Il Primo Maggio è la festa di tutti i lavoratori e le lavoratrici, anche quelli invisibili, precari e senza contratto che in questo giorno hanno il diritto di riposarsi, festeggiare e stare assieme.
Ma questo giorno di festa, frutto di un secolo di lotte durissime, è entrato nel mirino di chi vuole cancellare ogni diritto a favore dei profitti dei soliti noti: multinazionali, società della grande distribuzione, associazioni di esercenti, sostenuti a gran voce da alcuni sindaci, a partire dallo zelante Alemanno.
Oggi siamo nelle strade del centro di Roma piene di negozi aperti per sostenere il diritto al riposo e alla festa di tutti i lavoratori e per denunciare la continua erosione dei diritti, in un quadro in cui all’interno della crisi c’è chi continua ad arricchirsi e per tutti gli altri si chiude ogni orizzonte di possibilità.
Nelle ultime settimane il susseguirsi delle vicende istituzionali ha dimostrato con chiarezza, se ce ne fosse ancora bisogno, l’assoluto disinteresse dei “palazzi” nei confronti delle condizioni di vita di migliaia di lavoratori, precari e non, costretti ad affrontare licenziamenti, cassa integrazione e ristrettezze economiche in completa solitudine.
Portare avanti una battaglia per ottenere un reddito di base universale, per non accettare più il lavoro sottopagato, per rompere definitivamente il ricatto e lo sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori, affermare che ci sono diritti che non si possono acquistare o barattare e che la dignità dei lavoratori non è mai “risarcibile”; tutto questo vuol dire rompere la solitudine a cui vogliono condannarci.
15 marzo si insediano le nuove camere. Non abbiamo bisogno di un governo, vogliamo un reddito per tutti
Tra i 27 Paesi attualmente membri dell’Unione europea la mancanza di un reddito di base è localizzata soltanto in Italia, Grecia ed Ungheria. L’Italia resta al di fuori dei parametri europei continuando a disporre di un lacunoso ed iniquo sistema di ammortizzatori sociali che esclude il variegato universo dei precari e dei soggetti non coperti da nessun sistema di protezione sociale. La crisi e le politiche di austerity adottate dietro il ricatto del debito hanno agito come un dispositivo di “livellamento verso il basso” – facendo regredire garanzie sociali e i diritti acquisiti – seppur con un
intensità diversificata e stratificata, rendendo la precarietà una condizione sociale generalizzata. Le riforme Monti-Fornero hanno ulteriormente flessibilizzato il mercato del lavoro e tagliato i fondi del nostro sistema previdenziale e welferistico. Siamo da poco entrati nel sesto anno consecutivo di crisi e dal punto di vista delle condizioni materiali, stiamo assistendo a forme inedite di povertà. Il costante e drammatico peggioramento degli indicatori sull’occupazionee sulle condizioni economiche (e di indebitamento) dei soggetti e delle famiglie (erogatrici di cassintegrazione di ultima istanza) è inserito in un quadro di recessione globale che non tende ad arrestarsi. Il tasso di disoccupazione reale – non quello delle statistiche ufficiali – è schizzato alle stelle come mai era accaduto negli ultimi decenni. Durante la campagna elettorale la riforma del welfare e la garanzia del reddito sono state al centro della scena mediatica. Il reddito e i variopinti aggettivi per descriverlo sono
diventati mainstream, argomenti portanti utilizzati in maniera trasversale. Le classificazioni riempiono quotidianamente le pagine dei giornali: “minimo”, di “cittadinanza”, di “solidarietà”, di “ultima istanza” fino ad arrivare ad un non ben definito “salario sociale”. Ognuno di questi progetti ha il suo calcolo di spesa più o meno veritiero. Il dato fondamentale emerso è che l’erogazione di un reddito per tutti non è un problema di sostenibilità economica ma di volontà politica. Il susseguirsi di prese di posizione ha circoscritto l’importanza di una legge nazionale per il reddito ad una misura di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Lo spettro che si aggira dietro le solidaristiche intenzioni di equità sociale sono le nuove politiche di welfare to work (ovvero workfare, welfare condizionale, labourfare) che il nostro Paese sta predisponendo, importandole da altri stati europei. Partiti, sindacati e burocrazie di servizio stanno prestando il fianco a questa operazione.
L’obiettivo non dichiarato è la subordinazione delle politiche sociali alla disponibilità e alla flessibilità del pieno impiego precario. Ma il workfare non ha neppure una ricaduta positiva sulla spesa pubblica. Anzi, è piuttosto costoso, sia sul piano amministrativo sia in generale, dal momento che i posti di lavoro in offerta sono a bassa produttività. Le esigenze principali a cui assolve sono due: il controllo sociale sulla vita dei soggetti e la falsificazione delle statistiche sulla disoccupazione operando una riduzione fittizia, senza creare quindi dei posti di lavoro, ma con il solo risultato di scoraggiare i disoccupati dal richiedere gli assegni assistenziali. Ma non si tratta esclusivamente di redistribuire la ricchezza – il che non sarebbe poco in questo momento, se avvenisse senza il ricatto dell’impiego precario da accettare – ma si tratta di riconoscere – e quindi retribuire – la produzione sociale che avviene ogni giorno. Gli attori protagonisti di questa mobilitazione permanente per il capitale sono i milioni di precari che quotidianamente producono ricchezza. Il reddito di base e incondizionato è il riconoscimento del carattere produttivo della vita sociale indipendentemente dal lavoro, riconoscimento del carattere sociale della produzione.
Operazione chiarezza! Il decalogo ovvero i 10 punti del reddito che vogliamo:
1. Per reddito intendiamo un intervento economico universale ed incondizionato, ovvero l’erogazione di una somma monetaria a scadenza regolare e perenne in grado di garantire la riproduzione delle vite singolari. Oltre al reddito diretto si devono garantire i bisogni comuni (formazione, comunicazione, mobilità, socialità, abitare) attraverso forme di reddito indiretto.
