Dallo sciopero sociale al comune in rivolta >> Alexis occupato Ma chi ha detto che non c’è…..

Fa un certo effetto, va detto, scrivere da qui, da Alexis, lo spazio che abbiamo liberato il 6 dicembre, in una nuova giornata nazionale di mobilitazioni, dopo quella del 14 novembre, in cui si sono sperimentate importanti pratiche di sciopero sociale.

Difficile capire cosa succede quando si occupa e descrivere la magia delle soggettività che attraversano gli spazi autogestiti ed autorganizzati. Ci si chiede cosa si sta muovendo nella pancia e nella testa dei compagni che si ha al fianco, con cui si condividono i picchetti, le assemblee, le chiacchere, i lavori, i pasti, gli sbattimenti di ogni genere. Di sicuro qualcosa di stupendo, fuori dall’ordinario, altrimenti ci si chiederebbe “chi ve lo fa fare?”: il freddo, il poco sonno, la stanchezza, le paranoie e tutto il resto. L’alchimia che si sviluppa all’interno delle lotte è qualcosa che risveglia gli animi, costruisce alterità, cooperazione nel conflitto, scioglie la tensione, emoziona. Vedere chi dopo due ore di sonno va a lavorare e torna in tempo per fare i mille lavori, chi si porta il lavoro dietro o studia al freddo tra un picchetto e un altro. Ecco cosa si intende, per noi, quando si parla del comune in rivolta.

Si parla di un’energia che non si può distruggere per quanto da sola si riproduce all’interno di questi processi. Ed è proprio il calore collettivo che sta producendo il valore aggiunto in questi freddi giorni invernali, un’energia sociale che pratica nuove forme di solidarietà e mutuo soccorso tra i soggetti colpiti dalle politiche di austerity. In questi pochi giorni abbiamo visto portare solidarietà all’occupazione dai lavoratori dell’Acea, dagli abitanti del territorio, da chi ci lavora, gli operai dell’Italgas ci hanno regalato i loro buoni pasto promettendo di tornare il mese prossimo se saremo ancora qui, motorini che passando e urlano “non lo dovete lascià più sto posto!”. Da quando abbiamo occupato vediamo aumentare le persone che diventano occupanti, che si interessano, che vogliono far parte dell’esperienza. Siamo partiti un anno e mezzo fa con un’inchiesta sulla precarietà abitativa tra gli studenti di un’università “modello” come quella di Roma Tre, nata già riformata secondo i criteri del mercato. Con tanta determinazione e con la voglia di sperimentarsi, perché ci credevamo veramente, siamo arrivati ad occupare spinti anche dalla forza di una giornata in cui tanti e tante sarebbero scesi nelle piazze, si sarebbero riappropriati di pezzi importanti di reddito mettendo in campo diverse pratiche di sciopero sociale. Non sara’ forse ancora lo sciopero sociale capace di generalizzare le lotte contro l’austerity, in grado di mutare i rapporti di forza in questa giungla di precarietà, ma una tendenza la si può cominciare finalmente ad intravedere.

Sarà una strada lunga che parte dai bisogni e vuole arrivare a realizzare i sogni.

Sarà una strada lunga perché non ci sono scorciatoie, deleghe a partiti e sindacati o capipopolo, quando un processo sociale e’ vero, o diviene collettivo o semplicemente non sarà.

Siamo dunque partiti dall’inchiesta metropolitana perché il bisogno non è solo l’emergenza ma una complessità di desideri negati, l’impossibilità di autodeterminarsi. Attraverso il processo d’inchiesta abbiamo compreso che oggi i bisogni non si percepiscono più direttamente ma piuttosto in relazione ad una necessità di cambiamento e trasformazione radicale dell’esistente. E allora forse possiamo dire che Alexis occupato non parte esclusivamente dai bisogni ma anche dai desideri. Questa è l’utopia concreta da cui ripartire. Ma chi ha detto che non c’è Non si può forse dire lo stesso di quelle lotte di resistenza, che iniziano con un NO, e che poi cominciano a portare elementi di proposta, “dal no, all’alterità”, passando dalla resistenza ai percorsi di indipendenza, le necessarie lotte contro l’austerity?

Allo stesso tempo abbiamo visto in questi anni momenti di forte conflitto e radicalità che però evidentemente non hanno sedimentato cio’ che e’ necessario esprimere: eppure quelle piazze erano piene, quei corpi c’erano e molto spesso hanno deciso di resistere. Ora bisogna avere la capacita’ di passare dalla resistenza alla produzione dell’alterita’ politica.

Crediamo che la riappropriazione diretta del reddito che ci spetta (sotto forma di case, spazi di socialità e relazione, di saperi) possa rappresentare la chiave giusta per ricomporre precari e precarizzati, tenere insieme conflitto in cooperazione, rabbia e amore. Un reddito che vogliamo incondizionato e per tutti.

Dagli zapatisti abbiamo imparato todo para todos nada para nosotros. Da questa occupazione si aprirà un’ulteriore lista abitativa, una lista non dell’emergenza ma del desiderio, una lista della disponibilità a rendere riproducibile la pratica della riappropriazione. Vogliamo creare complicità con questo territorio ribelle e con chiunque nella metropoli e in Italia crede si sia aperto un processo costituente che tende al cambiamento radicale e dal riappropriarsi delle case passeremo a tutto quello che ci hanno sottratto. Siamo realisti, vogliamo tutto, vogliamo l’impossibile.

In questo senso vogliamo resistere ad un eventuale sgombero che altro non sarebbe che uno sgombero di ordine pubblico dovuto all’assenza di una qualsivoglia capacità di risposta politica. Non era mai successo a Roma che così tante occupazioni avvenissero in un solo giorno eppure i giornali e i media non ne parlano, nessuna dichiarazione del sindaco né della pseudo opposizione.

La politica abdica in favore delle forze del (dis)ordine. Dal silenzio trapela la preoccupazione degli organi istituzionali, dei dispositivi repressivi e dal potere rispetto ad una possibile generalizzazione del conflitto.

Di fronte a loro troveranno una generazione non più disposta a mediare, senza più ansia del futuro solo con il desiderio di resistere un minuto piu’ di loro. Quella dei precari di seconda generazione che vivono in un presente dilatato, tra lavori intermittenti, disoccupazione giovanile, nell’assenza totale di diritti. Di fronte a loro una rabbia diffusa e’ pronta ad esplodere ed un contesto sociale deteriorato e pieno di rancore. Di fronte a loro una crisi della rappresentanza che lascia spazio ad ambiguità e vuoti che se riempiti dai movimenti possono diventare qualcosa di potente. Ci si vede dalla parte giusta delle barricate.

