La lotta per la casa contro la legge dei padroni – assedio al Tribunale civile

Oggi, 18 giugno, aderendo a una giornata nazionale di lotta contro la crisi, gli sfratti e le politiche di austerità, i Movimenti per il diritto all’abitare di Roma stanno assediando il tribunale civile di viale Giulio Cesare per impedire il dilagare degli sfratti per morosità incolpevole.

Il tribunale di viale Giulio Cesare a Roma sommerso dalla marea della protesta: contro gli sfratti, gli sgomberi e i pignoramenti, per il diritto alla casa e al reddito, non un passo indietro
La polizia carica e usa i manganelli, ma non basta: il popolo resiste, determinato a riconquistare i propri diritti. 20 tra feriti e contusi tra i manifestanti.

Aggiornamenti:
La lotta paga! Una delegazione dei movimenti per il diritto all’abitare incontra Morelli, presidente della sesta sezione. La richiesta è semplice: vogliamo la messa al bando degli sgomberi, degli sfratti e dei pignoramenti ADESSO!

Il presidente del tribunale Mario bresciano si impegna a chiedere al governo una moratoria sugli sfratti:

Il Presidente del tribunale concorda pienamente con l’idea che la pressione sociale sta salendo proprio a causa del problema casa, ha promesso che scriverà una lettera alla prefettura e al governo, e per conoscenza anche a Comune e Regione, per chiedere un intervento normativo sulla questione.

Contestato CDA della Sapienza, basta profitti sugli studenti

Udite, udite alla Sapienza stanno arrivando delle ingiunzioni di pagamento a più di mille studenti appartenenti alle fasce più basse di reddito, accusati di  aver dichiarato una fascia ISEE inferiore alla propria, e che quindi avrebbero pagato meno tasse rispetto a quelle dovute.

La cifra falsa e mendace corrisponde a 50 euro e la sanzione che gli studenti dovrebbero pagare per questo errore di dichiarazione è totalmente sproporzionata e ingiusta (multe che vanno dai 2000 ai 4000 €) : si basa sul calcolo del 50% della seconda rata della fascia massima (34esima fascia corrispondente a un ISEE maggiore di 99 000 euro) più una sovratassa pari al doppio della tassa universitaria totale annua , il tutto da saldare entro 30 giorni dall’arrivo dell’ingiunzione .

La pena in cui incorrono i presunti evasori fiscali, più volte minacciati di denuncia all’autorità giudiziaria, è il blocco della carriera universitaria, del recupero dei crediti e come se non bastasse l’esclusione per il futuro da agevolazioni allo studio come borse, riduzioni e calcolo delle tasse in base al reddito.

 

Dopo diverse settimane di proteste continue sotto al rettorato non abbiamo avuto risposte e cosi il 30 maggio abbiamo deciso di contestare il “Magnifico” Rettore Frati durante una delle ridicole e quasi provocatorie conferenze sui giovani nel mondo del lavoro .

Alla presenza di giornalisti, docenti ed altri illustri invitati, davanti alle nostre domande , il rettore non ha saputo dare risposte , contraddicendosi ripetutamente e cercando di sviare il discorso.

 

Peccato che, pochi momenti prima della conferenza, l’avevamo incontrato solo per i viali della Sapienza e, sollecitato a spiegarci la situazione , aveva iniziato ad inveirci contro tacciandoci di evasione e minacciando di chiamare la finanza.

 

Questa truffa ai danni di un migliaio di studenti della Sapienza sembra non volersi fermare, come se non bastasse le multe continuano ad arrivare inesorabili.

Tutto questo succede in un’ università martoriata da anni di tagli e riforme, dove viene smantellata ogni parvenza di diritto allo studio e in cui si mettono a valore saperi e persone in nome del profitto. Nel frattempo le risorse a disposizione dell’amministrazione universitaria vengono utilizzate per appalti milionari, stipendi vertiginosi e malagestione dei soliti noti, il tutto camuffato da un bilancio annuale indecifrabile e non trasparente.

Non accettiamo che all’interno dei numerosi CDA della Sapienza non si discuta mai dei  problemi degli studenti ma si trattino solamente le operazioni di facciata legate al feudo di Frati e ai suoi scagnozzi.

 

Chiediamo che vengano riviste le situazioni individuali di ogni studente , che vengano cancellate le multe erogate fino ad oggi e che vengano restituiti i soldi a chi per minaccia o disperazione è caduto vittima di questa truffa.

 

             Gli studenti e le studentesse della Sapienza

Per una rottura politica contro la governance neoliberista, video interventi

 

Presentiamo i video dell’incontro con Maurizio Lazzarato tenutosi ad Acrobax lo scorso 5 Aprile 2013 (http://www.indipendenti.eu/blog/?p=28505) introduzione a cura  del Lab Alexis, intervista a Lazzarato a cura del Lab Acrobax a seguire dibattito con interventi di:

 

 

 

 

 

Benedetto Vecchi del il Manifesto

Gianluca Pittavino del csoa Askatasuna Torino

Dario Lovaglio M15 Barcellona

Marco dello 081 Napoli

Federico Primosig attivista Stoccolma

 

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Occupata Inps a Roma verso l’assemblea del 29M *redditoxtutti

E’ stata una giornata di lotta quella di ieri per i precari e le precarie, studenti e disoccupati che si sono dati e date appuntamento, con la firma collettiva di Piattaforma x il reddito di base e i diritti, per andare ad occupare la sede centrale dell’Inps dietro piazzale Flaminio, a Roma. Una cinquantina tra centri sociali, disoccupati, collettivi di precari e lavoratori autoconvocati e cassaintegrati che, verso le ore 11, hanno fatto pacifica ma determinata irruzione nei locali dell’INPS al grido di profitti distrutti reddito x tutti.

