbiamo provato a curare la riuscita e la capacità di sedimentare, che si sono mobilitate contro la crisi e l’austerity dimostrando che in Italia c’è un malessere diffuso e in quella partecipazione vediamo la volontà determinata di cambiare, di trovare strade alternative alle ricette della banca europea e prendere
parola in prima persona.
Questo l’abbiamo visto in maniera straordinaria nella grandissima partecipazione alla parte di corteo che abbiamo contribuito a costruire in assemblee pubbliche con centinaia di persone, con delegazioni di 15 città, dal nord al sud dell’italia, con migliaia di precarie/e, migranti e studenti, sotto le insegne di San Precario e Santa insolvenza. Immaginato e realizzato all’interno della rete degli
Stati generali della precarietà, nata nel corso dell’ultimo anno e che sta puntando alla realizzazione dello sciopero precario. Per questo abbiamo condiviso l’appello del 15 ottobre e siamo andati a Barcellona per la sua organizzazione internazionale e la costruzione di un movimento europeo.
Quella parte di corteo, a cui molte realtà si sono unite direttamente in piazza della Repubblica, aveva scelto di dare vita ad alcune iniziative di comunicazione, da quella all’albergo Exedra-Boscolo fino all’occupazione di fori imperiali che hanno costruito la nostra presa di parola pubblica e a viso aperto. A chi ci indica come regia di una presunta escalation del livello di scontro raggiunto dalla manifestazione rispondiamo che è semplicemente impossibile e fuori da ogni logica che una struttura cittadina possa organizzare una parte così ampia della manifestazione.
Nel corso del corteo si sono date delle azioni diverse dai livelli che noi abbiamo praticato o condiviso con la nostra rete. Non ci interessa entrare nel dibattito buoni e cattivi, violenza o non violenza che riteniamo molto strumentale e invece sicuramente molto più interessante è il ragionamento su come costruire relazione, condivisione e partecipazione in situazioni analoghe.
Crediamo che la gestione della piazza da parte delle forze dell’ordine sia stata criminale e intenzionalmente mirata a dividere definitivamente il corteo, con le cariche generalizzate da via labicana, dove il nostro spezzone è stato caricato alle spalle, fino a piazza San Giovanni, con l’accanimento su manifestanti inermi e con caroselli dei blindati lanciati addosso alla gente. A questo migliaia di persone hanno risposto opponendo una tenace resistenza esprimendo una parte sostanziale di quella rabbia che vediamo ogni giorno crescere nel tessuto sociale italiano sempre più sottoposto ad
un’insopportabile precarietà della vita intera.

Leggiamo e vediamo nei mezzi di comunicazione una superficiale lettura di questa giornata a cui, purtroppo, molti esponenti politici danno la stura e che stanno costruendo addosso alle nostre spalle un capro espiatorio. Assurde e ridicole le insinuazioni nei nostri confronti.
Riteniamo grave aver mischiato come figurine di un album realtà e strutture, iniziative e strumenti comunicativi, immagini e simboli.
Una gran confusione che crea un mostro mediatico da sbattere in prima pagina. Noi non abbiamo nulla da nascondere perché sempre alla luce del sole abbiamo messo noi stessi nelle lotte contro la precarietà che costruiamo giorno dopo giorno.
Laboratorio Acrobax

San precario sanziona la sede di Equitalia!

Verso la giornata di mobilitazione del 15 ottobre, diritto all’insolvenza per precari e precarie!

EQUITALIA – STROZZINI DI STATO from manuel fantoni on Vimeo.

La rete san precario di Roma, insieme al coordinamento cittadino di lotta per la casa e Militant,  ha fatto visita questa mattina nella sede di Equitalia di via Ippolito Nievo, nei pressi viale Trastevere a Roma, per reclamare il diritto all’insolvenza contro gli strozzini di Stato.
L’azione di comunicazione sociale si inserisce all’interno della settimana di mobilitazione europea verso la giornata del 15 ottobre.

Nonostante le tante iniziative in tutta Italia contro questo sistema di vera e propria oppressione fiscale,  Tremonti vuole usare ancor di più Equitalia (che ne sarà ben lieta visto il suo guadagno a a precentuale) per fare cassa riducendo a soli 60 giorni i termini per i pagamenti, aumentando la capacità di pignorare beni mobili e immobili e tutto questo a prescindere dal fatto che la cartella esattoriale sia giusta o invece “pazza” come milioni  ne sono arrivate.

Tra il consenso dei passanti e delle persone in fila per pagare le cartelle esattoriali abbiamo sanzionato dal basso chi pretende dai precari e dai disoccupati il pagamento delle attuali politiche di austerity  imposte dalla BCE.

