Dagli Stati Generali della Precarietà: verso lo sciopero precario!

Immaginate se un giorno i call center non rispondessero alle chiamate, se i trasporti non funzionassero, se le case editrici che sfruttano il lavoro precario fossero bloccate, se le fabbriche chiudessero, se la rete ribollisse di sabotaggi, se gli hacker fermassero le reti delle grandi aziende, se i precari si prendessero la casa che non hanno, gli spazi che gli sono negati. Immaginate se i precari e le precarie incrociassero le braccia, diventassero finalmente protagonisti e dimostrassero che sono forti: il paese si bloccherebbe.

È così che immaginiamo lo sciopero precario, che è stato al centro della terza edizione degli Stati Generali della Precarietà, che si sono tenuti a Roma dal 15 al 17 aprile. Centinaia di precari e precarie ne hanno discusso, per fare sì che uno sciopero precario non sia più un ossimoro, cioè un’espressione che contiene due parole inconciliabili tra loro: sciopero e precario. Perché si sa, i precari non possono scioperare: sono soggetti a ricatti troppo grossi, hanno interiorizzato la sconfitta e la sottomissione al volere delle aziende, sono addirittura i datori di lavoro di se stessi, sono ricattati dal contratto di soggiorno per lavoro e dal razzismo istituzionale. Non vorranno davvero osare ciò che nessuno riesce nemmeno a immaginare.

Eppure… eppure a Roma abbiamo parlato di come riprenderci il diritto allo sciopero, di come usarlo per esigere un nuovo welfare del desiderio e non solo del necessario, che deve basarsi sul reddito incondizionato e universale, slegato dalla prestazione lavorativa, su una flessibilità scelta e non imposta, sull’accesso ai beni comuni, ai nuovi diritti e ai servizi per tutte/i, sul permesso di soggiorno slegato dal contratto di lavoro. Si tratta di una questione di libertà di scelta, di uscita dal ricatto della precarietà, di immediata redistribuzione della ricchezza. Abbiamo parlato di utopia, rifiuto, cooperazione, libertà di movimento.

Una cosa è chiara a tutte/i: il tempo di quella che abbiamo chiamato “narrazione della sfiga” è finito. La condizione precaria è sotto gli occhi di tutti, non c’è più bisogno di parlare dei nostri problemi individuali. È ora di passare all’attacco per dimostrare che la precarietà può fare male non solo a chi la subisce ma anche a chi la sfrutta. Dalla narrazione si deve passare all’esplosione della rabbia precaria.
È finito il tempo in cui la condizione di precarietà ci veniva presentata come una cosa temporanea, necessaria a preservare i diritti dei “garantiti” che oggi (vedi Mirafiori e Pomigliano) garantiti non sono più. È anche finito il tempo delle divisioni imposte, che vogliamo far saltare. La precarietà infatti è una condizione comune che può dividere, e la prima divisione da superare è quella tra migranti e nativi, rompendo lo scandaloso isolamento che i migranti vivono nei luoghi di lavoro e nella società e interrompendo il circuito che li rende clandestini. Lo sciopero precario, per la prima volta, colpirà i profitti delle aziende che ci precarizzano e sfruttano, che peggiorano ogni giorno le nostre condizioni di vita. Lo sciopero precario sarà il momento in cui l’intelligenza, i saperi, i trucchi e gli sgami di precari e precarie si rivolteranno contro chi li precarizza, e il lavoro migrante contro chi lo sfrutta.

