15 maggio giornata europea di sciopero sociale: una sola grande opera casa e reddito per tutti

Inizia presto la giornata che si apre con lo sciopero nazionale della logistica che qui a Roma vede protagonisti i blocchi sulla Tiburtina, una delle più importanti consolari di Roma. Nodo strategico della produzione dentro ed oltre le aree metropolitane, questo settore è ormai da mesi in mobilitazione, una lotta che vede la partecipazione attiva di lavoratori migranti oltre che autoctoni, sindacati conflittuali e realtà di movimento che negli ultimi mesi hanno supportato le pratiche di conflitto messe in campo con determinazione. Scioperi non testimoniali integrati da picchetti sociali e cortei non autorizzati che hanno prodotto quel bloccho della produzione innervata nella distribuzione e circolazione di merci, servizi e soprattutto della forza lavoro sociale, da quelle intelligenze diffuse che nei flussi materiali ed immateriali viaggiano nelle arterie della città.

Certamente un punto qualificante di questa giornata è stato il tentativo, la prova tecnica di connessione europea, transnazionale, un’importante sperimentazione di sciopero sociale europeo. La giornata continua con l’appuntamento a piazzale tiburtino dove parte il corteo. Una manifestazione determinata ed eterogenea di alcune migliaia di persone attraversa il quartiere di San Lorenzo per dirigersi verso il Ministero delle Infrastrutture. I protagonisti sono i movimenti per il diritto all’abitare che dopo la giornata di occupazioni diffuse in tutta la città del 6 dicembre hanno replicato il 6 aprile dando vita ad una nuova ondata di occupazioni che ha risposto alla gravissima emergenza abitativa in corso a Roma. “Una sola grande opera casa e reddito per tutti” è lo slogan che ricompone i diversi soggetti, che in maniera diversificata e stratificata, stanno subendo le politiche di austerity imposte sotto il ricatto del debito: precariato giovanile, studenti, disoccupati, migranti di prima e seconda generazione. Una manifestazione che si porta sotto i palazzi del potere circondando il ministero delle infrastrutture, riprendendo la piazza contro il governissimo di unità nazionale.

 Dagli interventi al megafono davanti al ministero si è ribadita l’incondizionata solidarietà al movimento Notav per l’attacco mediatico, politico e poliziesco che sta subendo in queste ore così come è stata posta la necessità e la volontà di costruire una grande mobilitazione nazionale che metta al centro il contrasto alle politiche di austerity che ormai stanno praticando un livellamento generale verso il basso dei diritti. La precarietà è divenuta una condizione sociale generalizzata che colpisce tutti attraverso licenziamenti, frammentazione e disgregazione sociale, disoccupazione di massa, controllo delle vite, indebitamento generalizzato, tutti dispositivi di un neoliberismo che sta minacciando la sovranità, la democrazia e i basilari elementi di coesione e benessere sociale. Abbiamo bisogno di una mobilitazione nazionale essenzialmente per due ragioni riportare sul piano nazionale le reali emergenze che abbiamo nel paese, subito, a cui gli enti locali – strozzati dal patto di stabilità – non possono più corrispondere. Cosi come solo un processo di movimento, che punti ad accumulare forza, anche con un passaggio nazionale, densità alle pratiche, diffusione di consapevolezza e soggettivazione, potrà riportare il conflitto sociale nelle strade, nelle piazze, assediando i palazzi del potere. E non basta e non finisce, lì, inizia.

Non abbiamo bisogno di richiami teorici e autoreferenziali sul nuovo soggetto politico della sinistra, percorso morto e sepolto per quanto ci riguarda, quanto quello di esercitare una rottura, costituente, dell’unico profilo possibile, che sia capace di coniugare i sogni alle aspettative concrete, di rivoluzionare gli assetti, le dinamiche decisionali, le agende e le priorità, dobbiamo mettere in campo un moto rivoluzionario, per dispiegare controdispositivi, destituenti, antagonisti, per costruire immaginari nuovi senza retoriche e ripetizioni cicliche delle epopee del passato.

Ci vediamo per le strade

Nodo redazionale indipendente

Dichiarazione Comune Maribor – Lubiana Hub Meeting 2013

L’Hub Meeting 2013 Maribor ‐ Lubiana è la continuazione di un processo di incontri dei movimenti europei. Abbiamo condiviso le nostre esperienze attorno a cinque argomenti: governance della città, saperi, migrazione, donne crisi e cura sociale radicale; ed il processo costituente.