Questo per denunciare non solo l’iniqua redistribuzione e allocazione di risorse nel sistema bloccato degli ammortizzatori sociali vigente, ma anche per manifestare la rabbia nel sesto anno della crisi per le condizioni impoverite e precarizzate che, una nuova e sempre ampia composizione sociale, subisce con la crisi economica. Le politiche di austerity che l’accompagnano e la intensificano, la rendono insopportabile a chi, per giunta, da anni vede ridursi quotidianamente il potere d’acquisto, negarsi il diritto alla casa, privatizzare il welfare e le reti di protezione sociale più consolidate, dai servizi sociali al sistema sanitario nazionale, divengono peraltro terreno stesso del processo di valorizzazione e speculazione finanziaria, fino alla privatizzazione e meccanizzazione dell’università al servizio esclusivo della valorizzazione del capitale e della logica dei profitti, all’impoverimento delle risorse per gli Enti locali a cui la governance relega prima competenze e responsabilità a cui poi gli stessi enti locali sono chiamati a corrispondere senza avere risorse e fondi adeguati da destinarvi.

Ma siamo tornati ad occupare l’Inps soprattutto per denunciare la rapina sistematica che, dentro il quadro di iniziativa di nuova regolamentazione del sistema previdenziale attuato dalla riforma Fornero-Monti, ha anche adottato la fusione tra Inpdap e Inps per far pagare all’attivo della gestione separata e complessivamente della cassa Inps i passivi abbondanti dell’Inpdap. Isitituzione che regola in maniera vergognosa il sistema previdenziale, tra gli altri, anche dei dirigenti della PA cioè quelli che, con stipendi e pensioni d’oro, hanno mandato in default il loro ente previdenziale e che pretendono essere risarciti dai contributi dei precari di oggi che saranno i pensionati poveri di domani.

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Si palesa e manifesta un vero scontro di classe e non strumentalmente come spesso viene definito generazionale.

Ma, ovviamente, la centralità del reddito di base come rivendicazione ricompositiva di quelle figure precarizzate nella giungla del mercato del lavoro sempre più segmentato e frammentato, è stata rimarcata e ripresa da tutti gli interventi che si sono succeduti al megafono mentre veniva occupato il 5 piano dell’edificio dove hanno sede gli uffici della dirigenza Inpdap.
Cosi come e’ stata colta l’ occasione per lanciare pubblicamente la prossima assemblea cittadina x il reddito, il 29 maggio prossimo alle h 18 a San Lorenzo presso Communia, per discutere di prossime mobilitazioni che andranno a costruire una campagna di iniziativa politica per il reddito di base e i diritti a cominciare da una bozza, da una carta d’intenti da cui vorremmo partire per condividere, con chi lo vorra’, un nuovo percorso di lotta.

http://www.inventati.org/redditoxtutti/

Assemblea cittadina x il Reddito di base e i diritti – 29M

Lo scorso 6 aprile una nuova ondata di occupazioni ha travolto la città di Roma.
I Movimenti per il diritto all’abitare, insieme a studenti e precari, hanno dato la loro risposta all’emergenza sociale prodotta dalla speculazione e dalla rendita immobiliare, aggravata da una crisi economica che rende le politiche di precarizzazione sempre più aggressive e le nostre vite sempre più ricattabili.

Oggi 15 maggio, giornata europea di mobilitazione contro l’austerity e di sciopero nazionale della logistica,  siamo in piazza per affermare che la montante emergenza abitativa è una delle manifestazioni peggiori del contesto attuale, ma non l’unica.
Si moltiplicano i licenziamenti, i diritti si livellano verso il basso, si è costretti ad accettare lavori pagati sempre meno e sempre più precari, quando non direttamente in nero. Non si ha diritto ad una casa, come non si hanno diritti sul lavoro. Così come non si ha diritto ad un reddito.

La precarietà è divenuta ormai una condizione sociale generalizzata, che pervade settori una volta considerati “garantiti”.  Tanto pressante che anche diversi attori politici istituzionali avanzano proposte di reddito le quali però si rivelano essere per lo più sussidi di povertà mascherati e volti a dare un po’ di respiro ad una produzione in continuo affanno.

Anche per questo motivo alcune reti sociali a Roma si stanno confrontando sulla necessità e l’urgenza di uno spazio pubblico che rivendichi da una parte la necessità di un reddito di base incondizionato, soggettivo, universale, senza distinzioni tra nativi e migranti,  dall’altra la riconquista di diritti sui luoghi di lavoro, la riduzione dell’orario a parità di salario, così come un salario minimo orario.
Provando a non porre i due termini in contrapposizione tra loro, ma in cospirazione, con l’obiettivo dichiarato di rovesciare il “ricatto del debito”  e far pagare ai profitti e alle rendite la crisi economica da loro prodotta.

