Collegato lavoro: non tutto è perduto!

Da Precaria.org. Un anno fa le Camere approvavano il Collegato Lavoro. Una legge/sanatoria per le imprese che colpisce tutti i precari.

Il suo scopo era quello di rendere impossibile l’impugnazione dei contratti atipici (che nella gran parte dei casi sono illegittimi) da parte dei precari, introducendo tempi strettissimi per far valere i loro diritti.

Una volta scaduto il contratto se non lo si impugna entro 60 giorni addio diritti e soldi.

È fin troppo facile immaginarsi i dubbi di chi vive col ricatto del rinnovo: “Se impugno il contratto non me lo rinnovano più, ma se poi non lo rinnovano non posso più impugnarlo?”

La norma è stata congelata fino al 31.12.2011.

Ciò significa che i lavoratori i cui contratti a termine sono già scaduti hanno tempo fino al 31.12.2011 per impugnarli.

Non solo: il termine di 60 giorni a pena di decadenza si applica anche per il caso di trasferimento (da impugnare entro 60 giorni dalla sua comunicazione), di cessione d’azienda (60 giorni dal trasferimento), di appalti simulati (l’enorme galassia delle cooperative).

Ma non è finita qui.

La riforma prevede, anche quando un lavoratore riesca a ottenere la trasformazione del contratto precario in contratto a tempo indeterminato, un tetto al risarcimento che il datore di lavoro deve pagare: al massimo ci paghera’ dodici mesi di stipendio. Questa norma si applica anche a tutte le cause in corso!

Non tutto e’ perduto

E’ arrivato il momento di farglielo pagare.

Restano ancora poche settimane per far causa.

Diamo concretezza alla nostra indignazione.

San Precario non ti chiede tessere ma un contributo in caso di vittoria.

Un anno fa le Camere approvavano il Collegato Lavoro.

Una legge/sanatoria per le imprese che colpisce tutti precari.

Il suo scopo era quello di rendere impossibile l’impugnazione dei contratti atipici (che nella gran parte dei casi sono illegittimi) da parte dei precari, introducendo tempi strettissimi per far valere i loro diritti.

Una volta scaduto il contratto se non lo si impugna entro 60 giorni addio diritti e soldi.

È fin troppo facile immaginarsi i dubbi di chi vive col ricatto del rinnovo: “Se impugno il contratto non me lo rinnovano più, ma se poi non lo rinnovano non posso più impugnarlo?”

La norma è stata congelata fino al 31.12.2011.

Ciò significa che i lavoratori i cui contratti a termine sono già scaduti hanno tempo fino al 31.12.2011 per impugnarli.

Non solo: il termine di 60 giorni a pena di decadenza si applica anche per il caso di trasferimento (da impugnare entro 60 giorni dalla sua comunicazione), di cessione d’azienda (60 giorni dal trasferimento), di appalti simulati (l’enorme galassia delle cooperative).

Ma non è finita qui.

La riforma prevede, anche quando un lavoratore riesca a ottenere la trasformazione del contratto precario in contratto a tempo indeterminato, un tetto al risarcimento che il datore di lavoro deve pagare: al massimo ci paghera’ dodici mesi di stipendio. Questa norma si applica anche a tutte le cause in corso!

Non tutto e’ perduto

E’ arrivato il momento di farglielo pagare.

Restano ancora poche settimane per far causa.

Diamo concretezza alla nostra indignazione.

San Precarinon ti chiede tessere ma un contributo in caso di vittoria.

(Video) Il nostro 15 ottobre: un punto di vista precario

1. [La giornata]

Dopo tanta immeritata e non proprio lusinghiera fama, dopo aver lungamente discusso all’interno della nostra comunità umana, territoriale e delle lotte che attraversiamo e contribuiamo ad animare, sentiamo l’irrefrenabile esigenza di dare un contributo ancorché parziale sulla dirompente giornata del 15 ottobre contro la crisi e l’austerity.

Una giornata il cui percorso di costruzione è per noi iniziato 3 mesi fa, quando con decine di precari/e degli Stati generali della precarietà riuniti a Genova, abbiamo deciso di raccogliere l’appello che stava girando per l’Europa e rilanciare l’impegno e la volontà di condividere e connettere a livello europeo le lotte contro l’austerity con le forme indipendenti di organizzazione e di lotta alla precarietà: lo sciopero precario. Un percorso che si sta costruendo da più di un anno.

Tempi lunghi, i tempi del sociale, frammentato e disconnesso, sicuramente molto diversi da quelli delle organizzazioni sindacali o partitiche che d’altronde, sulla precarietà, riescono a fare e capire molto poco.

A metà settembre siamo quindi stati all’Hubmeeting di Barcellona per conoscere, costruire e confrontarci con le piazze euro-mediterranee che da oltre un anno si stanno mobilitando e accampando, stanno occupando e resistendo. Il loro “non ci rappresenta nessuno” è un nodo di riconoscimento fondamentale dei nostri percorsi e della volontà di prendere la parola in prima persona, come precari e precarie.