Sarà lo sciopero dei precari ma soprattutto uno sciopero che nasce nella precarietà e si rivolge contro la precarietà. Un momento in cui, per la prima volta, non saranno precari/e e movimenti sociali ad allargare e generalizzare lo sciopero dei sindacati, ma in cui si chiederà ai sindacati di generalizzare e rendere possibile uno sciopero in cui i precari non sono solo società civile o testimonial ma pienamente protagonisti. Uno sciopero indipendente, che coltivi l’autonomia e la ricchezza delle pratiche quotidiane dei precari ma che si colleghi anche ai conflitti che stanno agitando tutta l’Europa. Uno sciopero fatto di cospirazione, di cooperazione, di forme creative per colpire le aziende tutelando i lavoratori ricattati, di blocco dei flussi di informazione e merci delle metropoli, cioè dei luoghi più alti di accumulazione e alienazione. I precari e le precarie vogliono ribadire che le loro condizioni sono al centro dei processi di creazione di profitto. E vogliono far sapere al paese che possono far male, colpire i profitti, creare un problema a chi li sfrutta. Pretendono di essere ascoltati.

A Roma si sono riuniti in workshop aperti e partecipati precari e precarie di decine di città, provenienti dai call center, dall’editoria, giornaliste, informatici, migranti, operaie, lavoratori del terzo settore, chi fa lotte per il diritto alla casa, chi riflette sulle questioni di genere e chi su un nuovo welfare possibile. Questa terza edizione degli Stati Generali ha coinvolto undici città da nord a sud della penisola, creando uno spazio aperto e inclusivo di cooperazione e relazione nazionale che vogliamo allargare ad altri soggetti che hanno voglia di sciopero precario. Da domani comincia il vero lavoro di preparazione dello sciopero precario, e da domani la nostra rete comincerà a esprimere in ogni occasione utile le nuove pratiche che l’intelligenza dei precari saprà mettere in campo: un processo di accumulazione in cui tutti/e siano coinvolti per comunicare, spiegare, costruire questo percorso attraverso laboratori cittadini per lo sciopero precario e reti nazionali tematiche. In attesa di aprire una piattaforma comunicativa condivisa di coordinamento, informazione e condivisione, le informazioni sugli Stati Generali e lo sciopero precario si troveranno su precaria.org e indipendenti.eu.

Inoltre abbiamo condiviso alcuni appuntamenti che attraverseremo per segnare il cammino verso lo sciopero precario:

* MayDay del primo maggio di Milano come momento di visibilità nazionale per tutta la rete e di lancio dello sciopero precario;
* il 26 e il 27 Maggio, giornate di mobilitazione internazionale contro l’austerity in occasione del G8 in Francia;
* una giornata di lotta dei e con i migranti contro l’attuale regime dei permessi di soggiorno, contro il razzismo di stato e per la regolarizzazione;
* un’assemblea degli Stati Generali a giugno, all’interno e in sostegno al Climate camp di Milano;
* un incontro nazionale di verifica comune del percorso e di preparazione dello sciopero precario entro settembre, preferibilmente in una città del sud.

Lo sciopero precario è una parola d’ordine che si moltiplica, una pratica da riempire di senso, un’idea che mette in movimento. Lo sciopero precario è quello di cui abbiamo bisogno. È quello che vi chiediamo di contribuire a rendere possibile.

17 aprile 2011 – I precari e le precarie riuniti a Roma nella terza edizione degli Stati Generali della Precarietà

Workshop Terzo Settore

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 16-18

I coordinamenti di lavoratori/operatori/operai del sociale di Bari e Napoli propongono l’organizzazione di un tavolo di discussione che si confronti sulle attuali condizioni di chi quotidianamente lavora nei servizi sociali e sanitari.

Il terzo settore, macchina di produzione di servizi, risente come tutti gli altri ingranaggi produttivi dei tagli e della riduzione di risorse finanziarie da parte dei Governi. La crisi del sistema finanziario è anche crisi del Welfare che si traduce in peggioramento delle condizioni lavorative di chi opera nelle diverse organizzazioni siano esse sociali, sanitarie, culturali.

Ritardi geologici delle retribuzioni, salari congelati, tempi di lavoro prolungati, massima precarietà e licenziamenti sono gli effetti che accomunano tutti i lavoratori, compresi quelli del terzo settore.

