Torino - Assemblea alla Croce Rossa occupata
8 settembre.
Una quindicina di antirazzisti, desiderosi di fare il punto su di un mese di resistenza al Pacchetto Sicurezza, entrano nella sede del Comitato Regionale della Croce Rossa di via Bologna a Torino e - armati di sedie, megafono, registratore, pizzette, striscioni e volantini - si accomodano per dare vita ad una assemblea pubblica. I due poliziotti di guardia intervengono a cose fatte perché al momento dell’irruzione erano impegnatissimi a svuotarsi le narici da vecchie e solidissime incrostazioni: riescono solo a chiudere i cancelli, cercando di non fare entrare altra gente. In rapida successione si presentano sul posto numerosi agenti della Digos, compagni interessati all’assemblea, camionette della Celere ma dopo una mezz’ora di tira e molla i cancelli si riaprono e si può cominciare.
Intanto, qualcuno tra gli occupanti fa irruzione in una stanza a lato del cortile dove si sta tenendo un corso per aspiranti volontari e spiega ai presenti le proprie ragioni: ma proprio mentre si sta cominciando a discutere, la Digos trascina via i contestatori e da qual momento in poi la lezione continuerà protetta da un cordone di celerini alla porta. Oramai gli occupanti in assemblea sono una una quarantina, con intorno i crocerossini che passano, si fermano ad ascoltare, ripartono: qualcuno solidarizza di nascosto, altri non ne vogliono proprio sapere. Vengono fatte ascoltare alcune testimonianze registrate nei Cie gestiti dalla Croce Rossa e letti alcuni appelli, ci si racconta le novità di questi ultimi giorni di resistenza e lotta dentro ai Centri. Dopo un paio d’ore l’assemblea finisce, e si telefona ad alcuni reclusi in vari Cie italiani con cui si è in contatto per raccontare l’iniziativa, che dentro dicono di apprezzare moltissimo. Nel frattempo, e a più riprese, fa anche capolino ma sempre da lontano il solito Massimo Numa. Qualcuno lo riconosce, lo insegue, gli urla dietro, e lui si spaventa e scappa ancora una volta sgommando, questa volta a bordo di una Fiat Stilo di colore grigio scuro - guidata da non si sa chi - in tasca il suo pane quotidiano: le veline della Digos da cui trarrà il solito, mediocre articolo.
Poi, alle 22.30, escono gli aspiranti volontari, che erano stati invitati a fermarsi all’assemblea da un ulteriore intervento in aula.
A molti di loro evidentemente il tema non interessa, visto che neanche si fermano. Quei pochi che rimangono a parlare sono scettici, mettono in discussione l’autenticità delle testimonianze, negano l’evidenza, attribuiscono le responsabilità dei maltrattamenti a poche mele marce, arrivano a dire che comunque non possono denunciare i pestaggi per tutelare la privacy del pestato. Sono preparati, questi studenti, pronti per entrare nei Centri. I più deboli di stomaco tra gli antirazzisti iniziano a raccogliere le sedie e le pizzette avanzate, e in poco tempo il gruppo di contestatori se ne va.
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