2. Il reddito non è discriminante nei confronti di nessuno, quindi viene erogato a nativi e migranti a prescindere dalla cittadinanza perché concorre a definire la piena cittadinanza sociale e il pieno godimento delle libertà civili.
3. Il reddito deve essere erogato a tutti i soggetti dal compimento della maggiore età fino al raggiungimento della pensione (che non avranno mai, quindi fino alla conclusione della vita terrena).
4. Il reddito è un diritto fondamentale della persona (quindi soggettivo) che tutela il diritto ad un’esistenza autonoma, libera e dignitosa, indipendentemente dalla prestazione lavorativa effettuata.
5. Il reddito è il riconoscimento della produzione sociale permanente. Il reddito indipendente dalla prestazione lavorativa riconosce il concetto di produttività della vita sociale, dà valore al tempo di vita che è oltre il tempo di lavoro.
6. L’istituzione di un reddito rappresenta un mezzo per lottare contro la precarietà (sociale e) lavorativa e il basso livello di remunerazione (in Italia i salari sono tra i più bassi d’Europa),
evitando che una parte crescente della popolazione – come è avvenuto nei 6 anni di crisi – cada nella “trappola della povertà”. Il reddito fornirebbe ai precari e ai precarizzati il potere di non accettare qualsiasi lavoro e di opporsi alla precarizzazione. Quindi il reddito è un freno alla politica di ribasso del costo del lavoro.
7. Il reddito non è un sussidio di povertà, quindi non è una forma di salarizzazione della miseria e dell’esclusione sociale.
8. Il reddito non è un sussidio di disoccupazione.
9. Il reddito non è vincolato all’accettazione di nessuna offerta formativa e/o lavorativa, di conseguenza non ha un regime sanzionatorio. Ad esempio la proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito proposta da una rete di associazioni e partiti di sinistra, ispirata alla legge regionale del Lazio n.4 del 2009 (“Istituzione del reddito minimo garantito. Sostegno al reddito in favore di disoccupati, inoccupati e precariamente occupati) prevede tra le cause di sospensione, esclusione e decadenza della prestazione, il rifiuto di una proposta di lavoro avanzata dal Centro per l’impiego comporta la decadenza del
beneficio, fatta eccezione per l’ipotesi della non congruità della proposta di impiego (art.6 legge regione Lazio n 4/2009). Una sorta di regime sanzionatorio che dovrebbe inserire degli elementi di condizionalità del beneficio o delle indennità godute dal soggetto inserito nei programmi di orientamento, formazione e attivazione, lasciando però in uno stato di indeterminatezza la questione dei doveri in capo alle amministrazioni deputate all’inserimento. Di conseguenza, un’ulteriore perplessità deriva dall’erogazione ancorata alla disponibilità al lavoro, la cosiddetta “congrua offerta” (meccanismo sanzionatorio predisposto dalla Strategia Europa per l’Occupazione) e quindi alla condizionatezza al lavoro precario e intermittente proposto dai centri per l’impiego che, oltre ad essere inadeguati nel realizzare le politiche formative/di orientamento e di inserimento lavorativo, ricevono esclusivamente offerte di lavoro con basse qualifiche professionali. Noi pensiamo che si possano coniugare strumenti universalisti di protezione sociale con politiche di attivazione, senza regime sanzionatorio.
10. Il reddito non può essere “minimo”, perché è la configurazione di un nuovo diritto ed i diritti non sono né minimi né massimi. Per quanto riguarda l’importo della misura, per noi dovrebbero essere almeno 1000 euro al mese. Occorre riflettere, infatti, sull’evenienza che una prestazione modesta possa comportare un effetto perverso a carico dei lavoratori precariamente occupati: in casi di contrattazione diretta della loro condizione lavorativa un rinvio al reddito come risorsa complementare potrebbe diventare l’escamotage per prospettare un mantenimento dell’occupazione precaria con livelli di retribuzione ridotti. La conseguenza sarebbe l’istituzionalizzazione del ”sotto-occupato” working poor (lavoratore povero) che non riuscirà a vivere con 600 euro al mese e dovrà accettare lavori al nero pur di non perdere il sussidio. Sappiamo bene quanto il lavoro sommerso in Italia sia necessario in quanto camera di compensazione delle tantissime aziende che con la crisi avrebbero chiuso.
Giovedì 12 Luglio presidio-assemblea dalle ore 11.