Una vera e propria consultazione tra realtà sociali che lanci una piattaforma sul reddito di base e i diritti e che veda coinvolte tutte le esperienze che in questi anni hanno provato ad affermare questa rivendicazione su un piano di conflitto: collettivi di precari, studenti, disoccupati, movimenti per il diritto all’abitare, lavoratori in mobilità e cassa integrazione, il sindacalismo conflittuale.

Per rompere la solitudine a cui vorrebbero condannarci, per riunire quel che vorrebbero diviso e frammentato, perché la crisi devono pagarla loro.

Se il ricatto è la norma, diritto al reddito per i precar* e i disoccupat*!

 

 

29 maggio alle ore 17.30
Communia, via dei Sabelli 104.

ASSEMBLEA PUBBLICA

15 maggio giornata europea di sciopero sociale: una sola grande opera casa e reddito per tutti

Inizia presto la giornata che si apre con lo sciopero nazionale della logistica che qui a Roma vede protagonisti i blocchi sulla Tiburtina, una delle più importanti consolari di Roma. Nodo strategico della produzione dentro ed oltre le aree metropolitane, questo settore è ormai da mesi in mobilitazione, una lotta che vede la partecipazione attiva di lavoratori migranti oltre che autoctoni, sindacati conflittuali e realtà di movimento che negli ultimi mesi hanno supportato le pratiche di conflitto messe in campo con determinazione. Scioperi non testimoniali integrati da picchetti sociali e cortei non autorizzati che hanno prodotto quel bloccho della produzione innervata nella distribuzione e circolazione di merci, servizi e soprattutto della forza lavoro sociale, da quelle intelligenze diffuse che nei flussi materiali ed immateriali viaggiano nelle arterie della città.

Certamente un punto qualificante di questa giornata è stato il tentativo, la prova tecnica di connessione europea, transnazionale, un’importante sperimentazione di sciopero sociale europeo. La giornata continua con l’appuntamento a piazzale tiburtino dove parte il corteo. Una manifestazione determinata ed eterogenea di alcune migliaia di persone attraversa il quartiere di San Lorenzo per dirigersi verso il Ministero delle Infrastrutture. I protagonisti sono i movimenti per il diritto all’abitare che dopo la giornata di occupazioni diffuse in tutta la città del 6 dicembre hanno replicato il 6 aprile dando vita ad una nuova ondata di occupazioni che ha risposto alla gravissima emergenza abitativa in corso a Roma. “Una sola grande opera casa e reddito per tutti” è lo slogan che ricompone i diversi soggetti, che in maniera diversificata e stratificata, stanno subendo le politiche di austerity imposte sotto il ricatto del debito: precariato giovanile, studenti, disoccupati, migranti di prima e seconda generazione. Una manifestazione che si porta sotto i palazzi del potere circondando il ministero delle infrastrutture, riprendendo la piazza contro il governissimo di unità nazionale.

 Dagli interventi al megafono davanti al ministero si è ribadita l’incondizionata solidarietà al movimento Notav per l’attacco mediatico, politico e poliziesco che sta subendo in queste ore così come è stata posta la necessità e la volontà di costruire una grande mobilitazione nazionale che metta al centro il contrasto alle politiche di austerity che ormai stanno praticando un livellamento generale verso il basso dei diritti. La precarietà è divenuta una condizione sociale generalizzata che colpisce tutti attraverso licenziamenti, frammentazione e disgregazione sociale, disoccupazione di massa, controllo delle vite, indebitamento generalizzato, tutti dispositivi di un neoliberismo che sta minacciando la sovranità, la democrazia e i basilari elementi di coesione e benessere sociale. Abbiamo bisogno di una mobilitazione nazionale essenzialmente per due ragioni riportare sul piano nazionale le reali emergenze che abbiamo nel paese, subito, a cui gli enti locali – strozzati dal patto di stabilità – non possono più corrispondere. Cosi come solo un processo di movimento, che punti ad accumulare forza, anche con un passaggio nazionale, densità alle pratiche, diffusione di consapevolezza e soggettivazione, potrà riportare il conflitto sociale nelle strade, nelle piazze, assediando i palazzi del potere. E non basta e non finisce, lì, inizia.

Non abbiamo bisogno di richiami teorici e autoreferenziali sul nuovo soggetto politico della sinistra, percorso morto e sepolto per quanto ci riguarda, quanto quello di esercitare una rottura, costituente, dell’unico profilo possibile, che sia capace di coniugare i sogni alle aspettative concrete, di rivoluzionare gli assetti, le dinamiche decisionali, le agende e le priorità, dobbiamo mettere in campo un moto rivoluzionario, per dispiegare controdispositivi, destituenti, antagonisti, per costruire immaginari nuovi senza retoriche e ripetizioni cicliche delle epopee del passato.

Ci vediamo per le strade

Nodo redazionale indipendente

Sei costretto a lavorare il Primo Maggio? Esci dal ricatto e reclama reddito

Sei costretto a lavorare il Primo Maggio?

Esci dal ricatto e reclama reddito

 

Il Primo Maggio è la festa di tutti i lavoratori e le lavoratrici, anche quelli invisibili, precari e senza contratto che in questo giorno hanno il diritto di riposarsi, festeggiare e stare assieme.

