Ma l’amor mio non muore, mai!


Lo avevamo immaginato e sentito nella densità della partecipazione alla giornata studentesca del 5 ottobre scorso e del resto tutte le condizioni sociali nel nostro piccolo paese sono ormai auto evidenti, nella crisi della rappresentanza e del suo dispiegamento nelle politiche di austerity, c’è una nuova generazione disponibile al conflitto, pronta a connettersi con le piazze europee che hanno assunto seppur con gradi di intensità distinti il piano politico comune del conflitto sociale esteso come orizzonte e prospettiva.

Noi ci avevamo scommesso e siamo certi di aver inteso bene. Il 14N è stato sopra ogni cosa il primo e riuscito sciopero sociale contro l’austerity  a carattere europeo, oltre che una giornata di grande partecipazione massiva e dislocata sui territori di molte città della penisola. Sciopero sociale che ormai ha reso evidente a tutti la subalternità dell’opzione sindacale ai movimenti e che le forme del conflitto sociale come blocco della produzione nella sua circolazione di merci, servizi, persone, il blocco dei flussi che reggono l’economia delle metropoli postfordiste, siano  le forme del vero conflitto che oggi sono le uniche in grado di paralizzare il paese ben oltre l’astensione tradizione dal lavoro formalmente riconosciuto. Ci indica che nella pratica della risignificazione e riappropriazione dello sciopero emerge una soggettività di cui parliamo ricorrentemente da alcuni anni, che c’è una nuova composizione sociale tra il mondo della formazione e la giungla della precarietà, tra la disoccupazione di massa e il lavoro nero, che comincia a prendere forma, la composizione sociale precaria, la base sociale per un’opzione politica del nuovo precariato sociale e metropolitano.

Una ricomposizione intergenerazionale potente, che sa districarsi dalle suggestioni tribali del neofascismo che si insinua nelle tensioni sociali, tenendo alla larga gli squadristi-crumiri quando tentano l’assalto alle scuole o provano a entrare nei cortei. Una classe pericolosa pronta e disponibile a costruire il proprio futuro come programma politico.
Torneremo in piazza presto annunciano gli studenti che hanno nel mentre moltiplicato le occupazioni delle scuole, assemblee, collettivi e spazi riappropriati. Abbiamo occupato insieme a loro e ai movimenti per l’acqua pubblica il Cinema America a Trastevere il giorno prima per dare senso al giorno dopo e siamo ancora qui più incazzati di prima nell’aver visto la brutalità della polizia alla quale la prossima volta solo l’autonomia e l’indipendenza delle lotte sapranno resistervi un minuto più di loro. Dovranno essere le lotte indipendenti a raccogliere le rivendicazioni di più diritti, reddito, spazi, welfare dal basso che in ogni dove sono risuonati, da Palermo, Madrid e Barcellona, da Napoli a Parigi come indicazioni costituenti, sarà solo la cooperazione indipendente tra le lotte che potrà rendere possibile incarnarle nelle pratiche della riappropriazione. E da li i movimenti avranno l’opportunità di non tornare più a casa e liberare finalmente il campo.

C’è da ricercare un ambito di organizzazione delle lotte, bisogna intuire le mosse dell’avversario che per mezzi e rapporti di forza spesso prevale. Ma si sbaglia e si va avanti, non è questo il problema, serve più astuzia nel confronto con lo Stato e servono pratiche nuove, se possibile diffuse, in ogni caso gli strumenti rimangono sempre attrezzi, il punto che rimane è sempre politico, dobbiamo ricercare quello che serve non ciò che è necessariamente dovuto. Si può fare meglio tutto, ma va bene anche così, si casca e da terra ci si rialza, a volte serve più creatività e tempestività, a volte è meglio coglierli di sorpresa e non andare dove loro ci aspettano, ma anche questo lo avevamo già intuito. Andiamo avanti guardando alle prossime mobilitazioni perché l’unico protagonismo che riconosciamo è quello delle lotte, la strada è ancora lunga ma non abbiamo il fiato corto, abbiamo imparato a stare anche in apnea se necessario e in ogni caso nessun rimorso.

Oltre la scarcerazione che salutiamo con gioia chiediamo l’immediato ritiro delle misure cautelari ai ragazzi e ragazze, compagne e compagni privati della loro piena libertà.

Nodo redazionale indipendente

Riflession​i sul libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class”.

Qual’è la via d’uscita dall’inferno? Riflessioni sulla presentazione del libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class“.

 

Il precariato sperimenta le quattro A: acredine, anomia, ansia e alienazione (…). I precari vivono nell’ansia, uno stato di insicurezza cronico dovuto non solo a sintersi come sospesi a un filo, consapevoli che il più piccolo errore o malaugurato accidente può fare la differenza tra un tenore di vita accettabile e una vita sul marciapiede. Ma anche con la paura di perdere qual poco che
possiedono, in ogni caso percepito come ingiustamente inadeguato
” Guy Standing

Il percariato globale ci sta suonando la sveglia! Quel’è la via d’uscita dall’inferno? questa è la domanda che ci siamo posti il 9 novembre a Napoli durante la presentazione organizzata dai C.s.o.a.
Officina99 & Lab.Occ. Ska dell’ultimo libro di Guy Standing “The Precariat. The new Dangerous Class“.