Il consiglio regionale ha approvato il 28 giugno l’assestamento di bilancio confermando una manovra recessiva e non adeguata al contesto di sofferenza che stanno attraversando migliaia di soggetti: dall’emergenza abitativa e ambientale, alla precarietà, alla generale crisi occupazionale e allo specifico ed elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile. In questo contesto la Polverini conferma le politiche anti-sociali portate avanti dalla propria giunta con un provvedimento di assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2012-2014 che vale 1,5 miliardi di euro. L’emorragia di posti di lavoro sta colpendo decine di migliaia di lavoratori che, se non già precari, vengono precarizzati dall’imposizione autoritaria di nuove condizioni di lavoro, generando una rincorsa al ribasso nella deprivazione di ogni diritto, sia nel comparto privato che in quello pubblico. Per questi motivi il 19 giugno con uno striscione che recitava “Il vostro sviluppo la nostra disoccupazione, noi senza lavoro voi senza vergogna” la rete dei precari indipendenti per la P.A. e i punti san precario hanno interrotto il convegno su etica e reti di impresa presso la sede della camera di commercio di Roma organizzato da Sviluppo Lazio con la presenza della presidente regionale Polverini. Il motivo della contestazione era la mancata stabilizzazione contrattuale per i precari a tempo determinato, ultimi di una serie di licenziamenti bianchi (mancati rinnovi) che ha coinvolto tutte le categorie contrattuali più deboli, dalle finte partite iva ai co.pro. ai tempi determinati. Sviluppo Lazio è un agenzia tecnica regionale per gli investimenti, la cui maggioranza delle azioni è della Regione Lazio. Come atto di rappresaglia, dopo il convegno, ha ‘esonerato’ quei lavoratori interni individuati come contestatori dall’attività lavorativa fino a scadenza di contratto. Atto, che riteniamo gravissimo, che è oggetto in questi
giorni di interpellanze regionali e parlamentari. Le condizioni di vita e di lavoro che vivono i precari di Sviluppo Lazio sulla propria pelle sono purtroppo comuni alle centinaia di migliaia di lavoratori che vivono in questa regione, dai precari delle agenzie tecniche della P.A. e degli enti di ricerca pubblici come l’Isfol, ai lavoratori dell’Ex Alitalia, dell’Argol, dellaTecnoindex, della Sigma Tau, dell’Ex Agile Eutelia, della Format, della Lighting Italia, della Teleperformance e di tantissime altre realtà lavorative, alle quali una gestione scellerata della crisi ha imposto senza margini di contrattazione un pesante tributo sacrificale di posti di lavoro. I lavoratori non solo hanno dovuto subire la perdita dell’occupazione, a cui negli anni avevano dedicato energie competenze e aspettative, ma anche la beffa di essere considerati costi insostenibili dentro un processo di ristrutturazione aziendale che colpisce oramai senza alcuna differenza sia il pubblico che il privato. Infatti nel caso dei precari di Sviluppo Lazio si è assistito ad una sorta di “spending review” regionale, che in modo del tutto arbitrario chiude gli occhi sugli stipendi di manager e consulenti, spesso con doppi e tripli incarichi, o sulle decine di milioni di euro di fondi strutturali europei persi per l’incapacità di assegnarli e spenderli adeguatamente. Mai come in questo periodo, nella nostra regione, tale situazione
mostra tutta la sua grottesca paradossalità: fondi che dovevano e potevano essere investiti in politiche
sociali, in politiche attive per il lavoro e a beneficio di tutti i soggetti che stanno pagando il costo della crisi e dell’austerity, vengono perduti per incapacità tecnica e politica. Evidentemente sostenere i soggetti in condizione di fragilita’ economica e sociale non e’ una priorità della Polverini, troppo impegnata invece a
finanziare provvedimenti di sostegno al credito delle imprese. Infatti, la giunta, all’inizio del suo mandato nel 2010 ha subito bloccato e de-finanziato la legge regionale per il reddito minimo garantito, ottenuta nel 2009 grazie alle importanti battaglie dei movimenti sociali. Tale dispositivo redistributivo aveva fatto
emergere 130 mila soggetti precari, disoccupati e inoccupati invisibili e senza strumenti di protezione sociale. Il contesto di crisi occupazionale sta diventando drammatico visto l’elevatissimo numero (circa 60 mila) di cassintegrati nella regione, che si unisce alle condizioni di estrema vulnerabilità in cui versano ampie fasce di popolazione. In questa condizione soltanto attraverso una larga coalizione sociale è possibile cambiare le politiche della Giunta regionale. Riteniamo necessario lanciare un presidio-assemblea per giovedì 12 luglio davanti alla Giunta regionale, via Cristoforo Colombo 212- dalle ore 11.00.
Una giornata di mobilitazione perché i precari di Sviluppo Lazio vengano reintegrati, per esprimere indignazione verso le politiche scellerate della giunta Polverini e per costruire un percorso di attivazione unitario contro la crisi, l’austerity e le politiche di precarizzazione.
Prime adesioni: Precari indipendenti per la p.a, Punti San Precario Roma, Comitato cassintegrati Alitalia “Overbooked”, Coordinamento lavoratori autoconvocati, Cub Trasporti, USB, USB-Isfol, Atdal Ass. Over 40
Con uno striscione che recitava “Il vostro sviluppo la nostra disoccupazione, noi senza lavoro voi senza vergogna” un gruppo di precari/e ha interrotto ieri un convegno su etica e reti di impresa organizzato da sviluppo lazio e con la presenza della presidente regionale Renata Polverini.
Motivo della contestazione la mancata stabilizzazione contrattuale per una decina di precari a tempo determinato che “scadono” il 30 giugno prossimo. Quella di precari che perdono il posto non sarebbe neanche una notizia degna di nota, accade ogni giorno nel silenzio più assordante, spesso i precari stessi rinunciano ad ogni rivendicazione introiettando la loro condizione di precarietà ed assumendola a dato di fatto ineluttabile nell’attuale contesto di crisi.
In questo caso non è andata così: i precari di Sviluppo Lazio aderenti alla rete dei precari indipendenti per la PA insieme ai punti san precario di Roma (che già avevano contestato l’”innovazione” di Brunetta e le politiche di Sacconi) hanno vissuto sulla propria pelle una contraddizione insopportabile: non solo la perdita del posto di lavoro a cui in anni e anni si erano dedicate tante energie ma anche la beffa di essere considerati costi insostenibili dentro un processo di ristrutturazione aziendale che invece chiude gli occhi sugli stipendi di manager e consulenti, spesso con doppi e tripli incarichi, o sulle decine di milioni di euro di fondi strutturali europei persi per l’incapacità di assegnarli e spenderli.
Per questo chi per anni è stato spremuto nelle proprie competenze, svilito dalla burocrazia della spartizione politica, misconosciuto tanto nei percorsi professionali quanto nella vita che su quel lavoro pur precario comunque è andata avanti, non può sopportare di andarsene come un insalutato ospite.