Roma. Ondata di occupazioni. comunicato STUDENTATO/CASA DEI PRECARI –ALEXIS

Ieri abbiamo occupato lo stabile in via Ostiense 124 e lo abbiamo chiamato Alexis, perché quando diciamo che i compagni/e vivono nelle lotte, ci crediamo veramente.

Infatti la giornata di ieri è stata una grande giornata di lotta, una giornata di cortei, di occupazioni e di risposta reale .

Lo avevamo detto, scendere in piazza a consumare le strade non ci basta più, cominciamo a portare elementi di proposta, luoghi dove sperimentare il comune e le possibilità oltre l’esistente, oltre il capitalismo.

Alexis vuole essere uno spazio aperto alla città, vuole essere una risposta abitativa per gli studenti che non hanno alcuna agevolazione da parte delle università dal punto di vista di alloggi che vengono messi in affitto e nei quali l’accesso è sempre più limitato se non sconveniente, visto il decentramento degli alloggi che spostano il problema abitativo con quello della mobilità, oltretutto concepiti come mini-caserme (documenti all’entrata).

Ma Alexis vuole anche uscire dalla situazione prettamente studentesca in quanto poi parlare di soggettività studentesca oggi è qualcosa di molto difficile, preferiamo parlare di precari in formazione, essendo questo soggetto inserito da subito nella totale  precarietà, e quindi pensare ad una casa anche dei precari e delle precarie in un contesto sociale e con un mercato del lavoro non solo disastroso, ma sempre più portato verso il baratro da parte delle misure di austerity messe in campo per il mantenimento del sistema economico-politico.
Tutti noi siamo già da tempo nella giungla della precarietà e ci ritroviamo nel “gioco” delle 47 modalità contrattuali o a nero a dover accettare lavori sottopagati e prese in giro varie, qualcosa di sempre più diffuso, ma la necessita di non accettare questa condizione si fa
sempre più forte.

Alexis quindi si colloca in uno spazio cittadino, di una citta dove l’abuso edilizio e la speculazione sono altissimi, dove  sono più le case senza persone che le persone senza case, ma anche direttamente nello spazio territoriale dove a pochi metri si compie una grandissima speculazione su quello che era l’ex “quartier generale” acea tenuto in affitto al costo di un miliardo e mezzo l’anno da parte della regione , vuoto e frutto delle speculazione di più privati, aziende , costruttori noti e in un territorio che subisce fortemente in maniera
negativa la presenza di una grande fabbrica, la fabbrica del sapere di Roma3.

Allo stesso tempo Alexis vuole collocarsi in uno spazio transnazionale ed Europeo, perché sente forte il bisogno di una connessione e di generalizzare il conflitto in tutti gli ambiti sociali, sente il forte bisogno di cambiamento e di alterità, vuole darsi come tendenza lo
sciopero sociale.

Rivendichiamo reddito, perché non vogliamo piegarci al ricatto del lavoro sottopagato e dello sfruttamento e lo facciamo riprendendocene un pezzetto, smettendo di pagare l’affitto e le case, i soldi che buttano, con cui speculano, devono cominciare a darli alle persone.

Stamattina hanno sgomberato l’occupazione di Sette Camini e, mentre scriviamo, sappiamo essere in atto altri tentativi di sgombero, ma anche conseguenti mobilitazioni per rispondere subito ad ogni intimidazione; noi portiamo la nostra vicinanza e complicità e sappiamo tutti e tutte che anche se sgomberati, non finisce qui.

Oggi pomeriggio invitiamo tutte le realtà di movimento, tutti soggetti singoli, gli abitanti del quartiere, studenti e chiunque voglia, ad intervenire e a prendere parola con noi in un’ASSEMBLEA PUBBLICA CITTADINA e a sentirsi complici di un progetto ed una prospettiva, che tende al cambiamento non solo possibile ma necessario.

L’appuntamento è venerdì 7 dicembre ore 18 in via Ostiense 124, nel nuovo studentato/casa dei precari Alexis

Nuova Occupazione Abitativa di Studenti e Precari in ricordo di Alexis

6 dicembre 2012 >> Roma >> Sciopero sociale.

Contro la crisi che ci nega il presente, ci riprendiamo uno spazio abbandonato come nuova occupazione abitativa di studenti e precari… perché vivere non è sopravvivere.

 

E’ NATO…
Oggi nella giornata di sciopero sociale e mobilitazione studentesca é stato liberato ed occupato da un gruppo di studenti e precari lo spazio di via Ostiense 124, da anni consegnato al degrado per l’incuria delle amministrazioni interessate solo agli affari con le cricche.

… è uno studentato!

perché molti di noi sono studenti dell’università Roma Tre.

Abbiamo pagato anni di affitti alle stelle, senza contratto, tra un lavoro precario e l’altro senza mai trovare il tempo di affrontare gli studi al meglio. Abbiamo capito fin da subito che l’università, sempre più inaccessibile, ha perso il suo ruolo di ascensore sociale e ci offre solo bassa formazione. Ci hanno sbattuto in faccia la totale inefficienza dei servizi per il diritto allo studio di Laziodisu e la totale mancanza di una qualche politica abitativa.

… é la casa delle precarie e dei precari!

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sia perché l’università è già un’azienda e lo studente è già un precario. Sia perché tutti siamo precari*: chi finto lavoratore autonomo pagato con voucher o partita iva senza contributi né diritti, chi disoccupat* o sottoccupato perennemente in cerca e persino chi un lavoro ce l’ha ma ugualmente conosce il baratro di un sistema che non garantisce reddito sufficiente per vivere né tantomeno la possibilità di costruirsi un futuro.

… é molto di più!

Quella abitativa è la prima emergenza sociale a Roma: Student* costretti nella mancanza di garanzie dell’affitto in nero, lavorator* precar* strozzati da mutui e affitti, migranti discriminati e costretti a vivere ammassati in 20 in un appartamento o direttamente per strada. Nel contesto di crisi perenne in cui viviamo la mancanza di un tetto non è soltanto un problema delle fasce sociali più deboli ma un dramma per tutti. Eppure le risposte che riceviamo dai nostri amministratori e governanti sono gli sfratti, la svendita degli immobili pubblici, l’abbandono dell’edilizia residenziale popolare, la speculazione e le parentopoli diffuse.