La cospirazione continua…il 15 ottobre area indipendente di corteo del punto di vista precario per il diritto all’insolvenza

Que se vayan todos! *15 Ottobre giornata globale contro l’austerity: Dal diritto all’insolvenza allo sciopero precario

Siamo giunti al 15 ottobre con un importante lancio, a carattere europeo, della mobilitazione contro l’austerity e le politiche neoliberiste, assunte come strategiche dalla Commissione europea e dalla BCE peraltro responsabili dell’ultimo pesante ciclo della crisi globale e finanziaria che le banche e le grandi lobby hanno scatenato contro la cittadinanza tutta.

Dal 15 al 18 Settembre abbiamo attraversato l’hub meeting di Barcellona con le reti e le soggettività che hanno scelto in questa fase storica di riconoscersi in uno spazio politico comune che un po’ ovunque è andato costituendosi tra le rivolte che hanno segnato gran parte dell’ area mediterrane e europea, fino ad arrivare a scalfire la nostra Italietta. Dalla fiammata vista nello scorso autunno studentesco culminato nel tumulto del 14 Dicembre fino alla più solida resistenza Notav, radicata e sedimentata sul territorio dentro uno scontro politico condotto con grande intelligenza e radicalità.

Nel procedere sul nuovo terreno di un vero protagonismo sociale contro le politiche di austerity vorremmo per il prossimo 15 Ottobre indicare un percorso, uno spazio di relazione e di movimento, un area di corteo larga e ampia che determini una rottura del quadro di compatibilità e di pacificazione sociale imposto dalla governance, anche oltre il governo Berlusconi: per la conquista di un piano costituente che rivendichi con orgoglio l’autonomia e l’indipendenza delle forme di vita comuni, nel lavoro e  con il reddito oltre il lavoro, nelle scelte sociali e sessuali, che praticano liberazione da un intero sistema di potere in crisi.

Dovremo costruire questo percorso verso e oltre il 15 per affermare in quella giornata, e nelle giornate precedenti,  nelle pratiche e nella comunicazione il punto di vista precario.
Il lavoro non è un bene comune perché ce lo hanno reso maledetto azzerandone i diritti e negandoci ogni libertà di scelta. Per questo è necessario conquistare un reddito di base incondizionato, non pagare il debito, riappropriarsi dei beni comuni e dei saperi, affermare la dimensione transnazionale di questa lotta anche a partire dalle lotte dei migranti per la rottura del legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno.

Siamo sempre più consapevoli che la reale alternativa alla crisi vive nei processi di indipendenza e cooperazione che sapremo creare nelle lotte.

“Non ci rappresenta nessuno” è il  motiv centrale della nuova sinfonia corale che si alza dalla sintesi dei ragionamenti, delle strategie e delle pratiche condivise tra tanta umanità riunitasi a Barcellona, come oggi a Bologna.
Lo spazio costituente che si vuole definire oggi  è quello che guarda, in una prospettiva di medio lungo periodo, alla costruzione, l’affinamento e la diffusione delle lotte contro la precarietà imposta dall’attuale modello di governo del capitale contro le nostre vite.
Una tappa fondamentale di questo percorso è la costruzione della giornata del 15 ottobre.
Ecco perché proponiamo di caratterizzare quella giornata e la nostra presenza alle mobilitazioni costruendo uno spazio sociale e di movimento che reclami il diritto all’insolvenza, al reddito e alla libertà di movimento per tutti i soggetti che stanno pagando la crisi.

Partendo da questi contenuti, il 15 ottobre faremo valere il protagonismo dei precari e delle precarie e rilanceremo oltre il 15, guardando alla scommessa dello sciopero precario.
Per questo a dicembre sperimenteremo esperienze di sciopero dentro e contro la precarietà, un processo che sappia mettere in campo una comunicazione e una cooperazione tra i precarie e le precarie a partire dalla crisi della rappresentanza politica e sindacale, uno sciopero che arrivi a colpire laddove fa più male, dove si fanno i profitti, dove si produce e riproduce il capitale.

Verso lo sciopero precario, il 15 ottobre vogliamo costruire uno spazio di attraversamento per tutte le generazioni precarie che trasformi l’indignazione in conflitto.
Una rete che realizzi iniziative comuni di avvicinamento dal 7 al 14 ottobre come promosso dall’Hub-meeting  di Barcellona, all’interno della settimana di mobilitazione europea contro l’austerity.
Questa messa in rete è la modalità che scegliamo per l’interconnessione delle nostre esperienze: capace di includere i singoli come i collettivi, di intrecciarsi con altre reti e percorsi, di ridurre le distanze e la frammentazione, di far viaggiare i contenuti e le pratiche riproducibili dentro e fuori i confini dello stato –nazione, dentro e oltre quella giornata.

Stati generali della precarietà
www.scioperoprecario.org

Dispositivi per l’Indipendenza!