Allo stesso modo, sin dal primo appuntamento, abbiamo partecipato al coordinamento 15 ottobre, scegliendo il piano del confronto e con la reale intenzione di fare di quella una giornata un momento dove si potessero far convivere le pur diverse sensibilità, scelte e prospettive dentro e oltre la dimensione corteo.

Il 15 mattina ci siamo trovati a Piazza della Repubblica intorno al camion della rotta indipendente verso lo sciopero precario con tanti e tante venute da tutta Italia. Insieme a noi tutta la rete e altre realtà da tutta italia (come la delegazione NoTav o le reti migranti di Brescia) che avevano scelto di condividere il punto di vista precario di quella area di corteo.

Il nostro modo di iniziare la giornata è stato quello di calare uno striscione delle precarie “Inconciliabili” dall’Hotel 5 stelle Exedra-Boscolo, simbolo del lusso e delle ricchezze precluse a noi e invece garantite con il nostro sfruttamento ad una ristretta parte della società. Perché la crisi non è uguale per tutt@. Quando, da sotto la piazza, abbiamo visto la security prendere le nostre compagne siamo entrate in massa a riprendercele: prima dieci, poi venti, poi trecento persone, soprattutto donne, sono salite dalla hall fino sul tetto, allegre ma determinate a non lasciare indietro nessuna. Il 15 ottobre era cominciato.

Andando avanti su via Cavour, dietro a San precario e Santa Insolvenza si sono radunate migliaia e migliaia di persone confluite verso una testa del corteo senza bandiere di partiti o sindacati che parlava di indipendenza e di autorganizzazione delle lotte dei precari, di diritto all’insolvenza e al reddito incondizionato e di base.

All’ingresso di via dei Fori Imperiali, abbiamo scelto di evitare ogni provocazione delle forze dell’ordine schierate in massa prima di Piazza Venezia, a protezione di un potere sempre più isolato, e che già nei giorni precedenti avevano dichiarato di puntare a spezzare il corteo. Abbiamo dunque girato a sinistra, e non perché non ritenessimo comprensibile la volontà di molti di dirigersi verso i palazzi del potere, quanto piuttosto perché non abbiamo mai voluto mettere a repentaglio non solo il nostro spezzone, ormai larghissimo, ma il corteo tutto.

Il nostro obiettivo era un altro, e qui sveliamo la “regia occulta”: poco dopo infatti siamo entrati, prima alla spicciolata poi in massa, dentro il Foro romano, senza pagare i 14 euro e dando vita ad un’occupazione (temporanea?) della suggestiva ed evocativa agorà di duemila anni fa aprendo lo striscione “Whose history? Our history!” (La storia di chi? La nostra storia!)

Volevamo regalare ai precari uno spazio pubblico in cui esprimere il proprio punto di vista, in connessione ideale e materiale con i tanti che nella stessa giornata sono partiti da Plaza Catalunya, a Barcellona, per diverse direzioni per dar vita ad occupazioni di case, ospedali e università. Per riprendersi ciò che non trova altro modo per esprimersi ed affermarsi che quello delle lotte.

Qui avremmo sicuramente voluto sostare di più, provando ad offrire ad un nuovo movimento contro la crisi, la precarietà e l’austerity uno dei luoghi di riconoscimento e un terreno di riconquista.

Ma purtroppo altre tensioni premevano sulla coda della nostra area di corteo a causa delle prime auto andate a fuoco.

La pressione dell’enorme massa del corteo ci ha dunque spinto a proseguire e percorrere molto velocemente anche Via Labicana quando ci siamo resi conto che, alle nostre spalle, la situazione si era decisamente “infiammata”.

A quel punto non siamo riusciti a far altro che constatare la pioggia di lacrimogeni e proseguire a passo svelto nell’unica direzione non bloccata da centinaia di agenti, quella verso piazza San Giovanni, dove siamo arrivati di corsa inseguiti dai blindati e dagli idranti che hanno letteralmente disperso poi l’intera piazza.

Nel giro di pochi minuti, man mano che il resto della manifestazione raggiungeva la piazza finale, migliaia di persone hanno dato vita ad una tenace resistenza verso le forze dell’ordine. Mentre altri mantenevano la calma e permettevano a quelli più impauriti di passare, si difendeva collettivamente lo spazio comune. In modo spontaneo e con un moto di rabbia sociale diffusa si è difesa una collettività ed il suo diritto a non essere spazzata via dalla polizia. Una potenza critica nuova del precariato metropolitano che, come accade nella storia quando esplodono movimenti di massa senza plausibili mediazioni o fantasiose retoriche rivoluzionarie, determinano forti rotture, scompaginano tattiche e facili semplificazioni. Per noi questo è un dato politico, se volete non scontato, anzi dirimente.

Noi eravamo in quella massa insieme a tante e tanti.

2. [Con occhio critico]

La nostra non vuole essere un’epica della giornata, né l’apologia facile della violenza, perché sarebbe una visione molto limitata e sicuramente diversa dalla nostra definizione di radicalità e determinazione che crediamo di aver contribuito a definire negli anni della nostra attivazione sociale e sui terreni delle lotte che abbiamo praticato e che vogliamo continuare.