La via d’uscita dall’inferno è un piano d’azione che rivendichi un “welfare del desiderio” che abbia al centro la rivendicazione di un reddito universale e incondizionato. Un piano d’azione che metta al centro della sua agenda il conflitto sociale. Dobbiamo essere sinceri e dirci che si è chiuso un importante ciclo di lotte per i movimenti contro la precarietà. Per questo dobbiamo passare da una fase di autorappresentazione della condizione di precarietà che ha segnato un’intera decade con importanti  mobilitazioni, “espressione di orgoglio della soggettività precaria” per dirla come Guy Standing, alla generalizzazione delle lotte contro i processi di precarizzazione che la crisi ha accellerato rendendo instabili anche i cosidetti lavoratori garantiti e praticando un livellamento verso il basso dei salari, in Italia tra i più bassi d’Europa. La crisi ha accentuato le dinamiche di frammentazione del lavoro, sia della sua forma giuridica, come estrema individualizzazione dei
rapporti di lavoro, sia delle conseguenti e molteplici narrazioni soggettive. Basta osservare il peggioramento degli indicatori sull’occupazione e sulle condizione economiche per comprendere la
gravissima recessione che sta vivendo il nostro paese. 8 milioni di cittadini italiani sono poveri, quasi il 14% dell’intera popolazione del nostro paese, il tasso reale di disoccupazione raggiunge il 20%, quella giovanile in alcune regioni sfiora il 50%, aumentano costantemente le ore di cassintegrazione, la durata media dei contratti a tempo indeterminato è di due anni ed oltre l’80% delle nuove assunzioni avviene con contratti precari, e questo non soltanto perchè i contratti a termine durano di meno e ricorrono più spesso. A questi dati, bisogna aggiungere un’altra importante area che è quella dell’economia sommersa. A partire dal 2008, a fronte di una
calo generalizzato dell’occupazione regolare, quella sommersa aumenta portando il livello di irregolarità nel lavoro a percentuali che superano il 12% .Oltre alla presenza strutturale nel nostro mercato del lavoro del sommerso, l’ulteriore spostamento di una quota importante di lavoro dai canali della regolarità a quelli dell’informalità testimonia come il sommerso abbia rappresentato negli ultimi quattro anni di crisi una sorta di camera di compensazione funzionale alle difficoltà occupazionali di un sistema in affanno. Lo stato di emergenza ha aumentato la ricattabilità di chi subisce i processi di precarizzazione ed impoverimento dei lavoratori. L’esercito di working poors in continua espansione non è formato unicamente da lavoratori con contratti atipici, ma anche da lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Ormai la precarietà è una condizione esistenziale, strutturale e colpisce in modo generalizzato e trasversale le diverse figure del lavoro vivo.
In questo senso il reddito è uno strumento di ricomposizione sociale nella frammentazione delle diverse figure del lavoro e del non lavoro. Per questo dobbiamo essere irriducibili alla logica del sacrificio, ad una sorta di “austerity di sinistra” proposta dalle forze socialdemocratiche che si preparano a governare. La logica di questa narrazione è chiara: di fronte al Capitale che si presenta come il Grande Creditore, siamo tutti debitori, colpevoli e responsabili (M. Lazzarato, La fabbrica dell’uomo indebitato). La traccia di questo discorso è già presente nei patti sottoscritti dalla coalizione di centro-sinistra. Per votare alle primarie, infatti, si deve sottoscrivere l’appello di sostegno al centro sinistra e la carta di intenti firmata dai tre leader dei partiti: Pd, Sel, Socialisti. Nella carta i tre leader si impegnano alla lealtà verso gli accordi internazionali e all’approvazione di tutte le misure che dall’Europa vengono indicate necessarie per salvarsi. In una parola fedeltà al fiscal compact e alle sue conseguenze, continuità assolutà con i provvedimenti del tecno-governo Monti. Per questi motivi respingiamo con forza la proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito proveninte dalla coalizione di centro-sinistra, che pone al centro del provvedimento un “welfare condizionale”. Tale iniziativa prevede una trasformazione delle politiche sociali in senso condizionale, subordinando l’erogazione dell’indennità pubbliche all’assunzione di comportamenti prescritti dallo Stato.

Siamo consapevoli che nonostante diversi documenti comunitari e riferimenti normativi (Carta di Nizza, Carta sociale europea e due Risoluzione del Parlamento europeo del 6 maggio 2009 e del 21 Ottobre del 2010) l’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa in cui non è previsto un
reddito di base come cardine del sistema di protezione sociale. Tra i 27 Paesi attualmente membri dell’Unione Europea la mancanza di una una forma di protezione sociale è circoscritta esclusivamente a Italia, Grecia e Ungheria. Il nostro paese ha un sistema di ammortizzatori sociali arretrato ed iniquo, che la riforma Fornero non ha minimamento trasformato: attualmente l’indennità di disoccupazione esclusivamente un quarto dei licenziati e la cassa integrazione (in particolare quella in deroga) crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori.

 Ma non possiamo sostenere un autunno “caldo” di banchetti, con tutto il portato di interessi della campagna elettorale, in cui diversi partiti della sinistra, sindacati confederali uniti a realtà associative e di movimento racolgono firme per una legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito. Tali iniziativa creano inoperose storture in grado di aumentare aspettative nei precari e confusione sociale nei territori.

Andando ad analizzare alcuni nodi centrali della proposta di legge scopriamo che il sostegno economico (600 euro al mese) è più basso della soglia di povertà indicata dall’Istat. Occorre riflettere sull’evenienza che una prestazione così modesta possa comportare un effetto perverso a carico di lavoratori precariamente occupati: in casi di contrattazione diretta della loro condizione lavorativa, infatti, un rinvio al reddito garantito come risorsa complementare potrebbe diventare un escamotage per prospettare un mantenimento dell’occuazione nel sommerso con livelli di retribuzione ridotti. La conseguenza sarebbe l’istituzionalizzazione del”sotto-occupato” working poor (lavoratore povero) che non riuscirà a vivere con 600 euro al mese e dovrà accettare lavori al nero pur di non perdere il sussidio.  Sappiamo bene quanto il lavoro sommerso in Italia sia necessario in quanto camera di compensazione delle tantissime aziende che con la crisi avrebbero chiuso. Altro che dalla flex-security alla security-flex! Un’ulteriore perplessità  deriva dall’erogazione ancorata alla disponibilità al lavoro, legata alla “congrua offerta” (meccanismo
sanzionatorio predisposto dalla Strategia Europa per l’Occupazione) e quindi alla condizionatezza al lavoro precario e intermittente proposto dai centri per l’impiego che oltre ad essere inadeguati nel
realizzare le politiche formative/di orientamento e di inserimento lavorativo, ricevono esclusivamente offerte di lavoro con basse qualifiche professionali.
Negli ultimi anni le fallimentari leggi regionali per il reddito (impropriamente definite reddito di cittadinanza o reddito garantito) sperimentate  sia in Campania che nel Lazio si sono frantumate dietro le mediazioni politiche e le burocrazie incapaci.

Molto probabilmente la stessa fine farà il progetto di legge di iniziativa popolare che verrà ulteriormente modificato dal prossimo governo, costretto in ogni caso a produrre una legge di assistenza sociale come indicato da anni dalla governance europea.
In questo momento la rivendicazione di reddito deve essere intesa come dispositivo di rottura anti-capitalista e di attacco ai profitti ma anche come riconoscimento della produzione sociale permanenete continuamente appropriata dal capitalismo finanziario in forma di
rendita privata. Quindi non come strumento di neo-regolazione redistributiva della ricchezza o di lotta contro la povertà che ci farebbe cadere dalla” trappola dalla precarietà” alla “trappola del welfare to work” ( o del “labourfare”)  impementando attreverso la condizionatezza il controllo
sociale sulle nostre vite. Pensiamo al welfare to work, nella forme in cui è stato introdotto negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia e in Germania. I disoccupati vengono costretti a scegliere se accettare uno dei posti di lavoro designati oppure rinunciare all’indennità. Riprendendo le
riflessioni di Guy Standing nel Regno Unito: “Il workfare realizzato nel Regno Unito può solo portare ad un’aumento del precariato (…) Il workfare non ha neppure una ricaduta positiva sulla spesa pubblica. Anzi, è pittosto costoso, sia sul piano amministrativo sia in generale, dal momento che i posti di lavoro in offerta sono a bassa produttività. L’esigenza principale a cui assolve è quella di falsificare il livello della disoccupazione operando una riduzione fittizia, senza creare quindi dei posti di lavoro, ma con il solo risultato di scoraggiare i disoccupati dal richiedere gli assegni assistenziali. In Germania sulla stessa traccia si inseriscono l’ aiuto sociale Hartz IV ed ai mini-job che sono diventati paradagmi della riforme del mercato del lavoro in atto in Europa.