Ma questo giorno di festa, frutto di un secolo di lotte durissime, è entrato nel mirino di chi vuole cancellare ogni diritto a favore dei profitti dei soliti noti: multinazionali, società della grande distribuzione, associazioni di esercenti, sostenuti a gran voce da alcuni sindaci, a partire dallo zelante Alemanno.

 

 

Oggi siamo nelle strade del centro di Roma piene di negozi aperti per sostenere il diritto al riposo e alla festa di tutti i lavoratori e per denunciare la continua erosione dei diritti, in un quadro in cui all’interno della crisi c’è chi continua ad arricchirsi e per tutti gli altri si chiude ogni orizzonte di possibilità.

Nelle ultime settimane il susseguirsi delle vicende istituzionali ha dimostrato con chiarezza, se ce ne fosse ancora bisogno, l’assoluto disinteresse dei “palazzi” nei confronti delle condizioni di vita di migliaia di lavoratori, precari e non, costretti ad affrontare licenziamenti, cassa integrazione e ristrettezze economiche in completa solitudine.

Portare avanti una battaglia per ottenere un reddito di base universale, per non accettare più il lavoro sottopagato, per rompere definitivamente il ricatto e lo sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori, affermare che ci sono diritti che non si possono acquistare o barattare e che la dignità dei lavoratori non è mai “risarcibile”; tutto questo vuol dire rompere la solitudine a cui vogliono condannarci.

 

 

Se il ricatto è la norma,

diritto al reddito per i precar* e i disoccupat*!

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#19A Roma Mobilitazione nazionale per il reddito

Dall’ingovernabilità al Reddito di garantito

Lo aveva detto chiaramente il risultato elettorale ma oggi quel messaggio si è perso nel vento. Ingovernabilità. Perché troppi sono i conflitti aperti o latenti nel nostro paese come negli altri a capitalismo avanzato. Non c’è più mediazione o riformismi possibili di fronte all’accaparramento progressivo dei beni comuni e del patrimonio pubblico, di fronte ai licenziamenti di massa con o senza articolo 18, di fronte ai miliardi che spariscono nella finanza globale attraverso gli interessi sul debito pubblico e i tagli al welfare con cui si pretende di appianare il deficit. Gli alfieri del buon governo si sbizzarriscono nel proporre nomi e personalità di rilievo con le quali lavare l’onta del malaffare diffuso e restituire un briciolo di credibilità alla politica. Ma la politica è l’arte della mediazione e qui non c’è più mediazione possibile tra chi paga tasse e contributi altissimi a fondo perduto: i nostri figli non trovano posto negli asili comunali, i nostri fratelli e sorelle non arrivano a pagare l’affitto tutti i mesi, i nostri genitori non trovano posto negli ospedali pubblici e a stento riescono a prendere una pensione da fame. Noi alla pensione non abbiamo neanche l’ardire di pensare. Nel giro di pochi anni si è portata avanti una massiccia opera di precarizzazione ed indebitamento delle nostre vite in un processo che, abbiamo visto bene in giro per il mondo, non ha certo il buon senso di fermarsi appena un metro prima del baratro, cliff. In altri paesi non molto lontano da noi i drammatici suicidi di chi si è trovato solo e disperato di fronte ad un potere sordo hanno innescato la miccia di rivolte dalle istanze profonde e radicali. Hanno innescato la liberazione dal senso di colpa su cui si fonda la società del debito. In colpa perché precario, perché studente fuori corso, povera o straniera, anziano o disoccupata. In colpa perché schizzinoso di fronte ai lavoretti che si trovano in giro, perché bisognoso di assistenza, aiuto e solidarietà, in colpa persino perché non voti e così facendo non ti schieri a favore del grande cambiamento. Non siamo in debito e tantomeno ci sentiamo in colpa. Abbiamo scelto di non suicidarci per l’ansia e lo stress che la crisi permanente produce sulle vite. Al contrario vogliamo avanzare nella consapevolezza dei nostri bisogni e dei nostri desideri, nella necessità di partire dal mettere in gioco le nostre vite dentro un processo di trasformazione che necessariamente deve porsi come indipendente e alternativo al modello capitalistico, né desiderabile né sostenibile. Con le occupazioni ci riprendiamo case, teatri, orti urbani, parchi e centri sportivi, sale musica, mense. Con le lotte vogliamo conquistare la dignità di ciò che ci spetta e la libertà di contro gli abusi di chi ci comanda. Per questo abbiamo deciso di partecipare e animare anche a Roma la giornata nazionale del 19 aprile che definisce il reddito esattamente come strumento di ricomposizione e conflitto. REDDITO-CASA-TRASPORTI-RIAPPROPRIAZIONE-DIGNITA’: non voto pretendo. #anzituttoredditopertutti #nondobbiamononpaghiamo