Vogliamo invece affrontare i nodi critici a partire dai limiti che sicuramente abbiamo avuto.

Però, con lo stesso dovuto rigore, vogliamo sottoporre all’attenzione di tutti/e l’inadeguatezza politica dei movimenti proprio in questa fase in cui così diffusi e condivisi sembrano essere il desiderio e la necessità di una “global revolution”.

Non dobbiamo nascondere che a noi, come acrobati ed acrobate, è mancata la comprensione lucida di alcuni passaggi del corteo e la capacità di gestirne i rapidi ed imprevisti sviluppi.

La tensione che sentivamo crescere intorno al nostro pezzo di corteo ci ha fatto, per esempio, percorrere l’ultima parte di via Cavour e l’inizio dei Fori imperiali in una forma troppo inquadrata, entrando in contraddizione con la natura comunicativa dell’occupazione temporanea del Foro che noi stessi ci accingevamo a fare e contribuendo non poco alla confusione di quel momento.

Per chiarezza ripetiamo che non volevamo in alcun modo finire la nostra giornata a piazza san Giovanni ma che allo stesso tempo non c’era nessuna volontà di determinare l’impossibilità di farlo, per chi lo avesse voluto; all’altezza del Colosseo tutto questo è stato più che evidente alle centinaia di attivisti e compagni che intorno al camion, e nel tam tam di informazioni, provavano a condividere mete alternative, che di fatto sono state impedite da un dispiegamento di polizia inaudito.

L’escalation dello “Stato” di polizia è andata poi aumentando fino ad accanirsi per ore contro chiunque fosse nella piazza San Giovanni girando all’impazzata con le camionette e arrivando persino a sparare lacrimogeni all’interno della Basilica dove decine di persone cercavano riparo.

Crediamo che intorno a questa reazione contro la manifestazione sia più utile per i movimenti fare un’attenta controinchiesta piuttosto che leggere i giornali.

Ora qui emerge un altro nodo problematico che riguarda tutto il movimento, quello consolidato e radicato nelle lotte sociali che certo non si esauriscono con la ‘novità’ degli indignados. Tale percorso nel nostro paese, a differenza di altre realtà internazionali, deve ancora trovare le giuste interconnessioni con le lotte sociali che pure si stanno dando.

Il nodo sta nel difendere lo spazio politico del conflitto nell’era della crisi permanente che ha decretato la fine di ogni mediazione possibile. Ovvero di come, e se, tutelare l’agibilità di movimento per una radicale ed efficace massa critica contro l’austerity e chiunque pretenda oggi o domani di imporla sulla nostre vite già precarie.

Non stupisce che Maroni, o gli organi di informazione lottizzati e al servizio dei poteri forti del paese, mettano sotto accusa chi, già nei comunicati precedenti al 15, così come nella comunicazione sociale in piazza, ha esplicitato l’intenzione di fare di quella giornata, non solo un passaggio costituente o di accumulazione, ma anche di “rottura del quadro di compatibilità”. Ma del resto come oppositori e contestatori determinati di questo governo, e dei suoi ministri, non ci aspettavamo altro.

Sorprende invece, e di più amareggia, quando la critica, tra l’altro formulata come accusa, viene da alcuni ambiti interni ai movimenti e che a volte sembrano condividere l’importanza e il senso delle pratiche di rottura (di qualunque natura) solo se collocate in qualche altro luogo e in qualche altro momento.

Di questo dovremmo discutere a lungo, dentro e oltre il movimento, in un ampio e franco dibattito sulle pratiche che non può prescindere da un ragionamento sulla centralità della produzione di conflitto indispensabile.

Oggi lo riteniamo un orizzonte irrinunciabile dei nuovi movimenti contro l’austerity, la crisi e la precarietà come quelli che proviamo a costruire come rete per lo Sciopero Precario, o quelli contro la devastazione dei territori, come avviene in Val Susa, per la difesa e salvaguardia dei beni comuni, come il percorso fatto dai movimenti per l’acqua, per citarne solo alcuni.

Crediamo ancora che, al centro degli obiettivi di tutte le componenti di movimento, anche tra quelle che investono sulla rappresentanza sindacale e politica, rimanga centrale e strategico il conflitto sociale. Sennò dal nostro punto di vista, sarebbe questo un dibattito problematico e de facto un arretramento dannoso per tutte e tutti.

Certo, è necessario un dibattito sulle pratiche, da fare a 360° gradi e senza facili sintesi e soluzioni poiché capiamo, come è evidente a tutti, che il tema è più che complesso e che la giornata del 15 mette a nudo i limiti di ognuno, senza scorciatoie o linciaggi mediatici e politici.

E proprio sulle pratiche: per come la vediamo noi, è chiaro che, in una giornata di mobilitazione di queste dimensioni, i livelli messi in campo possono anche essere differenti ma devono mantenere la tensione ad inserirsi in un contesto comunemente definito e puntare ad avere la maggiore comprensibilità e consenso possibile.