I precari e le precarie hanno cominciato a distribuire volantini con i volti e le storie di ciascuno di loro (insieme al testo che trovate di seguito) interrompendo il cerimoniale autocelebrativo su etica e reti di impresa. A quel punto una parte della sala ha cominciato ad applaudire e solidarizzare ma il presidente di Sviluppo Lazio Maselli e la presidente Polverini sono andati avanti nei loro interventi elargendo al massimo consigli di buona educazione ai futuri disoccupati che avevano l’ardire di protestare. L’ex sindacalista Polverini ci insegna che non si fanno così le lotte, che lei non avrebbe mai interrotto un convegno così importante, e poi mica avete vinto nessun concorso!! Proprio lei che dall’inizio del suo mandato ha contratto 1,5 consulenze al giorno per sistemare i tanti amici e parenti: noi senza lavoro voi senza vergogna.
Il convegno si blocca i toni si alzano, i lavori non potranno proseguire finché non si formalizzerà un incontro per i precari con i consiglieri di amministrazione della società. Tirati per la giacchetta alla fine l’incontro viene fissato per l’ora di pranzo al termine del convegno ma si rivela l’ennesima occasione persa: la dirigenza sceglie la linea dura, accusa “i ragazzi” (tutti per lo più over 40) di aver esagerato rovinando definitivamente la festa… e chi ha detto che non fosse proprio quello l’obiettivo? La rete dei precari indipendenti per la PA ha più volte denunciato le mission e le finalità tradite delle agenzie pubbliche o simil tali che invece di favorire crescita e occupazione producono privilegi, clientelarismi e precarietà.
Questa mattina inoltre ai lavoratori in scadenza viene fatto sapere che saranno “dispensati” dal proseguire le loro attività fino a fine contratto. La rappresaglia della dirigenza di Sviluppo Lazio e del suo mentore politico Renata Polverini è degna del peggior comportamento antisindacale e contro i lavoratori… altro che lezioni su come si conducono le battaglie per i diritti.
Quindi non finirà qui! continueremo a rovinare la festa di questi indegni e incompetenti governanti, continueremo a rivendicare i nostri diritti e con dignità perseguiremo su tutte quelle strade possibili e necessarie, per difendere i posti di lavoro e le nostre vite sempre più precarie, ma finalmente e decisamente in lotta contro un intero sistema di corruzione, inadempienza, autoritarismo e negazione generale dei diritti sociali e sindacali.
Continueremo la lotta… Continueremo a rovinarvi la festa!
Chiediamo a tutte le forze sindacali, sociali e politiche di esprimere la propria indignazione verso la giunta Polverini e contribuire attraverso la solidarietà a costruire le prossime mobilitazioni.
ll 6 novembre 2004 dopo mesi di mobilitazioni e riunioni in tutta Italia veniva organizzata a Roma una grande manifestazione per la richiesta di un reddito garantito per tutti e tutte.
Gli stessi movimenti che organizzarono quella manifestazione realizzarono anche delle azioni simboliche sul carovita e sull’accesso a beni e servizi per una vera redistribuzione della ricchezza. L’iniziativa effetuata al supermercato Panorama nella zona di Pietralata fu trasformata immediatamente dall’allora Governo Berlusconi, dal Ministero dell’Interno, dal centro-sinistra e dai media in nuovo episodio di “esproprio proletario”, per l’ennesima volta veniva riesumata la cartina di tornasole degli anni ’70 e il terrorismo e la risposta a quella giornata fu un’ accusa di concorso in rapina pluriaggravata per 105 persone.
Mercoledì 28 Marzo 2012, una sentenza del Tribunale di Roma assolve tutti gli imputati di quel processo perchè il fatto non sussiste. Non esiste la rapina perchè quell’azione era una dichiarazione della crisi che sarebbe venuta, dell’aumento della povertà della società italiana e della progressiva sottrazione di diritti e garanzie. Era un’azione politica per affermarel’impoverimento di tutti noi, precari, disoccupati, migranti, cittadini e cittadine, lavoratori a tempo indeterminato, donne e uomini di questo paese. Non certo un’iniziativa di una banda di criminali.
Allora entavamo in quel supermercato parlando di shopsurfing, del nostro paniere precario e della necessità di avere nuovi diritti di cittadinanza, nuove garanzie sociali. Oggi, purtroppo, la precarietà è generalizzata grazie ai governi di centrodestra e centro sinistra, ha travalicato i muri dei posti di lavoro – anche quelli cosiddetti garantiti – e ha travolto le vite di milioni diitaliani di tutte le età, diventando un vero e proprio sistema di controllo disciplinare.
La crisi sta trascinando via gli ultimi residui di diritti e la nuova riforma del mercato del lavoro è un lampante esempio di come la stessa ricetta venga riproposta con ancora più vigore. Ma quest’assoluzione dimostra, di fronte alla fine di ogni mediazione sociale, l’unica capacità rimasta ai poteri forti: quella di reagire con criminalizzazione e ordine pubblico cercando di isolare e additare i movimenti sociali, i precari che i organizzano o chi si batte per la difesa deibeni comuni come portatori di violenza e sopraffazione.
La verità è che in Italia come nel resto dell’Europa che conosciamo da troppi anni c’è un’indicazione conservatrice e fortemente ideologica che propaganda la soluzione del mercato come unica possibile soluzione e via d’uscita, che sacrifica la vita di tutti/e noi per l’esclusiva produzione di profitti.