Iniziando dalle nostre differenze locali abbiamo discusso dell’apertura di uno spazio comune in cui pensiamo l’Europa non come spazio geografico diviso da confini e definito da strutture egemoniche, ma piuttosto come una regione definita dalla lotta. In ciò consideriamo anche le lotte della Primavera Araba, e le differenze tra sud e nord. Questo è un processo in cui immaginiamo lo spazio comune attraverso il quale le lotte locali risuonano ad un livello transnazionale. Il processo costituente è un orizzonte cruciale da essere riempito con contenuti e pratiche che devono essere basate su un’inchiesta generale in cui i movimenti siano incorporati, rispettando l’eterogeneità della società e le situazioni locali.

C’è un bisogno generale di attaccare il capitale finanziario, la troika, ecc. non solo su un livello simbolico ma anche in modo materiale attraverso pratiche concrete. Non basta parlare ai movimenti già inclusi nel processo, ma vanno generalizzate le lotte. Come movimenti ed attivisti vogliamo considerarci come immersi nella società e non separati da essa. Vogliamo creare lotta sui terreni dove il sistema capitalistico si riproduce: ad esempio nella governance della città, nei saperi, nella migrazione, nella cura sociale ed in un processo costituente Europeo calato dall’alto.

Nel seminario “Governance della Città” abbiamo discusso le lotte e le pratiche nella città e nello spazio urbano e l’organizzazione dei bisogni sul territorio.

Nel seminario “Migrazione” abbiamo discusso le lotte contro qualsiasi confine economico e politico attraverso cui abbiamo scoperto le linee che intersecano le lotte dei rifugiati e le lotte dei lavoratori migranti. Abbiamo riconosciuto i Saperi come un campo di battaglia fondamentale che ci dà gli strumenti per creare nuove lotte.

Nel seminario “Donne, Crisi e Cura Sociale Radicale” abbiamo discusso il collegamento tra il patriarcato, il capitalismo e la crisi. In apertura si è discusso di come inserire prospettive femministe nella lotta comune contro l’austerità. Successivamente si è trattato di meccanismi di cura sociale radicale nella comunità.

E nel seminario “Processo Costituente” abbiamo discusso sul lavorare ad uno “sciopero sociale” con una prospettiva di lungo termine, laddove “Sciopero Sociale” comporta forme di sciopero al di fuori dei sindacati formali, ecc.

Abbiamo inchiestato i meccanismi ed i metodi di come le persone creino da sé e siano coinvolte in tali azioni e diffuse reti di pratiche, adottando il prossimo 15 Maggio come un primo esperimento.

Oltre a questo, riconosciamo che ci sia un’agenda di eventi europei, incluse le giornate di mobilitazione di Blockupy FrankfurtQue Se Lixe A Troika e Plan de Rescate Ciudadanonella prospettiva di ulteriori passi verso l’autunno, e sottolineiamo che questi eventi devono essere strumenti utili per costruire un processo costituente.