 

Non è un caso che il 12 e il 13 novembre si svolgerà a Napoli la conferenza “Lavorare insieme per l’occupazione dei giovani. Apprendistato e sistemi di formazione duale” per il lancio di un progetto che vedrà la collaborazione tra il Governo italiano e quello tedeisco. Nella capitale italiana del lavoro nero e della disoccupazione i ministri andranno a raccontare che l’apprendistato è la nuova terapia per risolvere i probemi strutturali del mercato del lavoro.

Prenderanno parte all’incontro: il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano Elsa Fornero, il Ministro federale del Lavoro e degli Affari Sociali tedesco Ursula von der Leyen, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano Francesco Profumo e il Direttore Generale per la Cooperazione Internazionale e Europea per l’istruzione e la Ricerca Volker Riecke.

 

A partire dalle mobilitazioni che si svolgeranno a Napoli in questi giorni che culmineranno nella giornata euro-mediterranea di sciopero sociale del 14 novembre pensiamo sia necessario costruire uno spazio di cooperazione delle lotte indipedenti partendo da una comune rivendicazione strategica: “Basic Income Strategy“, un piano di azione comune che contro le politiche di austerity, per ottenere un reddito di base, universale ed incondizionato per tutti i soggetti, nativi e migranti, che vivono in Europa.

Un piano d’azione che porti i precari e le precarie a diventare “a new dangerous class”.

Da agora99 al 14N. La Basic income Strategy

 Dal 1 al 4 novembre del 2012 ha avuto luogo a Madrid “Agora99”, un incontro dei movimenti sociali europei sui temi del Debito, dei Diritti e della Democrazia. In tale meeting il basic income è stato al centro del piano rivendicativo delle reti e dei collettivi che lottano contro l’austerity. Nell’incontro sono stati analizzati le politiche in atto nei diversi Paesi euromeditterranei. I processi politici trans-nazionali ed europei in atto, vogliono fare della povertà e della precarizzazione una variabile strategica del mercato del lavoro dietro il ricatto del debito, come sta accadendo in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Le riforme del mercato del lavoro attuate negli ultimi mesi in questi Paesi seguono le indicazioni imposte dalla Troika: ulteriore flessibiliazzione, facilità di licenziamenti e taglio dei salari.

Nel workshop sul basic income si è articolata la rivendicazione di reddito universale e incondizionato come salario estensivo e co-estensivo che corrisponde a tutte le forme della produzione sociale (affettiva, reticolare, immateriale, cognitiva) ben oltre i perimetri formalmente segnati dal comando capitalista e dall’espropriazione dei dispositivi di cattura e sfruttamento globali della rete e della nuova organizzazione del lavoro. Reddito, quindi, per far saltare i dispositivi del biopotere e della sua governance. Reddito come riappropriazione del welfare dal basso, nell’abitare come nei servizi. Reddito garantito come quota parte forfettaria di ciò che ci viene continuamente espropriato dalle nuove forme della captazione di valore, attraverso la precarizzazione delle nostre vite. Reddito come riappropriazione  delle infrastrutture di produzione dei beni immateriali, che infatti mediano oggi la comunicazione, la socializzazione e le attività sociali in forma condivisa. Centinaia di attivisti provenienti dal Nord e dal Sud Europa, paesi con condizioni welferistiche completamente diverse, hanno evidenziato l’importanza di costruire uno spazio di cooperazione delle lotte indipedenti partendo da una comune rivendicazione strategica: “Basic Income Strategy“, un piano di azione comune contro le politiche di austerity, per ottenere un reddito di base, universale ed incondizionato per tutti i soggetti, nativi e migranti, che vivono
in Europa. Un reddito universale e incondizionato per contrastare il processi di precarizzazione ed impoverimento, per unificare le migliaia di vertenze in Italia che riguardano il mondo del lavoro e del non lavoro, per porre fine al ricatto delle produzioni nocive come mostrano in maniera emblematica la vicenda dell’lva, dell’Alcoa e tante altre.In questo modo sarebbe possibile porre fine al ricatto in cui territori e vita sono scambiati per il salario e la scelta obbligata è quella tra morire di inquinamento o morire di fame. Il lavoro che puzza di morte per noi non sarà mai un bene comune.  In tal senso la moltitudine precaria e precarizzata rivendica reddito universale e incondizionato dal ricatto del lavoro, precario, instabile, impoverito. A cominciare dalle giornata della prossima settimana che culmineranno con l’appuntamento del 14 novembre dove i movimenti sociali euromeditterraei in maniera coordinata proveranno a realizzare delle prove tecniche di sciopero sociale.

In queste date vogliamo costruire le nostre alleanze e complicità, partendo dalle iniziative di lotta che cercheranno di mettere in campo un processo sociale reale  che incida ma vada anche oltre i momenti di precipitazione sperimentando  nuove pratiche di sciopero per riprenderci il reddito e per riscrivere il nostro futuro. Ed è per questo che non bastano scelte tattiche e costruzione di sommatorie politiche, ma bisogna costruire spazi di cooperazione di lotte indipendenti capaci di generalizzare il conflitto sociale, unico motore di trasformazione su cui investire in un piano orizzontale, autorganizzato, questo sì, a vocazione maggioritaria. Costruire quotidianamente l’alternativa radicale che vive nell’autonomia e nell’indipendenza dal sistema, questa è la vera utopia concreta da cui ripartire!

 

#14N la riappropriazione, la trasformazione, la cospirazione..Riprendiamoci lo sciopero per riprenderci il reddito.

http://titanpad.com/ep/pad/view/A99Income/latest

questo il pad prodotto con il Workshop sul basic income

http://bambuser.com/v/3113718

link al video del Workshop

www.agora99.net

 

14 Novembre: Invadiamo Roma!

Contro l’austerity, perché è Ostia che ce lo chiede.

La rivoluzione non è un lavoro da esperti: questo la gioventù lidense lo sa bene, e ne ha fatto tesoro. Quei ragazzi e quelle ragazze, sembravano aver questa frase stampata in fronte, mentre per la prima volta si confrontavano con le difficoltà che occupare la propria scuola comporta. Parlando, riunendosi e sognando insieme, sono arrivati a delle soluzioni organizzative efficaci, che hanno radicalmente segnato e trasformato il territorio di Ostia, che hanno cambiato i ragazzi stessi. Soprattutto nelle periferie il peso dell’austerità è sempre più forte, i loro genitori hanno perso il lavoro, sono in cassa integrazione, la loro scuola è un carcere (con le grate alle finestre!) e loro non ci stanno più. Occupando le scuole cambieranno il mondo? Questo non lo sanno, ma sanno che stanno cambiando loro stessi, le relazioni, i rapporti, ed è questo che fa la differenza.