Quello che abbiamo visto, invece, soprattutto con le macchine incendiate al centro di via Cavour e i luoghi in fiamme accanto a persone palesemente distanti da quelle pratiche come a via Labicana, ci sembrano azioni irresponsabili ed escludenti, poiché di fatto hanno ottenuto il duplice risultato negativo di isolare la prima parte dal resto della manifestazione e, contestualmente, impedire al resto del corteo di procedere. Come, del resto, ci sembrano insensate e pericolose le bombe carta esplose contro altri spezzoni della manifestazione. Anche noi, come tanti altri, abbiamo subito questa sovradeterminazione.

Tuttavia la dinamica della discussione dovrebbe gravitare secondo noi  sull’opportunità o meno di una pratica o di una scelta politica e, mai, nei termini di un “cancro da estirpare” o nella infinita e parziale diatriba tra buoni e cattivi.

Premettendo che noi siamo stati all’interno del coordinamento che ha organizzato il corteo, e dunque ne abbiamo condiviso i limiti, riteniamo che debbano essere assunte delle responsabilità che non sono di poco conto.

Il coordinamento “15Ottobre” non si è mai minimamente sforzato di diventare uno spazio pubblico di dibattito, visto che le riunioni si sono svolte nella prima mattina in sedi dove molto pochi hanno potuto partecipare. A livello internazionale la giornata del 15 Ottobre, nelle oltre 900 città in cui si è svolta, è stata costruita con assemblee di centinaia di soggetti vittime delle politiche di austerity.

Questo per dire che oltre le realtà sociali, sindacali e associative organizzate, c’era bisogno di creare uno spazio pubblico di cooperazione ed informazione sui contenuti della manifestazione, sulle differenti pratiche e sui molteplici contenuti. Perché era evidente che quella giornata era di tutti e di tante differenti forme di espressione. Nello stesso metro quadrato e nella stessa volontà politica è stato invece compresso ciò che molti, giustamente, sostengono che non possa convivere. Si è scelto di dare vita ad una pentola a pressione.

Si è dato da subito un corteo blindato e militarizzato (oltre 3000 agenti schierati), deciso dalla questura di Roma e accettato dal Coordinamento 15 ottobre. E’ stato un errore non opporsi pubblicamente ai veti della questura sul percorso della manifestazione del 15 Ottobre. Tali limitazioni della libertà di movimento e di dissenso si stanno rendendo espliciti in questi giorni anche nei confronti di organizzazioni come la Fiom.

Ora, visto che tutto è pubblico, comprese le successive prese di posizione, riteniamo grave questa scelta e l’abbiamo ripetuto fino alla nausea in quel consesso. Dunque, visto che quello era anche il nostro corteo, abbiamo deciso di partecipare in una forma che tutelasse il nostro spezzone, la partecipazione di tutti/e al corteo e ci garantisse di poterne uscire.

Purtroppo così non è stato e non è dipeso solo da noi. Per ultimo ci è sempre sembrato ridicolo e privo di prospettiva politica costruire percorsi in contrapposizione a qualcuno.

Per questo abbiamo costituito in Italia un percorso politico pubblico, quello degli Stati generali della Precarietà, che affermasse i nostri contenuti.

Per questo abbiamo contribuito a costruire quella stessa giornata in cui centinaia di migliaia di persone si sono mosse in Italia e milioni nel mondo.

Per questo ci pare ridicolo pensare, con cinismo, che qualcuno abbia operato per far attaccare una piazza inerme semplicemente per fare torto a qualcun altro.

Per noi non esistono traditori della causa, esistono solo opzioni e prospettive politiche diverse.

3. [Il partito della paura]

Dopo di tutto però, sta accadendo qualcosa di ancora più grave che vogliamo mettere al centro della discussione. E’ evidente che, oltre ad una gogna mediatica, in cui la nostra e alcune altre realtà vengono additate come responsabili con accuse decisamente fantasiose e confusionarie, si sta passando alla produzione di un paradigma.

Quello del partito della paura.

La manifestazione sembra diventata espressione solo di un dualismo, esasperato nella contrapposizione, e spariscono non solo i tanti contenuti e soggettività presenti, ma persino l’inoppugnabile verità dei numeri. Pare essere scomparso tutto: il prima, tutte le piazze internazionali che da mesi (o come nel caso greco da anni) si stanno mobilitando, la precarietà, la disoccupazione o la cassa-integrazione.

Ma soprattutto, sembrano essere scomparse le politiche di austerity che la crisi porta con sé.

Si produce oltre a tutto questo, una strategia della tensione tirata fuori ad arte, con “terroristi urbani”, richiami a leggi speciali e chiusura incondizionata di spazi di libertà. C’è un violentissimo attacco alle libertà personali e collettive di tutti noi come cittadini, che viene giustificato oltretutto con la delazione di massa. Orwell non sarebbe riuscito a raccontarlo meglio. Tutto questo è pericoloso, inaccettabile e condanna la società del nostro paese ad un nuovo impotente silenzio. Esattamente come il divieto a manifestare che per punizione Alemanno ha inflitto alla città e al paese tutto.

La spasmodica attenzione repressiva sulle legittime proteste della Val di Susa ci consegna un dato chiaro sulla chiusura di ogni spazio di possibile mediazione tra i territori e la cittadinanza da un lato e la politica e le istituzioni dall’altro.