Oggi diciamo che è ora di trasformare questo paese rimettendo al centro le pratiche di conflitto contro le politiche di austerity. Le lotte contro i processi di precarizzazione si caratterizzano ancora una volta come lotte per la libertà. Per questo non ci fermeremo ma anzi rilanciamo nuove mobilitazioni contro il caro-vita, le politiche di austerity e la riforma del mercato del lavoro. La chiusura di questo processo afferma il carattere persecutorio nei confronti delle opposizioni sociali, così come sta avvenendo attualmente nei confronti del movimento no-tav, che vede rinchiusi nelle carceri i compagni e le compagne a cui vengono applicate restrizioni da carcere speciale come il 41 bis. A loro va il nostro pensiero e la richiesta immediata ed incondizionata della loro liberazione.
Oggi splende anche il sorriso di Antonio, nostro fratello imputato di quel processo e morto nel mentre per la precarietà del lavoro, che afferma beffardamente: “il Re è nudo”.
QUARTA EDIZIONE DEGLI STATI GENERALIDELLA PRECARIETA’
C.S.O.AOfficina 99 – via Carlo di Tocco – Gianturco – Napoli
Mentre a Roma si giocal’enorme partita della riforma del mercato del lavoro che vede tra i grandiesclusi i precar@ la Rete degli StatiGenerali della Precarietà torna a incontrarsi a Napoli per una serrata duegiorni di workshop e dibattiti che non possono che avere la precarietà cometema centrale.
Non certo la precarietà come strano animale daanalizzare, o la precarietà comeparola di moda con la quale infarcire astratti ragionamenti o vuote propostepolitico-sindacali, bensì la precarietàcome elemento caratterizzante delle vite di milioni di persone a partire dacoloro che animano gli Stati Generali della Precarietà e da chi le lotte le stafacendo portando alla due giorni le loro esperienze, la precarietà conosciuta nelle decine e decine di interventi neiluoghi di lavoro precario, la precarietà vissuta da coloro che sirivolgono ai Punti San Precario per agire legalmente contro i precarizzatori. E’ il Punto di Vista Precario
Per chi si muove nella precarietà, come la Rete degli SgP,è inevitabile respingere al mittente il pacco Fornero-Monti come scritto nellalettera aperta al governo e consegnata al Ministro Fornero dalle donne precariedi Roma. Gli SgP non possono che portare il punto di vista precario dichi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che limortifica e un sindacato che non li conosce. I precar@ non hanno scelto la lorocondizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisie gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il Punto diVista Precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, trauna politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce.
Nella due giorni napoletanasi continuerà il percorso nazionale iniziato nell’ottobre del 2010 a Milano contre workshop: Reddito, Punti San Precario, Comunicazione e un’assembleaplenaria finale nella giornata di domenica.
Reddito – laposizione degli SgP è chiara: reddito di base incondizionato. Al di sotto di un certo livello di reddito questo deve esseregarantito calcolandolo annualmente in base alla soglia di povertà relativa. Ilreddito di base come unico strumento contro il ricatto e per agevolare la libera scelta dellavoro. Salari minimi per legge. http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf
Punti San Precario – un blob di cospirazione precaria che si sta diffondendo in moltecittà italiane. Più di uno sportello sindacale, più di uno sportello legale.Oltre il sindacato. Vere agenzie di conflitto e cospirazione precaria.
Comunicazione– strumento di contaminazione indispensabile per far passare i nostri contenutie condividere azioni, pensieri, sogni, lotte, immaginari.
CalendarioLavori
Sabato 17 – ore 11.30 inizio lavori prima dell’inizio dei work shop ci sarà una introduzione alla due ggin plenaria – 13.30 pranzo – 15.00 ripresa lavori
#Occupy Welfare >>> venerdì 16 marzo >>> Via Veneto, 56 dalle ore 16
Mayday! Mayday! Entro il 23 marzo il governo tecno/autoritario ha intenzione di approvare la Riforma del mercato del lavoro! Dopo quella sulle pensioni (parola che ora sparirà dalvocabolario!), anche i diritti sul lavoro già calpestati dagli ultimi 15 anni di politiche di flessibilizzazione realizzate in maniera bipartisan si apprestano ad essere cancellati senza colpo ferire.
Sindacati e forze politiche non ci rappresentano e certo non ci difenderanno dal default dei diritti. Tra “paccate” di soldi – che sono briciole! – sorrisi e mediazioni, gli incontri con il governo vengono definiti da CGIL, CISL e UIL “utili e costruttivi”. Per chi?
Cominciano a prendere corpo le proposte innovative del “paccoFornero”: il contratto dominante ovvero il solito apprendistato che piace tanto ai sindacati per i contributi a pioggia sulla formazione professionale e alle imprese per la drastica riduzione dei salari. L’ ASPI (acronimo per Assicurazione Sociale per l’Impiego) che sostituisce le parziali indennità di disoccupazione e mobilità senza estenderne veramente la copertura a tutta la platea reale di beneficiari. Per chiudere, la ciliegina sulla torta, la flessibilità in uscita che suona veramente macabra di fronte alle centinaia di migliaia di posti di lavoro che si stanno perdendo nell’attualefase di crisi.
Con la lettera aperta al governo sul punto di vista precario, l’8 marzo è cominciata la campagna #occupywelfare: precarie e precari, con la complicità di San Precario, hanno occupato il ministero del lavoro riuscendo ad incontrare la Fornero. Da lì in poi per tutti i venerdì del mese di marzo scegliamo di continuare a portare il punto di vista precario sotto le finestre del ministero del lavoro.
Le parole della ministra, clandestinamente documentate attraverso il nostro materiale video durante l’incontro con le precarie, non ci accontentano! anzi si sommano alle offensive banalizzazioni che abbiamo sentito dal governo negli ultimi mesi: a chi chiede nuovi diritti e una vera redistribuzione della ricchezza attraverso il reddito di base e incondizionato non si può rispondere con la solita demagogia dei sacrifici per tutti. Sappiamo che la crisi non è uguale per tutti, ne tantomeno un dispositivo neutro.