I ragazzi di Ostia ci hanno indicato una direzione chiara, che parla di riappropriazione di spazi, tempi, saperi, che passa per l’occupazione delle scuole, delle case, delle facoltà, che ci racconta come forme di autorganizzazione siano in grado di autodeterminare i percorsi di lotta, e di allargarli. Questa direzione ce l’hanno indicata con una semplicità disarmante. Sta a noi assumerla e praticarla.

Il 14 Novembre sarà un passaggio importante, ed è per questo che abbiamo deciso di praticare il percorso di avvicinamento a questa giornata scegliendo di parlare lo stesso linguaggio che le lotte sociali sia nostrane che non, ci indicano.

Abbiamo scelto di costruire un percorso pubblico, autorganizzato, che si basasse su parole d’ordine condivise e che si interrogasse su pratiche nuove ed efficaci.

Per questo proponiamo per le giornate del 12 e del 13 Novembre nell’università La Sapienza di far rivivere un spazio adesso in disuso, di cui ci riapproprieremo giusto il tempo di creare un laboratorio che arricchisca tutti e tutte in vista del 14 Novembre.

Vinceremo soltanto cantando più forte!

 

Programma 12 e 13 Novembre

 

LUNEDI 12

Questa giornata la dedicheremo all’immaginario della piazza che i media hanno costruito negli ultimi anni dopo l’onda. Le piazze sono state descritte in modo distorto da professionisti della notizia che non vivono la crisi come tutti noi, ma hanno un unico scopo quello di indirizzare l’opinione pubblica contro chi scende in piazza. Noi, al contrario, vorremmo dare risalto alla nostra visione dei momenti di piazza, che non si limitano agli episodi istantanei catturati dalle fotografie sui quotidiani, ma sono la manifestazione pubblica di quello che cerchiamo di costruire nei nostri spazi e territori. Vorremmo, quindi, ragionare sulla piazza insieme, pubblicamente, per determinare ancora una volta questa giornata di lotta.

H 15 – ASSEMBLEA PUBBLICA

H 20 – APERICENA + READING

Lo scrittore Romano DUKA leggerà brani del libro GRAN TORINO dedicato all’esperienza di un editore squattrinato in giro per l’Italia che parteciperà alla manifestazione contro il G8 di Torino (Summit sull’Università) il 19 Maggio 2010.

H 22 – DJ SET

 

MARTEDI 13

Durante la mattinata cercheremo di costruire insieme la giornata del 14 praticamente. E’ sempre più importante attraversare in modo intelligente la piazza per determinarla attraverso i nostri contenuti politici. Lontani dalla logica del corteo come sfilata di bandiere e camion sonori, vorremmo imparare come stare in piazza attraverso due workshop sul mediattivismo e la produzione di materiale grafico informativo. Nella seconda parte della giornata, invece, parleremo di inchiesta come metodo politico necessario per analizzare la realtà. Un metodo che, usato quotidianamente, ci rende capaci di arrivare ai momenti di piazza, attraversarli e superarli non subendo il processo ma determinandolo fino in fondo.

A partire dalle H 11 Laboratorio di piazza

workshop1: Laboratori di serigrafia e stencil

Costruzione pratica di materiali informativi e azioni comunicative utili durante il corteo.

Workshop2: Mediattivismo: Laboratorio di fotografia, di riprese video e corrispondenza radiofonica in piazza. Con l’aiuto dell’esperienza di mediattivisti capiremo come costruire informazione dalla piazza garantendo la sicurezza dei compagni durante il corteo.

H 17 – Inchiesta militante

Parleremo dell’inchiesta militante e dell’importanza della sua riproducibilità nel territorio urbano con:

-Gli studenti del “Gruppo Inchiesta” dell’assemblea Permanente di Sociologia autori della ricerca sull’emergenza abitativa tra gli studenti universitari della facoltà di sociologia.

– Alberto Violante compagno del collettivo “Inchiesta Operaia”

-Stefano Macera sociologo ed esperto di inchiesta

-Gigi Roggero compagno del collettivo Uninomade

H 22 – DJ SET

 

MERCOLEDì 14 – APPUNTAMENTO A PIAZZALE ALDO MORO ALLE ORE 9.30 JOIN THE INVASION!

 

Report dei giorni precedenti

Martedì 6 Novembre:

Coperte le strisce blu a via De Lollis. Un gruppo di studenti de La sapienza questa mattina ha coperto le strisce blu dei parcheggi di via Dei Lollis, all’ingresso dell’università. Aumentano i parcheggi, aumentano i prezzi dei biglietti degli autobus, aumentano le tasse universitarie, a pagare siamo sempre noi ma da oggi ci riprendiamo tutto!

Blitz di studenti alla mensa di via De Lollis. Alcuni studenti della Sapienza hanno fatto un blitz nella mensa di via de Lollis, per protestare contro l’innalzamento dei prezzi della mensa, quest’anno infatti sono state tolte le riduzioni in base al reddito e si é definito un prezzo unico. Aumentano le tasse, aumentano i prezzi delle mense. Vogliamo riprenderci tutto quello di cui abbiamo bisogno, alloggi, cibo, saperi.

Video azioni: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=upZ03TNA9KU

Mercoledì 7 Novembre:

Assemblea pubblica di confronto e condivisione verso il 14.

Leggi l’appello: http://jointheinvasion.wordpress.com/14-novembre/

Giovedì 8 Novembre:

Contestazione al convegno ‘ARMI CIBERNETICHE E PROCESSI DECISIONALI’. Gli studenti hanno dato il benvenuto agli sgraditi ospiti al grido “Fuori la guerra e i profitti dall’Università”, tentando di bloccare il convegno e riempiendo di uova marcie il rinfresco di militari, padroni e baroni vari, ribadendo che nelle università non ci sono certamente per divenire bassa manovalanza di un sistema repressivo e guerrafondaio, ma che il loro sapere e le loro coscienze è finalizzato, al contrario, a combatterlo.

http://www.infoaut.org/index.php/blog/saperi/item/5984-welfare?-no-warfare-contestati-i-guerrafondai-a-la-sapienza

Venerdì 9 Novembre:

Azione alla metro Policlinico. Gli studenti hanno bloccato i tornelli con delle fascette permettendo a un centinaio di persone di entrare in metropolitana senza pagare il biglietto.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=H5V5aELWzdY

Azione alla mensa universitaria di Roma3. Aumentano le tasse universitarie, aumentano i prezzi dei mezzi pubblici (mentre  spariscono le riduzioni per gli studenti), riducono gli alloggi universitari (già miseri e mal collegati e che RomaTre in parte ha deciso di affittare privatamente), tagliano le borse di  studio che, anche quando assegnate, sono pagate con inaccettabili ritardi e che presto saranno sostituite con i “prestiti d’onore”, ennesimo meccanismo di indebitamento che arricchisce banche e agenzie finanziari e, costringono tanti studenti e studentesse a lavorare in nero per mantenersi durante gli studi

 

VIDEO SPOT VERSO IL 14 NOVEMBRE:

http://www.youtube.com/watch?v=XFLh2PIIXjw&feature=player_embedded

TEST INVADERS:

jointheinvasion.wordpress.com/test-invaders

 

SCENDI IN PIAZZA IL 14 NOVEMBRE!