Con l’incontro del prossimo 28 Settembre vogliamo aprire un nuovo spazio di lavoro politico per l’indipendenza all’interno del percorso che ci porterà a costruire il 15 Ottobre con una grande manifestazione contro l’austerity. Proponiamo un momento di confronto e di approfondimento con un workshop di riflessione teorica sulla crisi del neoliberismo e sul debito sovrano, con un duplice intento, quello di misurare per un verso le soggettività e le reti sociali indipendenti, le intelligenze di movimento, intorno alla riflessione teorica sulla crisi finanziaria, sul biopotere dei mercati, sul debito e il possibile default e dall’altro lato individuare da subito il moover politico e sociale della trasformazione, sul piano immediato e diretto – immanente si potrebbe dire – dell’iniziativa di movimento e quindi anche delle proposte che ne scaturiscono come appunto quella al diritto all’insolvenza. Poter quindi legare allo sforzo teorico, sempre e di pari passo, un dibattito vero e aperto sulle pratiche e i conflitti. Ma, per rendere questo processo un fiume in piena e non una fusione a freddo, dobbiamo oggi più che mai sul crinale della storia segnata dalla crisi sistemica del capitalismo, immaginare e costruire un nuovo processo costituente per un’alternativa vera, dinamica e radicale. Vorremmo insieme poter cogliere il valore di questa specifica iniziativa nella prospettiva di costruire e sedimentare indipendenza e autonomia anche attraverso ulteriori momenti di dibattito e di confronto. Individuare le giuste traiettorie per costruire un laboratorio politico denso di nuovi legami. Relazioni, amicizie politiche, nuove intese nella condivisione non solo degli strumenti e dell’elaborazione teorica ma anche e soprattutto dentro un collettivo orientarsi nella produzione di movimento, alterità, forme di vita indipendenti. Sarà nostra cura nelle prossime settimane e nei prossimi mesi lavorare per costruire una grande manifestazione contro l’austerity il prossimo 15 Ottobre insieme a tutti coloro che vorranno cimentarsi con il conflitto sociale e praticare le nuove forme dello sciopero dentro e contro la precarietà, consapevoli che buona parte delle cose sono ancora tutte da costruire. Lo vogliamo fare insieme alle nostre compagne e compagni, fratelli e sorelle che si sentono parte di una comunità libera, aperta, ribelle e indipendente.

Mercoledì 28 h 18 Laboratorio Acrobax

Relatore Andrea Fumagalli – Prof. di economia politica all’Università di Pavia

Sono invitati ad intervenire: Collettivo Militant, Redazione Utopia, Comitato romano x l’acqua pubblica, Bin-Italia.

*si potrà seguire in streaming su www.indipendenti.eu

Da piazza pulita a Que se vayan todos!

Il punto di vista precario interviene nella trasmissione piazza pulita La 7.

Restiamo umani blocchiamo questo paese!

15 ottobre contro l’austerity prima tappa verso lo sciopero precario!

Costruiamo la prima dichiarazione d’indipendenza dei precari.

[media id=22 width=320 height=240]

Il punto di vista precario e la Global Revolution* Il 15 Ottobre tutti a Roma!

Il punto di vista precario e il 15 ottobre.
Da Genova, il 23 luglio, avevamo scritto che avremmo partecipato all’hub meeting proposto da Democracia Real Ya dal 16 al 18 prossimi a Barcellona contribuendo così alla “preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre, quando scenderemo in piazza contro le politiche di austerity, a partire dalla legge di bilancio appena approvata e contro la gestione autoritaria e bipartisan della crisi che i poteri finanziari e i governi trasversali del neoliberismo ci vorrebbero imporre nel silenzio”. E scrivevamo, anche, che in autunno avremmo lanciato “una campagna popolare di respiro europeo per il diritto al reddito incondizionato e di base, che ridia voce alle rivendicazioni delle generazioni precarie”. Soprattutto, annunciavamo che ci saremmo rivisti “il 24 e il 25 settembre a Bologna per la Costituente dello sciopero precario, una grande assemblea aperta a tutti i lavoratori e le lavoratrici, nativi e mi granti, così come a movimenti, sindacati, attivisti”, per “discutere insieme di come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà”, su obiettivi chiari: “un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro”.