Cara Fornero la tua riforma sembra sempre più una dieta meditteranea di diritti per i precari e le precarie!
Non abbiamo nulla daperdere! #occupywelfare un mondo di diritti da conquistare!
Roma, 8 marzo. Ministero del Lavoro Via Veneto 65. Poco fa OccupyWelfare ha anticipato le mosse e con un blitz precario è entrato nel Ministero del Lavoro di Via Veneto per poter consegnare personalmente la lettera alla Fornero. Al momento decine di attivisti si trovano al piano della Fornero bloccati da una decina di agenti della Digos.
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Comunicato dopo l’incontro.
Con l’uscita della delegazione delle donne precarie di OccupyWelfare che ha incontrato la Ministra Fornero dopo l’occupazione del terzo piano del Ministero del Lavoro, si è conclusa l’azione di oggi: e quanto narrato dalla delegazione sull’incontro ha chiarito bene i termini e le ragioni immutate dell’iniziativa di OccupyWelfare. Le donne precarie di OccupyWelfare hanno messo sul piatto il reddito di base incondizionato come una forma per uscire dal ricatto e non rischiare un default dei diritti e delle persone. Hanno detto no ai sacrifici subito senza certezza di ammortizzatori sociali e di risposte concrete.Hanno anzi rifiutato l’indegno scambio fra vaghe promesse sul futuro e l’attacco che il “lavoro stabile” subisce invece sull’articolo 18. Servono risposte e scelte legislative che estendano e universalizzino le garanzie, non che le abbattano. La risposta della Fornero ricalca i luoghi comuni, le banalità e gli insulti delle ultime settimane (lavoro fisso monotono, precari perchè non preparati e così via): se vi diamo reddito voi non fate nulla per il paese, vi sedete e magiate pasta e pomodoro. Il tutto giustificato con la solita priorità di “salvare l’ Italia”. Anche OccupyWelfare lavora per il bene dell’Italia, a partire dalla sua realtà, quella della vita precaria. E perciò dà appuntamento a tutte e tutti per domani, 9 marzo, dalle ore 14, davanti al ministero in Via Veneto 56: per una vera Occupy, l’istituzione dello spazio pubblico di presa di parola e d’iniziativa comune delle precarie e dei precari, insieme alle precarizzate e ai precarizzati. #OccupyWelfare – Roma, via Veneto 56.
Dalle ore 14 tutti/e sotto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, via veneto n 56
Siamo alle fasi conclusive del progetto di riforma del mercato del lavoro che andrà in approvazione entro il mese di marzo. Il pacco Monti-Fornero è il punto di arrivo delle politiche di flessibilizzazione imposte negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi/Boeri – un esempio di “ingegneria normativa” improntata esclusivamente all’attacco di diritti acquisiti. Una prima dimostrazione viene dall’accanimento sull’art.18, che, pur tutelando ad oggi solo una parte dei lavoratori, rappresenta un deterrente importantissimo nei confronti dello strapotere delle imprese. Non a caso, i tavoli di “negoziazione” tra governo e sindacati non considerano la condizione di milioni di soggetti precarizzati dall’attuale crisi del capitale. Siamo noi lavoratori flessibili e generazioni precarie gli unici che andranno veramente in “default” se continueranno ad essere applicate le politiche di austerità imposte da Fondo Monterio e BCE, volute dai responsabili stessi della crisi, le banche. Il mercato del lavoro in Italia è ormai imperniato sulla tendenziale generalizzazione della precarietà. Il pacco Monti-Fornero non fa che normalizzare questa tendenza sotto la sferza e il ricatto della crisi. Invece, dal nostro punto di vista, ovvero di chi produce ricchezza ogni giorno nel nostro paese, c’è la necessità e c’è la volontà di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità. Non vogliamo più divisione e contrapposizione tra “garantiti” e precari, giovani e meno giovani, nord e sud, lavoro e non lavoro, nativi e migranti. Rifiutiamo la competizione al ribasso tra tutele differenziate e non siamo disposte e disposti ad accettare un livellamento verso il basso del salario come dei diritti. Pretendiamo una redistribuzione generale della ricchezza attraverso strumenti che non possono essere scambiati con i diritti che tutelano il lavoro subordinato. Vogliamo ammortizzatori sociali adeguati a questa necessità: l’indennità di disoccupazione copre solo il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – è erogata solo per una parte dei lavori ed è usata per creare sperequazione e clientelismo. Vogliamo rompere il silenzio sulla realtà di un sistema di welfare sempre più privatizzato e fatto gravare sulle spalle delle donne, che con il lavoro di cura gratuito permettono allo Stato di risparmiare circa 26 miliardi di euro. E’ questa una vera leva della precarizzazione, che fa perno sulle donne come primo soggetto di sperimentazione, accanto alla condizione migrante. Senza intervenire su questa realtà di fondo, non c’è lotta alle dimissioni “in bianco” o promessa sul diritto alla maternità che tenga. Vogliamo garanzie. Vogliamo che siano garantite tutele universali nel lavoro. Rivendichiamo libertà di scelta del lavoro. Difendiamo il lavoro esistente, dall’inizio della contrattualizzazione fino alla garanzie nella risoluzione del rapporto. Pretendiamo un limite al tempo di lavoro e il salario minimo orario; rigettiamo la privatizzazione dei controlli sulla sicurezza, quando giorno dopo giorno si allunga la lista insopportabile di vittime dello sfruttamento. Vogliamo la razionalizzazione delle forme contrattuali e l’estensione delle tutele nei contratti atipici e nel lavoro indipendente. Vogliamo un reddito di base e incondizionato, vero architrave di un welfare effettivamente universale che renda sostenibile un sistema pensionistico finora puntato solo ad una futura miseria. Sappiamo dove trovare le risorse: con un piano legislativo nazionale che le prenda dove ci sono, dai profitti, dalle transazioni finanziarie, dalla rendita, dalle speculazioni, dal pozzo senza fondo di spese militari inspiegabili come quelle per gli F35 e di grandi opere rifiutate dalle popolazioni come quella del TAV. Per questo nella giornata del 9 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale e lo sciopero della Fiom, pensiamo sia necessario che le reti indipendenti di precari/e e precarizzati/e prendano parola, a partire dalla loro comune condizione di espropriati dei diritti di garanzie e di libertà. Invitiamo tutte/i ad animare #occupywelfare davanti al ministero del lavoro dalle ore 14 per riprendere parola, dare protagonismo e visibilità ai nostri desideri alle nostre rivendicazioni. Occupywelfare vuole costruire un processo indipendente, autoconvocato ed autorganizzato di mobilitazioni durante tutto il mese di marzo, contro il “pacchetto” Fornero.