I tagli al Fondo nazionale politiche sociali (FNPS) in l’Italia rasenteranno l’80% nel 2012 e ciò determinerà una ulteriore scossa per le nostre già super precarie vite.

La situazione degenera a livello europeo e non solo:

Gran Bretagna: il Governo ha annunciato la soppressione di 500.000 posti di lavoro nel pubblico impiego, un taglio di sette milioni di sterline nel welfare, aumenti di tre volte delle tasse universitarie ecc…;

Irlanda: il Governo sta riducendo di più di un euro il salario orario minimo e le pensioni del 9%;

Portogallo: i lavoratori stanno affrontando una disoccupazione record;

Spagna: il socialistissimo Governo taglia brutalmente assegni di disoccupazione, l’assistenza sociale e sanitaria;

Francia: lo Stato continua nello smantellamento delle condizioni di vita e dopo le pensioni attacca la sanità;

Germania: l’accesso all’assistenza sociale diventa sempre più difficile e lo Stato taglia i benefit per disoccupati e precari;

Grecia: salari congelati, disoccupazione alle stelle e lo Stato esige sacrifici impossibili da parte dei lavoratori;

Stati Uniti: disoccupazione crescente, tasso più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Il Wisconsin lancia i primi segnali d’allarme;

Nord Africa e Medio Oriente si rivoltano rispetto all’insopportabilità della vita che questo sistema produce.

Mai come oggi lavoratori precari o futuri precari del sociale sono chiamati ad unire le loro forze per confrontarsi su strade da percorrere e strumenti di lotta di cui dotarsi per migliorare le loro vite.

Alcuni di noi hanno già iniziato ad incontrarsi: lavoratori del socio-sanitario di Bari, Napoli, Bologna, hanno avuto modo di confrontarsi rispetto alle diverse situazioni locali degenerate e in corso di accelerata disgregazione. E’ necessario allargare la rete e lanciare una piattaforma condivisa a livello nazionale per la ricomposizione di un blocco sociale che sappia imporre la sua direzione alle scelte governative.

Aspettiamo adesioni e proposte…

Crisi economica, precarietà del lavoro e conflitto sociale

proposto dai lavoratori e dalle lavoratrici autoconvocati/e

Generazione Precaria
Sabato 16 aprile
ore 11-13

Gli effetti dell’attacco padronale e governativo alle condizioni di lavoro e al reddito (dal Collegato Lavoro al Piano Marchionne, dalla destrutturazione dei contratti di lavoro allo statuto dei lavori), i limiti delle risposte sindacali, la costruzione dello sciopero denerale unitario e dal basso e le nuove modalità del conflitto sociale.

Verso lo sciopero del sapere precario

Generazione Precaria
Sabato 16 aprile
ore: 14-16

15 anni di riforme del lavoro e della scuola hanno cambiato profondamente le condizioni di vita, studio e lavoro di un’intera generazione, avviando un processo di precarizzazione che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite.

L’università contro-riformata è una fabbrica di precarietà. Saperi ultra-nozionistici, corsi di laurea specifici ma non specializzanti hanno totalmente dequalificato il mondo della formazione e della ricerca.

Il processo di precarizzazione diffusa ha portato a un sempre maggiore assoggettamento dei saperi alle linee guida stabilite da un’élite economica e politica. L’università è uno di quei luoghi dove agisce un dispositivo di governamentalità, di addestramento alle esigenze del modello di produzione.

La studentessa e lo studente sono un esempio concreto delle differenti forme di quell’esercito permanente d’individualità precarie. La stessa precarizzazione che sempre di più colpisce i ricercatori, che si ritrovano sottoposti a condizioni di lavoro insostenibili.

Appare così fondamentale, all’interno degli stati generali, costruire un workshop che ponga centralità a quali siano le pratiche per lo sciopero precario che il mondo della formazione e della ricerca possa mettere in campo per mettere in crisi questo paradigma di sfruttamento e valorizzazione.