ORE 9.30 PIAZZALE ALDO MORO

http://www.facebook.com/events/468904446495355/?fref=ts

ORE 9 PIRAMIDE

http://www.facebook.com/events/130670330416655/?fref=ts

Join The Invasion! #14N invadiamo la città

Il 14 Novembre scenderanno in piazza in tutto il paese migliaia di studenti, precari, lavoratori, disoccupati, rispondendo all’appello europeo dei movimenti internazionali che dal basso hanno spinto all’indizione unitaria del primo sciopero sociale transnazionale formalizzato poi dalla CES in uno sciopero europeo coordinato dalle centrali sindacali, che qui in Italia, è stato raccolto anche dalla CGIL. Adesione del sindacato Camuffo giunta con una vergognosa e meschina proclamazione di quattro tiepidissime ore di sciopero e manifestazioni dislocate. Questo dopo mesi di silenzio o di qualche moderato ululato alla luna, dopo anni di reiterate politiche di austerity dettate dalla Commissione europea, nella piena voragine della crisi finanziaria dentro i nuovi processi della valorizzazione capitalistica che nella crisi tenta di trovare la sua nuova misura sulla nostra pellaccia precaria. I sindacati nel tentativo di co-gestire d’imperio la crisi, il risanamento del debito cosi detto sovrano, complici attivi del disegno neoliberista, si presentano oggi in difesa della loro retorica e del ruolo di filtro e tappo del conflitto sociale. Del resto non ci pare d’intravedere grandi spazi di avanzamento e di lotta anche nel mondo del sindacalismo di base, troppo spesso impegnato più nell’auto-rappresentazione delle proprie organizzazioni e molto meno nella disponibilità al conflitto per la ricomposizione sociale di quel precariato metropolitano, sempre più lontano dalle mediazioni speculari al ribasso che la logica sindacale riproduce. Sindacati che non possono e non vogliono difendere i precari, perché  nn fanno tessere, perché non li riguarda più l’elemento della contrattazione collettiva tradizionalmente costituita, non ne difendono la vita e i suoi bisogni. Sono, siamo i precari di una nuova composizione sociale in tendenza maggioritaria, segnata nella sua esistenza dall’esclusione e frammentazione sociale e spesso dal lavoro nero.

Negli interstizi della precarietà, del sindacato, non se ne vede l’ombra. Purtroppo nemmeno nel mondo del lavoro tradizionalmente inteso oggi indebolito, precarizzato, attaccato in ogni dove, è presente un’opzione sindacale realmente conflittuale che sappia rappresentare degnamente spunti reali di insubordinazione sociale e operaia che negli ultimi mesi pur taluni sussulti e fiammate di rabbia li aveva espressi. Oltre agli studenti autonomi per fortuna già scesi in piazza lo scorso 5 Ottobre, pensiamo al mondo del lavoro, alla lotta di Taranto e del Sulcis quest’estate, ma anche alle tante vertenze nella Fiat e in Fincantieri, o dell’indotto dei trasporti e logistica del nordest o come a Piacenza i lavoratori dell’Ikea. C’è una disponibilità al conflitto sociale nel nostro piccolo paese. Non c’è invece, ancora, un soggetto autonomo e indipendente del nuovo precariato sociale per dargli nel corpo, più testa e più gambe. Potremmo dire forza, densità, più potere per il contropotere, parole attualissime in giro per il mondo, almeno nuovamente, dal 2011 in avanti, almeno in ciò che e’ risuonato nell’ultimo incontro internazionale di Madrid  pochi giorni fa che del toma la huelga aveva già assunto la sua parola unificante  per la giornata del 14 novembre. 

Quella forza che abbiamo respirato, certamente a tratti, come dimensione sociale diffusa nella lotta No TAV in Val di Susa e in qualche giornata di rabbia e insubordinazione precaria, come nell’ottobre dell’anno scorso e nel dicembre del precedente. E già, una data utile da ricordare quella del 14 dicembre 2010 quando un’ondata di movimento studentesco scosse alle fondamenta la governabilità – il potere della ricomposizione del precariato, per l’appunto, si gridava, tutti insieme facciamo paura! – e che però troppo in fretta si volle congelarlo con strette di mano presidenziali e letterine a Napolitano di cui il movimento non ne sentiva certo il bisogno. Non a caso l’anno seguente seppur nella complessità della giornata del 15 Ottobre un elemento risulterà evidente a tutti e che oggi ancora si deposita nel dibattito del movimento. In quella piazza non c’eravamo tutti, non eravamo più gli stessi, e qualcuno si è trovato da un colle ad un altro di Roma, perdendo per intero un anno politico a capire come rimettere insieme i cocci ormai frantumati dell’ennesimo errore che i movimenti avrebbero commesso, questa volta con l’etichetta degli indignados: declinare la responsabilità storica della fase odierna, ovvero di farsi carico nelle macerie del neoliberismo dell’intelligenza e della rabbia di chi la crisi la sta pagando da anni, pensando che la sinistra di governo e le primarie di massa invertissero le politiche di dominio e di comando che stiamo invece subendo nella piena continuità di governi di destra, tecnici e di sinistra, in ogni angolo della comunità europea. Noi vogliamo andare avanti, senza la paura del futuro da costruire con le nostre mani, con lo spirito dell’umiltà e con lo sguardo trasparente, con la migliore attitudine alla ricomposizione sociale, quel tutti insieme facciamo paura! Può tornare a rimbombare la sua eco nel centro di Roma, lì dove lo Stato non ci vorrebbe, lì dove dobbiamo saperci misurare consapevoli del livello alto dello scontro, politicamente, storicamente, culturalmente ben oltre quindi la contrapposizione estetica, con chi peraltro prepara piani da sempre per fermarci, picchiarci e condurci delle volte nelle patrie galere. Lasciamogli il “primato maschio”dello scontro militare se necessario. Li coglieremo di sorpresa, con l’intelligenza collettiva. Saranno accerchiati da una moltitudine che si farà corpo in un’agile massa critica che assedierà il fortino dei tecnici e banchieri che per difendersi dovranno ancora una volta blindarsi, con i loro eserciti, con i cannoncini e le baionette. Tutti insieme famo paura!