Con amore, i partecipanti dell’Hub Meeting 2013

http://hubmeeting20a.wordpress.com/italiano-2/

#19A Roma Mobilitazione nazionale per il reddito

Dall’ingovernabilità al Reddito di garantito

Lo aveva detto chiaramente il risultato elettorale ma oggi quel messaggio si è perso nel vento. Ingovernabilità. Perché troppi sono i conflitti aperti o latenti nel nostro paese come negli altri a capitalismo avanzato. Non c’è più mediazione o riformismi possibili di fronte all’accaparramento progressivo dei beni comuni e del patrimonio pubblico, di fronte ai licenziamenti di massa con o senza articolo 18, di fronte ai miliardi che spariscono nella finanza globale attraverso gli interessi sul debito pubblico e i tagli al welfare con cui si pretende di appianare il deficit. Gli alfieri del buon governo si sbizzarriscono nel proporre nomi e personalità di rilievo con le quali lavare l’onta del malaffare diffuso e restituire un briciolo di credibilità alla politica. Ma la politica è l’arte della mediazione e qui non c’è più mediazione possibile tra chi paga tasse e contributi altissimi a fondo perduto: i nostri figli non trovano posto negli asili comunali, i nostri fratelli e sorelle non arrivano a pagare l’affitto tutti i mesi, i nostri genitori non trovano posto negli ospedali pubblici e a stento riescono a prendere una pensione da fame. Noi alla pensione non abbiamo neanche l’ardire di pensare. Nel giro di pochi anni si è portata avanti una massiccia opera di precarizzazione ed indebitamento delle nostre vite in un processo che, abbiamo visto bene in giro per il mondo, non ha certo il buon senso di fermarsi appena un metro prima del baratro, cliff. In altri paesi non molto lontano da noi i drammatici suicidi di chi si è trovato solo e disperato di fronte ad un potere sordo hanno innescato la miccia di rivolte dalle istanze profonde e radicali. Hanno innescato la liberazione dal senso di colpa su cui si fonda la società del debito. In colpa perché precario, perché studente fuori corso, povera o straniera, anziano o disoccupata. In colpa perché schizzinoso di fronte ai lavoretti che si trovano in giro, perché bisognoso di assistenza, aiuto e solidarietà, in colpa persino perché non voti e così facendo non ti schieri a favore del grande cambiamento. Non siamo in debito e tantomeno ci sentiamo in colpa. Abbiamo scelto di non suicidarci per l’ansia e lo stress che la crisi permanente produce sulle vite. Al contrario vogliamo avanzare nella consapevolezza dei nostri bisogni e dei nostri desideri, nella necessità di partire dal mettere in gioco le nostre vite dentro un processo di trasformazione che necessariamente deve porsi come indipendente e alternativo al modello capitalistico, né desiderabile né sostenibile. Con le occupazioni ci riprendiamo case, teatri, orti urbani, parchi e centri sportivi, sale musica, mense. Con le lotte vogliamo conquistare la dignità di ciò che ci spetta e la libertà di contro gli abusi di chi ci comanda. Per questo abbiamo deciso di partecipare e animare anche a Roma la giornata nazionale del 19 aprile che definisce il reddito esattamente come strumento di ricomposizione e conflitto. REDDITO-CASA-TRASPORTI-RIAPPROPRIAZIONE-DIGNITA’: non voto pretendo. #anzituttoredditopertutti #nondobbiamononpaghiamo

Volantino distribuito oggi presso Eataly #nondobbiamononpaghiamo

Questa crisi, più duratura persino di quella del ’29, la stiamo pagando tutti ogni giorno a caro prezzo. Capire di chi è la colpa non è semplice: probabilmente i primi responsabili sono i meccanismi del capitalismo finanziario globale che fanno il bello e il cattivo tempo con i tassi d’interesse sui debiti sovrani costringendoci attraverso le indiscutibili leggi della Troika a pesantissime misure di tagli ad un sistema di welfare già iniquo e martoriato e a nuove tasse in un paese come il nostro che contemporaneamente ha la più alta evasione e la più alta imposizione fiscale sui redditi da lavoro. Più facile, ma non scontato, è invece dire che noi non siamo in colpa né tantomeno in debito. Non vogliamo più sentirci in colpa per una crisi che non abbiamo creato, in colpa perché “choosy”, schizzinosi, se rifiutiamo un lavoro o un lavoretto di merda, magari al nero, in colpa perché “mammoni” che rimangono a casa di mamma e papà fino a 30 anni e oltre, in colpa perché figli di non italiani e quindi senza diritti, in colpa perché insolventi o protestati. L’unico welfare che abbiamo conosciuto è stato quello familiare ma ora i nostri genitori sono esodati, cassaintegrati, pensionati al minimo, inquilini morosi sotto sfratto, migranti che perdono il lavoro e con esso il permesso di soggiorno. E’ il momento per imporre la necessità di un reddito garantito per tutti e tutte: perché dobbiamo arrivare alla fine del mese, perché dobbiamo poter rifiutare i ricatti economici sul lavoro e nella vita, perché lavoriamo anche solo quando cerchiamo lavoro, quando studiamo, quando navighiamo su internet divenendo utenti da profilare, quando ci muoviamo per ore nel traffico di una città impazzita… persino quando facciamo la spesa! Noi precari, ultima ruota del perverso ingranaggio non siamo più disposti ad ingoiare menzogne e frustrazione: i soldi ci stanno ma non ce li danno. Siamo nati precari e precarie ma non ci vogliamo morire… Non pagare, lotta per rivendicare ciò che ti spetta! #nondobbiamonopaghiamo… istruzioni per l’uso: 1) Fai la tua spesa 2) Mettiti in fila alle casse 3) Mostra il volantino e chiedi lo sconto per te e per tutt@ Per oggi il 50% può bastare!