Dalle ore 14 tutti/e sotto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, via veneto n 56
Siamo alle fasi conclusive del progetto di riforma del mercato del lavoro che andrà in approvazione entro il mese di marzo. Il pacco Monti-Fornero è il punto di arrivo delle politiche di flessibilizzazione imposte negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi/Boeri – un esempio di “ingegneria normativa” improntata esclusivamente all’attacco di diritti acquisiti. Una prima dimostrazione viene dall’accanimento sull’art.18, che, pur tutelando ad oggi solo una parte dei lavoratori, rappresenta un deterrente importantissimo nei confronti dello strapotere delle imprese. Non a caso, i tavoli di “negoziazione” tra governo e sindacati non considerano la condizione di milioni di soggetti precarizzati dall’attuale crisi del capitale. Siamo noi lavoratori flessibili e generazioni precarie gli unici che andranno veramente in “default” se continueranno ad essere applicate le politiche di austerità imposte da Fondo Monterio e BCE, volute dai responsabili stessi della crisi, le banche. Il mercato del lavoro in Italia è ormai imperniato sulla tendenziale generalizzazione della precarietà. Il pacco Monti-Fornero non fa che normalizzare questa tendenza sotto la sferza e il ricatto della crisi. Invece, dal nostro punto di vista, ovvero di chi produce ricchezza ogni giorno nel nostro paese, c’è la necessità e c’è la volontà di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità. Non vogliamo più divisione e contrapposizione tra “garantiti” e precari, giovani e meno giovani, nord e sud, lavoro e non lavoro, nativi e migranti. Rifiutiamo la competizione al ribasso tra tutele differenziate e non siamo disposte e disposti ad accettare un livellamento verso il basso del salario come dei diritti. Pretendiamo una redistribuzione generale della ricchezza attraverso strumenti che non possono essere scambiati con i diritti che tutelano il lavoro subordinato. Vogliamo ammortizzatori sociali adeguati a questa necessità: l’indennità di disoccupazione copre solo il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – è erogata solo per una parte dei lavori ed è usata per creare sperequazione e clientelismo. Vogliamo rompere il silenzio sulla realtà di un sistema di welfare sempre più privatizzato e fatto gravare sulle spalle delle donne, che con il lavoro di cura gratuito permettono allo Stato di risparmiare circa 26 miliardi di euro. E’ questa una vera leva della precarizzazione, che fa perno sulle donne come primo soggetto di sperimentazione, accanto alla condizione migrante. Senza intervenire su questa realtà di fondo, non c’è lotta alle dimissioni “in bianco” o promessa sul diritto alla maternità che tenga. Vogliamo garanzie. Vogliamo che siano garantite tutele universali nel lavoro. Rivendichiamo libertà di scelta del lavoro. Difendiamo il lavoro esistente, dall’inizio della contrattualizzazione fino alla garanzie nella risoluzione del rapporto. Pretendiamo un limite al tempo di lavoro e il salario minimo orario; rigettiamo la privatizzazione dei controlli sulla sicurezza, quando giorno dopo giorno si allunga la lista insopportabile di vittime dello sfruttamento. Vogliamo la razionalizzazione delle forme contrattuali e l’estensione delle tutele nei contratti atipici e nel lavoro indipendente. Vogliamo un reddito di base e incondizionato, vero architrave di un welfare effettivamente universale che renda sostenibile un sistema pensionistico finora puntato solo ad una futura miseria. Sappiamo dove trovare le risorse: con un piano legislativo nazionale che le prenda dove ci sono, dai profitti, dalle transazioni finanziarie, dalla rendita, dalle speculazioni, dal pozzo senza fondo di spese militari inspiegabili come quelle per gli F35 e di grandi opere rifiutate dalle popolazioni come quella del TAV. Per questo nella giornata del 9 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale e lo sciopero della Fiom, pensiamo sia necessario che le reti indipendenti di precari/e e precarizzati/e prendano parola, a partire dalla loro comune condizione di espropriati dei diritti di garanzie e di libertà. Invitiamo tutte/i ad animare #occupywelfare davanti al ministero del lavoro dalle ore 14 per riprendere parola, dare protagonismo e visibilità ai nostri desideri alle nostre rivendicazioni. Occupywelfare vuole costruire un processo indipendente, autoconvocato ed autorganizzato di mobilitazioni durante tutto il mese di marzo, contro il “pacchetto” Fornero.
A marzo regalerete la riforma del mercato del lavoro mentre avete rimandato al 2013 il riordino del sistema iniquo e arretrato degli ammortizzatori sociali. Il pacco Monti-Fornero è un passaggio fondamentale nelle politiche di flessibilizzazione realizzate negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi alias Boeri – e sono un esempio di “ingegneria normativa” che porterà a 47 il numero di tipologie contrattuali utilizzate nella giungla della precarietà. Tutto cambia perché niente cambi, soprattutto per i precari.