Invaderemo le strade e rivendicheremo reddito riappropriandoci dello sciopero come sciopero sociale come blocco della produzione socialmente prodotta nella metropoli, perché siamo noi che produciamo la ricchezza e siamo sempre noi che paghiamo il debito e la crisi tutti i giorni. Solo noi possiamo riappropriarci delle forme del conflitto all’altezza dei tempi, nella riappropriazione e nel desiderio collettivo, chi l’ha detto che non c’è.

Nodo redazionale indipendente

Trast Invaders* l’invasione della metropoli è appena cominciata

CONTRO LA CRISI INVADIAMO TRASTEVERE

La notte del 2 Giugno più di 1000 trast invaders hanno invaso il quartiere di trastevere. Partiti da piazza san calisto ci siamo diretti verso piazza santa maria in trastevere, dove degli artisti di strada si sono esibiti in una performance artistica per protestare contro l’ordinanza di alemanno che limita e reprime la possibilità di espressione e produzione culturale. Abbiamo continuato il percorso per il quartiere oscurando le telecamere per liberare il rione dalle asfissianti dinamiche di controllo. Continuando ad invadere trastevere siamo arrivati a piazza trilussa, simbolo del tentativo di militarizzazione del territorio. Continuando a girare per le vie del quartiere abbiamo sanzionato della banche chiudendo simbolicamente le loro porte con del silicone e riaperto simbolicamente il CINEMA AMERICA, uno spazio abbandonato da oltre dieci anni. Questo luogo è stato sottratto al quartiere, un’importante occasione di produzione e diffusione culturale è in totale stato d’abbandono e forse verrà completamente distrutto per far spazio ad appartamenti o ad un centro commerciale. Oggi l’invasione è appena cominciata, nei prossimi mesi invaderemo tutta la città, occuperemo case, studentati, spazi di aggregazione e produzione culturale, ci rivedremo nelle piazze e nelle strade, nelle scuole e facoltà. Dobbiamo riappropriarci di pezzi di libertà, per inceppare il meccanismo di sfruttamento sulle nostre vite. Non vogliamo più essere soggetti al ricatto di un lavoro da sfruttato a vita e per la vita. Vogliamo strappare spazi per costruire nuove esperienze comunitarie. Riprenderci il tempo che ci stanno rubando, per non regalare il nostro valore alla loro sete di profitto.

Dobbiamo prenderci tutto:

il loro predicare austerità è la nostra dichiarazione d’indipendenza.

L’invasione della metropoli è appena cominciata.

29 Marzo. Sciopero in Spagna: toma la helga! #29M

29 Marzo Sin Miedo…tomando la huelga!

In Spagna, e principalmente in Catalunya, la “huelga general”(sciopero generale)convocata dai sindacati confederali diventa sempre più uno spazio di partecipazione ampio anche per chi “nei e dai” sindacati non si sente rappresentato. Una sperimentazione che comincia il 29 settembre 2010 in occasione di uno sciopero generale convocato contro l’allora governo Zapatero che aveva intrapreso il lungo cammino di obbedienza ai precetti di UE e BCE in tema di libertà di licenziamento, tagli alle pensioni e al pubblico impiego. In quel frangente l’attraversamento dello sciopero sindacale da parte delle reti indipendenti e di movimento rappresentò il volano per rilanciare su un’opzione di autorganizzazione sociale decisamente eccedente il sindacato aprendo la strada ad un movimento di incredibile radicamento e diffusione: il 15M.

Un cammino di lotta, un processo di sperimentazione costante, di riappropriazione dal basso e di presa di parola da parte di chi non solo questa crisi non la vuole pagare, ma si propone, piuttosto, di superare le condizioni di precarizzazione e frammentazione sociale con cui il capitalismo si riproduce.

Un cammino di lotta che procede dando impulso a processi di movimento che valorizzano la genuina e sana esplosione di rabbia precaria che ormai accompagna costantemente la nostra quotidianità di vita.

Un cammino di lotta che agisce nel presente e sul presente per riprendere e vivere un futuro che non faccia dell’incertezza una variabile costante.

Per il prossimo 29 marzo è stato convocato nella vicina, vicinissima Spagna un nuovo sciopero generale per contrastare la riforma del mercato del lavoro portata a compimento dal nuovo governo Rajoy in un paese dove i tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, sono tra i più alti d’Europa.

Anche in questa occasione la “huelga general” diventa irrinunciabile occasione per una sperimentazione ad ampio raggio che parte dalle pratiche e dalle connessioni tra le medesime e che si pone l’obiettivo di consolidare una strumentazione (“hierramentas”) in grado di incidere realmente sui profitti, sui meccanismi di estrazione del valore e del consenso di cui il sistema capitalistico si è abbondantemente dotato.

Una sperimentazione che al contempo valorizza le reti di relazioni e di attivazione che si sono date sui territori a partire dai bisogni che la precarietà di vita ci nega. Attraverso le Asambleas de barrios si sviluppano le sinergie trasversali ai settori produttivi e ai bisogni che dovrebbero coprire: dalla sanità pubblica, all’educazione, al diritto all’abitare.

Un esempio tra gli altri è quello della plataforma de afectados por la hypoteca (PAH) che ha visto crescere la sua battaglia contro gli sfratti e i mutui sempre più insostenibili a causa della bolla speculativa: proprio il radicamento territoriale delle pratiche dei picchetti e delle occupazioni abitative, l’alto livello di critica alle banche così come alla rendita fondiaria e finanziaria, le massicce campagne di denuncia e boicottaggio hanno costretto molti istituti di credito a rivedere la loro politica di sfratti a favore di una rimodulazione dei mutui (“dacción en pago”).

Allo stesso modo sui territori nascono i coordinamenti per “istruzione e sanità pubbliche e di qualità” contro i tagli, le privatizzazioni e la precarizzazione dei lavoratori del pubblico impiego. Questo variegato universo si organizza in forme classiche e tradizionali ma allo stesso tempo da vita a modalità e sperimentazioni costituenti di innovativi processi sociali che producono la difesa di beni e servizi comuni, si pensi alle occupazioni di scuole ed ospedali che hanno resistito intere settimane in autogestione,. Le iniziative e il movimento si diffondono “en la calle” anche grazie ad un uso e un’attivazione capillare “en la red”.

Da qui, girando per il web iniziano a comparire suggestioni interessanti sulle modalità di partecipazione al prossimo sciopero: Toma la huelga, Huelga Social Universal Revolucionaria, Huelga Sin Miedo, Huelga 29M No trabajes No consumas, Busca tu Huelga… sono solo alcune delle piattaforme e delle parole d’ordine che si vanno diffondendo sulla rete.

http://29msinmiedo.tumblr.com/

Senza paura! Sappiamo bene che molti precari non hanno nessun diritto allo sciopero ma anche per chi formalmente lo potrebbe praticare i meccanismi di ricatto esercitati dai datori di lavoro sono innumerevoli. Questa piattaforma permette di segnalare le pressioni e gli abusi delle imprese (private ovviamente, ma anche pubbliche come le Università) contro la possibilità di scioperare: da quelle che praticano un vero e proprio mobbing, a quelle che perseguitano chi conduce attività sindacali fino a quelle che con la massima cordialità dichiarano di riconoscere il diritto costituzionale allo sciopero ma al contempo invitano a comunicare preventivamente l’adesione dei lavoratori allo sciopero stesso, ovviamente al fine di neutralizzarne la capacità di bloccare la produzione e il servizio.