E’ quello che faremo.
Stiamo per incontrarci a Barcellona con un numero crescente di reti di movimento: ad oggi Democracia Real Ya, ovviamente, l’Acampada delle e degli indignad@s di Puerta del Sol di Madrid e quella di Plaça Catalunya di Barcellona, la piattaforma ormai planetaria Take the Square che interfaccia tutte le promozioni locali della #globalrevolution del 15 ottobre, Attac globale, l’International Student Movement che comprende lo straordinario movimento cileno, il Knowledge Liberation Front che in Italia sarà in assemblea il 13 prossimo a Bologna, la rete globale di azione per la libertà di movimento e migrante NoBorder, quella continentale dell’EuroMayDay, il Pan African Student Movement, la rete britannica di azione contro le politiche di austerità UkUncut, il Movimento 23 Febbraio del Marocco, Universidad Nomada, UniNomade italiana e il collettivo trasnazionale Edu-Factory, e altre ancora. Per noi questa ricchezza di presenze e di voci significative rispecchia una coerenza di contenuti e un’innovazione di metodo e linguaggio.

Le stesse che rendono possibile l’indizione globale del 15 ottobre contro la governance della crisi – e la giornata di avvicinamento, contro banche e banchieri, il 17 prossimo con epicentro a Wall Street.

Una coerente chiarezza e una capacità innovativa nelle quali riconosciamo il punto di vista precario, che è prevalente nella composizione sociale produttiva e che ha bisogno di affermarsi in maniera autonoma e indipendente, per riuscire ad attaccare concretamente i flussi di quella produzione capitalistica finanziarizzata che pretende l’invisibilità delle precarie e dei precari, indigen* e migranti, sul cui lavoro e sulle cui forme di vita oggi si fonda.

Qual’è la coerente chiarezza?
Quella di andare fino in fondo alla verità riassunta nello slogan “non ci rappresenta nessuno”, pur risuonato anche in Italia nelle fiumane della rabbia studentesca, giovanile e precaria degli ultimi anni. E dunque concepire la presa di parola condivisa delle resistenze ai governi della crisi come spazio costituente, necessariamente e immediatamente produttivo di nuove istituzioni comuni contrapposte alla violenza distruttiva della divisione e del saccheggio delle nostre vite. Appunto la democrazia reale, contro la corruzione d’una democrazia rappresentativa svuotata di senso dalla trasversale sottomissione dei poteri e dei ceti politici al bio-potere finanziario.

Qual è la capacità innovativa?
Quella di andare fino in fondo alla pratica costituente offrendo a tutte e tutti, in una composizione sociale produttiva sempre più reticolare e singolarizzata e fondamentalmente ordinata intorno alla messa a valore
delle nostre stesse vite, la possibilità di riconoscersi e attivarsi in una metodologia di condivisione, orizzontalità, reciproco riconoscimento delle differenze, decisionalità assembleare e non delegata, superamento di ogni separazione temporale tra sociale e politico e tra mezzi e fini. Un po’ come avviene nella Val di Susa e nel suo territoriale sedimentarsi di pratiche conflittuali e di resistenza popolare, da dove ancora una volta dobbiamo saper ripartire per costruire la giornata del 15 ottobre rendendo chiaro che nella difesa dei beni comuni l’incipit del referendum va riaffermato e difeso con le unghie e coi denti in ogni territorio.
Al tempo stesso, andare fino in fondo alla presa di coscienza che le resistenze collettive e singolari agli attacchi di un potere tanto più aggressivo quanto più in crisi non possono opporre alternativa se non portandosi al livello sul quale esso si struttura : dunque, messa in rete delle resistenze su dimensioni quanto meno continentali e intorno alla
pretesa comune di ribaltare l’ordine della decisione politica e con esso l’uso delle risorse finanziarie e della moneta.

Adesso noi vediamo che la rivendicazione del diritto all’insolvenza viene in Italia praticata anche da altri e anche durante una giornata di sciopero generale, come quella del 6 settembre che continua a non rispondere alla domanda fondamentale: come sciopera chi non può scioperare, come si sciopera la precarietà?
Vediamo che la bandiera del reddito d’esistenza incondizionato si diffonde, anche quando al contempo si sostiene l’indizione Cgil dello sciopero generale nella cui piattaforma la sola risposta alle precarie e ai precari è il rafforzamento dell’apprendistato.

E vediamo che sul 15 ottobre globale crescono gli appelli alla costruzione di una giornata di opposizione all’austerity e di mobilitazione per il cambiamento anche in Italia, pur se inseriti dentro una battaglia su elezioni primarie o nella traduzione del rifiuto di pagare il debito in uscita dalla dimensione europea, che non condividiamo. In verità, di questa differente proliferazione di contenuti e della nostra stessa agenda non possiamo che compiacerci, noi che abbiamo sempre avversato la riduzione ad uno e i recinti di movimento buoni solo per il ceto politico, inabitabili per la moltitudine precaria.