COLAZIONE RESISTENTE PART.2 @DEGAGE

Questo sabato siamo entrati in uno stabile vuoto della provincia mentre centinaia di famiglie, studenti e migranti facevano lo stesso in altri 11 edifici abbandonati sparsi nella città. In una città stuprata dal cemento dove si costruisce per costruire, vogliamo rimarcare ancora una volta come l’unica soluzione all’emergenza abitativa sia la riappropriazione diretta.  Il comune dichiara 260.000 case sfitte, la casa è un miraggio per decine di migliaia di persone costrette ad arrancare a presso alle rate del mutuo o all’affitto; è la città “reale” della gente che ci vive, ci lavora o ci studia che si scontra con la città degli amministratori e speculatori, sono i nostri bisogni che confliggono con le leggi dell’accumulazione e della rendita.

La storia dello stabile che abbiamo occupato è esemplare perché, attraverso la cessione di patrimonio pubblico e l’erogazione di lauti appalti, l’amministrazione di turno la provincia regala milioni di euro al palazzinaro di turno la famiglia Parnasi, con un metodo riproposto talmente tanto spesso da sembrare un modello.   vicenda è anche grottesca perché a coprire questa operazione speculativa non è un progetto di riqualificazione di un quartiere di periferia, la costruzione di infrastrutture per il trasporto pubblico o misure di contrasto all’emergenza abitativa ma bensì l’edificazione di una monumentale sede per la provincia un ente che non esisterà più, non provano neanche più a convincerci che le loro speculazioni possano avere una ricaduta positiva sulla città.

Abbiamo occupato perché siamo stanchi di pagare 500€ per una stanza singola, del ricatto del lavoro in nero, di una vita frenetica e precaria; vogliamo dare un’indicazione, un esempio di come, organizzandoci insieme, possiamo migliorare materialmente le nostre condizioni. Pensiamo che sia legittimo riappropriarsi di tutto quello che non abbiamo e non ci stiamo a rispettare i canoni del sentire comune che impongono di essere silenziosi ed obbedienti.

Se non lo facciamo noi nessuno lo farà per noi, infatti, le risposte che l’istituzione universitaria offre ai suoi iscritti sono a dir poco insufficienti, anzi non fanno altro che aggravare la situazione! A fronte dell’ aumento delle tasse universitarie, gli alloggi, lontani e troppi pochi per una città che accoglie più di 200000 studenti, e le borse di studio sono elargiti dall’università in base al merito, un merito “all’italiana” che esclude automaticamente chi non ha alle spalle una famiglia che può sostenerlo e gli studenti-lavoratori che, non solo non hanno nessun tipo di agevolazione ma, se fuoricorso, come spesso accade a chi lavora e studia, si vedono le tasse raddoppiate. La gestione mafiosa del nostro ateneo, come confermano le inchieste sul magnifico rettore Frati, è stata volta più al mantenimento del proprio potere e dei propri interessi che alle necessità degli studenti!

Sentiamo urgente il bisogno di una risposta concreta ed efficace all’ attacco che subiamo ogni giorno sulla nostra pelle, vogliamo sognare e iniziare a costruirci un’ipotesi di vita che vada oltre il termine del contratto precario e sappiamo che le uniche strade percorribili sono quelle della riappropriazione e della lotta.  Di studentati come il nostro ne nascano altri cento!

E’ NATO UN NUOVO STUDENTATO!!

CASA PER TUTTI, TUTTI A CASA!

Il day-block della logistica

di ANNA CURCIO e GIGI ROGGERO

É iniziato prima dello scoccare della mezzanotte lo sciopero generale dei lavoratori della logistica: depositi e magazzini della Tnt, della Bartolini, dell’Sda, della Dhl e delle altre imprese nelle principali città protagoniste delle lotte degli ultimi anni (Verona, Bologna, Milano, Piacenza) sono stati bloccati a partire dalla sera di giovedì. Al passare delle ore hanno iniziato a prendere corpo i numeri dell’adesione allo sciopero: si arriva al 100% o quasi, i principali poli della logistica per oltre 24 ore sono svuotati del lavoro vivo. Il dato di grande rilievo è che la giornata di mobilitazione è andata ben oltre gli ormai consolidati centri della mobilitazione, arrivando al centro-sud: a Roma, ad esempio, i livelli di partecipazione allo sciopero alla Sda e in altre imprese della logistica sono stati pressoché totali. Ciò permette il rafforzamento dei conflitti dove già c’erano e il loro esordio nei posti in cui finora erano assenti. Lo sciopero del 22 marzo segna quindi un fondamentale salto di qualità nel processo di accumulo di forza ed estensione di questo ciclo di lotte.