La piattaforma è arrivata a più di 1700 segnalazioni su tutto il territorio nazionale.

#tomalahuelga:

http://tomalahuelga.net/recursos/

Letteralmente prendi lo sciopero: trasformalo, riempilo di contenuti e rivendicazioni, inventa le pratiche che più ti si addicono come soggettività singola o organizzata, diffondilo.

Sciopero del consumo, sciopero de-genere, sciopero del lavoro domestico e di cura, sciopero “io non pago” che realizzerà forme di riappropriazione diretta sono solo alcune delle sperimentazioni che si lanciano sulla piattaforma della huelga social universal revolucionaria:

http://huelgasur.wordpress.com/2012/03/13/huelga-social-universal-revolucionaria/

Qui si propone anche un manuale scaricabile in pdf per ragionare sullo sciopero nell’era del capitalismo finanziario: se il capitalismo si è trasformato anche lo sciopero si deve trasformare. Allora diventano fondamentali terreni di sperimentazione le occupazioni: dalle case agli ospedali, dalle università alle piazze occupare vuol dire risignificare funzioni e relazioni di conflitto e cooperazione oltre il capitalismo. Dall’Argentina del 2001, alle mobilitazioni francesi contro la riforma delle pensioni passando persino per il recente sciopero dei camionisti in Italia, il manuale spiega come il blocco dei flussi di merci e persone sia nel capitalismo contemporaneo una delle forme più efficaci di sabotaggio dei profitti. La produzione,infatti, risente poco dell’astensione dal lavoro per qualche ora avendo acquisito la capacità di rimodularsi, dislocarsi territorialmente e avvalersi delle scorte presenti nella rete di distribuzione: il blocco di porti o autostrade produce un danno immediato che ovviamente si amplifica esponenzialmente quanto più il blocco si protrae.

In terra spagnola, il movimento sta riuscendo con intelligenza e fervore a trovare canali reali di contropotere suggerendo sperimentazioni, tanto dialettiche quanto pragmatiche, capaci di stimolare un confronto e un conflitto concreto e tangibile contro un sistema che ci vorrebbe sempre più instabili e precari. Il ricatto di questa crisi è prioritariamente nella menzogna costruita ad arte di un possibile “ritorno in carreggiata” con le misure di austerity che dalle riforme del mercato del lavoro all’attacco al welfare e ai beni comuni avanzano in tutta Europa, e non solo, lasciando le istituzioni della democrazia formale e rappresentativa nude di fronte alla loro inutilità.

La potenza dei processi cooperativi è la chiave di lettura su cui scommettere. La cospirazione tra soggetti precarizzati dovrà e potrà costruire anche qui il terreno per uno sciopero precario e sociale che sappia mettere al centro una condizione alla quale non vogliamo più sottostare.

Verso lo sciopero precario… passando per l’hubmeeting 2.0 del 31 marzo e 1° aprile a Milano…

#Stati Generali della Precarietà a Napoli

NAPOLI 17 – 18 MARZO

QUARTA EDIZIONE DEGLI STATI GENERALIDELLA PRECARIETA’

C.S.O.AOfficina 99 – via Carlo di Tocco – Gianturco – Napoli

Mentre a Roma si giocal’enorme partita della riforma del mercato del lavoro che vede tra i grandiesclusi i precar@ la Rete degli StatiGenerali della Precarietà torna a incontrarsi a Napoli per una serrata duegiorni di workshop e dibattiti che non possono che avere la precarietà cometema centrale.

Non certo la precarietà come strano animale daanalizzare, o la precarietà comeparola di moda con la quale infarcire astratti ragionamenti o vuote propostepolitico-sindacali, bensì la precarietàcome elemento caratterizzante delle vite di milioni di persone a partire dacoloro che animano gli Stati Generali della Precarietà e da chi le lotte le stafacendo portando alla due giorni le loro esperienze, la precarietà conosciuta nelle decine e decine di interventi neiluoghi di lavoro precario, la precarietà vissuta da coloro che sirivolgono ai Punti San Precario per agire legalmente contro i precarizzatori. E’ il Punto di Vista Precario

Per chi si muove nella precarietà, come la Rete degli SgP,è inevitabile respingere al mittente il pacco Fornero-Monti come scritto nellalettera aperta al governo e consegnata al Ministro Fornero dalle donne precariedi Roma. Gli SgP non possono che portare il punto di vista precario dichi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che limortifica e un sindacato che non li conosce. I precar@ non hanno scelto la lorocondizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisie gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il Punto diVista Precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, trauna politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce.

Nella due giorni napoletanasi continuerà il percorso nazionale iniziato nell’ottobre del 2010 a Milano contre workshop: Reddito, Punti San Precario, Comunicazione e un’assembleaplenaria finale nella giornata di domenica.

Reddito – laposizione degli SgP è chiara: reddito di base incondizionato. Al di sotto di un certo livello di reddito questo deve esseregarantito calcolandolo annualmente in base alla soglia di povertà relativa. Ilreddito di base come unico strumento contro il ricatto e per agevolare la libera scelta dellavoro. Salari minimi per legge. http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf

Punti San Precario – un blob di cospirazione precaria che si sta diffondendo in moltecittà italiane. Più di uno sportello sindacale, più di uno sportello legale.Oltre il sindacato. Vere agenzie di conflitto e cospirazione precaria.

Comunicazione– strumento di contaminazione indispensabile per far passare i nostri contenutie condividere azioni, pensieri, sogni, lotte, immaginari.

CalendarioLavori

Sabato 17 – ore 11.30 inizio lavori prima dell’inizio dei  work shop ci sarà una introduzione alla due ggin plenaria – 13.30 pranzo – 15.00 ripresa lavori

Domenica 18 – ore 10.30 inizio lavori (plenaria) – 15.00 chiusura + pranzo

Ufficio Stampa: Paola Gasparoli 333 5446280

Lettera aperta al governo sul mercato del lavoro

Caro Mario Monti e Ministri Tutti,

A marzo regalerete la riforma del mercato del lavoro mentre avete rimandato al 2013 il riordino del sistema iniquo e arretrato degli ammortizzatori sociali. Il pacco Monti-Fornero  è un passaggio fondamentale nelle politiche di flessibilizzazione realizzate negli ultimi due decenni. I progetti alla base della riforma provengono tutti e tre dal Partito Democratico – Ichino, Damiano, Nerozzi alias Boeri – e sono un esempio di “ingegneria normativa” che porterà a 47 il numero di tipologie contrattuali utilizzate nella giungla della precarietà. Tutto cambia perché niente cambi, soprattutto per i precari.

