Firenze - Scritto sulla conclusione del Panico

Riceviamo e diffondiamo:

PANICO OVUNQUE

Ci piacerebbe parlarvi di tante cose, attorno a ciò che abbiamo ed è stato chiamato Panico.
Ci piacerebbe ricordarvi di tutte le centinaia, le migliaia di compagni approdati qua al Panico da tutta Italia, da tutta Europa, da tutto il mondo, e di come ci si siano sentiti a casa sempre, aldilà delle differenze individuali, politiche, alimentari; e di come loro abbiano fatto sentire noi meno estranei al mondo. Tanti rapporti fluidi, appassionati o travagliati, ma finalmente liberi, diretti, svincolati da dinamiche di branco o di "compagnie", in cui ognuno ha potuto innanzitutto trovare, e poi rappresentare ed esprimere semplicemente se stesso. Potremmo richiamarvi alla mente e nel cuore anche tutti i concerti, le feste, le cene godute assieme, senza limiti, né orari né alcolemici.
Ci piacerebbe altrettanto ricordarci assieme di tutte le derive a giro per la città, portando piccoli, ma concreti, contributi all'antimilitarismo, alla libertà, alla ribellione. E assieme a queste, la soddisfazione personale per qualche nostro altro piccolo contributo al siluramento di qualche assessore alla sicurezza o dirigente di polizia. Le innumerevoli invasioni qua e là per Firenze, seminando indisciplina e raccogliendo complicità, saranno sicuramente uno dei migliori ricordi che potremo mai portarci dietro di questa città immiserita dalle sue scintillanti vetrine, assieme ai giorni passati sui tetti ricacciando indietro alcuni tentativi di sgombero.
E ci piacerebbe persino ricordare gli albori di Vicolo del Panico...ma di questo passo andremmo troppo indietro nel tempo.

No. Stiamo scrivendo queste righe non per narrare la sua storia, bensì per condividere con voi, che ne avete assaporato la (lunga? travagliata? ricca? incostante?) vita, anche la sua fine.
Potremmo iniziare a collocarla due estati fa, quando una cosiddetta "bomba d'acqua" ne ha ulteriormente compromesso la stabilità strutturale, già fortemente minata negli anni precedenti, da un incendio prima e dal crollo di un'intera ala poi. Da lì, la decisione di non produrre più iniziative dentro al posto e un tentativo di occupazione in un'altra zona della città, purtroppo fallito.
Durante tutto l'anno scorso, con le nostre tempistiche non propriamente impeccabili in quanto a celerità, è maturato il dibattito tra compagni (sia abitanti il posto che non) se lasciare volontariamente il Panico, che appariva già da tempo svuotato di spinta propulsiva. Gli immancabili colpi repressivi, piuttosto ritorsivi e insinuanti, hanno allungato i tempi: la rabbia per gli arresti di nostri tre amici e compagni – ci riferiamo al “rissone” dello scorso aprile - ci ha riuniti e ha fatto da contraltare alla consapevolezza dell'esaurimento dell'esperienza complessiva.

Ma un giorno, un sogno (o meglio un incubo) premonitore ci ha paventato l'immagine di un’imminente sciagura. Abbiamo scelto di prestargli ascolto e di uscire preventivamente. Ci sarebbe forse piaciuto goderci il teatrino di 250 omini blu, con tanto di cani-servi e imbottiture anti-esplosivo che "mettevano in sicurezza" un ex ospedale pericolante, di nuovo vuoto e triste. E loro ci tenevano così tanto a farci partecipare alla festa di chiusura, che ci hanno invitati più o meno tutti a casa loro, in questura, a presentarci il conto per tutti questi anni di liberi gozzovigli e allegri sberleffi all'autorità.

Ma si sa, gli anarchici sono notoriamente squattrinati e insolventi...


PANICI DI IERI, DI OGGI E -CHISSA'- DI DOMANI

febbraio 2017
Sab, 18/02/2017 – 10:33
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