E tutto questo, guarda caso, in previsione di una stagione dove i cittadini, i precari e le precarie, sono sotto un’altissima pressione sociale e stanno appena adesso iniziando a chiedere una trasformazione vera. Non solo verso un governo di colore diverso, e forse questo è uno dei problemi esplosi in seno agli indignados italiani, ma per la trasformazione radicale di un sistema economico e sociale. Non vogliamo più continuare a riprodurre, nel nichilismo (qui ci vuole) dell’avvitamento su se stesso, il sistema capitalistico e la tragicommedia nel suo epilogo decadente che, in Italia, assume tinte da basso impero.

Ma riteniamo che siano fondamentali momenti di discussione collettiva perché ogni contributo lanciato nella rete, a partire dal nostro, sarà sempre una parzialità. In questo momento c’è, secondo noi, la necessità di uno spazio di confronto diretto, in cui la parola sia all’interno di una condivisone, altrimenti tutti rimarremo nell’ambito del proclama che, molto probabilmente, fuori dal movimento interesserà pochi/e.

Siamo convinti che stia iniziando una nuova fase per i movimenti e che ci sia spazio per diverse prospettive in campo, con la premessa che tutti dovremo rimetterci in discussione per essere, diciamo così, all’altezza della complessità dei nostri tempi e della nuova fase che stiamo tutti attraversando.

Per questo riteniamo fondamentale che si apra un confronto pubblico largo, che possa confrontarsi non solo sulle pratiche del 15 ottobre ma anche e soprattutto sui contenuti, sulla capacità comune di prendere parola e porre con forza percorsi di agibilità politica e pratica delle nostre libertà.

Nei movimenti, giorno dopo giorno.

Un caloroso abbraccio a quant* ancora sono detenut*. Libere tutti.

Laboratorio Occupato Autogestito

Acrobax Project

Roma, 15 Ottobre 2011

Il 15 ottobre è stata una giornata fatta vivere da centinaia di migliaia di persone che si sono mobilitate contro la crisi e l’austerity. In questa partecipazione emerge la volontà determinata di cambiare, di trovare strade alternative alle ricette della banca europea e un tentativo di prendere parola in prima persona.

San Precario

La parte di corteo sotto le “insegne” di San Precario e Santa Insolvenza è stata costruita in assemblee pubbliche con centinaia di persone, con delegazioni di 15 città, dal nord al sud dell’italia, con migliaia di precarie/e, migranti e studenti. Immaginata e realizzata all’interno della rete degli Stati Generali della Precarietà che sta puntando alla realizzazione dello sciopero precario, di cui l’Hub Meeting di Barcellona è stato un momento fondamentale (leggi la dichiarazione finale del meeting); rete che ha anche preso posizione dopo il 15 ottobre in solidarietà con il movimento italiano.

Leggi: Que se vayan todos! *15 Ottobre giornata globale contro l’austerity: Dal diritto all’insolvenza allo sciopero precario Il punto di vista precario e la Global Revolution* Il 15 Ottobre tutti a Roma!

San Precario, a cui molte realtà si sono unite direttamente in piazza della Repubblica, ha dato vita ad alcune iniziative di comunicazione, da quella all’albergo Exedra-Boscolo fino all’occupazione del Foro Romano, ma di certo non ha avuto nessuna regia di una presunta escalation del livello di scontro raggiunto dalla manifestazione.

San Giovanni

Da parte delle forze dell’ordine c’è stata una gestione intenzionalmente mirata a dividere definitivamente il corteo, con cariche generalizzate da via Labicana dove il nostro spezzone è stato caricato alle spalle, fino a piazza San Giovanni, con l’accanimento su manifestanti inermi e caroselli dei blindati lanciati addosso alla gente. A questo migliaia di persone hanno risposto opponendo una tenace resistenza esprimendo una parte sostanziale di quella rabbia che vediamo ogni giorno crescere di fronte ad una insopportabile precarietà della vita intera.

Le reazioni

Nei mezzi di comunicazione, nei giorni successivi, è partita una superficiale lettura di questa giornata a cui, purtroppo, molti esponenti politici danno conferma costruendo sulle spalle di alcuni un capro espiatorio. Una gran confusione che crea un mostro mediatico da sbattere in prima pagina. Un clima che ancora oggi permette che gli arrestati restino in carcere preventivo per reato di “legittima resistenza” (vai alla petizione “15 ottobre: liber* tutt*“)

Repubblica: “I nuovi brigatisti”Su Maroni che riferisce alla cameraRepubblica su AcrobaxAcrobax rettifica Repubblica.it Catarci presidente XI municipio

Comunicati e prese di parola nel movimento

Il nostro 15 ottobre: un punto di vista precarioLaboratorio Acrobax – Intervista di Acrobax al Manifesto Sono un acrobata… –  Coordinamento cittadino di lotta per la casaTimeOut Bologna  – San PrecarioOfficina 99 e antagonisti campani Attivisti indipendenti di BariMilitant Centri sociali di MilanoL38 SquatAll Reds RugbyRetelettere RomaTre Collettivo Fuorilegge RomaTre  –  Generazione PrecarianEXt EmersonReality Shock Connessioni PrecarieHub Meeting, comunicato al movimento italianoRadio Onda RossaKnowledge Liberation FrontSofiaRoney laboratorio filosofico