Ma il 22M non si è esaurito negli straordinari numeri di adesione allo sciopero. Prima che l’alba facesse capolino, sono cominciati i picchetti e i blocchi dei principali snodi della circolazione delle merci. A Bologna l’interporto viene completamente paralizzato, le file di camion fermi in entrata e in uscita vanno avanti per chilometri. La composizione è quella vista nella vittoriosa lotta all’Ikea e in altre occasioni: al fianco dei facchini ci sono studenti, precari e militanti. Poco prima delle 10 arriva la notizia di una prima violenta carica della polizia ad Anzola, tra Bologna e Modena, per provare a sgomberare i cancelli della Coop Adriatica (sì, non è un caso, il fiore all’occhiello della sinistra e ganglio nevralgico del blocco di potere politico-economico del modello di governo socialista emiliano-romagnolo). Anche qui tutti i lavoratori delle cooperative avevano incrociato le braccia. Il picchetto resiste con determinazione e occupa la via Emilia, arteria centrale della circolazione: intorno a mezzogiorno viene rimpolpato dai partecipanti al blocco dell’interporto, che hanno pienamente raggiunto l’obiettivo. Nel frattempo, a Verona e a Padova vengono bloccate le tangenziali e le strade della zona industriale, a Roma è presidiata la sede dell’Sda, a Torino e Genova ci sono iniziative in imprese specifiche. Nell’area metropolitana di Milano sono tre i concentramenti principali: all’interporto di Carpiano, dove vengono bloccate l’Sda e la Dhl, nella zona strategica di Linate, infine a Settala, dove i lavoratori picchettano due grossi centri della Dhl. Qui il delegato della Cgil prova a sfondare i picchetti per portare dentro i crumiri, l’uno e gli altri vengono cacciati via dai lavoratori. I confederali sono complici dei padroni non solo in senso figurato. A Piacenza, dopo aver nuovamente bloccato il deposito Ikea a partire dalle 6 del mattino, nel pomeriggio si forma un corteo che invade le strade del centro cittadino.

Ma la giornata è lunga. Poco dopo le 14 poliziotti e carabinieri indossano nuovamente caschi, scudi e manganelli per sgomberare il picchetto davanti alla Coop Adriatica e Unilog. Le cariche sono ripetute e violente, lavoratori, studenti e precari resistono e occupano la via Emilia. Cercando di sfuggire alla brutalità poliziesca tre lavoratori vengono investiti da un camion, le loro condizioni sembrano critiche: arriva l’ambulanza, uno viene portato in ospedale, gli altri due vengono soccorsi e restano sdraiati a terra. La strada rimane bloccata. I manganelli tornano a inseguire i corpi dei manifestanti, che mantengono compatto il corteo, raggiungono un parco ai lati della via Emilia e si riuniscono in assemblea.

Le immagini dei poliziotti che scortano i camion carichi di merci sembra una fotografia del capitalismo contemporaneo e della violenza dei processi di accumulazione. Ma queste lotte, innanzitutto, ne indicano i livelli di fragilità e di possibile rottura. La ritualità dello sciopero è definitivamente infranta, questo viene reinventato e torna così a essere un’arma per fare male ai padroni. Anche il simbolico non è più finalmente quello dei media mainstream, ma appartiene alla comunicazione autonoma che – attraverso siti, twitter e social network di movimento – ha creato il tessuto connettivo della giornata di sciopero (l’hashtag #logistica è stato tra i principali “trending topic” in Italia). In molti luoghi lo sciopero va avanti fino al sabato mattina, alcuni lavoratori discutono della possibilità di protrarlo ulteriormente. Dunque, finita con un bilancio eccellente la prova di forza e generalizzazione del 22, il processo continua su nuove basi: oltre la logistica, ripetono tutti, qui vanno trovati i circuiti della ricomposizione. Qualcuno cita gli Iww: forse è solo una suggestione, o semplicemente serve per descrivere alcune caratteristiche (mobilità, eterogeneità, irrappresentabilità) che oggi, nel cuore del capitalismo cognitivo, descrivono la forza lavoro precaria. In ogni caso, le forme organizzative della nuova composizione di classe ora sembrano un po’ meno indecifrabili: un passo in avanti comune lo stiamo facendo, magari proprio verso i wobblies del XXI secolo.

* Pubblicato su “il manifesto”, 23 marzo 2013.