 

Abbiamo smesso di credere alle chiacchiere, alle promesse, alle elezioni e oggi, con tutti i Movimenti per il Diritto all’Abitare di Roma,  ci riprendiamo una casa, un pezzo di reddito, un pezzo di vita! Perché è l’unica cosa che possiamo fare, perché è l’unica cosa che vogliamo fare.

Vogliamo dedicare questa occupazione ad Alexis Grigoropoulos, ragazzo di soli 16 anni ucciso dalla polizia in Grecia 4 anni fa, perché i nostri bisogni erano i suoi, perché i nostri desideri e le nostre lotte ci uniscono per sempre.

 

Invitiamo tutte e tutti a partecipare all’assemblea pubblica che si terrà oggi stesso, 6 dicembre, alle 16.30 ovviamente nel nuovo spazio riappropriato di via Ostiense 124.

La nostra risposta alla vostra miseria!

Ci troviamo a scrivere questo breve documento perché sentiamo di avere una responsabilità: quella di reagire!

Camminiamo per le strade di San Paolo, un territorio devastato dalla nascita e continua espansione dell’Università di Roma Tre. Molt* di noi sono iscritti alle diverse facoltà che nascono come funghi, ma il tempo per poterci stare al meglio è sempre meno. Ci barcameniamo tra lavoretti precari e sfruttamento perenne, affitti in nero esorbitanti e la casa dei genitori, servizi di trasporto sempre più cari e sempre meno efficienti. La scelta è tra affittare una stanza nelle periferie e spendere tempo e soldi per muoversi da una parte all’altra della città oppure affittare a 100 euro in più vicino all’università; Farsi venire l’ulcera tra un lavoro di merda e l’altro o farla venire ai nostri genitori che si indebitano sempre di più per pagarci gli studi. Oppure meglio ancora sarebbe non iscriversi per niente all’università e buttarsi subito subito nel carnaio della disoccupazione.

Eh sì, perché mentre diminuisce il tempo per lo studio aumenta l’amara consapevolezza che questa tarantella è soltanto un girare a vuoto. L’università ha perso per sempre il suo ruolo di ascensore sociale. Ci stritola nella morsa della bassa formazione (proliferare di corsi frammentati, dequalificati e non spendibili nel mondo del lavoro) e la non accessibilità (aumentano le tasse, gli sbarramenti all’ingresso e i percorsi di eccellenza) e ci costringe nel baratro della formazione perenne. La definiamo “azienda” non solo perché i privati possono entrare nei consigli di amministrazione, ma perché si fa essa stessa macchina precarizzatrice. Il sapere è messo a servizio della produzione e lo studente non è più soltanto un precario in formazione ma un lavoratore non pagato a tutti gli effetti.

Quella di Roma Tre poi è la classica università vetrina, che ha fatto dell’apparenza e delle bugie la sua unica politica. Siamo rimast* sbalorditi davanti un servizio di Costume e società (rubrica del tg2 dedicata agli approfondimenti all’attualità) che snocciolava le innumerevoli agevolazioni agli studi, la straordinaria efficienza dei servizi di Laziodisu, l’ottimo sugo per la pasta della fantastica mensa. Già peccato che le tasse aumentano ogni anno di più, i fondi per le borse di studio non bastano e anche chi risulta idoneo nelle classifiche di fatto non può usufruirne, la mensa è una sola, lontana praticamente da tutte le facoltà e conveniente solo per chi rientra nella prima fascia iseeu, i pochissimi alloggi (piccole gabbie in cui è obbligatorio tornare entro le 24 e mostrare sempre il documento ) stanno fuori dal raccordo e sono comunque a pagamento, i concorsi per accedere a questi servizi sono una trappola burocratica mirata all’ulteriore scrematura dei richiedenti. Le ciliegine sulla torta l’agenzia degli affitti di Roma Tre e la card “Me lo merito” destinata ai giovani residenti più bravi e belli e che prevede riduzioni in base al reddito e alla media universitaria! E i nostri cari rettori e ministri ci vengono anche a parlare di merito! ma la verità è che noi ci meritiamo tutt* tutto e loro invece soltanto un bel calcio nel culo!

Altr* di noi sono già usciti dall’università e si ritrovano precari, laureati, super specializzati, dottorati, masterizzati, molto incazzati, disoccupati, cassaintegrati. Non abbiamo mai avuto il “privilegio” di un contratto sicuro di lavoro, non abbiamo mai visto un sussidio e probabilmente non vedremo mai una pensione. Lavoriamo per pochi spiccioli all’ora e sempre più spesso svolgendo una professione che non ci compete, senza diritti e con tanti doveri, siamo stufi di accontentarci, di tirare a campare portando a casa un po’ di pane da condividere con i nostri coinquilini, e si perché vivere da soli anche dopo gli studi è oramai un lusso come lo è permettere di tirare su una famiglia. Siamo stati accusat* dai politici di turno di essere “bamboccioni” , “l’Italia peggiore” perché precaria , “sfigati” che si laureano tardi e si ostinano a ricercare un posto fisso in fondo “monotono” e di essere “choosy” nella scelta del primo lavoro.

Da qualche anno squallidi governanti, tecnici indesiderati, eccelsi giornalisti e grandi imprenditori ci raccontano che “siamo in crisi” e proprio su questa formuletta costruiscono l’immaginario della rassegnazione e del sacrificio spianando il terreno alle misure di Austerity e alle condizioni necessarie per mantenimento del loro stesso potere. Nel frattempo vediamo avvicinarsi come un blob le elezioni e la grande stagione di campagna elettorale e sappiamo già che di cazzate ne sentiremo tante. E alla corsa frenetica verso le poltrone e gli orticelli di micropotere parteciperanno in tanti, anche quei compagni che dicono di scendere in strada in nome della libertà e guardando alle mobilitazioni europee di Spagna, Grecia e Portogallo.

Ma quello che ci raccontano le piazze europee va in tutt’altra direzione. Ci dicono chiaramente che il tempo delle elezioni è finito, che le forme organizzative del partito e del sindacato non funzionano più e che è necessario ripartire dalla sperimentazione di una nuova cooperazione sociale e un nuovo spazio costituente. Ci mostrano un altro modo di stare per le strade e che nell’Europa delle banche e oggi è ancora possibile uno sciopero sociale, generale, imponente e determinato.