Ma avvertiamo il bisogno di fare chiarezza, perché il confronto e la condivisione giungano effettivamente a buon fine.
Una rosa è una rosa è una rosa. La crisi a cui stiamo assistendo non è solo economica, non riguarda esclusivamente la finanza. Si tratta parallelamente della crisi di una funzione storica della modernità: la sovranità statuale . Al contempo, i processi di insorgenza che negli ultimi mesi si sono manifestati in tutta Europa sono stati in grado di mettere in moto forme di cooperazione fra molt* e divers*, la cui potenza e ricchezza politica non possono essere ricondotte alle tradizionali forme di partecipazione: quelle della rappresentanza liberal-democratica. Da un lato quindi la crisi della sovranità, dall’altro la potenza e l’autonomia della cooperazione sociale. Chi pensa che la mobilitazione del 15 ottobre debba servire ad allargare le possibilità di un’alternativa di governo, o d’uno “spazio di rappresentanza”, non ha evidentemente afferrato la portata della crisi.
Ad ogni modo noi intendiamo continuare a lavorare alacremente perché il punto di vista precario si riconosca nella mobilitazione contro l’austerity e se ne renda protagonista nelle forme più estese possibili. E lavoreremo anche affinché il processo dello sciopero precario si estenda e venga condiviso da quanti in questi mesi, non soltanto in Europa, hanno lottato e preso parola contro un sistema che sta usando la crisi per accelerare i processi di precarizzazione. Mai come ora è chiaro che la precarietà è la condizione generale di tutto il lavoro e una condizione sociale oltre il lavoro. Mai come ora è chiaro che si tratta di reinventare forme di lotta dentro al lavoro e oltre il lavoro, realmente capaci di attaccare i profitti, e che saranno tanto più efficaci quanto più si allargheranno oltre i confini nazionali, e saranno all’altezza della mobilità del lavoro e del capitale, della loro dimensione transnazionale.
Perciò ci proponiamo di contribuire con i Laboratori metropolitani e cittadini dello sciopero precario alla costituzione di spazi e momenti effettivamente aperti di confronto sulla costruzione del 15 ottobre, che intendiamo come fondamentale all’interno del processo di costruzione dello sciopero. Per questo porteremo a Barcellona, nel corso dell’hub meeting, la proposta e il progetto dello sciopero precario contro le politiche di austerità e per un reddito di esistenza incondizionato, per un nuovo welfare metropolitano e del comune, per il diritto sociale all’insolvenza, per la libertà di movimento e per il diritto di residenza sganciato dal contratto di lavoro. E contiamo di ritrovarci in piazza il 15 ottobre, arricchite e arricchiti da questo percorso, fra tante e diversi a praticare davvero il desiderio di alternativa, di cambiamento, di liberazione.

Stati generali della precarietà

Dagli Stati generali della precarietà!

Contro l’austerity verso lo sciopero precario – Reddito x tutti!