Altri interventi e dibattiti

Roma, il racconto di un autonomo: “Niente comizi, la piazza si conquista”

Una generazione nata precaria, mentre scompare la mediazione

Intervento di Valentino Parlato

Dietro il passamontagna del 15 ottobre, di L. Caminiti

La forma corteo è finita, ce ne vuole un’altra di Girolamo de Michele | il Manifesto

Distruggere la paura, affermare il comune (di Uninomade)

Note sul 15 ottobre, di Toni Negri

Dibattito su Giap! di wumingfoundation

 

Stati Generali della Precarietà 3.0

Verso lo sciopero precario: il desiderio dalla narrazione all’esplosione

In questi ultimi due anni di crisi e devastazione economica, sociale ed ambientale la nostra condizione di precarietà è divenuta esplosiva. Chi ogni giorno produce la ricchezza generale è costretto nel ricatto del lavoro senza diritti e garanzie; chi ogni giorno vive un sequestro della libertà di scelta che va ben al di là delle mura del proprio lavoro o non lavoro; chi vive in territori immiseriti dal mercato che li mette a profitto, chi, come noi, vive questa condizione che si è fatta esistenziale oltre che sociale, sa che sta montando la rabbia precaria.
Per lo stesso motivo sappiamo che siamo stanche e stanchi di sentirci addosso la veste avvelenata che si dà alla precarietà attribuendole il sinonimo di sfiga. Non siamo stati segnati dal destino, ci hanno invece imposto una condizione: esistono i precari e i precarizzatori. Per questo il tempo del racconto della sfiga quotidiana è finita. Per questo vogliamo parlare dei nostri desideri, della libertà che vogliamo riprenderci, della forza che vogliamo far esplodere. Del solo modo di superare la precarietà. Di come farlo, cioè, attraverso lo sciopero precario: quello che non abbiamo potuto fare mai e che ora, adesso, vogliamo e possiamo organizzare. Uno sciopero politico, non dei precari ma sulla precarietà e nella molteplicità di luoghi e forme, per il suo superamento. La potenza di questo processo si darà solo attraverso la cospirazione e le complicità crescenti e continue nelle quali elaborare e sperimentare insieme le pratiche capaci di colpire davvero i profitti. Vogliamo riappropriarci della ricchezza delle nostre relazioni e dei loro flussi produttivi, riconoscere il protagonismo precario e migrante, reclamare un nuovo welfare e l’accesso ai beni comuni. E riprenderci la vita.

Per tutto questo ci vedremo a Roma nella terza edizione degli Stati Generali della Precarietà 3.0 il 15-16-17 aprile 2011.

Verso lo sciopero precario!

Precedenti edizioni degli Stati Generali della Precarietà

Servizio TG3, “Fuori TG” del 21/4/011

Programma

Venerdi 15, @ LOA Acrobax [via della vasca navale,6]
dalle ore 19 accoglienza e concerto di Asian Dub Foundation

Sabato 16, @ GENERAZIONE_P RENDEZ-VOUS [via alberto da giussano, 58]:

* h. 11 – 13: Tavolo di discussione: Precarietà e territori
* h. 11 – 13: Crisi economica, precarietà del lavoro e conflitto sociale
* h. 11 – 13: “The show must go on”: workshop dei lavoratori dello spettacolo, cultura ed editoria
* h. 11 – 13: Workshop sui flussi metropolitani

* Pranzo: incontro tra workshop sapere precario e workshop spettacolo cultura editoria
* h. 14 – 16: Verso lo sciopero del sapere precario
* h. 14 – 16: Workshop su informatica, hacking e reti digitali
* h. 14 – 17: Perfettamente inconciliabili: strumenti e strategie per sabotare lo pseudo-welfare familista
* h. 16 – 18: Working Class Heroes. I migranti, la guerra e l’impossibile democrazia
* h. 16 – 18: Workshop Terzo Settore
* h. 16 – 18: Lo sciopero corre sul filo. Workshop sui call center
* h. 18 – 20.30: Lo sciopero precario e il welfare desiderabile

Sera:
dalle 21 serata di festeggiamento dei primi 6 mesi di occupazione con cena
+ proiezione della videoinchiesta sulla precarietà Inpreca video
+ proiezione del docufilm “Lampedusa next stop” a cura di Insutv (presenti gli autori)
a seguire dj set

Domenica 17, @ Volturno [via Volturno, 37]:
dalle 10 alle 17 tavoli di discussione e plenaria conclusiva

* h. 11 – 13: Workshop Dopo la narrazione l’esplosione
* Pranzo. Tavolata sulla precarietà giovanile. Incontro tra le realtà presenti che si occupano di precarietà giovanile.
* h. 14 – 17: Assemblea Plenaria

* Generazione Precaria. Dalle 10 alle 13: Il Coordinamento precari scuola indice un’assemblea nazionale aperta a tutti i precari della scuola

Durante la tre giorni sarà possibile visitare la mostra fotografica dedicata ad Antonio Salerno Piccinino”raccontare la crisi comincia da uno sguardo” a cura di Occhirossi festival indipendente di fotografia e comitato “no morti lavoro” di Roma

Spot

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STATI GENERALI DELLA PRECARIETA’ 3.0 from sara dp on Vimeo.