Ci sembra però che anche intorno a noi qualcosa si sta muovendo e delle possibilità si stanno esprimendo. Negli ultimi giorni abbiamo visto studenti, precari, operai dare una risposta compatta e determinata alla buffonata del vertice italo-tedesco sulla precarietà accroccato dai ministri Fornero e Profumo a Napoli. Abbiamo partecipato all’occupazione dell’ex Cinema America di Trastevere e alla 4 giorni di Ripubblica, uno spazio aperto di discussione su beni comuni, riappropriazione, e un nuovo modo di pensare il pubblico; Lo guardiamo vivere ancora in questi giorni grazie agli student* e i giovan* del quartiere. Abbiamo partecipato alla giornata di mobilitazione europea del 14 novembre dando vita ad uno spezzone di student* delle scuole e dell’università, precar* e realtà sociali che ha bloccato l’ostiense ed è confluito nel concentramento di Piramide. Abbiamo sanzionato banche ed agenzie interinali e camminando verso il Parlamento gridato molto chiaramente che a noi davvero non ci rappresenta nessuno. Tutto il nostro disprezzo lo sputiamo in faccia alle forze dell’ordine che hanno caricato e spaccato il corteo, picchiato studenti e rastrellato i vicoli di Trastevere; Tutta la nostra forza va a chi è stato ferito, identificato ed arrestato.

Ma queste non sono le uniche ragioni per cui siamo tornati a casa con l’amaro in bocca: ci rendiamo conto oggi più che mai che la strada verso un vero sciopero sociale è ancora lunga. Ci ritroviamo di nuovo a dire che nel momento in cui pubblico e privato si mostrano come due facce della stessa medaglia capitalistica non possiamo più scendere in piazza in difesa dell’università pubblica. Di nuovo a sostenere che se le lotte studentesche ed universitarie non allargano il loro raggio di azione, se non ribadiscono la loro connotazione antisistema e non aspirano fortemente all’indipendenza non avranno lunga vita. Se non la pratichiamo fin da subito questa nuova cooperazione sociale, se non immaginiamo un modo diverso di fare la politica, di stare nelle assemblee e per le strade siamo destinati a sconfitte ben più pesanti. Invece di perdere noi non abbiamo nessuna voglia.

La nostra risposta allo spauracchio della crisi, all’illusione delle elezioni, all’arretramento dei movimenti non può che essere una sola: la rottura e l’ambizione della durata! Se ci chiedono un affitto occupiamo una casa, se aumentano i biglietti dell’Atac saltiamo i tornelli, se distruggono l’università riconquistiamo il sapere, se ci strangolano nella morsa del lavoro ci prendiamo tempo e reddito. Se non abbiamo nulla ci riprendiamo tutto.
Camminiamo insieme ai movimenti resistenti che oggi ci regalano sorrisi di dignità e speranza. Come i cittadini e i lavoratori di Taranto diciamo che “vogliamo vivere” e come la Val di Susa gridiamo “A’ sarà dura”!

Laboratorio Abitare Aion

 

Ma l’amor mio non muore, mai!


Lo avevamo immaginato e sentito nella densità della partecipazione alla giornata studentesca del 5 ottobre scorso e del resto tutte le condizioni sociali nel nostro piccolo paese sono ormai auto evidenti, nella crisi della rappresentanza e del suo dispiegamento nelle politiche di austerity, c’è una nuova generazione disponibile al conflitto, pronta a connettersi con le piazze europee che hanno assunto seppur con gradi di intensità distinti il piano politico comune del conflitto sociale esteso come orizzonte e prospettiva.

Noi ci avevamo scommesso e siamo certi di aver inteso bene. Il 14N è stato sopra ogni cosa il primo e riuscito sciopero sociale contro l’austerity  a carattere europeo, oltre che una giornata di grande partecipazione massiva e dislocata sui territori di molte città della penisola. Sciopero sociale che ormai ha reso evidente a tutti la subalternità dell’opzione sindacale ai movimenti e che le forme del conflitto sociale come blocco della produzione nella sua circolazione di merci, servizi, persone, il blocco dei flussi che reggono l’economia delle metropoli postfordiste, siano  le forme del vero conflitto che oggi sono le uniche in grado di paralizzare il paese ben oltre l’astensione tradizione dal lavoro formalmente riconosciuto. Ci indica che nella pratica della risignificazione e riappropriazione dello sciopero emerge una soggettività di cui parliamo ricorrentemente da alcuni anni, che c’è una nuova composizione sociale tra il mondo della formazione e la giungla della precarietà, tra la disoccupazione di massa e il lavoro nero, che comincia a prendere forma, la composizione sociale precaria, la base sociale per un’opzione politica del nuovo precariato sociale e metropolitano.

Una ricomposizione intergenerazionale potente, che sa districarsi dalle suggestioni tribali del neofascismo che si insinua nelle tensioni sociali, tenendo alla larga gli squadristi-crumiri quando tentano l’assalto alle scuole o provano a entrare nei cortei. Una classe pericolosa pronta e disponibile a costruire il proprio futuro come programma politico.
Torneremo in piazza presto annunciano gli studenti che hanno nel mentre moltiplicato le occupazioni delle scuole, assemblee, collettivi e spazi riappropriati. Abbiamo occupato insieme a loro e ai movimenti per l’acqua pubblica il Cinema America a Trastevere il giorno prima per dare senso al giorno dopo e siamo ancora qui più incazzati di prima nell’aver visto la brutalità della polizia alla quale la prossima volta solo l’autonomia e l’indipendenza delle lotte sapranno resistervi un minuto più di loro. Dovranno essere le lotte indipendenti a raccogliere le rivendicazioni di più diritti, reddito, spazi, welfare dal basso che in ogni dove sono risuonati, da Palermo, Madrid e Barcellona, da Napoli a Parigi come indicazioni costituenti, sarà solo la cooperazione indipendente tra le lotte che potrà rendere possibile incarnarle nelle pratiche della riappropriazione. E da li i movimenti avranno l’opportunità di non tornare più a casa e liberare finalmente il campo.