PROTAGONISTI FINALMENTE. DA SETTEMBRE

dal manifesto del 30/7/2011, pag. 15

Siamo i precari e le precarie che hanno dato vita agli Stati generali della precarietà e da gennaio stanno lavorando alla preparazione di uno sciopero precario, uno sciopero dentro e contro la precarietà che dimostri che se ci fermiamo noi si blocca il paese. Ci siamo riuniti a Genova per discutere dei mesi passati e per decidere insieme il cammino da percorrere d aqui in avanti. Provenivamo da tutta Italia e da Barcellona, dove Democracia Real Ya sta da mesi animando le lotte delle acampadas nelle piazze della città. La precarietà è sempre al centro della scena politica. Ma non i precari, che sono spesso chiamati a mobilitarsi per le cause più giuste, come giustizia, democrazia, diritti del lavoro garantito, beni comuni, ma mai per agire in prima persona e collettivamente per migliorare le proprie condizioni. Noi vogliamo diventare finalmente protagonisti.
Ci rivedremo il 24 e il 25 settembre a Bologna per la Costituente dello sciopero precario, una grande assemblea aperta a tutti i lavoratori e le lavoratrici, nativi e migranti, così come a movimenti, sindacati, attivisti che vogliono partecipare al percorso verso lo sciopero precario. Insieme vogliamo far valere la forza dei precari contro chi dalla precarietà estrae profitti. Vogliamo costruire legami tra persone che sono allo stesso tempo unite dalla comune condizione di precarietà e separate dalle divisioni che fanno la forza delle imprese. Vogliamo discutere insieme di come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà. Saremo a Barcellona il 17 e 18 settembre per partecipare all’incontro europeo di preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre, quando scenderemo in piazza contro le politiche di austerity, a partire dalla legge di bilancio appena approvata e contro la gestione autoritaria e bipartisan della crisi che i poteri finanziari e i governi trasversali del neoliberismo ci vorrebbero imporre nel silenzio. In autunno lanceremo una campagna popolare di respiro europeo per il diritto al reddito incondizionato e di base, che ridia voce alle rivendicazioni delle generazioni precarie.
Da settembre continueremo il cammino anche lanciando i Laboratori cittadini per lo sciopero precario, che nei mesi scorsi hanno cominciato a lavorare in diverse realtà locali. Saremo anche a Roma il 10 settembre per partecipare all’incontro della rete Roma bene comune e a Milano l’1 e 2 ottobre al seminario sul welfare promosso da Uninomade. Entrambi gli appuntamenti saranno occasioni per ampliare il dibattito su welfare e beni comuni. E continueremo a impegnarci testardamente a coinvolgere i precari e le precarie, a contaminare la società con il punto di vista precario, ad ascoltare i sogni e i bisogni dei nostri fratelli e delle nostre sorelle precarie, a mantenerci aperti alla partecipazione e al contributo di tutti e tutte.
Negli ultimi mesi abbiamo intrapreso il cammino verso lo sciopero precario con le mobilitazioni per il diritto all’insolvenza, la partecipazione allo sciopero dei migranti e alle battaglie contro il razzismo istituzionale, la Mayday di Milano, l’agitazione dei precari dell’editoria al Salone del libro di Torino, l’attività dei Punti San Precario, le giornate di piazza contro Brunetta, l’occupazione del teatro Valle a Roma. Da Genova, e con nel cuore la straordinaria mobilitazione popolare in Val di Susa in difesa dei beni comuni, ripartiamo con la voglia di continuare a lavorare in maniera autonoma e indipendente per affermare il punto di vista precario e verso lo sciopero.
Ribadiamo le nostre rivendicazioni: un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza per chi non è in grado di pagare la crisi e si trova strozzato dal taglieggio di stato; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che sulla pelle dei migranti fa vedere la faccia transnazionale della precarietà. Diciamo basta alle aziende che sfruttano il lavoro precario per mantenere alti i profitti anche in una fase di crisi. Non possiamo essere noi a pagare. Diciamo basta a un welfare che ci abbandona e non risponde alle nostre esigenze. Ci ribelliamo a chi vuole farci piegare la testa ma anche a chi ci prospetta soluzioni populiste e irrealizzabili. Siamo convinti e convinte che sia sempre di più tempo di sciopero precario. Ci vediamo a Bologna.
* Dagli Stati generali della precarietà, riuniti a Genova il 23 luglio 2011

——————————————————————————————–

Siamo i precari e le precarie che hanno dato vita agli Stati generali della precarietà e da gennaio stanno lavorando alla preparazione di uno sciopero precario, uno sciopero dentro e contro la precarietà che dimostri che se ci fermiamo noi si blocca il paese. Ci siamo riuniti a Genova per discutere dei mesi passati e per decidere insieme il cammino da percorrere d aqui in avanti. Provenivamo da tutta Italia e da Barcellona, dove Democracia Real Ya sta da mesi animando le lotte delle acampadas nelle piazze della città. La precarietà è sempre al centro della scena politica. Ma non i precari, che sono spesso chiamati a mobilitarsi per le cause più giuste, come giustizia, democrazia, diritti del lavoro garantito, beni comuni, ma mai per agire in prima persona e collettivamente per migliorare le proprie condizioni. Noi vogliamo diventare finalmente protagonisti.

Ci rivedremo il 24 e il 25 settembre a Bologna per la Costituente dello sciopero precario, una grande assemblea aperta a tutti i lavoratori e le lavoratrici, nativi e migranti, così come a movimenti, sindacati, attivisti che vogliono partecipare al percorso verso lo sciopero precario. Insieme vogliamo far valere la forza dei precari contro chi dalla precarietà estrae profitti. Vogliamo costruire legami tra persone che sono allo stesso tempo unite dalla comune condizione di precarietà e separate dalle divisioni che fanno la forza delle imprese. Vogliamo discutere insieme di come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà.

Saremo a Barcellona il 17 e 18 settembre per partecipare all’incontro europeo di preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre, quando scenderemo in piazza contro le politiche di austerity, a partire dalla legge di bilancio appena approvata e contro la gestione autoritaria e bipartisan della crisi che i poteri finanziari e i governi trasversali del neoliberismo ci vorrebbero imporre nel silenzio. In autunno lanceremo una campagna popolare di respiro europeo per il diritto al reddito incondizionato e di base, che ridia voce alle rivendicazioni delle generazioni precarie.

Da settembre continueremo il cammino anche lanciando i Laboratori cittadini per lo sciopero precario, che nei mesi scorsi hanno cominciato a lavorare in diverse realtà locali. Saremo anche a Roma il 10 settembre per partecipare all’incontro della rete Roma bene comune e a Milano l’1 e 2 ottobre al seminario sul welfare promosso da Uninomade. Entrambi gli appuntamenti saranno occasioni per ampliare il dibattito su welfare e beni comuni. E continueremo a impegnarci testardamente a coinvolgere i precari e le precarie, a contaminare la società con il punto di vista precario, ad ascoltare i sogni e i bisogni dei nostri fratelli e delle nostre sorelle precarie, a mantenerci aperti alla partecipazione e al contributo di tutti e tutte.