Lo sciopero precario e il welfare desiderabile

(Ovvero il conflitto sulla condizione precaria come costituente della libertà di scelta)
Condivisione aperitiva delle pratiche e delle traiettorie comuni di co-spirazione

Generazione P
Sabato 16 aprile
ore 18-20:30

Senz’acqua ‘a papera non galleggia
(proverbio napoletano)

La produzione dinamica del conflitto è sempre autonoma e biopolitica. Ma essa è sempre, più o meno consapevolmente, la base della produzione e riproduzione statica e formale del diritto. La dinamica continua della lotta di classe che oggi chiamiamo precarizzatori vs precarizzati è la prosecuzione di quel sotteraneo movimento costituente che determina da sempre la norma costituita. Questa ne rappresenta la sintesi parziale, una fotografia sinottica di un determinato picco di conflitto e accumulazione di forza, rispetto alla quale il conflitto si (ri)presenta continuamente come eccedente.

Ad esempio il welfare state fu prima di tutto, prima della sua stessa auto-definizione, dispositivo di regolazione autoritaria della forma moderna dello Stato e, insieme, archetipo d’una sintesi normativa del ciclo di rivolte, moti insurrezionali e pratiche del comune nell’età dell’industrializzazione. E così poi è stato per la genesi delle forme contemporanee di regolazione del conflitto capitale/lavoro, tutt’intorno ai tentativi di rivoluzione operaia e alla produzione di nuove soggettività, dal new deal rooseveltiano sintesi ultima del sangue sacrificale degli IWW e dal keynesismo europeo sorto accanto alla macina sociale nazifascista fino agli statuti scanditi dai nuovi cicli di lotte nei “Trenta Gloriosi” e alla loro stessa crisi dentro la sottrazione crescente alla disciplina produttiva.

Oggi, nel tempo della crisi della misura del valore, l’idea di un nuovo welfare è in verità forma del desiderio di un’altra società e si presenta come potenza dell’impossibile. Significa, dentro l’esplosione della condizione precaria, volere tutto e darsene la forza. Così presentiamo questo workshop sui nuovi diritti delle precarie e dei precari, sulle proposte e piattaforme politiche di rivendicazione degli Stati Generali della Precarietà, come articolazione d’un discorso sperimentale, provvisorio, a partire dalla discussione sulle pratiche de llo sciopero precario. E cioè a partire dalle forme del conflitto, nella sua più complessa accezione bio-politica, di co-spirazione dei corpi e delle loro differenze, di complicità dei desideri e della loro eccedenza, di costellazione dei punti e delle traiettorie di attacco ai dispositivi del profitto e dunque al potere sulle vite.

E’ solo in questa cospirazione, in questa complicità e nella composizione di questa costellazione che può avere significato materiale quel disegno che abbiamo già chiamato welfare metropolitano e del comune. Non un obiettivo, bensì il terreno fattivo dello sciopero precario.

Precarietà e territori

Tavolo di discussione su precarietà e territori

I territori, che vogliamo considerare sin da subito tra i beni comuni da difendere e su cui organizzarsi, subiscono l’attacco speculativo della rendita, dei capitali finanziari e delle cricche d’affari. La mano della speculazione che non subisce momenti di crisi si allunga sul ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, sulle grandi opere costose inutili e dannose, sui grandi eventi dall’expo 2015 alle Olimpiadi di Roma 2020 e persino sulle catastrofi di terremoti, alluvioni e smottamenti. Ogni giorno in Italia, spesso in deroga ai piani urbanistici che si vanno via via deregolamentando, si consumano 100 ettari di suolo (come 100 campi da calcio) per farne centri commerciali e case che non verranno vendute eppure oggi i piani casa del governo e delle regioni continuano ad agevolare il settore delle costruzioni che lamenta crisi concedendo ricchi premi di cubatura e facili condoni. Paghiamo dunque la crisi anche attraverso la nuova corsa al cemento, il caroaffitti, l’invivibilità delle nostre città. La precarietà investe tutti gli ambiti della nostra vita, abitiamo nella crisi.