C’è da ricercare un ambito di organizzazione delle lotte, bisogna intuire le mosse dell’avversario che per mezzi e rapporti di forza spesso prevale. Ma si sbaglia e si va avanti, non è questo il problema, serve più astuzia nel confronto con lo Stato e servono pratiche nuove, se possibile diffuse, in ogni caso gli strumenti rimangono sempre attrezzi, il punto che rimane è sempre politico, dobbiamo ricercare quello che serve non ciò che è necessariamente dovuto. Si può fare meglio tutto, ma va bene anche così, si casca e da terra ci si rialza, a volte serve più creatività e tempestività, a volte è meglio coglierli di sorpresa e non andare dove loro ci aspettano, ma anche questo lo avevamo già intuito. Andiamo avanti guardando alle prossime mobilitazioni perché l’unico protagonismo che riconosciamo è quello delle lotte, la strada è ancora lunga ma non abbiamo il fiato corto, abbiamo imparato a stare anche in apnea se necessario e in ogni caso nessun rimorso.

Oltre la scarcerazione che salutiamo con gioia chiediamo l’immediato ritiro delle misure cautelari ai ragazzi e ragazze, compagne e compagni privati della loro piena libertà.

Nodo redazionale indipendente

Intervista a Mario dell’Area Antagonista Campana.

Valutazione sulla giornata del 12?

 Ieri come è noto è iniziato il vertice a Napoli tra il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano Elsa Fornero e il Ministro federale del Lavoro e degli Affari Sociali tedesco Ursula von der Leyen. La conferenza “Lavorare insieme per l’occupazione dei giovani. Apprendistato e sistemi di formazione duale” proseguirà oggi nel pomeriggio con l’incontro tra il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano Francesco Profumo e il Direttore Generale per la Cooperazione Internazionale ed europea per l’istruzione e la Ricerca Volker Riecke. Un vertice incentrato sull’apprendistato oltre che accompagnato da una manciata di milioni di euro che servono a coprire la cassintegrazione in deroga, per un pezzettino di lavoratori. Dentro questo non c’è tutta la vicenda di Pomigliano e delle centinaia di fabbriche che stanno chiudendo per andarsene da un’altra parte, mentre i disoccupati continuano a crescere, senza nessuna copertura di ammortizzatori sociali. La Fornero veniva a presentare il progetto di apprendistato duale per i ragazzi, a partire dai 15 anni, che avranno la possibilità di essere sfruttati per poi finire a lavorare al nero.

Niente di nuovo da queste parti. Stiamo parlando di una vicenda completamente diversa da quella tedesca dove nonostate la crisi esistono garanzie per il diritto alla studio e garanzie di protezione sociale, nonostante siano condizionate al lavoro. Qui a Napoli naturalmente non vi è nulla di tutto ciò, ma probabilmente in tutta Italia. A fronte di questo ci siamo trovati un vertice segreto e clandestino di cui nessuno ha parlato per il timore della provocazione che il Ministro del Lavoro veniva a fare nella capitale del lavoro nero, della precarietà e della disoccupazione.

 

Com’è andata la manifestazione?

Nei confronti di questo vertice tenuto segreto fino a qualche ora prima c’è stata una grande attivazione di tutti i soggetti colpiti dalla crisi: studenti, precari in formazione, disoccupati, lavoratori in nero, operatori sociali, precari della scuola ed era presente anche delegazione degli operai della Fiat di Pomigliano. Tutti questi soggetti rivendicano il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto ad un reddito garantito ed incondizionato indipendentemente dalla crisi e sganciato dal lavoro. Le banche continuano ad accrescere i loro profitti e i loro interessi nei confronti dello Stato mentre il Governo continua a sostenerle e non è capace di varare nemmeno una mini-patrimoniale. Naturalmente dall’altro lato crescono: miserie, povertà e precarietà. Tutti questi soggetti precarizzati hanno fatto sentire ieri la loro voce contro i signori dell’austerity, gridando con forza che i responsabili di queste politiche non sono i benvenuti, tanto più se vengono a parlare di apprendistato e sfruttamente del lavoro minorile, perchè di questo si tratta.

C’è stata una grande partecipazione, ci siamo mossi in migliaia in corteo verso la mostra d’Oltremare sede del vertice. Siamo stati bloccati da un importante schieramento di forze dell’ordine messo a protezione della Fornero. Le cariche della polizia hanno cercato di fermare Il dissenso verso le politiche di austerity, così come sta avvenendo in tutta Europa. Dopo un’oretta di resistenza, con lanci di lacrimogeni ad altezza uomo, un ragazzo ha perso tre denti e vari altri compagni sono rimasti feriti. Abbiamo continuato il corteo per portare la voce del dissenso nelle strade di Napoli per poi continuare la giornata con una grande assemblea all’università. A partire dalla mobilitazione di oggi contro il Ministro Profumo e dalla giornata del 14 in cui ci sarà lo sciopero generale euromeditteraneo. Il 14 a Pomigliano ci sarà la Fiom con Landini e Di Pietro, soggetti già screditati, invece noi saremo con gli operai cassaintegrati, disillusi dagli ammortizzatori sociali, per rivendicare un reddito garantito e incondizionato. Inoltre saremo anche nelle strade di Napoli per realizzare lo sciopero sociale.

 

La rivendicazione di reddito è sempre più importante nel sud, c’erano diverse delegazione alla manifestazione. Questa piazza contro l’austerity rivendicava un reddito garantito?

Lo striscione di apertura del corteo diceva “pusat’ e sord’ e jatevenne! reddito per tutt@”, gli altri immediatamente seguenti recitavano “Reddito per tutti, voto per nessuno”, una campagna che abbiamo lanciato per il reddito incondizionato e universale. Anche gli operatori sociali erano con noi nella rivendicazione di reddito. Questo tema del reddito è stato centrale nella giornata di ieri, in maniera trasversale ai soggetti disoccupati, precari fino ai lavoratori della Fiat di Pomigliano: il Sud martoriato che si è incontrato la settimana scorsa a Palermo ed in parte era presente con delegazioni venute a Napoli.

Vogliamo realizzare un percorso fatto di azioni di lotta ma anche di vere e proprie campagne culturali come è stato fatto appunto la settimana scorsa con la presentazione del libro di Guy Standing “Precari la nuova classe esplosiva” all’Orientale di Napoli.  Dentro la crisi, contro la crisi il reddito è uno strumento di ricomposizione sociale oltre che un concreto obiettivo di lotta. Un reddito appunto come parte centrale di una piattaforma di rivendicazione dell’opposizione sociale nel nostro paese.