Negli ultimi mesi abbiamo intrapreso il cammino verso lo sciopero precario con le mobilitazioni per il diritto all’insolvenza, la partecipazione allo sciopero dei migranti e alle battaglie contro il razzismo istituzionale, la Mayday di Milano, l’agitazione dei precari dell’editoria al Salone del libro di Torino, l’attività dei Punti San Precario, le giornate di piazza contro Brunetta, l’occupazione del teatro Valle a Roma. Da Genova, e con nel cuore la straordinaria mobilitazione popolare in Val di Susa in difesa dei beni comuni, ripartiamo con la voglia di continuare a lavorare in maniera autonoma e indipendente per affermare il punto di vista precario e verso lo sciopero.

Ribadiamo le nostre rivendicazioni: un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza per chi non è in grado di pagare la crisi e si trova strozzato dal taglieggio di stato; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che sulla pelle dei migranti fa vedere la faccia transnazionale della precarietà. Diciamo basta alle aziende che sfruttano il lavoro precario per mantenere alti i profitti anche in una fase di crisi. Non possiamo essere noi a pagare. Diciamo basta a un welfare che ci abbandona e non risponde alle nostre esigenze. Ci ribelliamo a chi vuole farci piegare la testa ma anche a chi ci prospetta soluzioni populiste e irrealizzabili. Siamo convinti e convinte che sia sempre di più tempo di sciopero precario. Ci vediamo a Bologna.

*Dagli Stati generali della precarietà, riuniti a Genova il 23 luglio 2011

 

Genova 10 anni dopo.

Quelli che camminano verso lo sciopero precario.

Genova 10 anni dopo.

E ti vengono i brividi sulla pelle.

E te la senti dentro, nella testa, nelle gambe, negli occhi, sia che c’eri, sia che non c’eri.

Si perché il laboratorio occupato e autogestito Acrobax nasce l’anno dopo Genova 2001. Nasce dall’entusiasmo dei social forumprecari nel dare vita al laboratorio del precariato metropolitano. Riappropriarsi per la prima volta, e da allora per decine di altre, di uno spazio pubblico vuoto e destinato all’abbandono e/o alla speculazione.

Risignificare l’ormai ex cinodromo della capitale come spazio di aggregazione sociale e politica delle lotte contro la precarietà lavorativa e di vita.

Oggi, dieci anni dopo Genova 2001, è ancora attraversato da quanti in quelle giornate c’erano e continuano a portarsele dentro, ma anche da tanti che non c’erano e si nutrono di quella memoria che abbiamo voluto ingranaggio collettivo.

Per questo ancora una volta torneremo a Genova nelle stesse giornate di quel maledetto G8 del 2001.

Per ricordare ma anche rilanciare, perché in questi 10 anni non ci siamo mai fermati.

Spinti dalla necessità e dal desiderio, vogliamo sostenere e costruire il processo verso uno sciopero precario che, il prima possibile, si metta di traverso a precarizzatori e profittatori affermando il diritto ad un’esistenza libera dal loro ricatto sui nostri territori, i nostri diritti, le nostre vite.

Perché oggi come dieci anni fa siamo di fronte ad un punto di non ritorno, per la profonda crisi che ci si avvita intorno e che senza dubbio scopre il fianco di un capitalismo che sempre più svela il suo volto più ferocemente repressivo anche nei confronti delle popolazioni di cui fino ad oggi aveva potuto comprare il consenso. Oggi il velo si comincia a squarciare, sono solo piccoli strappi per il momento ma che si possono allargare e già si comincia a vedere oltre. Quello che in queste ultime settimane ha fatto il popolo No Tav ha già nel conflitto e oltre il conflitto cominciato a costruire un altro mondo possibile: fatto di autodeterminazione, indipendenza, di rispetto del territorio e dei beni comuni, contro i profitti e la rendita di pochi, per il diritto all’esistenza di tutti.

Così come uno spartiacque è stato per noi il voto referendario per l’acqua bene comune e contro il nucleare. Perchè quei quesiti referendari pongono una questione che ha che fare con la gestione delle risorse idriche, ma anche con la trasformazione dello spazio della partecipazione politica, delle forme di organizzazione sociale dal basso.