Sottrarre terreno metro dopo metro alla rendita, significa difendere i territori dalla devastazione ambientale, dalla loro messa a valore dentro progetti che producono solo nuova precarietà. Significa conquistare dal basso il diritto all’abitare per tutti, il diritto alla salute e ad un ambiente sano, a spazi pubblici e sociali fuori dalla logica del profitto.

Dentro questa terza edizione degli stati generali della precarietà, con i movimenti e le soggettività che li attraverseranno, vorremmo consolidare alcuni elementi di riflessione collettiva e di rivendicazione.

Ragionare inoltre le pratiche, nella continua sperimentazione anche intorno alla proposta dello sciopero precario intendendo la vita sociale e la produzione di valore dei territori al centro dei processi di precarizzazione e lo sciopero come pratica comune per contrastare i profitti e affermare un punto di vista precario contro la precarietà che ci impongono.

Voglia di sciopero precario: e tu che sciopero faresti?


Scioperare, di questi tempi, è diventato difficile, se non impossibile. Bisogna ripartire da zero. Dall’immaginazione di ognuno di sottrarsi ai meccanismi di profitto, produzione, valorizzazione, non solo sul posto di lavoro.  La precarietà infatti non è più solo una forma contrattuale, ma una condizione esistenziale, un dispositivo di controllo, una dimensione che riguarda i vari aspetti della vita. Ma allora, se la precarietà è ovunque, ovunque può esserci un precario o una precaria che si vogliono sottrarre, e scioperare.
Allora abbiamo deciso di auto-inchiestarci.  Naturalmente è un indagine che non ha valore sociologico e/o statistico, ma una vera è propria inchiesta-attiva che deve suscitare curiosità, spirito di immaginazione ma sopratutto idee ed attivazione cospirativa.  Vogliamo iniziare a capire qual’è potrebbe essere la nostra forma di sciopero.
Siamo partiti dall’assunto: cosa accadrebbe se ci fosse una giornata senza precari? Una giornata in cui i precari non spariscono, anzi si rendono proprio visibili. Nel nostro paese uno sciopero precario non c’è mai stato (in realtà è tanto che non si vede neanche uno sciopero generale), quindi c’è bisogno del più grande sforzo immaginativo mai fatto dalla cospirazione dei precar@ per organizzarne uno.
Uno sciopero sulla precarietà che deve parlare della nostra condizione esistenziale e generazionale. Non più nei termini di autonarrazione e autocommiserazione. Il racconto della sfiga lo fanno ormai i politici, i media, il papa.
La precarietà è diventata un feticcio ormai. Questo è il tempo della rabbia precaria, quella che vive nel presente e non può immaginare un progetto di futuro.

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Suggestioni

http://cualestuhuelga.net/

E tu che sciopero faresti?

Scrivi nei commenti qui di seguito  la situazione di precarietà in cui ti trovi e proponi il tuo sciopero precario..

SPQR. Sono Precari Questi Romani!

Il 19 Febbraio, a Roma, ci sarà un corteo per contestare gli Stati Generali  indetti da Alemanno.

Una delle ennesime vetrine organizzate da uno dei peggiori sindaci che questa città abbia avuto.

Una città che siamo abituati, da sempre, ad abbinare alla sigla SPQR, che nella nostra educazione dovrebbe rappresentare le origini della nostra città, la dicotomia del senato e del popolo e la sempre esistita contrapposizione ma fondamento della città.