9 Aprile. Il nostro tempo è adesso

Sciopero Precario: mettici le mani!

FotoFoto 2Foto 3Articolo Liberazione

Si può fare! La cospirazione precaria colpisce ancora. Il caso delle librerie Rinascita.

Lunedì 28 Marzo, presso la libreria Rinascita di Viale Agosta, si è svolto l’incontro pubblico proposto dall’amministratore delle librerie Rinascita di Roma ai Punti San Precario. L’incontro era stato ottenuto in conseguenza dell’incursione dei PSP nella libreria Rinascita di Via Savoia durante la presentazione di un libro in cui sarebbe dovuta intervenire il segretario generale della CGIL. Ma Susanna Camusso ancora una volta ha perso l’occasione di schierarsi a favore delle legittime denuncie sulla condizione di precarietà esistenti all’interno delle librerie del gruppo Rinascita.

L’assemblea pubblica ha rappresentato un importante momento di confronto al quale hanno partecipato lavoratori e lavoratrici delle librerie Rinascita, ex dipendenti e numerosi utenti. Gli interventi dei presenti hanno confermato la condizione inaccettabile di precarietà di chi lavora nelle librerie Rinascita, già denunciata ai Punti San Precario da un lavoratore anonimo in un intervista pubblicata sul sito indipendenti.eu e sul Fatto Quotidiano il 21 marzo.

Nel corso dell’assemblea sono emerse le responsabilità dell’azienda riguardo alla presenza di lavoro nero, ai pesanti ritardi nei pagamenti degli stipendi e ai licenziamenti senza preavviso, l’amministratore si è impegnato sia a risolvere le situazioni di irregolarità assumendo chi lavora in nero, che a pagare tutti gli arretrati entro il breve periodo. Pur essendoci una gravissima crisi economica, ed in particolare nel settore dell’editoria, si è più volte ricordato che neanche un progetto culturale come quello che vuole rappresentare il marchio Rinascita può sacrificare i diritti leggittimi di chi lavora.

I lavoratori e le lavoratrici di Rinascita inoltre, hanno espresso più volte durante l’assemblea la necessità di cominciare un loro percorso interno di autorganizzazione, lanciando un primo appuntamento per giovedì 31 marzo presso la libreria di viale Agosta.

I Punti San Precario vigileranno sulle promesse del signor Massimiliano Iadecicco, pronti ad intervenire in complicità, supporto e cooperazione con i lavoratori e le lavoratrici nel caso in cui non fossero mantenuti gli impegni presi. Azioni legali e vertenze sono già partite ai danni del gruppo Rinascita.

Nei prossimi giorni Radio Onda Rossa 87.9 fm farà degli approfondimenti sulla vicenda di Rinascita attraverso interviste e dirette radio.

La nostra prossima tappa saranno gli Stati Generali della Precarietà 3.0 verso lo sciopero Precario.

Invitiamo i precar@ a partecipare all’aperitivo che si svolgerà venerdi 1 Aprile dalle ore 18 presso Generazione P. , via scolari n 22 (zona pigneto).

In questa occasione saranno presentati i workshop e la prima stesura del programma del meeting nazionale che si svolgerà il 15-16 e 17 Aprile a Roma.

Puntate precedenti:

Precari e disoccupati: “Ridateci i soldi dei monopoli”

0710 MARZO 2010. ROMA. Flash-mob precario questa mattina,  “Win for Rights – Welfare for Life”, alla sede dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, per sostenere lo stanziamento in un Fondo straordinario per disoccupati e precari degli utili raccolti dall’erario con giochi e lotterie, a cura di Indipendenti, Comitati per il Reddito, Generazione P… sotto lo sguardo benevolo di San Precario ovviamente.

Il flash-mob ha ottenuto un incontro con dirigenti dell’AAMS, fra i quali il dottor Tagliaferri responsabile dell’Area Giochi, che ha dichiarato di “non avere nulla in contrario alla proposta” che vede in linea con le finalità dell’AAMS. I dirigenti dell’amministrazione hanno proposto l’apertura d’un confronto con il sottosegretario competente, on. Giorgetti.

VIDEO.

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WIN FOR RIGHTS!

Si dice in giro che sia stato il loro santo, il santo di molti, San Precario, a trasformare il celebre Win for life in Win for rights, vinci i tuoi diritti. Dopo anni di sottrazioni, di spazi e tempi di vita, di diritti, finalmente il santo ha compiuto il miracolo, sconvolto dal fatto che la vita fosse messa in palio in una lotteria, facendo in modo che tutti i precari possano rivendicare anche loro ciò che gli spetta.