Volantino distribuito oggi presso Eataly #nondobbiamononpaghiamo

Questa crisi, più duratura persino di quella del ’29, la stiamo pagando tutti ogni giorno a caro prezzo. Capire di chi è la colpa non è semplice: probabilmente i primi responsabili sono i meccanismi del capitalismo finanziario globale che fanno il bello e il cattivo tempo con i tassi d’interesse sui debiti sovrani costringendoci attraverso le indiscutibili leggi della Troika a pesantissime misure di tagli ad un sistema di welfare già iniquo e martoriato e a nuove tasse in un paese come il nostro che contemporaneamente ha la più alta evasione e la più alta imposizione fiscale sui redditi da lavoro. Più facile, ma non scontato, è invece dire che noi non siamo in colpa né tantomeno in debito. Non vogliamo più sentirci in colpa per una crisi che non abbiamo creato, in colpa perché “choosy”, schizzinosi, se rifiutiamo un lavoro o un lavoretto di merda, magari al nero, in colpa perché “mammoni” che rimangono a casa di mamma e papà fino a 30 anni e oltre, in colpa perché figli di non italiani e quindi senza diritti, in colpa perché insolventi o protestati. L’unico welfare che abbiamo conosciuto è stato quello familiare ma ora i nostri genitori sono esodati, cassaintegrati, pensionati al minimo, inquilini morosi sotto sfratto, migranti che perdono il lavoro e con esso il permesso di soggiorno. E’ il momento per imporre la necessità di un reddito garantito per tutti e tutte: perché dobbiamo arrivare alla fine del mese, perché dobbiamo poter rifiutare i ricatti economici sul lavoro e nella vita, perché lavoriamo anche solo quando cerchiamo lavoro, quando studiamo, quando navighiamo su internet divenendo utenti da profilare, quando ci muoviamo per ore nel traffico di una città impazzita… persino quando facciamo la spesa! Noi precari, ultima ruota del perverso ingranaggio non siamo più disposti ad ingoiare menzogne e frustrazione: i soldi ci stanno ma non ce li danno. Siamo nati precari e precarie ma non ci vogliamo morire… Non pagare, lotta per rivendicare ciò che ti spetta! #nondobbiamonopaghiamo… istruzioni per l’uso: 1) Fai la tua spesa 2) Mettiti in fila alle casse 3) Mostra il volantino e chiedi lo sconto per te e per tutt@ Per oggi il 50% può bastare!

Lettera aperta al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, alla giunta e a tutti i neoeletti consiglieri regionali.

 

Dopo la scandalosa / fallimentare / drammatica esperienza dell’amministrazione Polverini, anche noi confidiamo che il rinnovato consiglio restituisca dignità a questa regione e renda giustizia a chi ne ha subito i torti più grandi.

Ci indirizziamo prioritariamente a Lei, Presidente Zingaretti, e alla sua squadra in quanto, nel ricco programma di governo emerge fin dai primi capitoli la volontà di un cambiamento radicale nel modo di lavorare della regione. Con un paragrafo dedicato all’utilizzo efficiente delle risorse, una indicazione chiara per la riorganizzazione  del sistema degli enti strumentali e un particolare riferimento al ruolo strategico di Sviluppo Lazio.

Siamo ex lavoratrici e lavoratori precari di questa agenzia, rimasti senza lavoro a causa di scelte incomprensibili e ingiustificabili di una amministrazione incapace e incompetente, che ha continuato a gonfiare le rendite parassitarie dei super-consulenti inutili e ha incassato come unico risultato lo spreco delle ingenti risorse dei fondi europei.

Siamo persone serie e qualificate che dopo aver lavorato per anni dentro Sviluppo Lazio, offrendo tutta la nostra competenza e disponibilità, malgrado rapporti di lavoro precari e illegittimi, definiti dalle forme contrattuali più odiose (lavoro dipendente mascherato da finte partite IVA, contratti a progetto, lavoro interinale e quant’altro) sono state lasciate a casa senza un futuro e senza dignità.

____ La nostra storia ____

Sviluppo Lazio svolge un ruolo strategico per lo sviluppo e l’attrazione degli investimenti, è il principale strumento regionale per l’attuazione delle politiche comunitarie, per la gestione dei fondi europei destinati all’innovazione, all’ambiente, alla cultura, alla coesione sociale, è interamente a capitale pubblico e riceve affidamenti in-house esclusivamente dalla Regione Lazio, che esercita sull’agenzia un controllo funzionale “analogo” a quello esercitato sui propri servizi.

Negli ultimi 2/3 anni, nel nome di una non meglio definita razionalizzazione delle risorse, decine di collaboratori precari di questa agenzia hanno perso il loro posto di lavoro entrando nel tunnel della disoccupazione, delle lunghe vertenze legali, della perdita di dignità e sicurezza.  Il lavoro precario si è trasformato in una vita precaria.

Con grande disinvoltura si è scelto di non rinnovare i contratti di collaborazione, che pure permettevano l’attuazione dei programmi finanziati con i fondi europei, mentre si è continuato impunemente ad affidare consulenze d’oro a pensionati e ad ex dirigenti fallimentari e a sperperare risorse in inutili eventi autocelebrativi e altrettanto inutili consigli di amministrazione.

I programmi di sostegno alle piccole e medie imprese, agli Enti locali, alle scuole, agli ospedali, per la cultura, per la ricerca e l’innovazione, per lo sviluppo sostenibile restavano al palo mentre l’azienda navigava a vista, senza un organigramma, senza una visione, senza strategie, e mandava in fumo milioni di euro dei fondi strutturali europei.