Ma l’appuntamento indetto dal sindaco Alemanno sarà una vetrina di finta collegialità dove si sancirà ancora una volta la condanna, già attuata dal precedente sindaco Veltroni, della metropoli di Roma: essere la capitale italiana della precarietà.
Per questo motivo pensiamo sia appropriato ridefinire il significato storico dell’acronimo e del blasone  che rappresentano il simbolo della città  per attualizzarlo al presente in: Sono Precari Questi Romani!

La condizione di precarietà generalizzata è il fondamento attuale della nostra città. Per chi non ha parenti illustri o ben inseriti nelle municipalizzate  il lavoro a chiamata diretta si trasforma in lavoro a progetto, occasionale, intremittente, precarietà.

Sancita nei numeri dei contratti precari, con condizioni di lavoro capestro; una città basata sulle esternalizzazioni, sul lavoro nero, sul lavoro nei servizi, nel ricatto quotidiano fatto a migliaia di precari.
Sancita da un disoccupazione giovanile altissima senza nessuna forma di tutela sociale, dove quelli che dovrebbero essere diritti vengono elargiti come regalie.
Sancita da una precarietà abitativa enorme basata sulla speculazione edilizia e lo sfruttamento del territorio. L’unica garanzia per il nostro futuro è il cemento che ci sommergerà!

Per questo,  attraverseremo la manifestazione per esprimere il punto di vista precario nel tempo della crisi, per gridare la nostra voglia di sciopero precario, per rivendicare un reddito incondizionato diretto ed indiretto e nuovi diritti di cittadinanza.

Segui gli Stati Generali della Precarietà>partecipa, attivati, cospira
Sabato 19 Febbraio
Roma capitale della crisi
S.P.Q.R.: Sono Precari Questi Romani!

Avanti a sinistra con lo sciopero politico

26/09/2010

Ilmanifesto

Tommaso De Berlanga

Avanti a sinistra con lo sciopero politico

Oskar Lafontaine è uno dei pochi «statisti» espressi dalla Sinistra europea. Ieri era a Roma, alla festa nazionale della Federazione della Sinistra, per il confronto con Paolo Ferrero.
Mercoledì sarà presentata la riforma del patto di Maastricht; cosa prevede?
È un trattato neoliberista fin dalle origini. Il suo scopo è la stabilità dei prezzi, e questo porta a una politica economica sbagliata. Avrà per conseguenza l’aumento della disoccupazione e delle condizioni di vita precarie. Se l’Unione europea prosegue su questa strada, i problemi si aggraveranno.
Quale configurazione dovrebbe avere la Ue per evitare che le popolazioni vedano l’Europa come un nemico?
In molti paesi si registra già una disaffezione verso le elezioni europee. In Germania vota solo il 40%. Si è persa fiducia. I popoli hanno tutte le ragioni visto che le misure europee finora hanno portato al dumping salariale, sociale e fiscale. E il rischio è che la destra aumenti i consensi.
C’è una responsabilità della sinistra?
Se la sinistra non propone politiche alternative, la gente si rivolge alla destra. In Germania, invece, la Linke raggiunge il 12% e non c’è un partito di estrema destra. In tutta Europa la sinistra si pone il problema del governo; la questione decisiva è la credibilità.
Dall’inizio del prossimo anno, il bilancio sarà europeo. I singoli stati avranno meno spazio per politiche nazionali. Cosa dovrebbe fare la sinistra?
Bisogna capire cosa significa una moneta unica. Quando c’è, scompare un importante strumento di politica monetaria come la svalutazione o la rivalutazione. Oggi, in Europa, serve una politica salariale coordinata, che segua i movimenti della produttività. In caso contrario, avremo le tensioni attuali. Per esempio, in Grecia i salari aumentano troppo, ma la moneta non può essere svalutata. Al contrario, in Germania sono fermi, ma non si può rivalutarla. Una soluzione, per esempio, sarebbe aumentare i salari in Germania, mentre in Grecia li si modera. Altrimenti si sgretola la Ue.
È una proposta?
Abbiamo bisogno di un salario minimo europeo, stabilito per contratto. Ma vale anche per le tasse e i servizi sociali. La terza proposta proposta riguarda il potere. Una risposta per facilitare la redistribuzione dal basso verso l’alto è lo sciopero generale. A lunga scadenza, la soluzione è la redistribuzione delle ricchezze create dai lavoratori nel loro complesso, a livello delle grandi imprese. È necessario un nuovo ordine economico. E che lo stato prenda in mano la circolazione del denaro. La circolazione in mano ai privati non ha funzionato. Queste sono le cinque nostre proposte.
Quanto pesa il potere economico?