Conoscete Win for Life? Certo, e saprete che si vince anche con zero. Così loro, con zero diritti, hanno capito di aver vinto a Win for rights e sono andati a prendersi i soldi direttamente dai gestori del gioco, cioè all’AAMS, amministrazione autonoma dei monopoli di stato… Ma chi erano? Precari ovviamente,  nel lavoro e nell’abitare, disoccupati, giovani e meno giovani, la generazione P, i comitati per il reddito, cioè coloro che hanno presentato domanda per il reddito garantito da mesi alla Regione lazio e non hanno ancora visto un euro, o chi è stato escluso da un diritto sancito dalla recente legge regionale. Con l’aiuto di San Precario sono andati tutti insieme a reclamare ciò che gli spetta, la loro vincita, un reddito garantito mensile, contro la crisi e la precarietà. Altro che bamboccioni

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Comunicato.

La nostra vita non è un gioco! Tremonti fa il pieno di soldi con i giochi dei Monopoli di Stato? Noi vogliamo quei soldi per reddito, welfare, diritti!

La “finanza creativa” del superministro Giulio Tremonti, nel fuoco della crisi economica e sociale, è ridotta ormai all’essenza: è stata infatti quella dei giochi e delle lotterie dei Monopoli di Stato la performance migliore del 2009, quanto a gettito fiscale. Ben 54 miliardi e 400 milioni di euro entrati nelle casse dello Stato per questa via, circa il 15 per cento in più dell’anno precedente.

Si invita a giocare e si gioca a tutto, nell’Italia della crisi. Chi si aggrappa alle leve delle Slot Machine è quasi la metà del gettito totale dei giochi. Per chi gratta il fondo del salario e del reddito disponibile alla terza settimana del mese, se non prima, è il Gratta e Vinci la scommessa della disperazione: da solo, nel 2009, ha portato all’erario 9 miliardi e 400 milioni. Per le tanti e i tanti la cui vita è sempre più una lotteria, non resta che il Superenalotto: 3 miliardi e 300 milioni di euro, aumentato di oltre un terzo rispetto al 2008.

Win For Life ha portato alle casse del governo, in tre mesi, poco meno di mezzo miliardo di euro. Il sogno d’una rendita. E una nuova tassa mascherata. Già nel 2008 questa forma di fiscalità rapace quanto subdola, puntata alla desolazione in cui sono costretti precari e disoccupati, aveva rappresentato da sola il 3 per cento del Prodotto interno lordo italiano. Nella settimana della discussione in Parlamento sulla crisi, abbiamo scelto di presidiare la sede dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

La migliore fonte di introito dello Stato sono i giochi cui si fa giocare chi è gettato nella miseria? Allora noi diciamo che debbono vincere tutti!

Una briciola dei soldi ottenuti dalle casse pubbliche con questi giochi è stata devoluta all’emergenza del terremoto in Abruzzo? Noi puntiamo l’indice sul gettito dei giochi e delle lotterie, per parlare del gettito fiscale tutto. E per dire che occorre ridistribuire questi soldi per un reddito a tutti i precari e i disoccupati. Occorrono nuovi ammortizzatori sociali per I lavoratori che attualmente ne sono scoperti e per le centinaia di lavoratori a cui da mesi non vengono erogati gli stipendi.

Ogni giorno centinaia di migliaia di persone restano senza stipendio, non sanno più come pagare l’affitto o il mutuo. Ma giorno dopo giorno migliaia stanno imparando a riconoscersi: perché si ritrovano sugli stessi tetti, dalle fabbriche occupate contro le dismissioni, al Campidoglio e al Colosseo occupati dai movimenti per il diritto all’abitare, agli istituti d’eccellenza della ricerca in lotta per difendere salario e ambiente.

Questi siamo noi, Roma dentro e contro la crisi. Ci ritroviamo oggi qui per dire che non giochiamo più.

AGENZIA STAMPA.

ROMA, 10 MARZO. SIT-IN COMITATO PER REDDITO GARANTITO DAVANTI A MONOPOLI (Adnkronos) – Usare parte degli introiti dei monopoli di Stato come integrazione ai fondi stanziati dalla regione Lazio per il sussidio minimo garantito. Lo hanno chiesto i rappresentanti dei comitati per il reddito che questa mattina hanno manifestato davanti alla sede dei monopoli di Stato, a Roma. «La legge garantisce un reddito minimo a disoccupati o cassaintegrati, ma – dichiarano dal comitato – meno del 10% delle domande presentate sono state soddisfate per via della scarsità dei fondi messi a disposizione dalla regione». Una delegazione degli attivisti del movimento è riuscita ad ottenere un incontro con il direttore dell’Area Giochi dei monopoli, Antonio Tagliaferri, che ha espresso un giudizio positivo sul progetto «ma – ha precisato – certo non possiamo essere noi a prendere l’iniziativa. È una scelta che deve avvenire a livello parlamentare. Dal canto nostro, possiamo sicuramente dire che non siamo contrari e che non abbiamo ostacoli a livello tecnino o amministrativo che ci impediscano di dare un parere favorevole ad un progetto di questo tipo». (Bro/Col/Adnkronos)DicoDicoDico