 

 

Comunicato stampa *movimenti napoletani contro il vertice sulla precarietà*

Almeno tremila studenti, precari e precarie, le scuole di Fuorigrotta e del centro storico, gli universitari, gli operatori sociali, gli operai di Pomigliano e i precari bros, i cobas delle aziende partecipate e gli insegnanti Precari. Era il popolo della crisi reale quello che si è radunato oggi ( a Fuorigrotta per contestare il vertice sulla precarietà dei ministri Fornero e Profumo insieme a quelli tedeschi. Un risultato perfino insperato per un corteo che si è autoconvocato in 3-4 giorni contro una conferenza gestita nella clandestinità fino all’ultimo, come chi sa di non aver piu alcun consenso e vuole solo auto-celebrare il suo potere.

Loro erano la voce del liberismo e dell’austerity, noi una proiezione di quelle fasce sociali che a queste politiche stanno già pagando un prezzo salatissimo di distruzione dei diritti fondamentali: al reddito, al lavoro non precarizzato, allo studio e alla salute. Noi gli “schizzinosi” (per usare le parole del ministro Fornero) che non vogliono essere ricattati dalla disoccupazione o da lavori di merda senza diritti, senza sicurezza e senza democrazia! Volevamo portare la nostra voce fin dentro il vertice*, ma abbiamo incontrato la solita zona rossa iper-militarizzata… abbiamo provato a passare con strumenti difensivi perchè non siamo martiri ma persone che rivendicano i propri diritti: scudi e caschi per non subire oltremodo la violenza e *le cariche di polizia e carabinieri*.

Che sono puntualmente partite ancor prima che il corteo provasse a passare, soprattutto i lacrimogeni al cs, un veleno ormai accettato come “democratico”, che è stato sparso a piene mani contro i manifestanti. *Lacrimogeni sparati ad altezza uomo, *con uno studente di architettura colpito alla bocca e ricoverato in ospedale: ha perso i denti davanti!

 Le cariche hanno costretto un centinaio di studenti nella facoltà di ingegneria, difesi anche dal Preside che si è opposto a che la carica dei carabinieri entrasse nella facoltà. Il resto del corteo si è difeso sul viale Augusto, ricompattandosi e resistendo per tener lontana la polizia malgrado le cariche siano proseguite fino a piazza San Vitale, dove la manifestazione era partita. Oltre un migliaio di persone è riuscito però a ricomporsi bloccando le arterie della circolazione a Fuorigrotta e attraversando tutto il quartiere e poi Mergellina fino al centro storico. Cinque manifestanti fermati e poi rilasciati.

Ma l’assemblea all’Università Orientale in occupazione ha sancito che domani la protesta contro il vertice continua, mentre si costruisce lo sciopero europeo del 14.

* Abbiamo troppo da perdere per farci fermare!*

*Rete dei movimenti napoletani contro il vertice sulla Precarietà*

Fornero a Napoli: l’ apprendistato si frantuma in una piazza contro l’austerity che reclama reddito garantito.

Chissà se il 12 novembre il Ministro Fornero ha pianto di nuovo a Napoli, lontana dai riflettori e dai taccuini dei giornalisti sempre pronti a banalizzarla come “professoressa” al comando del Ministero del Lavoro. Lunedì si è svolta la prima parte della conferenza “Lavorare insieme per l’occupazione dei giovani. Apprendistato e sistemi di formazione duale” per il lancio di un progetto che vedrà la collaborazione tra il Governo italiano e quello tedesco. Nel corso dell’incontro è stato presentato un progetto sull’apprendistato rivolto ai giovani dai 15 anni in su, un piano che combina un’improbabile formazione professionale e la precarietà sul lavoro, avviando un sistema di scambio tra i giovani e le imprese, sul modello tedesco.

La vetrina costruita era di grande effetto simbolico, andare nella capitale italiana della disoccupazione e del lavoro nero, ad affermare l’utilità del nuovo istituto dell’apprendistato. Questa dovrebbe essere secondo il governo tecnico la terapia alla disoccupazione giovanile che in Campania supera il 50% secondo il centro studi della Cgia di Mestre. Dati sulla disoccupazione giovanile che in Italia molto spesso nascondono lavoro nero e stage non retribuiti, altro che bamboccioni e choosy. Fredde statistiche che servono a legittimare innovazioni normative che in verità celano vecchie tipologie contrattuali fatte di sgravi alle imprese, salari da fame e anni di precarietà con il costante ricatto di un lavoro senza diritti offerto come un incentivo dal paternalismo delle imprese.

Il grido della piazza è stata forte e chiaro “Pusat è sord e jatevenne, reddito per tutti”. Reddito che è sempre più un’esigenza materiale oltre che una rivendicazione ricompisitiva dei diversi soggetti precarizzati dalla crisi. Reddito garantito universale e incondizionato avevevamo gridato con forza l’8 marzo del 2012 quando abbiamo occupato il Ministero del lavoro di Roma con l’azione di Occupywelfare sentendoci rispondere dal Ministro Fornero: “l’Italia è un Paese ricco di contraddizioni, che ha il sole per 9 mesi l’anno e che con un reddito di base la gente si adagerebbe, si siederebbe e mangerebbe pasta al pomodoro”. Ieri una coalizione larga di 5000 persone tra precari, precarizzati e disoccupati ha sfidato le cariche della polizia frantumando i progetti di riforma di apprendistato.

Dalle immagini di una precarietà che si rivolta contro la governance italiana ed europea vogliamo partire per attraversare le prossime giornate internazionali di mobilitazione contro le politiche di austerity in Europa.


 
Fornero :Il nostro apprendistato lo stiamo facendo nelle lotte contro  l’austerity!

Solidali e complici con i compagn@ di Napoli

Reddito per tutti!

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>>Comunicato Rete dei movimenti napoletani contro il vertice sulla Precarietà

 

>>Intervista a Mario dell’Area Antagonista campana 

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>> Streaming Conferenza Stampa ore 15.00 facoltà di Ingegneria

>> Corrispondenze di Radio onda rossa del 12 novembre

 Video

>>http://youmedia.fanpage.it/video/UKD9ZuSwA62rytXV

Ri-pubblica Occupa: I beni comuni hanno trovato l’America!

Oggi una larga alleanza sociale, riunite nel percorso chiamato “Ri_Pubblica, ha occupato il cinema America, a Trastevere, in via Natale del Grande, nella città di Roma.

Qualche mese fa alcuni comitati, realtà sociali, collettivi, cittadini/e hanno immaginato uno spazio pubblico di discussione, all’interno del quale, camminare insieme per comprendere le reciproche differenze e, soprattutto, per cercare i nessi e il senso condiviso delle battaglie sui beni comuni nel territorio di Roma.