Sviluppo Lazio adesso è una società dove il numero delle figure apicali (dirigenti e quadri di 3°/4° livello) è superiore a quello dei dipendenti, con un consiglio di amministrazione eccessivamente numeroso e retribuito e con risultati di spesa sulla programmazione europea 2007-2013 tra i peggiori d’Italia e d’Europa.

La classe dirigente di Sviluppo Lazio e della passata amministrazione regionale, ha preferito dover affrontare decine e decine di cause e vertenze legali, con costi imprevedibili, piuttosto che razionalizzare realmente l’azienda e affrontare seriamente i propri compiti e i propri obiettivi.

____ Le nostre istanze ____

Alla nuova classe politica chiamata a governare la Regione Lazio

chiediamo che sia ristabilita giustizia ed equità:

–        attraverso il reintegro immediato di tutti i lavoratori e le lavoratrici espulsi senza motivo, ponendo fine a tutte le vertenze legali in corso;

–        attraverso l’individuazione delle gravi responsabilità del ‘servizio acquisti e risorse umane’ e dei vertici della società nella gestione del personale, nell’uso improprio di contratti di lavoro autonomo per attività di routine e negli inutili sprechi di risorse per consulenze altamente remunerate non giustificabili per lo svolgimento delle attività aziendali.

Proponiamo inoltre l’attuazione di una reale razionalizzazione delle risorse che comprenda:

–  una attenta e puntuale valutazione delle responsabilità dirigenziali nella mancata attuazione dei programmi europei e nella perdita di gran parte dei contributi relativi alla programmazione 2007-2013;

–  l’accorpamento di tutta la rete delle agenzie strumentali partecipate da Sviluppo Lazio (BIC, FILAS, Unionfidi ecc.) e lo spostamento in un’unica sede di proprietà regionale;

–  la riduzione del numero di consiglieri di amministrazione di Sviluppo Lazio e la soppressione dei compensi e del gettone presenza come previsto dalla normativa vigente (L 122/2010 art.6 co.2)

–  la pubblicazione on-line delle retribuzioni annuali e di tutte le informazioni previste dalla L.69/2009 art.21, di tutti i dirigenti, in quanto società interamente a capitale pubblico;

–  l’imposizione di un tetto massimo al reddito dei dirigenti, nonché un tetto massimo per la variabile “ad-personam” dei  quadri direttivi.

Il merito al futuro passa per l’idoneità alla lotta. L’università verso il #19A


“Odio e sovrastruttura, ma non lenisce il sale, che dio vi maledica, eroi della carriera,
limone asfalto sputo, mai più io sarò saggio … il mondo si è fermato, mò ce lo riprendiamo”

Partiamo da qui.

Mentre scriviamo Napolitano si affretta a capire egli stesso come finirà il suo neo-nato governo(?), guidato dai dieci “celeberrimi” saggi, che si annuncia in partenza in crisi, debole e lacerato da contraddizioni che probabilmente verranno acuite anche dall’azione dei grillini in parlamento.

 

Il governo del presidente è la denominazione scelta dai mass media per indicare la creazione da parte di Napolitano di un consiglio di dieci saggi, da cui dovranno uscire le nuove riforme di austerity imposte dall’Europa insieme a qualche altro provvedimento di facciata, ma da far passare ovviamente sotto la maschera dell’interesse prima nazionale e negli ultimi anni europeo,ovvero l’interesse di quelli che sono i ceti dominanti.

Tutto ciò in un quadro politico sempre più delegittimato con una crisi della rappresentanza sempre più acuita. Se poi entriamo nel dettaglio delle nomine va a cadere anche ogni velleità, per chi volesse farlo, di aggrapparsi alla parola saggi. Infatti risulta evidente come l’inserimento di Violante e Quagliarello sia il chiaro tentativo di far produrre a questi ultimi le riforme di austerity volute dalla governance europea, in modo tale da garantire a questi provvedimenti una maggioranza PD-PDL che i media definirebbero trasversale e che invece rappresenta solo l’espressione del ceto dominante. Insomma a parte che dare il senso del prestigio formale delle istituzioni volendo citare Onida, i saggi non servono a nulla, e se lo dice lui,che è uno di loro ci sarà da crederci.

L’aggravarsi della crisi ha accelerato negli anni i processi di aziendalizzazione dell’università, e la sua crescente dequalificazione non è per noi oggi un argomento nuovo, in quanto rientra nei progetti dei governi susseguitisi nel corso degli ultimi anni, da centro – destra a centro – sinistra, prospettandoci univocamente quel passaggio strategico di mutamento e trasformazione del mondo della formazione adesso materializzatosi, dall’università d’élite all’università di massa, dall’università di massa all’università del merito; Con tutto ciò che questo comporta: aumento progressivo delle tasse, tagli violenti alle borse di studio ,meccanismi di esclusione differenziale con facoltà universalmente a numero chiuso (con test d’ingresso ovviamente a pagamento), accelerazione dei tempi universitari, produttori da una parte dell’affanno per il presente per una sorta di debito morale nei confronti della famiglia che mantiene gli studi, dall’altra parte dall’affanno per il futuro, per il fantasma del fuoricorso accompagnato dall’incubo fittizio della decadenza degli studenti; l’incubo dello status di fuori corso si costituisce così quasi come una “strategia della tensione” dentro le facoltà, in quanto strumento che impone dall’alto ritmi serrati e irriducibili di produttività, stress, scarsa socialità, vita frenetica e volta alla competizione, quasi fosse una guerra tra poveri per accaparrarsi … non si sa cosa, tra l’altro.