Ben scavato, vecchio Hobo! nuova occupazione a Bologna

Lavoratore nomade e migrante, continuamente in movimento e irriducibile alla disciplina di fabbrica: ecco chi era Hobo all’inizio del Novecento. Ed ecco che Hobo rinasce nel cuore del capitalismo cognitivo: la mobilità è il suo tratto costitutivo, la fabbrica è quella dei saperi. Hobo non si vuole piegare, costruisce linee di fuga, produce in comune le proprie forme di vita. Hobo non ha carta di identità perché ha tanti volti ed è sempre giovane. Hobo è studentessa e precario, disoccupato e attivissima, povera di potere e ricco di potenza. Hobo è lavoratore di #IkeaInLotta e militante di Occupy, insorge in Tunisia ed Egitto e resiste alle politiche di austerity in Grecia. Hobo rifiuta la guerra perché vive di lotta. Hobo è No Tav e per la riappropriazione del reddito, perché la crisi e il debito non li vuole pagare e si organizza per farli pagare a chi li ha imposti.
Hobo infatti non è inorganizzabile: è così solo per i partiti
che cercano di rappresentarlo. Hobo è sprezzantemente estraneo alle elezioni perché è ingovernabile ed è troppo impegnato a organizzarsi con i molti. Hobo non ha nostalgia dell’università pubblica, perché sta costruendo la propria università e le proprie istituzioni autonome. Hobo non si fa catturare dalle discipline accademiche, perché pratica l’inchiesta militante e la conricerca. Hobo coopera con il compagno Dracula, morde i baroni e ha sete di vita. Dopo che anche i papi hanno abdicato, proclama che ogni re-ttore può perdere la testa. Hobo non ha Patria e non ha Dio(nigi): meglio Donatella. Hobo odia la puzza di morte del feudalesimo aziendale perché è il sapere vivo.
Oggi Hobo si è ripreso una piccola parte di ciò che le appartiene e ha aperto un laboratorio dei saperi comuni. La riempirà di iniziative di autoformazione e discussione, di socialità e reti di comunicazione, di libera circolazione delle conoscenze e delle lotte. La riempirà di autonomia, gioia e cooperazione. Hobo è uno spazio aperto e costituente, è singolare e collettivo, è fuga e dentro e contro. Hobo è uno stile della militanza. Ecco perché Hobo è nomade: perché non ci prenderete mai.
Vieni a trovare Hobo, divieni anche tu Hobo nel Laboratorio dei Saperi Comuni Giardini di Via Filiipo Re
H. 12.30: Conferenza stampa H. 16.30: Assemblea aperta
Prossimi appuntamenti…
mart 19
– h12.30 Conferenza stampa; – h16.30 Assemblea di presentazione
merc 20 – h17.00: Commonware, percorso di autoformazione: Stili della militanza. Dal movimento operaio a Occupy,
1° incontro con Sandro Mezzadra e Adelino Zanini.
giov 21 – h16.30: Pomeriggio di comuncazione No Tav in
prepaparazione della presentazione A sarà düra! (zamboni 38 h18)
ven 22 – h18.00: Dentro e contro l’università della crisi:
riapriamo il dibattito.
sab 23 – h15.00:
Verso lo sciopero del settore merci e logistica: assemblea con studenti precari e lavoratori in lotta.
dom 24 – h17.00:
Politica e soggettività femminili: l’attualità di Carla Lonzi con Vincenza Perilli e Giovanna Zapperi.
lun 25 – h19.00: Vota Django.
mart 26 – h18.00:
Avete pagato caro non avete pagato tutto.
Presentazione di Rosso (DeriveApprodi 2007), con Valerio Guzzardi e Tommaso De Lorenzis.
merc 27 – h18.00:
Presentazione di Diritto del comune (ombre corte 2012) sarà presente il curatore Sandro Chignola.
giov 28 – h18.00:
Sì, sono paranoico: ma lo sono abbastanza?
Controllo, dipendenza, spettacolo, tennis, televisione e altre cose più o meno divertenti secondo David Foster Wallace, a cura di Girolamo De Michele.
ven 1 – h18.00:
Dégagé. Insorgenze e controrivoluzione in Egitto e Tunisa, con Paolo Gerbaudo e Fulvio Massarelli