Dallo scorso autunno una moltitudine precaria, che fino ad oggi non sembrava avere reali capacità di ricomporsi e cospirare, sta invece dicendo e praticando delle cose molto chiare: lo ha fatto il 14 dicembre a Roma, nelle battaglie contro il business della mondezza, nelle battaglie dei precari e delle precarie, con il referendum dei mille comitati in difesa dei beni comuni vinto proprio nella sfida dell’indipendenza da partiti e sindacati, messi all’angolo di queste battaglie di massa per la loro irreversibile e decennale compromissione con le politiche di liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge che hanno arricchito lobby e rendite privando di senso tutti i nostri diritti sul lavoro e ben oltre il lavoro.

Questo è il messaggio che viene ignorato e lo Stato fa di tutto per continuare ad imporre la propria volontà, anche attraverso l’utilizzo massiccio di forze dell’ordine come vere e proprie truppe di occupazione, imponendo con la violenza e con lo stato di eccezione permanente, il governo del territorio contro la conflittualità sociale che vi può esplodere. E’ stato così 10 anni fa a Genova, dove eravamo 300.000 sovversivi e accade ancora oggi gridando ai black block in Val di Susa o continuando a colpire con denunce e arresti chi si batte tutti i giorni nelle lotte sociali.

Finalmente prove tecniche di ricomposizione di un popolo largo che, molto spesso a partire da quell’elemento unificante che è il territorio, afferma la propria indignazione e la propria indisponibilità a proseguire sulla strada del “cosiddetto” sviluppo, anche con posizioni radicalmente critiche nei confronti del neoliberismo e delle politiche di austerity. Perché un movimento intero dopo aver detto i suoi “No, ora basta” carichi di proposte sta scegliendo la strada della sovranità popolare esercitandone dal basso la materialità costituente. Lo fa nella Valle ribelle, lo fa attraverso i referendum, lo fa tutti i giorni resistendo nella precarietà di vita e di lavoro, lo fa occupando le case e difendendo i territori dalla devastazione delle speculazioni e delle grandi opere… perché ancora, 10 anni dopo un altro mondo non solo è possibile, ma anche praticabile!

Con Carlo, Antonio e Renato nel cuore

L.O.A. Acrobax Project

***

GENOVA, DIECI ANNI DOPO

Sabato 23 Luglio 2011 si terrà a Genova una manifestazionale nazionale, nata dall’appello “voi la crisi, noi la speranza”, dieci anni dopo il GB del 2001, al termine di una serie di giornate di iniziative nel capoluogo ligure.

Su Genova, e su questi dieci anni, molte cose si possono e si devono scrivere, discutere, dialettizzare – come sta accadendo nel moltiplicarsi delle iniziative in molte città, e come avviene nella quotidianeità delle nostre lotte e delle nostre vite.

Ma, a prescindere da qualsiasi valutazione, dieci anni dopo riteniamo categorico ed ineluttabile essere ancora nelle strade di Genova.

Per per quelli che  stanno partecipando al percorso di preparazione della manifestazione e per quelli a quel percorso non stanno partecipando, perchè impegnati in altre lotte o perchè magari allontanatosi dall’attivismo.

Per quelli che a Genova c’erano, e per chi quando veniva ammazzato Carlo erano ancora alle elementari od alle medie.

Per quelli che Genova hanno provato a dimenticarla, senza poterci riuscire.

Per quelli che Genova sembra un avvenimento lontano e leggendario, e per quelli che si sentono ancora addosso la rabbia ed anche la frustrazione

Per quelli che hanno trovato il senso di quella storia e di questi anni e magari pensano di aver sempre avuto ragione, e per quelli che ancora si sentono confusi, e per quelli che pensano di aver sbagliato ma non hanno rimorsi.

Per quelli che oggi lottano in Val di Susa, o sul proprio posto di lavoro o contro una discarica, e per quelli che si sono persi per strada

Per quelli che il 23 luglio già riempivano le strade di roma di rabbia e indignazione, e per quelli che per anni hanno avuto paura incontrando una divisa.

Per tutti noi, tornare a Genova si deve, riempire ancora le vie di quella città con i nostri corpi, i nostri desideri e le nostre paure, la nostre rabbia e la nostra memoria, le nostre storie e le nostre contraddizioni.

A Carlo Giuliani, ragazzo.

MANIFESTAZIONE NAZIONALE GENOVA 2011
www.genova2011.org

PULLMAN DA ROMA (partenza sera 22)

infoline: 06.96049359 – 329.9565127

MARTEDI’ 19 LUGLIO

dalle ore 19 alle 23 @ Generazione_P. Rendez-Vous
via Alberto da Giussano, 59 – pigneto
APERITIVO E CENA A SOSTEGNO DELLE SPESE DI VIAGGIO
E PER LA RACCOLTA DELLE PRENOTAZIONI

Alcune delle iniziative di questi giorni (ci spiace se ne abbiamo persa qualcuna)

20 luglio – città dell’altra economica

20 e 21 luglio – forte prenestino

21 luglio – teatro valle

20 luglio – centro sociale spartaco