I serrati ritmi di studio frenetici e volti alla produttività obbligano lo studente a vivere le facoltà per intere giornate, con il carico di spese che questo comporta, dai trasporti ai pasti fuori casa (dato che anche la mensa sta per diventare un ristorante escludente e volto alla ricca clientela), dal caro libri alla possibilità di usufruire di mezzi di formazione, che facenti però parte di un mondo basato proprio sulla mercificazione della cultura e del sapere, offre un panorama di inaccessibilità, come ad esempio cinema, teatri, librerie, corsi di lingua, mostre, viaggi, erasmus, e tutti dispositivi simili; d’altra parte assistiamo a tentativi di “individualizzazione” della carriera accademica e della formazione degli studenti, educati sin dall’ingresso ad una prospettiva di precarietà, incertezza e subordinazione già durante il percorso formativo, con la conseguente speranza (imposta) dell’acquisizione di Skill individuali: diplomi, tirocini, svariate lauree, master, dottorati, corsi di lingue, corsi di formazione, attestati vari, salassi per gli studenti e meccanismi di indebitamento per il presente e per il futuro.

Oltre al danno la beffa: non solo la disillusione totale di un futuro nel mondo del lavoro tanto decantato, ma anche lo sfruttamento durante il percorso di studi, palesato e giustificato da non si sa quale legge superpartes; mettendo solo per un attimo da parte le migliaia di studenti che sono obbligati a cercare un lavoro precario, in nero e per paghe misere per mantenersi gli studi, ci riferiamo a tutti gli studenti e le studentesse (nessuno escluso, in quanto previsto dal proprio piano di studi) a praticare stage e tirocini per mesi, quello che si configura come Free Labor, lavoro assolutamente gratuito e di sfruttamento.

Ecco perché i dati elaborati dal CUN, seppur fornitori di un dato importante, quello del calo del 17% delle immatricolazioni negli ultimi dieci anni, non ha scandalizzato lo studente universitario: lo svuotamento progressivo delle facoltà e l’eliminazione strategica di spazi e tempi di socialità all’interno degli atenei sono dati con cui facciamo i conti da almeno due anni; si aggiunge la diminuizione del 5% del FFO (Fondo Finanziario Ordinario), taglio di personale docente del 22%, soppressione totale del tanto decantato welfare universitario e l’ennesima applicazione della riforma Gelmini, ovvero sistemi chimerici di proporzioni per occludere ancor di più non solo la didattica già dequalificata e il sapere tecnico e specifico, ma anche l’accentramento di potere, bypassando il vecchio sistema delle facoltà per i nuovi Deus Dipartimentis.

Per tutte queste ragioni ci è sembrato fondamentale affrontare un’inchiesta tra gli studenti e le studentesse universitarie, per capirne un po’ di più sulle condizioni di vita di uno studente, che sia o no uno studente fuorisede, che sia idoneo, vincitore o magari anche per chi il fantasma delle borse di studio e dell’idoneità è ormai lontano, che sia semplicemente uno studente la cui famiglia vive pragmaticamente i costi della crisi e non sa più come affrontare spese giornaliere per caro libri, mezzi di trasporto e mensa inesistente o non garantita.

Tra centinaia di studenti e studentesse intervistati, risulta che il 75% fa ancora riferimento al welfare familistico, vivendo spesso ancora in casa con i propri genitori, lamentando un’insufficienza (o un’inesistenza) di servizi e di aiuti da parte dell’istituzione universitaria, sia per ciò che concerne borse di studio o diminuizione delle tasse (nei casi di fasce di reddito basse), o per ciò che concerne libri, posti letto e accesso a percorsi formativi (sopra menzionati); quasi il 90% è concorde nell’affermare come debba essere la stessa istituzione universitaria a dover provvedere a situazioni di questo tipo ormai tanto diffuse, e nel caso in cui ciò non avvenga viene rituenuta legittima l’occupazione di posti abbandonati (presenti in grande quantità nel territorio siciliano) per garantire posti letto gratuiti e la conseguente creazione di welfare.

Collegando tutto alla fase politica del Bel Paese il quadro si fa interessante: si, perché tra i migliaia di licenziati per fallimento, tra le famiglie che devono scegliere se a fine mese fare la spesa o pagare le bollette, altrimenti Serit ed Equitalia attendono già dietro la porta con la falce in mano, tra le fabbriche che chiudono, o peggio, restano l’unica possibilità di sopravvivenza a cui aggrapparsi seppur dispositivi che pongono i lavoratori davanti al dilemma se scegliere di morire di fame o scegliere di morire di malattie per inquinamento (come l’Ilva di Taranto insegna); tra la cassa integrazione, che raggiunge i massimi storici, ammortizzatore sociale utilizzato tra l’altro come mezzo di controllo, discriminatorio e soprattutto disgregativo e atomizzante all’interno degli stabilimenti (vedi Fincantieri), e\o comunque destinato a breve vita in quanto ridotto al midollo e garantito sempre a breve scadenza per tentare di livellare il conflitto sociale(vedi Gesip);tra tutte queste situazioni si inserisce il grande dato della disoccupazione giovanile, questo 37% (che al sud raggiunge il 40%) di esercito di riserva, che si illude ancora che, seppur l’università abbia smesso da tempo di far da ascensore sociale, esista ancora qualche possibilità di futuro, magari all’estero (dato che l’Italia è il paese che spende meno nel mondo della formazione),o magari per chi si trova nelle fasce alte di reddito.