Il potere economico è per la vita delle persone ancor più importante di quello politico. La proprietà dovrebbe essere delle maestranze che l’hanno creata. Se lo stato dà soldi a Opel o Fiat, siano i lavoratori ad avere il controllo, non il management. La Linke non ha proposto la partecipazione statale, come in Volkswagen, ma quella dei lavoratori.
Cosa deve fare la sinistra per riguadagnare consenso a livello europeo?
Noi abbiamo il 12% perché abbiamo proposto un programma credibile e alternativo rispetto agli altri partiti. Che non hanno potuto esagerare nel diventare neoliberisti proprio perché c’era la Linke. Noi avremmo preso i loto voti, insomma; e i rapporti sociali sono migliori di quanto sarebbero stati altrimenti. Anche da noi si discute se partecipare a un governo oppure no. Ma la risposta è «sì» solo quando ci sono le condizioni per realizzare i progressi sociali reali, visibili, tangibili per l’elettorato.
È accettabile, come in Siemens, la sicurezza del posto di lavoro in cambio di minor salario?
Se lo fa una sola impresa può funzionare, se lo fanno tutte, no. E il sindacato diventa inutile. Il modello neoliberista è stato assunto dai partiti socialdemocratici, ma anche dal sindacato. È necessario un rinnovamento anche a questo livello.
Cambia qualcosa sul piano delle forme di lotta?
Le grandi manifestazioni non bastano. Le imprese e i governi ci sono abituati. Sono parte integrante di un «teatro». Bisogna incidere sui rapporti di distribuzione. Se la produzione viene paralizzata, allora c’è una reazione anche da parte delle classi dirigenti. Per questo la Linke ha per la prima volta nel programma anche lo sciopero politico. La tradizione socialdemocratica è sempre stata contro questa forma, per esempio.

Paniere precario ad Auchan: i precari tornano a scegliere

Roma, 28 gennaio: nel giorno dello sciopero contro il piano Fiat di Marchionne che è la punta di lancia dell’offensiva dei profitti nei confronti del lavoro e di ogni residuo margine di scelta su di esso, precarie e precari della città di Roma, giovani e meno giovani, indigeni e migranti, poco dopo le 17 si sono presentati al centro commerciale Auchan di Casal Bertone per reclamare la restituzione almeno di una parte simbolica dei profitti che sulle spalle d’un intero corpo sociale gettato nella precarietà vanno accumulando le Major multinazionali della crisi. (Guarda il video!)

Con un’azione di subvertising di una delle campagne pubblicitarie di Auchan, nella cui fortune tanta parte ha avuto Ifil cioè la finanziaria dell’impero Fiat, le precarie e i precari di Generazione P, Punti San Precario Roma, Acrobax Project e dei Movimenti per il diritto all’abitare (Coordinamento di lotta per la casa e Blocchi precari metropolitani), entrati nel centro commercial e, stanno ora reclamando davanti alle casse l’accesso al prezzo standard di un euro ad un “paniere precario” di beni conformi alla vita comune nel tempo della precarietà. Così le generazioni precarie partecipano a Roma alla mobilitazione odierna: affermando, come a Milano e nel suo hinterland con il blocco alla Marcegaglia e a diverse catene della grande distribuzione, il punto di vista precario che deve e vuole farsi valere nell’Italia della crisi.