A questo spazio abbiamo dato il nome di Ri_Pubblica perchè vogliamo aprire una possibilità di riappropriazione dei beni comuni e dei servizi pubblici per tutti/e.

Ci siamo incontrati unendo le battaglie per l’acqua, quelle sui rifiuti, sui saperi, sulla difesa del territorio con l’ambizione di superare la semplice sommatoria di singole esperienze ed individuare delle possibili azioni su nodi comuni.

Dal 15 al 18, in questa occupazione collettiva e temporanea, ci saranno momenti di incontro e discussione sui beni comuni, le battaglie per difenderli e dei processi che li stanno sottraendo a tutti/e noi. Siamo convinti, infatti, che un processo di mercificazione e di finanziarizzazione dei beni comuni sia uno dei frutti delle politiche neoliberiste. Una produzione di valore continua su beni che non devono essere proprietà di nessuno perchè sono garanzia di esistenza per tutti.

Scegliamo di aprire questa esperienza oggi, alla vigilia del 14 Novembre, giornata di sciopero e mobilitazione generale e sociale, perchè la difesa e la ripubblicizzazione dei beni comuni è una risposta alla crisi generata da questo sistema e dalla sua voracità che genera sfruttamento, profitto e precarietà sulle nostre vite e sull’ambiente.

Perchè siamo parte di quella alternativa contro l’austerità e l’imposizione delle ricette neoliberiste.

Perchè difendiamo i beni comuni per riprenderci il futuro.

 

>>> per info: www.ripubblica.org

Riflession​i sul libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class”.

Qual’è la via d’uscita dall’inferno? Riflessioni sulla presentazione del libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class“.

 

Il precariato sperimenta le quattro A: acredine, anomia, ansia e alienazione (…). I precari vivono nell’ansia, uno stato di insicurezza cronico dovuto non solo a sintersi come sospesi a un filo, consapevoli che il più piccolo errore o malaugurato accidente può fare la differenza tra un tenore di vita accettabile e una vita sul marciapiede. Ma anche con la paura di perdere qual poco che
possiedono, in ogni caso percepito come ingiustamente inadeguato
” Guy Standing

Il percariato globale ci sta suonando la sveglia! Quel’è la via d’uscita dall’inferno? questa è la domanda che ci siamo posti il 9 novembre a Napoli durante la presentazione organizzata dai C.s.o.a.
Officina99 & Lab.Occ. Ska dell’ultimo libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class“.

La via d’uscita dall’inferno è un piano d’azione che rivendichi un “welfare del desiderio” che abbia al centro la rivendicazione di un reddito universale e incondizionato. Un piano d’azione che metta al centro della sua agenda il conflitto sociale. Dobbiamo essere sinceri e dirci che si è chiuso un importante ciclo di lotte per i movimenti contro la precarietà. Per questo dobbiamo passare da una fase di autorappresentazione della condizione di precarietà che ha segnato un’intera decade con importanti  mobilitazioni, “espressione di orgoglio della soggettività precaria” per dirla come Guy Standing, alla generalizzazione delle lotte contro i processi di precarizzazione che la crisi ha accellerato rendendo instabili anche i cosidetti lavoratori garantiti e praticando un livellamento verso il basso dei salari, in Italia tra i più bassi d’Europa. La crisi ha accentuato le dinamiche di frammentazione del lavoro, sia della sua forma giuridica, come estrema individualizzazione dei
rapporti di lavoro, sia delle conseguenti e molteplici narrazioni soggettive. Basta osservare il peggioramento degli indicatori sull’occupazione e sulle condizione economiche per comprendere la
gravissima recessione che sta vivendo il nostro paese. 8 milioni di cittadini italiani sono poveri, quasi il 14% dell’intera popolazione del nostro paese, il tasso reale di disoccupazione raggiunge il 20%, quella giovanile in alcune regioni sfiora il 50%, aumentano costantemente le ore di cassintegrazione, la durata media dei contratti a tempo indeterminato è di due anni ed oltre l’80% delle nuove assunzioni avviene con contratti precari, e questo non soltanto perchè i contratti a termine durano di meno e ricorrono più spesso. A questi dati, bisogna aggiungere un’altra importante area che è quella dell’economia sommersa. A partire dal 2008, a fronte di una
calo generalizzato dell’occupazione regolare, quella sommersa aumenta portando il livello di irregolarità nel lavoro a percentuali che superano il 12% .Oltre alla presenza strutturale nel nostro mercato del lavoro del sommerso, l’ulteriore spostamento di una quota importante di lavoro dai canali della regolarità a quelli dell’informalità testimonia come il sommerso abbia rappresentato negli ultimi quattro anni di crisi una sorta di camera di compensazione funzionale alle difficoltà occupazionali di un sistema in affanno. Lo stato di emergenza ha aumentato la ricattabilità di chi subisce i processi di precarizzazione ed impoverimento dei lavoratori. L’esercito di working poors in continua espansione non è formato unicamente da lavoratori con contratti atipici, ma anche da lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Ormai la precarietà è una condizione esistenziale, strutturale e colpisce in modo generalizzato e trasversale le diverse figure del lavoro vivo.
In questo senso il reddito è uno strumento di ricomposizione sociale nella frammentazione delle diverse figure del lavoro e del non lavoro. Per questo dobbiamo essere irriducibili alla logica del sacrificio, ad una sorta di “austerity di sinistra” proposta dalle forze socialdemocratiche che si preparano a governare. La logica di questa narrazione è chiara: di fronte al Capitale che si presenta come il Grande Creditore, siamo tutti debitori, colpevoli e responsabili (M. Lazzarato, La fabbrica dell’uomo indebitato). La traccia di questo discorso è già presente nei patti sottoscritti dalla coalizione di centro-sinistra. Per votare alle primarie, infatti, si deve sottoscrivere l’appello di sostegno al centro sinistra e la carta di intenti firmata dai tre leader dei partiti: Pd, Sel, Socialisti. Nella carta i tre leader si impegnano alla lealtà verso gli accordi internazionali e all’approvazione di tutte le misure che dall’Europa vengono indicate necessarie per salvarsi. In una parola fedeltà al fiscal compact e alle sue conseguenze, continuità assolutà con i provvedimenti del tecno-governo Monti. Per questi motivi respingiamo con forza la proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito proveninte dalla coalizione di centro-sinistra, che pone al centro del provvedimento un “welfare condizionale”. Tale iniziativa prevede una trasformazione delle politiche sociali in senso condizionale, subordinando l’erogazione dell’indennità pubbliche all’assunzione di comportamenti prescritti dallo Stato.