Attualmente l’indennità di disoccupazione copre il 25% dei licenziati, la cassa integrazione – in particolare quella in deroga – crea sperequazione, clientelismo e riguarda solo una parte dei lavori. L’articolo 18 tutela (per modo di dire) solo il 60% della forza lavoro e sommando finte partite iva e parasubordinazioni la percentuale scende. E’ la concezione stessa dei diritti e delle tutele ad essere parziale e minoritaria, quindi perdente. Serve invece un’idea ampia e convincente per unificare generazioni e lavori. I tavoli di negoziazione tra governo e sindacati non prendono affatto in considerazione la condizione di milioni di precari e precarie che quotidianamente producono ricchezza. Nelle mani precarie c’è invece la possibilità di capovolgere l’ordine dei problemi e delle priorità: non più garantiti contro precari, giovani contro meno giovani, nord contro sud, lavoro contro non lavoro, italiani contro migranti. Non già profitti garantiti alle grandi lobby ma accesso al reddito di base incondizionato, ai servizi fondamentali e ai beni comuni.

Gli  Stati Generali della Precarietà vogliono rovesciare il triste destino di questo marzo per trasformarlo nel mese dell’attivazione e della cospirazione precaria. Dal Primo Marzo giorno dello sciopero migrante fino al 10 marzo gli Stati Generali della Precarietà apriranno in diverse città spazi di connessione, presa di parola e attivazione tra chi non si rassegna alla vita precaria, ma invece rivendica reddito di base incondizionato contro il ricatto della precarietà.

Nelle ultime settimane il Vostro governo ha portato avanti un’incredibile offensiva mediatica a colpi di insulti e mortificanti luoghi comuni (sfigato se sei precario monotono se hai il posto fisso) per giustificare una riforma che, come già avvenuto per quella previdenziale, asseconda le direttive dell’ortodossia monetarista di un’ Unione Europea che ha tradito chi la sognava come modello di coesione e solidarietà sociale, di diritti e libertà. E’ l’ennesima riforma che non parte dalle esigenze di chi nel mercato del lavoro si muove o di chi ne rimane fuori, tanto è vero che sulla mancanza di fondi per i cosiddetti ammortizzatori sociali Voi, e ancor di più i sindacati, avete messo una pietra tombale. Gli Stati Generali della Precarietà, non possono che portare il punto di vista precario di chi non è rappresentato nei tavoli di consultazione, tra una politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce. Precari e precarie non hanno scelto la loro condizione, ma sono il motore dell’economia e le prime vittime della sua crisi.

Garantire un reddito di base incondizionato, in grado di sostituire gli attuali distorti ammortizzatori sociali, non necessita di cifre iperboliche ma è del tutto possibile, come si dimostra nel n. 1 dei Quaderni di San Precario http://quaderni.sanprecario.info/media/San_Precario_Quaderno_1.pdf. Un reddito di base incondizionato che venisse finanziato dalla fiscalità generale – ovvero dalla tassazione delle ricchezze – permetterebbe di diminuire quella parte del costo del lavoro rappresentata dai contributi sociali migliorando le retribuzioni (tra le più basse d’Europa), le opportunità e l’accesso al lavoro stesso liberando la precarietà dal ricatto come nessuna delle proposte sul tavolo governo-parti sociali. Il problema non è di sostenibilità economica bensì di volontà politica. Prendere le risorse necessarie dalla fiscalità generale rimette al centro la questione delle scelte politiche. Pochi esempi: dall’introduzione di una tassa patrimoniale sui patrimoni superiori ai 500.000 euro e dalla tassazione delle rendite finanziarie si possono stimare incassi pari a 10,5 miliardi di Euro, il giusto ripristino della progressività delle imposte in un paese dove la forbice tra ricchi e poveri si va allargando a dismisura porterebbe a reperire ulteriori 1,2 miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica, solo nel campo della spesa militare (vedi i 15 miliardi per gli F35) e delle grandi opere del trasporto (vedi la Torino-Lione), potrebbe consentire un risparmio di quasi 6 miliardi.

E per finire lanciamo un marzo di cospirazione precaria a cominciare dal Primo marzo all’insegna dello sciopero migrante, perché i migranti molti ormai di seconda generazione sono quasi un decimo della popolazione italiana e rappresentano una percentuale ancora maggiore della popolazione attiva. La loro condizione di cittadini a tempo determinato sotto ricatto perenne per il permesso di soggiorno, oltre che essere umanamente bestiale e indegna, si ripercuote su tutto l’insieme dei lavoratori creando un dumping salariale pazzesco. Bisogna abolire la Bossi-Fini, che di fatto è una legge sul lavoro; la Turco-Napolitano e il reato di clandestinità. E’ tempo di garantire ai migranti cittadinanza e pieni diritti. Per continuare dal 2 al 10  con la settimana di attivazione contro la giungla della precarietà per il reddito di base incondizionato.

Si arriva poi al 17 e 18 a Napoli per nostro quarto appuntamento degli Stati Generali della Precarietà. Spazio di connessione e cooperazione tra reti che intervengono nella precarietà, nei luoghi di lavoro, nei territori, nei dibattiti, nelle assemblee, al di là di sindacati e partiti e sviluppando proprio per questo un forte punto di vista precario che non nasce dall’analisi della condizione precaria, ma dall’azione e dal protagonismo dentro il meccanismo della precarizzazione e che porterà, tra le altre, alla costruzione dello sciopero precario.

La ricchezza che il mondo precario esprime è un tesoro da difendere dalle grinfie di un futuro di fallimento e da un immediato presente di austerity, da un lavoro sempre più squalificato, sottopagato, demansionato e inaccessibile. Il miglior antidoto alla tecno-burocrazia del Vostro governo senza cuore e senza anima sono le intelligenze indipendenti che si liberano nella cospirazione precaria.

Voi potete continuare a far finta che non esistiamo e Vi assumerete questa responsabilità. Gli Stati Generali della Precarietà si assumono quella di riprendersi il futuro.

Cordialmente

Stati Generali della Precarietà

Ufficio Stampa: Paola Gasparoli 333 5446280  –  infoweb  www.sciperoprecario.org

Sulla sostenibilità, costo e finanziamento di un reddito di base incondizionato in Italia.

Questa relazione si divide in due parti. La prima stima il costo dell’introduzione di un reddito di base incondizionato (RBI) pari a 7200, a 8640 euro e 10.000 euro l’anno, utilizzando sia i dati Istat che i dati Caritas. La seconda parte analizza le fonti dei possibili finanziamenti. Seguirà una breve conclusione. Da leggere con cura e maneggiare prima dell’uso. Materiale copy-left: Quaderni San Precario, Bin-Italia. Andrea Fumagalli

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