Attualmente l’indennità di disoccupazione copre il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori. L’articolo 18 tutela (per modo di dire) solo il 60% della forza lavoro e sommando finte partite iva e parasubordinazioni la percentuale scende. E’ la concezione stessa dei diritti e delle tutele ad essere parziale e minoritaria, quindi perdente. Serve invece un’idea ampia e convincente per unificare generazioni e lavori. I tavoli di negoziazione tra governo e sindacati non prendono affatto in considerazione la condizione di milioni di precari e precarie che quotidianamente producono ricchezza. Nelle mani precarie c’è invece la possibilità di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità: non più garantiti contro precari, giovani contro meno giovani, nord contro sud, lavoro contro non lavoro, italiani contro migranti. Non già profitti garantiti alle grandi lobby ma accesso al reddito di base incondizionato, ai servizi fondamentali e ai beni comuni.
Gli Stati Generali della Precarietà vogliono rovesciare il triste destino di questo marzo per trasformarlo nel mese dell’attivazione e della cospirazione precaria. Dal Primo Marzo giorno dello sciopero migrante fino al 10 marzo gli Stati Generali della Precarietà apriranno in diverse città spazi di connessione, presa di parola e attivazione tra chi non si rassegna alla vita precaria, ma invece rivendica reddito di base incondizionato contro il ricatto della precarietà.
Nelle ultime settimane il Vostro governo ha portato avanti un’incredibile offensiva mediatica a colpi di insulti e mortificanti luoghi comuni (sfigato se sei precario monotono se hai il posto fisso) per giustificare una riforma che, come già avvenuto per quella previdenziale, asseconda le direttive dell’ortodossia monetarista di un’ Unione Europea che ha tradito chi la sognava come modello di coesione e solidarietà sociale, di diritti e libertà. E’ l’ennesima riforma che non parte dalle esigenze di chi nel mercato del lavoro si muove o di chi ne rimane fuori, tanto è vero che sulla mancanza di fondi per i cosiddetti ammortizzatori sociali Voi, e ancor di più i sindacati, avete messo una pietra tombale. Gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il punto di vista precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce. Precari e precarie non hanno scelto la loro condizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisi.
Garantire un reddito di base incondizionato, in grado di sostituire gli attuali distorti ammortizzatori sociali, non necessita di cifre iperboliche ma è del tutto possibile, come si dimostra nel n. 1 dei Quaderni di San Precario http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf. Un reddito di base incondizionato che venisse finanziato dalla fiscalità generale – ovvero dalla tassazione delle ricchezze – permetterebbe di diminuire quella parte del costo del lavoro rappresentata dai contributi sociali migliorando le retribuzioni (tra le più basse d’Europa), le opportunità e l’accesso al lavoro stesso liberando la precarietà dal ricatto come nessuna delle proposte sul tavolo governo-parti sociali. Il problema non è di sostenibilità economica bensì di volontà politica. Prendere le risorse necessarie dalla fiscalità generale rimette al centro la questione delle scelte politiche. Pochi esempi: dall’introduzione di una tassa patrimoniale sui patrimoni superiori ai 500.000 euro e dalla tassazione delle rendite finanziarie si possono stimare incassi pari a 10,5 miliardi di Euro, il giusto ripristino della progressività delle imposte in un paese dove la forbice tra ricchi e poveri si va allargando a dismisura porterebbe a reperire ulteriori 1,2 miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica, solo nel campo della spesa militare (vedi i 15 miliardi per gli F35) e delle grandi opere del trasporto (vedi la Torino-Lione), potrebbe consentire un risparmio di quasi 6 miliardi.
E per finire lanciamo un marzo di cospirazione precaria a cominciare dal Primo marzo all’insegna dello sciopero migrante, perché i migranti molti ormai di seconda generazione sono quasi un decimo della popolazione italiana e rappresentano una percentuale ancora maggiore della popolazione attiva. La loro condizione di cittadini a tempo determinato sotto ricatto perenne per il permesso di soggiorno, oltre che essere umanamente bestiale e indegna, si ripercuote su tutto l’insieme dei lavoratori creando un dumping salariale pazzesco. Bisogna abolire la Bossi-Fini, che di fatto è una legge sul lavoro; la Turco-Napolitano e il reato di clandestinità. E’ tempo di garantire ai migranti cittadinanza e pieni diritti. Per continuare dal 2 al 10 con la settimana di attivazione contro la giungla della precarietà per il reddito di base incondizionato.
Si arriva poi al 17 e 18 a Napoli per nostro quarto appuntamento degli Stati Generali della Precarietà. Spazio di connessione e cooperazione tra reti che intervengono nella precarietà, nei luoghi di lavoro, nei territori, nei dibattiti, nelle assemblee, al di là di sindacati e partiti e sviluppando proprio per questo un forte punto di vista precario che non nasce dall’analisi della condizione precaria, ma dall’azione e dal protagonismo dentro il meccanismo della precarizzazione e che porterà, tra le altre, alla costruzione dello sciopero precario.
La ricchezza che il mondo precario esprime è un tesoro da difendere dalle grinfie di un futuro di fallimento e da un immediato presente di austerity, da un lavoro sempre più squalificato, sottopagato, demansionato e inaccessibile. Il miglior antidoto alla tecno-burocrazia del Vostro governo senza cuore e senza anima sono le intelligenze indipendenti che si liberano nella cospirazione precaria.
Voi potete continuare a far finta che non esistiamo e Vi assumerete questa responsabilità. Gli Stati Generali della Precarietà si assumono quella di riprendersi il futuro.
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