Siamo consapevoli che nonostante diversi documenti comunitari e riferimenti normativi (Carta di Nizza, Carta sociale europea e due Risoluzione del Parlamento europeo del 6 maggio 2009 e del 21 Ottobre del 2010) l’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa in cui non è previsto un
reddito di base come cardine del sistema di protezione sociale. Tra i 27 Paesi attualmente membri dell’Unione Europea la mancanza di una una forma di protezione sociale è circoscritta esclusivamente a Italia, Grecia e Ungheria. Il nostro paese ha un sistema di ammortizzatori sociali arretrato ed iniquo, che la riforma Fornero non ha minimamento trasformato: attualmente l’indennità di disoccupazione esclusivamente un quarto dei licenziati e la cassa integrazione (in particolare quella in deroga) crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori.

 Ma non possiamo sostenere un autunno “caldo” di banchetti, con tutto il portato di interessi della campagna elettorale, in cui diversi partiti della sinistra, sindacati confederali uniti a realtà associative e di movimento racolgono firme per una legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito. Tali iniziativa creano inoperose storture in grado di aumentare aspettative nei precari e confusione sociale nei territori.

Andando ad analizzare alcuni nodi centrali della proposta di legge scopriamo che il sostegno economico (600 euro al mese) è più basso della soglia di povertà indicata dall’Istat. Occorre riflettere sull’evenienza che una prestazione così modesta possa comportare un effetto perverso a carico di lavoratori precariamente occupati: in casi di contrattazione diretta della loro condizione lavorativa, infatti, un rinvio al reddito garantito come risorsa complementare potrebbe diventare un escamotage per prospettare un mantenimento dell’occuazione nel sommerso con livelli di retribuzione ridotti. La conseguenza sarebbe l’istituzionalizzazione del”sotto-occupato” working poor (lavoratore povero) che non riuscirà a vivere con 600 euro al mese e dovrà accettare lavori al nero pur di non perdere il sussidio.  Sappiamo bene quanto il lavoro sommerso in Italia sia necessario in quanto camera di compensazione delle tantissime aziende che con la crisi avrebbero chiuso. Altro che dalla flex-security alla security-flex! Un’ulteriore perplessità  deriva dall’erogazione ancorata alla disponibilità al lavoro, legata alla “congrua offerta” (meccanismo
sanzionatorio predisposto dalla Strategia Europa per l’Occupazione) e quindi alla condizionatezza al lavoro precario e intermittente proposto dai centri per l’impiego che oltre ad essere inadeguati nel
realizzare le politiche formative/di orientamento e di inserimento lavorativo, ricevono esclusivamente offerte di lavoro con basse qualifiche professionali.
Negli ultimi anni le fallimentari leggi regionali per il reddito (impropriamente definite reddito di cittadinanza o reddito garantito) sperimentate  sia in Campania che nel Lazio si sono frantumate dietro le mediazioni politiche e le burocrazie incapaci.

Molto probabilmente la stessa fine farà il progetto di legge di iniziativa popolare che verrà ulteriormente modificato dal prossimo governo, costretto in ogni caso a produrre una legge di assistenza sociale come indicato da anni dalla governance europea.
In questo momento la rivendicazione di reddito deve essere intesa come dispositivo di rottura anti-capitalista e di attacco ai profitti ma anche come riconoscimento della produzione sociale permanenete continuamente appropriata dal capitalismo finanziario in forma di
rendita privata. Quindi non come strumento di neo-regolazione redistributiva della ricchezza o di lotta contro la povertà che ci farebbe cadere dalla” trappola dalla precarietà” alla “trappola del welfare to work” ( o del “labourfare”)  impementando attreverso la condizionatezza il controllo
sociale sulle nostre vite. Pensiamo al welfare to work, nella forme in cui è stato introdotto negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia e in Germania. I disoccupati vengono costretti a scegliere se accettare uno dei posti di lavoro designati oppure rinunciare all’indennità. Riprendendo le
riflessioni di Guy Standing nel Regno Unito: “Il workfare realizzato nel Regno Unito può solo portare ad un’aumento del precariato (…) Il workfare non ha neppure una ricaduta positiva sulla spesa pubblica. Anzi, è pittosto costoso, sia sul piano amministrativo sia in generale, dal momento che i posti di lavoro in offerta sono a bassa produttività. L’esigenza principale a cui assolve è quella di falsificare il livello della disoccupazione operando una riduzione fittizia, senza creare quindi dei posti di lavoro, ma con il solo risultato di scoraggiare i disoccupati dal richiedere gli assegni assistenziali. In Germania sulla stessa traccia si inseriscono l’ aiuto sociale Hartz IV ed ai mini-job che sono diventati paradagmi della riforme del mercato del lavoro in atto in Europa.

 

Non è un caso che il 12 e il 13 novembre si svolgerà a Napoli la conferenza “Lavorare insieme per l’occupazione dei giovani. Apprendistato e sistemi di formazione duale” per il lancio di un progetto che vedrà la collaborazione tra il Governo italiano e quello tedeisco. Nella capitale italiana del lavoro nero e della disoccupazione i ministri andranno a raccontare che l’apprendistato è la nuova terapia per risolvere i probemi strutturali del mercato del lavoro.

Prenderanno parte all’incontro: il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano Elsa Fornero, il Ministro federale del Lavoro e degli Affari Sociali tedesco Ursula von der Leyen, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano Francesco Profumo e il Direttore Generale per la Cooperazione Internazionale e Europea per l’istruzione e la Ricerca Volker Riecke.

 

A partire dalle mobilitazioni che si svolgeranno a Napoli in questi giorni che culmineranno nella giornata euro-mediterranea di sciopero sociale del 14 novembre pensiamo sia necessario costruire uno spazio di cooperazione delle lotte indipedenti partendo da una comune rivendicazione strategica: “Basic Income Strategy“, un piano di azione comune che contro le politiche di austerity, per ottenere un reddito di base, universale ed incondizionato per tutti i soggetti, nativi e migranti, che vivono in Europa.

Un piano d’azione che porti i precari e le precarie a diventare “a new dangerous class”.