Bartleby è ovunque, siamo tutt* Bartleby

L’hanno murata, la casa di Bartleby a Bologna, stamattina. E’ così che si tratta la produzione di ricchezza comune, di idee e cultura e libera socialità, sotto i governi democratici dell’austerità.
Volevano espellerla dalla città, quella casa, dalla pericolosa promiscuità con i flussi del sapere in conflitto nell’Università da cui Bartleby era spuntato, nato dall’Onda, dicendo ancora una volta quasi quattro anni fa “avrei preferenza di No”.
E anche stavolta ha detto così, Bartleby, come quando per più volte gli avevano violentemente chiuso la sua prima casa: “avrei preferenza di No”, resto in San Petronio, convenzione o non convenzione, non son un tipo convenzionale, ne converrete…
Ora che hanno messo su un muro al posto di una porta e un altro muro di divise e blindati intorno, Bartleby risponde con la sua persona plurale che più preoccupa il Potere: “Dissotterriamo le asce di guerra”.
Noi che con Bartleby abbiamo nel nostro piccolo condiviso moltissimo in questi anni, cose come la pretesa di indipendenza, la costruzione di autonomia, la libertà di tessere reti e immaginare la nostra comune esplosione di precarie e precari in uno sciopero inevitabilmente e sapientemente sociale che infine inizia a divampare nell’EuroMediterraneo, possiamo avere una sola risposta: Augh! Bartleby, fratello e sorella! Le nostre asce con le vostre e sarà terribile la risata che li seppellirà sotto le macerie dei loro muri!
Ogni giorno, ogni notte, con Bartleby che è dovunque perché è moltitudine.
Laboratorio Acrobax –  All Reds – Alexis occupato – America occupato

#6D a Roma: non ci bastano i palazzi del potere

Se il 14N aveva consegnato un punto di domanda: è possibile immaginare
obbiettivi diversi dai periferici palazzi del potere?, il 6D ci lascia una
parziale ma importante risposta.

Gli studenti medi, con l’occupazione simbolica di via Induno a Trastevere,
hanno dato importanza alla pratica della riappropriazione. Sperimentata nelle
scuole occupate e agita nei territori, come nel caso del Cinema America, la
riappropriazione degli spazi ha dato modo di comprendere la potenza della
relazione nel tempo della crisi. La stessa gioventù lidense di Ostia si è
nutrita in questa simile dimensione.

I movimenti romani per il diritto all’abitare hanno poi costruito un
ulteriore passaggio di qualità, dando un tetto a circa 3000 persone, colpendo
direttamente la rendita e chi vuole procedere con la svendita del patrimonio
pubblico. Da Ponte di Nona a Torrevecchia, da Prenestino ad Anagnina, fino al
quartiere San Paolo dove nasce lo studentato”Alexis Occupato”.

Nel #6D il rapporto centro-periferia è saltato nel migliore dei modi. Un
moltiplicarsi di luoghi dove pianificare nuove forme di attacco. Non
“assaltando” i palazzi del potere si è lasciato spazio alla possibilità di
costruire nuove istituzioni autonome che si contrappongano alla metropoli della
rendita. I germi della ribellione si piantano proprio in quelle disgregate
dimensioni di quartiere dove sono possibili nuove relazioni antagoniste.

Tornare nei territori quindi non vuol dire chiudersi nel mutismo per assenza
di prospettiva politica. Vuol dire piuttosto osservare meglio le contraddizioni
e le ambivalenze del rapporto centro-periferia, imparando ad agire in una
dimensione spaziale nuova che richiede maggiore capacità di radicamento.

Tornare nei territori vuol dire costruire nuove istituzioni autonome che
rendano obsolete le istituzioni che governano a colpi di austerity. Tornare nei
territori vuol dire evitare di essere ceto politico e sporcarsi le mani tra
l’autonomia possibile e la barbarie che avanza.

E’ possibile quindi immaginare obbiettivi diversi dai palazzi del potere
soltanto se, uscendo dalla dimensione centro-periferia, ci accorgiamo che
l’unico conflitto possibile è nella costruzione, nella relazione e nella
riappropriazione. L’attacco del capitale e dello stato sarà una conseguenza di
questo nostro lavoro, come ci insegna la Val di Susa.

E se per una giornata non si finisce sui giornali poco importa. Non sarà
certo qualche intervista in televisione a dare forma ad un movimento
generalizzato contro le misure di austerity.

da www.infoaut.org

 

Ci siamo ripresi ciò che è nostro e abbiamo trovato l’America nel cuore di Trastevere!

Pubblichiamo un appello di appoggio e solidarietà all’occupazione permanente del Cinema America di Trastevere, lanciata dall’Assemblea Giovani al Centro e dai residenti del rione domenica 18 novembre, durante l’assemblea conclusiva di Ri_Pubblica.
 
Il Cinema America è stato per anni lasciato all’incuria di una gestione privata il cui unico interesse è stato quello di far approvare un progetto di abbattimento per costruire una palazzina fatta di appartamenti e parcheggi interrati.
 
Con anni di mobilitazione gli abitanti di Trastevere hanno ottenuto la bocciatura di un primo progetto che prevedeva 36 mini-appartamenti. Ma la minaccia di abbattimento non è scomparsa: è stato presentato un nuovo progetto, al momento bloccato, che prevede di fare 20 abitazioni e due piani di parcheggio.
 