La soppressione di welfare studentesco e servizi universitari è sentito ormai da chiunque viva l’università: particolarmente da chi ha ricevuto l’idoneità ma non la borsa di studio, dunque nessuna retribuzione economica; da chi non è rientrato nelle striminzite graduatorie per i posti letto nel pensionato ed è costretto a pagare un affitto mensile pari a 200 euro e spesso costretto ad essere uno studente lavoratore; La “caccia al reddito” ci spinge a lavori sottopagati e precari che sottraggono tempo ed energia al nostro studio e alla nostra vita. Assistiamo di anno in anno alla continua chiusura di mense e studentati mentre i sindacati studenteschi restano aggrappati a battaglie(?) resistenziali soprattutto per quanto riguarda la rappresentanza studentesca, triste strumento per accumulazione di tessere e finanziamenti.

Se il modello che ci viene imposto è questo, se davvero la formazione deve essere una corsa all’acquisto di competenze allora reclamiamo parità di diritti, in questo caso economici;

Nell’ultima fase della sua vita, Foucault porta la sua analisi del linguaggio da un ordine del discorso alla necessità di una costruzione di un linguaggio antagonista, che si inserisce nella vita” volta a dire il vero, la vita altra, quella della militanza rivoluzionaria”; ci siamo spesso ritrovati a discutere della mistificazione del linguaggio dalla controparte e della necessità di ribaltamento, attraversamento e ri – costruzione autonoma di questo, che deve proporsi come linguaggio diffuso e generalizzabile. A ciò si legano immediatamente i nostri strumenti nella lotta dei saperi, un’autoformazione che producendo saperi autonomi sempre al di là della barricata deve porsi come produttore di posizionamenti e resistenze popolari, ricomposizioni, ricombinazioni del lavoro vivo, e una conricerca che nel suo ruolo essenziale di rottura epistemologica deve volgersi a creare da una parte una visione materialistica dentro la composizione, dall’altra, consequenzialmente, a sviluppare forme di tendenza di rottura e forme di organizzazione politica delle lotte.

In campagna elettorale abbiamo sentito accennare dal movimento 5 stelle al ritorno sul campo di parole come “reddito di base”, “reddito garantito”, o “reddito di dignità”, nelle sue varianti; il passaggio dal ritorno in campo delle parole, all’azione politica nel campo dei territori sta a noi!

Lotta per il reddito si, ma come pratica di intervento sui territori e prospettiva di avanzamento e massificazione delle lotte e dei conflitti generalizzabili, attorno alla battaglia che abbiamo definito “per un welfare degli usi e delle riappropriazioni,cioè un movimento dei bisogni reali di parte” , per un soddisfacimento dei bisogni per contrattaccare nei territori dai movimenti.

Ecco dove c’entra il ribaltamento del linguaggio che citavamo poc’anzi; I discorsi della controparte, le norme, le retoriche e le logiche atte al nostro asservimento vanno ribaltate e usate per rilanciare percorsi di lotta e riappropriazione. La battaglia si gioca sulla loro scacchiera, siamo noi a schierare i pezzi e a dover fare l’ultima mossa.

Ecco perché riteniamo sia opportuno rilanciare rivendicazioni,riappropriazioni e riconquiste che si configurano così , dopo questa attenta analisi essenziali per la nostra vita , il nostro diritto alla felicità, ovvero alla liberazione dal giogo del debito e della precarietà che può e deve passare attraverso il rilancio di esperienze di autogestione, riappropriazione di welfare diretto e indiretto e la conquista di spazi in cui organizzare le lotte e i saperi di studenti e precari che attraverso il lavoro finanziano la produzione di un sapere merce che genera profitti per pochi a discapito di molti; siamo consapevoli che gli strumenti del welfare, fin dall’epoca keynesiana, hanno sancito l’accordo tra capitale e lavoro, e che hanno come caratteristiche intrinseche un ruolo di disciplinamento e una falsa promessa di emancipazione; è altrettanto vero che il reddito, come si è detto “è un tema che ritorna”, che va inchiestato, e continuamente, perché segue le mutazioni dei rapporti di produzione e i mutamenti degli scenari della crisi, quelli che a noi sta attraversare.

Riteniamo sia dunque indispensabile la realizzazione di pratiche tese alla riappropriazione di rendita finanziaria. Il nodo del reddito, della riappropriazione dal basso sono quelli attorno a cui costruire lotte, progettualità politica , organizzazione e massificazione del conflitto. A partire,perché no, da un 19 Aprile di lotta, che si prospetta un varco, un’occasione, uno scenario interessante, un momento di conquista.

Se è vero che “Grande è la confusione sotto il cielo…

Collettivo Universitario Autonomo – Palermo

 

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