L’occupazione di domenica ha lanciato una settimana di “work in progress”, fatta di assemblee e incontri pubblici, destinati a organizzare una programmazione a lungo termine che risponda alle esigenze culturali, sociali e politiche degli abitanti del rione XIII e degli studenti di zona.
 
Il Cinema America diventerà un polo multifunzionale, un laboratorio di esperienze di attivazione culturale, politica e sociale per studenti, residenti e chiunque vorrà partecipare al progetto.
 
In vista di questi obiettivi,  contro la minaccia di abbattimento della storica sala trasteverina, supportiamo l’occupazione a tempo indeterminato del Cinema America, rilanciando l’assemblea pubblica di domenica 25 novembre alle 19:00.
 
Con il Cinema America Occupato, contro le speculazioni sulla cultura e sul territorio!
 
 
Per inviare adesioni lasciare un commento o inviare una mail ad assembleagiovanialcentro@gmail.com

 

 

| MANARA IN OCCUPAZIONE |

Oggi gli studenti del Liceo Classico Luciano Manara si sono riappropriati
della sede di via Basilio Bricci 4.
Dopo un percorso di mobilitazione cominciato all’inizio dell’anno scolastico
che ha portato gli studenti della nostra scuola a scendere in piazza, a creare
all’interno della propria scuola un “conflitto” costruttivo e un
approfondimento sul rapporto tra austerity e scuola, abbiamo scelto la forma di
mobilitazione più estrema.
All’ interno di questo contenitore, quello dell’ occupazione, abbiamo
individuato alcuni concetti chiave. La nostra mobilitazione sarà di:
–       OCCUPAZIONE: intesa come invasione del luogo pubblico per bloccarne il
funzionamento ordinario e la didattica frontale
–       DENUNCIA: il blocco del servizio pubblico ci serve come denuncia della
situazione in cui versa la scuola pubblica
–       RIAPPROPRIAZIONE: con l’occupazione intendiamo riappropriarci di un luogo
che lentamente presidi e governi ci stanno levando, sottraendoci spazi di
espressione e possibilità di confronto
–       LIBERAZIONE: poiché bloccando un sistema, una pressione fiscale eccessiva,
un ragionamento, una politica di gestione sbagliata di uno spazio, non facciamo
altro che liberare quello spazio da questa logica di gestione e quindi dal
meccanismo che non gli permette di funzionare

Ci mobilitiamo contro la gestione della scuola di questo GOVERNO TECNICO,
contro il suo DDL 953 (ex Aprea) che dietro al fantoccio dell’autonomia
nasconde il tentativo di gettare la scuola pubblica nella mani dei privati e di
eliminare gradualmente questo sassolino nella scarpa che sono i rappresentanti
d’istituto delle componenti scolastiche.
Ma non ci fermeremo a questo:
La nostra mobilitazione sarà ampia e a 360° gradi perché crediamo che sia
terminata l’epoca delle proteste contro una legge, un ddl, una riforma.
Crediamo invece che adesso il fondamentale compito delle realtà sociali, delle
reti di mobilitazione, delle assemblee cittadine degli studenti sia di
fronteggiare un modo di concepire il SERVIZIO PUBBLICO, un modo di concepire l’
ECONOMIA e la FINANZA, un modo di reagire alla CRISI. Logica che è raccolta
sotto il nome di AUSTERITY:
L’Austerity intesa come pressione fiscale eccessiva sulla società, come
Precarietà della formazione (studenti), che ci tocca ora, del lavoro, che ci
toccherà appena terminato il liceo, e più in generale della vita, come
restringimento delle possibilità di scalata sociale.
Daremo vita ad un’altra scuola fatta di autogestione degli spazi ed
espressione di tutti, un grande contenitore politico indipendente e aut
organizzato.
Ci mobilitiamo anche per denunciare il tentativo di accorpamento che la nostra
scuola sta subendo, scuola che è storicamente un punto di riferimento per il
quartiere e per il territorio come polo culturale e sociale.
CI PROMETTONO AUTONOMIA, CI DANNO SCHIAVITU’!
Vogliamo invitare poi tutti i docenti, tutte le componenti scolastiche ad
unirsi a noi in questa mobilitazione proponendo le loro idee, i loro corsi, la
loro visione e il loro approfondimento.

CONTRO LA SCUOLA DELLA CRISI, COSTRUIAMO LA SCUOLA DELLE LOTTE!
MANARA IN OCCUPAZIONE